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Legittimità degli apporti di patrimonio e differenza con il

Nel documento I finanziamenti dei soci nelle s.r.l. (pagine 33-39)

Il fenomeno dei “prestiti”49

dei soci alla società si presenta denso di sfaccettature ed, al tempo stesso, ambiguo e sfuggente, potendosi paragonare ad un « prisma, (con) molte facce »50: essi, invero, rappresentano uno strumento agile e flessibile, atto a far fronte a situazioni diverse e disparate. Da questa complessità derivano due elementi di fondo che caratterizzano il tema.

Il primo è costituito dall’assenza di una qualificazione e disciplina civilistica del fenomeno51, che è mancata nonostante la notevole diffusione nella prassi societaria dei “prestiti” dei soci; il secondo è rappresentato dall’ obiettiva difficoltà di individuare i contorni e la qualità proprie di questa figura così poliedrica, confermata dall’uso nella prassi di numerose espressioni polivalenti, che evidenziano gli elementi peculiari di ciascuna fattispecie52.

Di fronte al vuoto normativo dal punto di vista civilistico e, vista la marcata diffusione del fenomeno nella pratica societaria, in dottrina a

dell’aumento », ciò che spiegherebbe la diffusione di tale prassi essenzialmente nell’ambito delle società di capitali, come riportato in M. IRRERA, I “prestiti” dei soci, cit., p. 101, nota 18.

In senso diverso invece G.B. PORTALE, Appunti in tema di « versamenti in conto futuri aumenti di capitale » eseguiti da un solo socio, in Banca, borsa , tit. cred., I, 1995, p. 96, afferma la fungibilità tra le espressioni di versamento in conto capitale e versamento in conto futuro aumento di capitale, il quale così sembra presupporre l’unitarietà di siffatti fenomeni. Unitarietà, questa, che è esplicitamente affermata da M. IRRERA, I “prestiti” dei soci, cit., p. 104, e più in generale pp. 97 ss. spec. p. 99 ss.

49 Il termine “prestiti” va qui inteso in senso lato, indicando in via generale somme di

denaro che vengono erogate a vario titolo dai soci a favore della società. Esso rientra, infatti, tra le molteplici espressioni usate nella prassi per indicare le varie configurazioni in cui il fenomeno può esplicarsi. La locuzione è così adoperata da M. IRRERA, I “prestiti” dei soci alla società, cit., p. 1 ss.

50 Così TANTINI, I versamenti, cit., p. 2.; espressione ripresa anche da M. IRRERA, I

“prestiti” dei soci alla società, cit., p. 23.

51

I “prestiti” dei soci sono stati disciplinati esclusivamente dal legislatore fiscale, come si vedrà in seguito.

52 Queste diverse denominazioni sono state utilizzate anche perché probabilmente

coincidenti con quelle già usate dal legislatore fiscale (L. PARRELLA, Versamenti in denaro dei soci e conferimenti nelle società di capitali, cit., p. 112).

partire degli anni settanta53 è sorto un nutrito dibattito sulla natura degli apporti dei soci alla società.

In sintesi, le questioni più rilevanti che la dottrina ha dovuto affrontare concernono:

a) la legittimità o meno degli apporti dei soci non imputati a

capitale, che, se ammessi, costituirebbero un conferimento atipico;

b) l’identificazione della natura di questi apporti e della disciplina

giuridica applicabile;

c) la rilevanza o irrilevanza del nomen iuris attribuito dalle parti

all’operazione.

Per quanto riguarda la preliminare questione della legittimità dei versamenti fuori capitale la dottrina ha riconosciuto l’ammissibilità di tali fattispecie, pur non essendo previste o disciplinate a livello civilistico da alcuna norma. Attesa la funzione precipua di tali versamenti, la dottrina è pressoché concorde nell’ammettere la possibilità di formazione, tramite contribuzioni dei soci, di patrimonio sociale, al di fuori del capitale54. E tanto è confermato dalla disciplina del soprapprezzo55.

53 Secondo alcuni autori il diffondersi su larga scala della prassi dei versamenti dei soci

alla società è legato all’introduzione negli anni settanta, e più precisamente nel 1973 della riforma tributaria (si fa riferimento in particolare all’art. 43 d.p.r. n. 597/1973, come verrà chiarito più avanti), (v. tra gli altri TANTINI, I versamenti, cit., pp. 12 – 13; PORTALE, Appunti in tema di “versamenti in conto futuri aumenti di capitale” eseguiti da un solo socio, cit., p. 93). Di diverso avviso, invece, sono altri autori, in quanto ritengono che « I “prestiti” dei soci alla società costituivano una prassi largamente diffusa anche prima dell’avvento della riforma tributaria del 1973, come testimonia il vastissimo contenzioso formatosi nel vigore del T.U. del 1958 » (M. IRRERA, I “prestiti” dei soci alla società, cit., testo e nota 2 p. 25).

