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Presunzione di non veridicità dei dati contabili, prova contraria e scritture contabili.

L’UTILIZZO DELLE PRESUNZIONI NELL’ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

6. Presunzione di non veridicità dei dati contabili, prova contraria e scritture contabili.

Nel paragrafo precedente si è posto in risalto il carattere presuntivo dell’accertamento per coefficienti. Dobbiamo però precisare in quale accezione sia possibile parlare di presunzioni nell’ambito della normativa in commento.

Per accertamento su base presuntiva si deve intendere un modello in cui i coefficienti, costituendo parte integrante dell’art. 12 e consentendone la sua applicazione, conducono alla ricostruzione (probabilistica) di un elemento della fattispecie di accertamento. Tuttavia, la legge non si limita a presumere, seppure tramite riferimento a dati numerici, l’ammontare dei ricavi e dei compensi riferibili all’attività imprenditoriale ma sottintende anche l’inattendibilità delle scritture o, meglio, la non corrispondenza del loro risultato alla realtà di fatto.

Effetto della normativa è allora quello di esonerare l’amministrazione dal fornire la dimostrazione dei fatti e di far gravare sul convenuto in giudizio l’onere di provare l’inesistenza o l’erroneità degli stessi.

Ne discende che il giudice, eventualmente adito dal contribuente, in assenza di prove contrarie, non dovrà accertare la verità dei fatti ma dovrà semplicemente sanzionare gli effetti dell’accertamento.

La ricostruzione effettuate sulla struttura dell’art. 12, legge n. 154, consente di ipotizzare una varietà di linee difensive a cui il contribuente può ricorrere.

Infatti, sul contribuente non ricade solo l’onere di provare l’ “inapplicabilità” dei coefficienti, come detto nella legge n. 154, tramite elementi esterni alle scritture o con elementi da esse tratti. Su di esso, se ammettiamo che l’art. 12 suppone l’inattendibilità dei dati contabili e concordiamo altresì sul carattere relativo di questa valutazione, grava l’onere di provare la loro veridicità; onere che potrà essere assolto solo con la produzione in giudizio dei registri obbligatori e dalla quale potrà semmai discendere un procedimento di verifica teso a valutare la lotto attendibilità. Si può affermare che l’esigenza di combattere l’evasione, ha gradualmente condotto alla creazione di disposizioni che, muovendo dal presupposto della “falsità” delle situazioni rappresentate dal contribuente, hanno su di lui trasferito gli oneri probatori, gravanti in precedenza sull’amministrazione finanziaria. Ed infatti come evidenziato nel capitolo precedente, a mente dell’art. 39 del D.P.R. n. 600/1973 gli organi predisposti all’accertamento devo dimostrare una duplice serie di fatti: da un lato l’inattendibilità delle scritture, comprese quelle cosiddette semplificate (art. 39, secondo comma, lettera d), ovvero gli errori e le omissioni compiuti dagli imprenditori e, dall’altro, gli elementi assunti per la rideterminazione del reddito168.

                                                                                                               

168  A.  Giovannini,  Ipotesi  normative  di  reddito  e  accertamento,  cit.,   p.  164.    

Con l’art. 12 si ha un radicale ribaltamento di tali oneri sul contribuente. Si potrebbe obiettare che l’art. 12 non contiene, almeno se ci riferiamo al profilo della non veridicità dei dati contabili, una presunzione propriamente intesa. L’osservazione, però, non coglierebbe nel segno perché, la presunzione legale non ha una struttura inferenziale, non rappresentando uno strumento con il quale l’interprete, muovendo da un fatto noto, rintraccia quello ignorato, ma esclude semplicemente la necessità di provare uno o più elementi della fattispecie al fine di attribuire alla stessa una maggiore stabilità. La presunzione legale relativa, tende invece a porre fuori gioco, fino a prova contraria, elementi soggettivi o altri aspetti la cui verifica appare difficile, oppure la cui esistenza rientra nella esperienza comune.

Ed allora tornando all’art. 12 della legge n.154, o si accetta, in ordine alla inattendibilità ( o falsità) delle registrazione, che la disposizione acquista carattere assoluto, o si consente al contribuente di dimostrare l’attendibilità dei dati contabili tramite registri obbligatori.

Detto questo è opportuno soffermarci e approfondire il tema delle scritture contabili, per capire meglio la loro efficacia probatoria e il loro rapporto con le presunzioni.

Innanzitutto è utile ricorda che le scritture contabili sono una serie di documenti contabili e fiscali che ogni imprenditore è tenuto per legge a conservare, registrate e annotare in specifici registri e libri sociali. Esse costituiscono uno strumento amministrativo indispensabile per l’attività di qualsiasi imprenditore; per questo il codice civile ne sancisce l’obbligatorietà.

Nei rapporti tra gli imprenditori, il codice civile169 riconosce alle scritture contabili una presunzione di attendibilità a favore delle parte che le ha redatte. Secondo il codice, poi, queste scritture fanno prova contro l’imprenditore: ciò però non significa che lo stesso imprenditore non possa poi contestarle. In altre parole, pur se le risultanze dei documenti fiscali sono una prova contro l’azienda che le ha redatte, questo non vuol dire che quest’ultima ne rimane completamente “inchiodata”, senza poter dimostrare il contrario. Una recente sentenza della Cassazione170 ha infatti

ribadito il principio secondo cui le scritture contabili rappresentano presunzione semplici e, in quanto tali, da una parte, ammettono sempre la prova contraria da parte dello stesso imprenditore che le ha redatte; dall’altra, possono essere liberamente valutate dal giudice alla stregua di ogni altro elemento probatorio.

Come affermato dalla Corte nella citata sentenza, le scritture contabili non possono considerarsi come una confessione, né hanno valore di presunzione assoluta (che, cioè, non ammettono prova contraria). I dati riportati nel bilancio di una società, regolarmente approvato, possono essere valutati liberamente dal giudice di merito che, sulla base degli altri elementi probatori, può escluderne l’attendibilità.

Il giudice può ben utilizzare le scritture contabili per dedurre le proprie conclusioni e motivare il proprio provvedimento finale. In questa particolare situazione poi l'apprezzamento giudiziale                                                                                                                

169  Artt.  2709-­‐2710  c.c.    

170  Corte  di  Cassazione,  sentenza  n.  6547/2013.    

non può essere sottoposto a sindacato di legittimità. Nella sentenza in oggetto la Suprema Corte si pronuncia

chiaramente escludendo che il caso di cui sopra possa ricondursi agli effetti probatori propri, appunto, dalla confessione: essa genera infatti una presunzione assoluta e non relativa e certamente la produzione in corso di causa di libri e scritture contabili non può avere tale portata. La prova delle scritture contabili non può dunque assumere forza probatoria ex art. 2730 c.c., non consistendo necessariamente questa produzione nella dichiarazione di fatti sfavorevoli al dichiarante; né si può ad essa, di conseguenza, fare riferimento.

In mancanza di specifiche disposizioni di legge, per principio generale (ricavabile dal combinato disposto degli artt. 3 e 24 della Cost.) le presunzioni si devono sempre considerare come relative. Difatti, l’ordinamento tributario è pieno di presunzioni legali relative. tipico esempio è il c.d. redditometro. Nei casi di accertamenti con questo strumento il fisco deve provare in giudizio solo la ricorrenza dei presupposti di legge (ad es. possesso dell’autovettura); il contribuente può, però, vincere la presunzione legale relativa fornendo la prova del possesso di un minor reddito. In generale tutti gli accertamenti sintetici configurano una presunzione legale relativa.

BIBLIOGRAFIA GENERALE: