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Le presunzioni legali relative nel diritto tributario.

LE PRESUNZIONI NEL DIRITTO TRIBUTARIO

2. Le presunzioni legali relative nel diritto tributario.

Per quanto riguarda le presunzioni relative, esse, come tutte le presunzioni, sono dirette all’accertamento di un fatto ignoto fiscalmente rilevante, ma, a differenze delle presunzioni legali assolute sono caratterizzate dalla possibilità, per il soggetto a sfavore del quale operano, di fornire la prova contraria riguardo l’esistenza o meno del fatto da accertare. Tali presunzioni rappresentano uno dei mezzi di prova previsti in materia tributaria. Nondimeno, le presunzioni come mezzo di prova, trova specifica disciplina in alcune norme relative all’accertamento tributario e condiziona, in tal modo, non soltanto la ricostruzione del fatto da accertare, ma anche la legittimità del procedimento amministrativo in cui si inseriscono. In particolare, il legislatore nella disciplina delle presunzioni relative, ha posto l’osservanza di tali regole probatorie da parte dell’autorità predisposta all’accertamento, come condizione di legittimità dell’accertamento e correlativamente quale motivo di rimozione della potestà di accertare.

In materia tributaria un esempio di presunzione legale relative può vedersi nell’art. 178 e nell’ art. 379 del D.P.R. n. 441/1997, i

                                                                                                               

78 “ Si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Tra tali luoghi rientrano anche le

quali stabiliscono ai fini dell’applicazione dell’IVA una serie di presunzioni di cessione e di acquisto.

La caratteristica di tali ipotesi di presunzioni legali è costituita dalla limitazione dei mezzi di prova contraria, prevista dagli artt. 280 e 481 dello stesso D.P.R. n. 441/1997, limitazione finalizzata a salvaguardare l’erario da fraudolenti mezzi probatori diretti ad occultare operazioni fiscalmente non regolari.

                                                                                                                                                                                                                                                                      sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi ed i mezzi di trasporto nella disponibilità dell'impresa.”

79  “La disponibilità delle sedi secondarie, filiali o succursali, nonché delle dipendenze, degli stabilimenti, dei negozi, dei depositi, degli altri locali e dei mezzi di trasporto che non emerga dalla iscrizione al registro delle imprese, alla camera di commercio o da altro pubblico registro, può risultare dalla dichiarazione di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, se effettuata anteriormente al passaggio dei beni, nonché da altro documento dal quale risulti la destinazione dei beni esistenti presso i luoghi su indicati, annotato in uno dei registri in uso, tenuto ai sensi dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.”

 

8080  “La presunzione di cui al comma 1 non opera se è dimostrato che i beni stessi: a) sono stati impiegati per la produzione, perduti o distrutti; b) sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, di contratti di opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà.”

81  “Il rapporto di rappresentanza risulta da atto pubblico, da scrittura privata registrata, da lettera annotata, in data anteriore a quella in cui è avvenuto il passaggio dei beni, in apposito registro presso l'ufficio IVA competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante o del rappresentato, ovvero da comunicazione effettuata all'ufficio IVA con le modalità previste dall'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, sempre che di data anteriore al passaggio dei beni. L'annotazione delle lettere commerciali in appositi registri presso l'ufficio IVA è consentita solo per il conferimento di incarichi che comportano passaggio di beni”.

Un altro tipo di presunzioni legali trova fondamento in esigenze di semplificazione dell’attività di accertamento dell’ Amministrazione finanziaria, quale, ad esempio, quella prevista dall’art. 32, primo comma, n. 2, D.P.R. n. 600/197382, modificato dal D.P.R. n. 463/1982. In base a tale disposizione, i dati acquisiti in deroga al segreto bancario sono posti a fondamento dell’accertamento, ove il contribuente non dimostri di avere tenuto conto in sede di determinazione del reddito imponibile o non dimostri l’irrilevanza fiscali di tali elementi.

Talvolta norme speciali impongo dei limiti alla prova contraria. Limiti relativi al mezzo con cui fornire la dimostrazione contraria e/o limitarne l’oggetto.

