LA NUOVA DISCIPLINA SULL’INDEDUCIBILITA’ DEI COSTI DA REATO
2.7 LE SANZIONI CONNESSE ALL’INDEDUCIBILITA’ DEI COSTI
Stando a quanto riportato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 32/E del 2012, dall’esercizio dell’azione penale derivano una serie di sanzioni penali e tributarie incombenti sul soggetto imputato.
77 CARINCI A., La nuova disciplina dei costi da reato: dal superamento del doppio binario alla
dipendenza rovesciata, in "Rassegna tributaria", n.6 di novembre-‐dicembre 2012, pag. 1439.
78 CARINCI A., La nuova disciplina dei costi da reato: dal superamento del doppio binario alla
In particolare, all’imputato, si applica la sanzione penale nel caso in cui il processo penale si concluda con una sentenza di condanna, la sanzione tributaria per infedele dichiarazione per recuperare a tassazione i componenti negativi connessi direttamente al compimento dell’attività delittuosa accertata e, nel caso in cui siano superate le soglie di punibilità di cui all’art. 4 del D.lgs. n. 74 del 200079, anche la sanzione penal-‐tributaria per infedele dichiarazione.
Tuttavia, a queste sanzioni si aggiunge la previsione di cui all’art. 8, comma 1 del D.L. n. 16/2012 che, negando la deducibilità dei costi direttamente connessi ai delitti non colposi, potrebbe apparire come un’ulteriore sanzione a carico del contribuente.80
Di conseguenza, secondo l’autorevole dottrina, dall’applicazione di tutte le predette sanzioni ne deriverebbe un “effetto a cascata” sul contribuente alquanto irrazionale e inadeguato.
Si sono originati, quindi, una serie di dibattiti dottrinali incentrati sulla correttezza dell’applicazione delle sanzioni tributarie per infedele dichiarazione nel caso in cui siano operanti le disposizioni contenute nel nuovo comma 4-‐bis.
A tal proposito l’Agenzia delle Entrate, come riportato nella circolare n. 32/E del 2012, giustificherebbe l’applicazione della predetta sanzione tributaria per infedele dichiarazione (dal cento al duecento per cento della maggior imposta) perché, come era già stato chiarito nella circolare n. 42/E del 26 settembre 2005, al contribuente verrebbe comunque data la possibilità di effettuare una dichiarazione integrativa in aumento del reddito imponibile in modo tale da ridurre il carico sanzionatorio a suo carico.
Nella suddetta circolare n. 32/E del 2012 viene, difatti, sottolineata la facoltà del contribuente, prima dell’inizio degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche, di presentare “in relazione alla dichiarazione di cui ha dedotto i costi, una
79 L’art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000 stabilisce che “Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con
la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:
a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a lire duecento milioni (103.291,38 euro)
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a lire quattro miliardi (2.065.827,60 euro)” .
80 VOZZA A., Luci ed ombre nella circolare sull’indeducibilità dei costi da reato, in “Corriere tributario”
dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 32281 contenente le necessarie variazioni in aumento, corrispondenti ai costi indebitamente dedotti in quanto direttamente connessi al delitto non colposo”.
Quindi, per l’Agenzia delle Entrate qualora tale dichiarazione fosse presentata in maniera tempestiva, entro i termini previsti dall’art. 13, comma 1, lettera b) del D.lgs. n. 472/199782 e comunque prima dell’avvio dei controlli fiscali, il contribuente potrebbe beneficiare di una riduzione della sanzione ad 1/8 per essersi avvalso dell’istituto del ravvedimento operoso.
Stando a quanto riportato da parte della dottrina, il richiamo all’istituto del ravvedimento operoso rappresenterebbe una soluzione difficilmente praticabile perché i termini per avvalersi dell’istituto, essendo molto brevi, potrebbero essere già superati nel momento in cui il soggetto venisse a conoscenza dell’esercizio dell’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio.
