IL REGIME TRANSITORIO
4.1 IL TRATTAMENTO DI MAGGIOR FAVORE PER IL CONTRIBUENTE: ART 8, COMMA 3, D.L N 16/2012
Le novità introdotte dall’art. 8 commi 1 e 2, esaminate nei precedenti capitoli, per esplicita previsione del legislatore, possono applicarsi anche in relazione a fattispecie poste in essere in periodi antecedenti all’introduzione della nuova normativa.
Il comma 3 dell’art. 8 ha, infatti, previsto con riferimento ai fatti avvenuti nel cosiddetto “periodo transitorio”, la possibilità di far valere la nuova normativa invocando l’applicazione del principio del “favor rei”, eccezion fatta per quei provvedimenti che siano ormai divenuti definitivi.
In genere, la normativa fiscale prevede che le sanzioni applicabili siano quelle ricavabili dalla norma in vigore nel momento in cui la violazione è stata realizzata, anche se, successivamente alla commissione del fatto, tali sanzioni dovessero subire una variazione in aumento o in diminuzione.
Appare evidente, quindi, che con la previsione del regime transitorio di cui al comma 3, è stata introdotta un’eccezione a tale regola riconoscendo, per effetto del favor rei, portata retroattiva alla novellata normativa; infatti, operando tale principio, il contribuente viene sottoposto al trattamento che gli è maggiormente favorevole anche in termini di sanzioni dovute.
In particolare, il comma 3 dell’art. 8 del D.L. n. 16/2012 stabilisce che “Le
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in luogo di quanto disposto dal comma 4-‐bis dell'articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell'entrata in vigore degli stessi commi 1 e 2, ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al comma 4-‐bis previgente non si siano resi definitivi; resta ferma l'applicabilità delle previsioni di cui al periodo
precedente ed ai commi 1 e 2 anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.”
Si deduce che per i fatti, gli atti e le attività poste in essere prima dell’entrata in vigore del decreto cosiddetto “semplificazioni fiscali” e quindi, anteriormente al 2 marzo 2012, vigono le nuove disposizioni, se più favorevoli rispetto a quelle risultanti dalla previgente disciplina di cui al comma 4-‐bis dell’articolo 14 della legge n. 537 del 1993, ad eccezione dei provvedimenti già resi definitivi in virtù della previgente normativa.
Restano, quindi, esclusi dall’operatività del trattamento di maggior favore per il contribuente, indipendente dalla causa, i rapporti giuridici che si sono resi definitivi, come, ad esempio, per i casi di acquiescenza, accertamento con adesione, mancata impugnazione della sentenza passata in giudicato, esperimento di tutti i possibili rimedi giurisdizionali.134
Il raffronto tra le disposizioni contenute nella previgente normativa e quelle previste nel nuovo decreto legge n. 16 del 2012, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa al predetto decreto, dovrebbe effettuarsi individuando il trattamento maggiormente favorevole per il contribuente, anche in considerazione delle imposte o delle maggiori imposte dovute, sempreché i provvedimenti non si siano resi definitivi ai sensi del previgente comma 4-‐bis della L. n. 537/1993, precisando come tale definitività rileverebbe anche nel caso in cui ci si sia avvalsi degli istituti di cui al D.Lgs. n. 218/1997 e, quindi, in caso di acquiescenza o adesione.
Tra l’altro, le nuove previsioni di cui all’art. 8 del D.L. n. 16/2012 potrebbero risultare più favorevoli al contribuente in considerazione del restringimento dell’ambito di applicazione della nuova disciplina che porterebbe ad escludere dal regime dell’indeducibilità dei “costi da reato” alcune delle fattispecie prima rientranti nel vigore della previgente normativa.
Anche l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 32/E del 2012 si è pronunciata confermando la portata retroattiva della nuova norma e chiarendo come sarà
134 CAPOLUPO S., La nuova disciplina dei costi da reato, in “Il fisco” n. 15 del 9 aprile 2012, pag. 1-‐
compito degli uffici confrontare concretamente le conseguenze derivanti dall’applicazione delle due differenti discipline.
In merito alla portata retroattiva delle nuove disposizioni di cui all’art. 8, ancora prima dell’esplicita previsione di cui al comma 3, era intervenuta la Corte Costituzionale con l’Ord. 16 luglio 2012, n. 190 nella quale era stata rinviata, al giudice competente, la questione sollevata circa la denunciata illegittimità della vecchia disposizione, affinché verificasse la rilevanza della questione in considerazione della nuova disposizione, ritenuta, quindi, applicabile anche alle fattispecie pregresse.