                                                                                                               

82 “Invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti a norma del numero 7), ovvero rilevati a norma dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18 comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504. I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e

dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi

dell’articolo 18 comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse

condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni. Le richieste fatte e le risposte ricevute devono risultare da verbale sottoscritto anche dal contribuente o dal suo rappresentante; in mancanza deve essere indicato il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto ad avere copia del verbale.”

In una zona intermedia tra “dato (A), si presume (B) senza possibilità di prova contraria” (presunzione assoluta) e “dato (A), (B), si presume salvo prova contraria” (presunzione relativa), si collocano norme quali “dato (A), (B) si presume salvo che (non-B) sia provato con il mezzo x83”. Oppure, norme quali “dato (A),(B) si presume salvo che si provi (C) o (D)”, dove i possibili fatti diversi da (B) non si esauriscano in (C) o (D) ma comprendano, ad esempio, (E), (F) e (G).

Ai precetti di questi tipi si da il nome di presunzioni miste84.

Si prenda, a titolo di esempio, una norma come l’art. 1, D.P.R. 10 novembre 1997, n.441, a mente del quale, “Si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazione, né in quelli dei suo rappresentanti. (…) La presunzione di cui la comma 1 non opera se è dimostrato che i beni stessi: a) sono stati impiegati per la produzione, perduti o distrutti; b) sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, di contratti di opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà”. Alla lettera , questa disposizione, contiene limiti dei due tipi descritti sopra: quanto all’oggetto della prova contraria e quanto al mezzo.

                                                                                                               

83 Dove per “mezzo” si intendono i mezzi di prova intesi in senso proprio (testimonianza, documento, ecc.) e, più in generale, le condizioni che la legge richiede siano realizzate perché si possa dire provato il contrario.

84 Per questa denominazione si veda L. Ramponi, La teoria generale delle presunzioni, cit., p. 15.

Sorge il problema della legittimità costituzionale di tali limitazione alla facoltà di prova.

In dottrina si afferma che già una presunzione relativa che consenta la libera prova contraria non è, di per sé, costituzionalmente legittima. Essa deve corrispondere al probabile assetto della realtà, o , altrimenti , alla più ragionevole, distribuzione dell’onere della prova.

Un’ ipotesi differente, invece, si verifica quando, nel consentire la prova contraria, il legislatore impone al contribuente un onere di collaborazione ulteriore, onere che può concernere un fatto ulteriore da allegare o provare, o anche l’assolvimento di un determinato obbligo85.

La questione dei limiti riguardanti il “mezzo” della prova contraria è analoga. Il principio costituzionale di riferimento è il diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione.

Non è facile la definizione dei confini di ammissibilità di tali limitazioni. Si può pensare ad uno “scontro” tra due interessi contrapposti: da un lato quello espresso dall’art. 53 Cost., rispetto al quale è strumentale l’art. 24 Cost., e dall’altro, il bisogno finanziario dello Stato. Questa considerazione può portare ad un “ovvia” soluzione: limiti al mezzo di prova utilizzabile potranno essere imposti, ma solo in conformità con i principi costituzionali che regolano il diritto alla prova.

                                                                                                               

85 Un esempio del primo tipo si trova nell’art. 32, D.P.R. n. 600/1973, nella parte in cui la presunzione di rilevanza reddituale dei

prelevamenti dal conto corrente è vinta (non se fornita la prova contraria ma se) si indica il beneficiario. Un esempio del secondo si trova nella possibilità di far valere crediti di imposta sola presentando la dichiarazione.

A questo proposito sono possibili due impostazioni.

La prima afferma che gli unici limiti possibili sono quelli che escludono strumenti non necessari a provare la situazione reale. In effetti, gli artt. 24 e 53 della Costituzione esprimono il concetto secondo cui non deve essere preclusa (al contribuente o al Fisco, ad esempio) la possibilità di provare il reale assetto delle circostanze, non consentendo così frodi ed evasioni.

Se tutto ciò è vero, si delinea una soluzione della problematica questione delle prove legali nel diritto tributario: la finalità di semplificare l’applicazione dei tributi piò portare all’imposizione di obblighi, alla previsione di sanzioni per chi non adempie, ma non ad alterare la pretesta tributaria. Essa deve essere sempre conforme al principio di capacità contributiva. Al contribuente (e al Fisco) deve essere consentito ogni mezzo diretto, ragionevole ed idoneo a realizzare tale principio, pena la violazione dell’art. 24 della Costituzione86.

