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Le presunzioni semplici nel diritto tributario.

LE PRESUNZIONI NEL DIRITTO TRIBUTARIO

3. Le presunzioni semplici nel diritto tributario.

Per quanto riguarda l’ultima categoria di presunzioni non ancora analizzata, vale a dire le presunzioni semplici, possiamo iniziare con l’affermare che esse trovano la loro sede naturale nell’ambito della disciplina dell’accertamento e del processo tributario, in quanto sono strumentali alla formazione di un convincimento sull’esistenza e sulla configurazione giuridica di un fatto materiale.

Nel diritto tributario tale forma di prova acquista una particolare rilevanza, costituendo spesso l’unico mezzo per la ricostruzione di un fatto storico che non è a diretta conoscenza dell’Amministrazione finanziaria. Per questo motivo, in più norme sull’accertamento tributario il legislatore richiama espressamente l’applicabilità delle presunzioni, precisando, che le medesime devo presentare i caratteri della gravità della precisione e della concordanza90. Questa precisazione, come è stato rilevato in dottrina91, non deve ritenersi solamente ripetitiva di un concetto implicito nel carattere generale della disciplina della prova per presunzione prevista dal codice civile ed applicabile anche al diritto tributario, in quanto, la ricostruzione probatoria del fatto controverso era fondata su presunzioni per lo più prive dei requisiti voluti dal codice civile.

                                                                                                               

90 Si veda in tal senso l’art. 54, secondo comma, D.P.R. n 633/1972; l’.art. 15, primo comma, lettere c e d, D.P.R. n. 131/1986; l’art. 38, terzo comma, e l’art. 39, primo comma, D.P.R. n. 600/1973. 91 P. Russo, Diritto e processo nella teoria dell’obbligazione tributaria, cit., p. 389 ss.

Tale sistema è stato modificata con la riforma tributaria, attribuendo, da un lato, ai contribuenti precisi obblighi a garanzia dell’accertamento e prevenendo, dall’altro, i possibili abusi derivanti dall’insindacabilità delle presunzioni alla base delle valutazioni estimative. In sostanza, la riforma tributaria ha voluto ricondurre la prova per presunzione in materia tributaria alle regole del codice civile, stabilendo, anche in sede di formazione del convincimento, dei requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, anche nelle ipotesi di questioni di semplice estimazione, cercando, di disciplinare il più possibile la fase applicativa dei tributi.

In tale ottica trovano spiegazione le disposizioni previste dall’art. 55, primo comma, D.P.R. n. 633/1972 e, in particolare modo, dall’art. 39, secondo comma, D.P.R. n. 600/1973. Ai sensi di queste norma in determinate ipotesi, caratterizzate dall’impossibilità di un controllo documentale o dalla palese inattendibilità dei documenti su cui tale controllo dovrebbe effettuarsi, il convincimento può legittimamente fondarsi su presunzioni prive dei requisiti dettati dal codice civile, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle scritture contabili. Tali norma, in altre parole, prevedono la rilevanza probatoria, ai fini della determinazione del volume d’affari o del reddito d’impresa, di presunzione che in base ai criteri stabiliti da codice civile non sarebbero idonee ai fini della prova di un fatto, agevolando in questo modo l’attività di accertamento dell’ Amministrazione finanziaria e consentendo, d’altro canto, un intervento del giudice tributario nell’ipotesi di contestazione dei risultati di tale mezzo probatorio.

Le suddette esigenze sono state tenute presenti nell’ evoluzione normativa della tassazione del reddito delle c.d. imprese minori, nell’ambito di un più ampio programma di lotta all’evasione fiscale e quindi di rafforzamento degli strumenti per il controllo della corretta applicazione delle norme tributarie, che si è espresso con la disciplina dei c.d. studi di settore, la cui analisi verrà affrontata nei capitoli che seguono.

Nel capitolo precedente abbiamo inoltre affrontato, analizzando le presunzioni semplici, il problema dei limiti alla prova per presunzioni. Tale questione è possibile analizzarla anche in materia tributaria.

Il problema dell’utilizzazione delle presunzioni semplici non riguarda solo il giudice tributario ma anche l’ Amministrazione Finanziaria. Infatti è ragionevole che gli strumenti utilizzati dall’ Amministrazione e dal giudice siano gli stessi92. Non è pensabile,

consentire, ad esempio, un accertamento amministrativo fondato su presunzioni semplici, se poi questo dovesse essere invalidato in sede giurisdizionale per l’ipotetica inutilizzabilità di tale strumento in giudizio. Ovviamente non è pensabile anche il contrario.