Non solo, anche la Corte di Cassazione aveva applicato la disposizione in chiave retroattiva nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti realizzate nel vigore della previgente normativa. Infatti, relativamente a tale ipotesi, la Cassazione si era pronunciata stabilendo che, per effetto dello ius superveniens, non fosse più sufficiente rilevare la consapevolezza dell’acquirente dell’emissione della fattura da parte di un soggetto diverso da quello effettivo per contestare l’indeducibilità dei costi documentati nella predetta fattura. (Cass., 20 giugno 2012, n. 10167) Senza dubbio, dalla portata retroattiva della nuova norma ne derivano degli effetti significativi in relazione agli atti già emanati in virtù delle previgenti disposizioni, alla data di entrata in vigore della nuova disciplina.
Infatti, qualora si trattasse di atti emanati antecedentemente al 2 marzo 2012, secondo quanto riportato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 32/E del 2012, agli uffici spetterebbe il compito di valutare nel caso concreto la norma maggiormente favorevole per il contribuente, ridefinendo l’ammontare della pretesa tributaria. La definizione della pretesa potrebbe, inoltre, avvenire avvalendosi dell’istituto dell’adesione di cui al decreto legislativo n. 218/1997, o della mediazione di cui all’art. 17-‐bis del decreto legislativo n. 546/1992, o della conciliazione giudiziale di cui all’art. 48, comma 1 del decreto legislativo n. 546/1992, precisando come in ogni caso la definizione della pretesa potrebbe intervenire per tutti quegli atti in contenzioso che non fossero ancora definitivi. La circolare dell’Agenzia delle Entrate chiarisce poi quelle che sarebbero le conseguenze nell’ipotesi in cui, in virtù della nuova disciplina, le fattispecie non ancore rese definitive fossero escluse dall’ambito di operatività del regime, sulla base del principio del favor rei.
In particolare, nella circolare n. 32/E del 2012 viene precisato che qualora l’atto emanato contestasse un reato contravvenzionale o comunque un reato non rientrante nei delitti non colposi (come per esempio nel caso di delitti colposi), sulla base della normativa più favorevole al contribuente, non potrebbe essere più negata la deducibilità del costo e l’atto, sempreché non fosse divenuto definitivo, dovrebbe essere annullato in autotutela totale o parziale nel caso in cui le contestazioni fossero anche di altra natura. In ogni caso, viene precisato che la deducibilità dei costi, indeducibili per effetto della previgente normativa, sussisterebbe solo qualora fossero presenti tutti i requisiti ordinari previsti per la deducibilità dei costi (primo tra tutti, l’inerenza).
In altri termini, gli uffici sarebbero esortati a valutare in autotutela tutti i provvedimenti ancora pendenti, anche se già impugnati davanti al giudice, in considerazione delle nuove disposizioni e a definire la pretesa sulla base della disciplina maggiormente conveniente per il contribuente.135
Se, invece, l’atto emanato non ancora reso definitivo contestasse la deducibilità di un costo relativo ad un delitto non colposo, ma per il quale non fosse ancora stata avviata l’azione penale, secondo quanto riportato nella circolare n. 32/E del 2012, l’ufficio potrebbe sospendere l’atto in virtù del comma 1-‐bis dell’art. 2 quater del decreto legge n. 564/1994136. La sospensione dell’atto, infatti, eviterebbe la produzione di effetti nella sfera giuridica del contribuente in mancanza del necessario presupposto dell’avvio dell’azione penale, fermo restando il principio di conservazione degli atti giuridici.
In realtà, questa soluzione non appare condivisa da parte dell’autorevole dottrina perché comporterebbe la sospensione di un atto che è di per sé illegittimo, in quanto, privo del requisito necessario dell’avvio dell’azione penale ai fini della contestazione della deducibilità del costo. Di conseguenza, l’atto dovrebbe essere
135 IORIO A. E AMBROSI L., Costi da reato: C.M. 32/E/2012, in "Guida ai controlli fiscali" n. 10 del 1
ottobre 2012, pag. 18.