Tra l’altro, qualora la dichiarazione integrativa fosse effettuata dopo la conoscenza del rinvio a giudizio, ciò potrebbe essere considerato, in sede penale, come un’ammissione di colpevolezza da parte dello stesso contribuente relativamente al capo d’imputazione formulato a suo carico.
Di contro, l’eventuale ravvedimento operoso, effettuato prima dell’avvio dell’esercizio dell’azione penale, potrebbe apparire come una sorte di
81 L’art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322/1998 stabilisce che “Salva l'applicazione delle sanzioni, le
dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d'imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all'articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.”
82 L’art. 13, comma 1, lettera b del D.lgs. 472/1997 stabilisce che “1. La sanzione è ridotta,
sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza:
a) ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione;
b) ad un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;
c) ad un decimo del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni ovvero a un decimo del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.”
“autodenuncia” per aver sostenuto dei costi e delle spese finalizzate alla commissione del delitto non colposo.83
Per di più, secondo altra parte dell’autorevole dottrina, il nuovo art. 14, comma 4-‐ bis, richiedendo come presupposto per l’applicazione dell’indeducibilità dei costi l’esercizio dell’azione penale, metterebbe in chiara evidenza come, prima dell’avvio dell’azione penale, tali costi essendo pienamente deducibili, non renderebbero applicabili le sanzioni previste per l’infedele dichiarazione di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 471/1997.84
Quindi, considerata la subordinazione dell’indeducibilità dei costi da reato all’avvio dell’azione penale, la dichiarazione originariamente presentata dal contribuente nella quale il medesimo ha portato in deduzione i componenti negativi in questione, non potrebbe, pertanto, essere ritenuta infedele ab origine.
La dichiarazione, semmai, diventerebbe infedele solo in un momento successivo, ossia per effetto di un evento sopravvenuto: l’esercizio dell’azione penale.
Pertanto, non potrebbe risultare punibile un comportamento, quale la redazione della dichiarazione, che al momento del compimento non violava alcuna prescrizione.85
Tra l’altro, la lettura della norma sull’indeducibilità dei costi da reato in chiave “sanzionatoria” potrebbe dare un ulteriore sostegno alla tesi circa l’inapplicabilità delle sanzioni tributarie collegate all’infedele dichiarazione, nonché all’inapplicabilità delle sanzioni penali collegate ai reati fiscali.
Secondo autorevole dottrina, infatti, alla norma in esame potrebbe essere attribuita la natura di sanzione impropria, in quanto, la stessa non apparirebbe collegata in alcun modo ai principi generici che sottendono le regole ordinarie in tema di imposte sui redditi, bensì risulterebbe essere stata redatta con lo specifico intento di sanzionare ulteriormente una condotta penalmente rilevante.
83 VOZZA A., Luci ed ombre nella circolare sull’indeducibilità dei costi da reato, in “Corriere
tributario” n. 40 del 2012, pag. 3087.
84 L’art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 471/1997 sancisce che “Se nella dichiarazione è indicato, ai fini
delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d'imposta ovvero indebite deduzioni dall'imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte.”
85 CARINCI A., La nuova disciplina dei costi da reato: dal superamento del doppio binario alla
Inoltre, a ben vedere, stando al tenore letterale della disposizione, al di là della natura attribuita alla norma e alle relative conseguenze, il testo della norma stabilisce per il contribuente la possibilità di richiedere il rimborso delle sole maggiori imposte versate in conseguenza della indeducibilità dei costi da reato, senza menzionare la possibilità di richiedere il rimborso anche delle relative sanzioni, il che confermerebbe l’inapplicabilità delle predette sanzioni per infedele dichiarazione.
Di contro, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di sostenere -‐ con circolare n. 32/E del 2012 -‐ che tale omissione d’indicazione circa la possibilità di richiedere il rimborso anche delle sanzioni sarebbe dovuta ad una semplice “dimenticanza” da parte del legislatore. Tale tesi, tuttavia, non sarebbe condivisa dalla dottrina prevalente che riterrebbe, invece, come il silenzio della norma sia solamente un ulteriore argomento a favore dell’inapplicabilità delle sanzioni alla disciplina in esame.86