Detto questo va rivelato che, ai sensi dell’art.7, comma 4, D.P.R. n. 546/1992, la prova testimoniale non è ammessa nel contenzioso tributario. Poiché l’art. 2729 c.c. estende alle presunzioni semplici i limiti della prova testimoniale, il sillogismo dovrebbe far pensare che le presunzioni non sono                                                                                                                

92 Questo vale ovviamente per i mezzi di prova. Gli strumenti di convincimento devo essere i medesimi, ma nulla impone che ai giudici spettini anche (i medesimi) poteri di indagine.

inammissibili. Se, poi, è vera la premessa di cui sopra, esse dovrebbero essere vietate anche all’ Amministrazione. Che siano vietate all’Amministrazione, però, è evidentemente insostenibile. L’art. 38, comma 3, D.P.R. n.600/1973, ammettendole espressamente, è una prova di questa insostenibilità.

Tale ostacolo è superabile poiché non ci sono ragioni, né normative e né logiche, per affermare che l’art. 2729 c.c. sia applicabile in materia tributaria. È evidente allora che i limiti imposti dal diritto civile non ricorrono nel diritto tributario93. Le

limitazioni civilistiche, infatti, hanno una ratio collegata con il fatto che oggetto di prova sono atti e contratti, per i quali è agevolmente precostituibile la prova scritta 94 . Questo presupposto non ricorre nella materia tributaria , dove si tratta di accertare fatti, che sono raramente documentabili.

Invece, il divieto di prova testimoniale nel diritto tributario ha una giustificazione diversa, che è legata alle caratteristiche stesse del processo e in considerazione della (possibile) ridotta garanzia di sincerità dei terzi e per via della mancata previsione di sanzioni in relazione alla eventuale falsità delle suddette dichiarazioni95. Tuttavia queste ragioni non sono comuni alla prova per presunzioni.

Un altro dubbio che sorge è se la loro ammissibilità sia generale o meno. In altre parole, ci chiediamo se ad esse si può ricorrere in                                                                                                                

93 A.A.VV., Le presunzioni in materia tributaria, cit., p.53

94 A. Marcheselli, Le presunzioni nel diritto tributario, cit. p.199

95 Cit. articolo di Michele Alfredo Chiariello, in

ogni caso, salvo ovviamente espliciti divieto, oppure solo dove esplicitamente consentito. Si potrebbe affermare che l’art.2729 c.c. non esprime un principio inderogabile, ma un principio valido salvo deroga, e in materia tributaria la regola dovrebbe essere allora il divieto, salvo le previsioni esplicite del contrario96.

Anche questo ostacolo è superabile. Partendo da una considerazione di carattere generale, già fatta nelle pagine precedenti. L’applicazione del diritto tributario è attuazione del principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53 della Costituzione. Gli artt. 24 e 111 della Costituzione stabiliscono che devono essere utilizzati tutti gli strumenti idonei a realizzare tale principio, come si è detto in occasione delle presunzioni miste. Le presunzioni semplici, sono uno strumento finalizzato e, a volte, indispensabile per questo principio. Di conseguenza l’ammissione delle presunzioni semplici è congrua ai principi generali e non incompatibile con essi.

La conclusione, allora, è che il ricorso alle presunzioni semplici può essere escluso o per disposizione espressa, o per incompatibilità con la disciplina del tributo, in particolare, ad esempio, con la struttura del presupposto. Così può accadere per l’imposta di registro, per i casi in cui essa è collegata alla disponibilità materiale da parte dell’Amministrazione di un documento97.

                                                                                                               

96 A.E. Granelli, Le presunzioni nell’accertamento tributario, cit., p. 1653 ss

Un altro aspetto da analizzare parlando di presunzioni semplici è il loro rapporto con le stime. È pertanto opportuno cercare di delimitare l’area dei due concetti, e verificarne l’eventuale coincidenza, totale o parziale.

Di stima si può parlare, in termini generali, come di una determinazione opinabile. Tale vocabolo probabilmente abbraccia anche tutta l’area delle presunzioni. Tale nozione però è priva di utilità.

In un senso un po’ più ristretto e proprio, per stima si intende in primo luogo una determinazione di una quantità e, in secondo luogo, una determinazione basata sulla comparazione. Posta questa prima approssimativa definizione generale, potrebbero sorgere, limitandosi alla materia tributaria, alcune incertezze, ipoteticamente incidenti sulla nozione di stima, le quali corrispondo a una serie di alternative.

La prima è se per stima deve intendersi solo una determinazione comparativa il cui risultato sia, in qualche senso, globale. Esemplificando, una cosa è misurare il reddito complessivo, o l’ammontare complessivo dei ricavi, unì altra un singolo ricavo. L’interrogativo è, ovviamente, reso più articolato dal fatto che esistono molte situazioni intermedie tra una determinazione complessiva del presupposto d’imposta e la determinazione di ogni singolo componente che concorre a determinarlo.