136 L’art. 2 quater, comma 1-‐bis del D.L. n. 564/1994 stabilisce che “Nel potere di annullamento o di
revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell'atto che appaia illegittimo o infondato.”
annullato in autotutela, mancando il presupposto per l’indeducibilità del costo e non sospeso come disposto dall’Agenzia delle Entrate.137
Diversa ipotesi si potrebbe verificare qualora vi fosse un provvedimento non ancora divenuto definitivo, emanato in virtù della previgente disciplina, la cui contestazione risultasse sostenibile anche sulla base delle nuove disposizioni. In tal caso, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che l’atto originario rimarrebbe valido e se dall’applicazione della nuova normativa ne derivasse un trattamento di maggior favore per il contribuente, anche considerando gli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, gli uffici dovrebbero procedere alla ridefinizione dell’ammontare dovuto per quanto riguarda le imposte, le maggiori imposte, le sanzioni e gli interessi.
Nel caso, invece, di operazioni soggettivamente inesistenti, sempre secondo quanto riportato dall’Agenzia delle Entrate nel suddetto documento di prassi, gli uffici, in base alle nuove disposizioni di legge, dovrebbero procedere ad annullare in autotutela totale o parziale gli atti indicanti la pretesa tributaria non più dovuta. L’annullamento dell’atto comporterebbe il riconoscimento in deduzione del costo documentato nella fattura, sempreché fossero presenti tutti i requisiti necessari per la deducibilità del costo. Tale disposizioni si ricaverebbero come diretta conseguenza dell’esplicita esclusione dall’ambito di operatività della nuova norma dei componenti negativi documentati in fatture o altri documenti, con analogo rilievo probatorio, relative a soggettivi diversi da quelli che effettivamente hanno posto in essere l’operazione, in quanto, tali costi sarebbero privi del requisito del “diretto utilizzo” del bene o servizio al compimento del delitto non colposo.
Nell’ipotesi di fatture soggettivamente inesistenti, verificata la presenza dei requisiti ordinari per la deducibilità dei costi, la nuova disciplina, quindi, risulterebbe sempre più favorevole per il contribuente per effetto della deducibilità integrale dei costi e delle spese riportate nella fattura.
Tuttavia, tale interpretazione prospettata dall’Agenzia delle Entrate è stata criticata da parte dell’autorevole dottrina, in quanto, è stato sottolineato come qualora il provvedimento fosse stato emesso da parte dell’ufficio, in vigenza della previgente disciplina, contestando questo i soli costi esposti nelle fatture emesse a
137 VOZZA A., Luci ed ombre nella circolare sull’indeducibilità dei costi da reato, in “Corriere
fronte di operazioni soggettivamente inesistenti e non anche la mancanza dei requisiti ordinari dell’effettività, dell’inerenza, della certezza, della competenza, della determinatezza o determinabilità, sarebbe di per sé illegittimo in virtù delle nuove disposizioni e, quindi, annullabile, a prescindere dalla verifica dei predetti requisiti richiesti ai fini della deducibilità del costo.
Difatti, la verifica della sussistenza dei requisiti ordinari e l’eventuale contestazione dell’inesistenza dei medesimi, comporterebbe un’illegittima modifica della motivazione dell’atto di accertamento, attuata magari trascorso un elevato numero di anni dalla notifica dell’atto stesso o ancor più, scaduto il termine per esercitare il potere di accertamento relativamente al periodo d’imposta considerato.
Inoltre, ciò porterebbe ad un nuovo “thema decidendum”, precedentemente non oggetto di giudizio, con delle conseguenze non condivisibili sul piano della legittimità.138
Diverso è il caso che si verificherebbe nell’ipotesi di fatture oggettivamente inesistenti per le quali, come si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 32/E del 2012, sarebbe necessario mettere a confronto gli effetti derivanti dall’applicazione delle due diverse discipline (vecchia e nuova di cui all’art. 8, comma 2, del D.L. n. 16/2012) considerando il trattamento di maggior favore per il contribuente, non solo in termini di sanzioni, ma anche di imposte e interessi. Dunque, alla luce della nuova disciplina dovrebbero essere valutati gli effetti positivi derivanti dalla mancata imposizione dei ricavi afferenti ai costi oggettivamente inesistenti, nel limite dell’ammontare non ammesso in deduzione dei medesimi, tenendo conto, altresì, degli effetti negativi derivanti dall’applicazione della sanzione dal 25 al 50 per cento ai suddetti costi inesistenti. In particolare, la rideterminazione degli importi dovuti in termini di sanzione dovrebbe effettuarsi applicando ai costi e alle spese inesistenti non ammesse in deduzione la sanzione amministrativa pari al minimo edittale del 25 per cento, salvo il caso in cui, in sede di accertamento, fosse già stata determinata la gravità della condotta posta in essere ai fini della determinazione del quantum della sanzione irrogabile. In tale ultima ipotesi, infatti, la valutazione della gravità della
138 VOZZA A., Luci ed ombre nella circolare sull’indeducibilità dei costi da reato, in “Corriere
condotta, già effettuata in sede di accertamento, varrebbe anche per la determinazione del quantum della sanzione irrogabile dal minimo del 25 per cento al massimo del 50 per cento dei componenti negativi non deducibili in relazione a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati.