La seconda impostazione, leggermente più arretrata, afferma, invece, che l’accertamento del diritto (del contribuente e del Fisco) non deve essere assoggettato a limiti o condizioni che rendano impossibile o difficile il suo esercizio. In questa prospettiva sono accettabili le limitazioni che consentono l’utilizzo di alcuni mezzi di prova, purché essi siano ragionevoli e nella libera disponibilità del contribuente 87. Quindi possiamo

                                                                                                               

86 A.E. Granelli, Le presunzioni nell’accertamento tributario.

87 A.E. Granelli, Le presunzioni nell’accertamento tributario, cit., p.1652.

affermare che può limitarsi il diritto alla prova purché non in modo vessatorio.

Alla luce di quanto appena detto, possiamo valutare, ad esempio, la costituzionalità della preclusione della prova testimoniale nel processo tributario. Questo ha comportato un sospetto di illegittimità Costituzionale, per violazione del principio di uguaglianza e di difesa, rispettivamente artt. 3 e 24 della Costituzione.

La Corte Costituzionale ha sempre ritenuto non fondata la questione88.

Gli argomenti utilizzati dalla Corte per giustificare l’esclusione di tale prova sono individuati: nella natura del diritto fatto valere in giudizio; nel fatto che anche in altri settori dell’ordinamento vi sono limiti alla prova (ad esempio nel diritto civile ci sono atti che posso provarsi solo per iscritto, quali il contratto di assicurazione, art. 1888 c.c.); nell’uguaglianza delle parti, poiché neanche il Fisco se ne può servire.

Tale impostazione può essere, in qualche modo, criticata.

Come già affermato, il diritto di difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost. implica che a ciascuna parte deve essere consentito ogni mezzo di prova che sia indispensabile per provare fatti rilevanti per le sue ragioni. Quindi, se esiste almeno una fattispecie nella quale la testimonianza è necessaria all’accertamento del diritto, il sistema che la preclude è in contrasto con la Costituzione.

                                                                                                               

88 Corte Cost. 12 Gennaio 2000 n.18, 12 Luglio 2001, n.324, e le precedenti decisioni nn. 82/1996, 53/1998 e 141/1998.

Gli argomenti utilizzati dalla Corte non sono del tutto convincenti. Poco chiaro è il riferimento alla natura del diritto fatto valere. Non risolutivo il riferimento al fatto che nel diritto civile sia prevista la prova necessariamente scritta, posto che essa è riferito non a fatti, ma ad atti. L’esclusione della prova testimoniale può ben riguardare, nel diritto tributario, fatti per i quali è addirittura assurdo ipotizzare una prova documentale. In base a quanto appena detto, la preclusione della prova testimoniale nel diritto tributario appare irragionevole.

Una soluzione equilibrata sembra essere indicata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, la quale afferma che una prova può essere esclusa, di regola, ma deve essere prevista una sua eccezionale ammissione, se ritenuta assolutamente necessaria dal giudice per la decisione della causa89.

Infine, un'altra soluzione potrebbe trovarsi nell’applicazione dell’art. 2724 c.c., secondo il quale la prova testimoniale è ammessa in certi casi, anche se generalmente vietata. Tra questi casi, quelli che sono rilevanti nella discussione fatto sono: “il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova” e quello della “impossibilità morale e materiale di procurarsi la prova scritta”. Tuttavia, l’applicabilità nel diritto tributario e la portata di tali disposizioni sono oggetto di notevoli dubbi: a) se attraverso tale norma possa fare ingresso nel

                                                                                                               

89 A. Marcheselli, Giusto processo e oralità del diritto di difesa nel contenzioso tributario: note a margine di un recente pronunciamento della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, nota a European Court of Human Rights, Grand Chamber, Judgement of 23 November 2006, Case of Jussila v. Finland, Application n. 73053/01.

processo tributario la testimonianza, altrimenti vietata; b) se tale estensione comporti l’ammissibilità della prova presuntiva.