La seconda è se la stima sia solo quella che si fonda su fatti rilevanti estranei alla sfera del contribuente. In caso positivo, vi rientrerebbero solo le comparazione con fatti, beni o attività

riferibile ad altri98. In caso negativo, vi rientrerebbero anche altri meccanismi di accertamento.

Come sempre accade delle questioni terminologiche e definitorie, la risposta dipende dalla finalità avuta di mira.

Detto questo, va sottolineato che, comunque sia, se è vero che le stime si fondano su meccanismi assimilabili a quelli delle presunzioni, non è anche vero che esse esauriscano il campo delle presunzioni. In primo luogo, non sempre le presunzioni si basano sulla comparazione per giungere a una misura. In secondo luogo, a volte le presunzioni mirano all’accertamento di un fatto situato in un ventaglio limitato di ipotesi alternative, mentre le stime si indirizzano di norma a un valore che si trova in una gamma ininterrotta e divisa da ipotesi variamente probabili. Si è osservato che la stima comporta “ in un certo ambito di valori un numero teoricamente illimitato di soluzione diversamente probabili, mentre, ad esempio, stabilire se un incasso non contabilizzato sia o meno un ricavo non ha carattere estimativo in quanto (oltre a non basarsi su comparazioni) presenta solo due alternative”99.

La corretta ricostruzione, del fenomeno delle presunzioni è il presupposto necessario per l’attuazione delle esigenze di difesa del contribuente.

Il fondamentale punto di attacco, per il contribuente, è evidentemente la attendibilità della presunzione. Si può anche in proposito parlare di “prova contraria”, ma, qualora si utilizzi tale                                                                                                                

98 Ad esempio, determinare la redditività di una attività confrontandola con altre dello stesso settore.

termine, deve tenersi ben presente che non si tratta di una attività cui la parte è legalmente onerata, senza la quale per diretta norma di legge la stessa sarebbe soccombente sull’accertamento del singolo fatto, ma una argomentazione contraria a quella formulata dall’ufficio.

In proposito il contribuente può, essenzialmente, fare tre cose: a) contestare il ragionamento operato sia plausibile in sé, oppure b) contestare che i fattori del contesto conoscitivo sussistessero nell’assetto allegato dall’ufficio, ovvero c) fornire nuovi elementi del contesto100.

Ad esempio, può contestare che, in un esercizio di ristorazione, alle spese di lavanderia corrisponda la cifra x di ricavi, sia perché contesta il fatto noto a monte ( l’entità delle spese), sia perché, nel cuore della presunzione, ne contesta l’efficacia indiziante (ad esempio, dimostra un diverso rapporto tra costi e ricavi, o che una percentuale di tali spese non corrisponde alla diretta consumazione di pasti). Oppure, può incidere su quelli che abbiamo definito i parametri del contesto conoscitivo (ad esempio dimostrando la regolarità delle scritture, la sua diligenza, ecc.). Oppure, e ancora, può indicare altri fattori ( restando all’esempio della ristorazione, allegare e dimostrare una diversa dinamica dei prezzi nel locale o nella zona, indotta da qualsiasi fattore, ecc.). Coerente con le premesse poste fino qui è poi che anche per tale prova contraria del contribuente è richiesto uno standard di attendibilità variabile in relazione al contesto101.

                                                                                                               

100 A. Marcheselli, Le presunzioni nel diritto tributario, cit., p. 223. 101 R. Lupi, Metodi induttivi, cit., p. 171.

Da questo quadro si comprende quali conseguenze determini l’assenza della previsione di un contradditorio precontenzioso: è del tutto naturale che tale “prova contraria” si esplichi la prima volta in giudizio.

A posteriori, poi, molto importante è il controllo sulla motivazione102. Quest’ultimo comporta il dovere di “accertarsi che il procedimento seguito dal giudice sia calato nelle forme logiche-linguistiche di un discorso giustificatorio, non soltanto accessibile a tutti ma potenzialmente da tutti condivisibile”103.

Attraverso questo varco la Suprema Corte valuta se il giudice di merito ha dimostrato di aver fatto uso prudente dei suoi poteri: si alternano, in proposito, decisioni limitate a generiche affermazioni sui compiti di verifica della congruenza della motivazione104 e prese di posizione più definite sul rapporto tra fatto noto ed ignoto.

Problema differente è se sia censurabile l’omessa considerazione di una presunzione che, in ipotesi, si sarebbe potuta trarre dal materiale probatorio del processo. La questione è particolarmente delicata quando l’argomentazione induttiva non fosse stata proposta nelle argomentazioni difensive delle parti.

                                                                                                               

102 Ammesso anche in sede di legittimità nella forma dell’ “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” (art. 360, n.5, c.p.c.)

103 F. Mazzarella, Analisi del giudizio civile di Cassazione, cit., p. 59.

CAPITOLO III

L’UTILIZZO DELLE PRESUNZIONI