Maggiori complicazioni, invece, si manifestano nel caso in cui i provvedimenti emessi nel vigore della previgente disciplina, contestino la tassazione dei costi esposti in fatture inesistenti, senza però motivare se la natura dell’inesistenza sia riscontrabile sotto il profilo soggettivo o oggettivo.
Nel vigore della previgente normativa non risultava rilevante, ai fini dell’indeducibilità dei costi, la distinzione tra fatture soggettivamente e oggettivamente inesistenti, la quale, invece, rileva nella nuova disciplina.
Secondo il parere dell’Agenzia delle Entrate, quindi, in tale ipotesi agli uffici spetterebbe l’onore, in sede di autotutela, di verificare la natura dell’inesistenza per stabilire il regime maggiormente favorevole per il contribuente a seconda che si tratti di operazioni soggettivamente o oggettivamente inesistenti.
A tal fine, dovrebbe valutarsi in sede di riesame se la motivazione alla base dell’atto avesse fatto riferimento ad una generica inesistenza dell’operazione. Gli uffici sarebbero esortati a valutare, quindi, se nel caso concreto considerato sussistano i presupposti o meno per l’operatività delle nuova disciplina e tenuto conto di ciò, calcolare gli importi dovuti, anche in termini di imposte o maggiori imposte, per effetto delle diverse disposizioni normative.
Perciò, gli importi dovuti dovrebbero essere rideterminati, sulla base delle nuove disposizioni, prendendo in considerazione e rivalutando le motivazioni alla base degli atti, avendo riguardo di tutti gli elementi già a disposizione degli uffici anche se non fossero stati esplicitamente riportati nella motivazione dell’atto emanato originariamente, senza, tuttavia, integrare le motivazioni dell’atto eventualmente già emesso e notificato al contribuente.
Questo perché altrimenti l’applicazione delle disposizioni transitorie alla fattispecie considerata comporterebbe un trattamento iniquo rispetto all’applicazione della medesima disposizione a regime alla stessa fattispecie.
Quindi, ad esempio, nell’ipotesi di fatture soggettivamente inesistenti, l’ammissione in deduzione dei costi esposti in tali fatture potrebbe essere
riconosciuta sulla base della nuova disciplina, solo qualora sussistessero tutti i requisiti richiesti dal T.U.I.R. per la deducibilità del costo.
Dopo aver brevemente analizzato le diverse ipotesi che si potrebbero verificare in applicazione del nuovo regime transitorio di cui al comma 3, in generale si può dire che per le operazioni poste in essere nel vigore della previgente normativa, in virtù del principio di conservazione degli atti giuridici, gli atti emanati se legittimi, comportano la possibilità per il contribuente di rideterminare e ridurre le sanzioni dovute sulla base del comma 3 dell’art. 8.
La sanzione prevista dal comma 2 dell’art. 8 potrebbe essere riducibile sulla base delle disposizioni di cui all’art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, ma nel caso in cui gli uffici avessero provveduto ad emanare un autonomo atto di contestazione per irrogare la sanzione prevista al comma 2 dell’art. 8, entro il termine decadenziale stabilito per lo svolgimento dell’attività di accertamento, sulla base del regime transitorio riferito alle operazioni appunto oggettivamente inesistenti, la sanzione amministrativa irrogata non potrebbe essere ridotta ai sensi del comma 3 dell’art. 16 del D.Lgs. n. 472/1997 qualora fossero spirati i termini in esso indicati.
La circolare n. 32/E del 2012 sottolinea poi come la rideterminazione di quanto complessivamente dovuto potrebbe avvenire, sulla base della nuova normativa, anche se ci si avvalesse, per la definizione della pretesa tributaria, degli istituti dell’adesione, della mediazione e della conciliazione giudiziale. In tale ipotesi gli uffici dovrebbero procedere alla rideterminazione degli importi dovuti considerando il trattamento di maggior favore per il contribuente per effetto del regime transitorio.
Quanto al pagamento degli importi risultanti a seguito della rideterminazione per effetto delle nuove disposizioni, l’Agenzia delle Entrate chiarisce come il pagamento dovrebbe avvenire con le medesime modalità e con l’utilizzo dei medesimi codici tributo per imposte, interessi e sanzioni risultanti dal provvedimento originario o eventualmente indicati negli atti risultanti a seguito dell’adesione, della mediazione o della conciliazione.
Da ultimo la circolare n. 32/E del 2012 segnala come il regime transitorio di cui al comma 3 potrebbe essere applicato, se più favorevole al contribuente, anche in relazione ad attività di controllo future relative a “fatti, atti o attività posti in essere
anteriormente all’entrata in vigore delle nuove disposizioni” di cui ai commi 1 e 2 del
D.L. n. 16/2012.
Quindi, gli uffici per determinare la pretesa tributaria in relazione ai fatti realizzati precedentemente al 2 marzo 2012, dovranno considerare le disposizioni maggiormente favorevoli per il contribuente ai sensi dell’art. 8, comma 3, evidenziando l’applicazione del regime transitorio nella motivazione alla base della pretesa.
La circolare ministeriale si è, infine, soffermata sul trattamento da applicare ai costi da reato in materia di imponibilità IRAP. A tal riguardo il comma 3 dell’art 8 della citata norma stabilisce testualmente quanto segue: “Resta ferma
l’applicabilità delle previsioni di cui al periodo precedente ed ai commi 1 e 2 anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’IRAP”.
L’interpretazione letterale del comma appena citato porta, quindi, a concludere come i “costi da reato” direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi risultino esplicitamente indeducibili anche ai fini del calcolo dell’IRAP. Pertanto, la base imponibile utilizzata per il calcolo della suddetta imposta, dovrà essere rideterminata aumentandola dei costi ritenuti indeducibili in virtù delle disposizioni di cui al D.L. n. 16/2012.
L’Agenzia, con il suo documento di prassi, ha, inoltre, confermato come in caso di applicazione dei disposti di cui al comma 2 dell’art. 8 ai costi documentati in fatture oggettivamente inesistenti, nel pieno rispetto del principio della capacità contributiva, parallelamente al disconoscimento fiscale dei predetti costi non saranno tassati i relativi ricavi inesistenti, entro i limiti dei costi inesistenti recuperati a tassazione.
Anche in materia IRAP, ai suddetti costi non ammessi in deduzione, si applicherà la sanzione amministrativa stabilita dal comma 2 del citato articolo 8 al fine di punire un comportamento antigiuridico quale quello dell’utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti. Pertanto, le medesime si irrogheranno anche all’ammontare dei componenti negativi relativi a beni o servizi che non sono stati realmente scambiati o prestati risultanti dalla sola dichiarazione dell’IRAP.
Qualora, invece, i costi e le spese relativi a beni e servizi non realmente scambiati o prestati concorrano non solo alla determinazione del valore netto della produzione ai fini dell’IRAP, ma anche alla determinazione della base imponibile ai fini delle
imposte sui redditi, l’irrogazione della sanzione unica (dal 25 al 50 per cento) sarà commisurata all’importo dei costi rilevanti sia ai fini delle imposte sui redditi che dell’IRAP.
Allo stesso modo di quanto già precisato ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, inoltre, la predetta circolare n. 32/E del 2012 stabilisce che, anche ai fini dell’IRAP, qualora non vi siano dei ricavi o proventi direttamente afferenti a costi relativi ad operazioni inesistenti o qualora l’ammontare dei componenti negativi ecceda quello dei correlati componenti positivi, i componenti negativi indeducibili o la quota di questi, nel caso in cui tali costi superino i ricavi, saranno sottoposti alle ordinarie sanzioni per infedele dichiarazione.
Da ultimo, si segnala come le disposizioni previste dal regime transitorio di cui al comma 3 si rendano applicabili anche all’imposta regionale sulle attività produttive e pertanto, le nuove disposizioni, in base al principio del favor rei, si applicano anche per i fatti posti in essere prima dell’entrata in vigore del decreto, togliendo attraverso questa esplicita previsione ogni dubbio circa l’esclusiva