54 La dottrina è quasi unanime nel riconoscere l’ammissibilità di apporti dei soci non

imputati a capitale (in questo senso, si vedano: F. CHIOMENTI, I versamenti a fondo perduto, in Riv. dir. comm., II, 1974, p. 111 ss.; P. SPADA, Reintegrazione del capitale reale senza operare sul nominale sul nominale, in Giur. comm., 1978, I, p. 40; G. TANTINI, Capitale e patrimonio nella società per azioni, cit., p. 122; A. ANGIELLO, Dei versamenti a fondo perduto, in conto capitale e in conto futuro aumento di capitale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, p. 1393 ss.; F. CARBONETTI, I versamenti dei soci a copertura di perdite e la « deliberazione » prevista dall’art. 64 u.c. del decreto Irpef, in Riv. soc., 1979, p. 612; G.E. COLOMBO, Il bilancio e le operazioni sul capitale, in Giur. comm., 1984, I, p. 841, in part., p. 858; P. ABBADESSA, Il problema dei prestiti dei soci nelle società di capitali, cit., p. 506 ss.; V. SALAFIA, Il versamento in conto capitale da parte del socio alla società, in Società, 1982, p. 284; C. COSTA, Le riserve nel diritto delle società, Milano, 1984, p. 54; G. SANTONI, Patti parasociali, Napoli,

La “Riserva da sovrapprezzo delle azioni” è una riserva di capitale, classificata dall’ art. 2424 c.c., fra le voci di Patrimonio netto nel punto “A II” ed è l’unica ipotesi di attribuzione patrimoniale del socio finalizzata ad incrementare le riserve espressamente contemplata dalla legge56. E’ stato definito con una espressione destinata a diventare famosa « una necessaria aggiunta di conferimento fatta dai nuovi azionisti per mettersi alla pari coi vecchi »57.

1985, p. 204 ss.; M. IRRERA, I « prestiti », cit., p. 155 ss., S. LANDOLFI, I versamenti fuori capitale nelle società di capitali, in Vita not., 1993, p. 84 ss.; M. CERA, Il passaggio di riserve a capitale, Milano, 1988, p. 143 ss.; G.B. PORTALE, Appunti, cit., p. 93 ss., in part., p. 95, come riportati in L. PARRELLA, Versamenti in denaro dei soci e conferimenti nelle società di capitali, cit., p. 101, nota 5). Vanno segnalate, in tale contesto, le opinioni contrarie di G. COTTINO, Diritto commerciale, cit., p. 353 ss. e di A. DENTAMARO, Aumento di capitale e compensazione, in Riv. soc., 1997, p. 1039 ss., come riportato da L. PARRELLA, Versamenti in denaro dei soci e conferimenti nelle società di capitali, cit., p. 101, nota 5. Singolare, nel panorama dottrinale, appare poi la tesi di G. FERRI JR. (Investimento e conferimento, cit., p. 495 ss.), il quale muovendo dalla distinzione tra finanziamento e investimento, fondata, « in una

dimensione genericamente definibile come strutturale » (p. 495), sul fatto che « quell’“alterità” tra creditore e debitore che, nel finanziamento, risulta anche

sostanziale, nell’investimento assume invece un significato solo formale » (p. 481), considera le operazioni indicate genericamente come versamenti dei soci a favore della società riferite all’ « area dell’investimento », e ciò « almeno in linea di massima » (p. 496); la ragione si ritrova nella circostanza che, in tal caso, « alla distinzione formale tra creditore e debitore non corrisponde alcuna alterità sostanziale tra l’uno e l’altro » (p. 501). In definitiva, fermo restando che la qualificazione dell’investimento in termini di auto-finanziamento non esclude la configurabilità di operazioni di finanziamento vero e proprio tra i soci e la società (qualora « la società si presenti come soggetto del tutto autonomo rispetto al socio, vale a dire come vera e propria sua controparte contrattuale, e, rispettivamente, il socio come vero e proprio terzo rispetto alla società, allora la alterità tra il primo e la seconda si configura in termini non solo formali, ma anche sostanziali, e la circostanza che il terzo sia “anche” socio risulta , se non addirittura casuale, del tutto neutrale rispetto alla identificazione della struttura della operazione» p. 505), i « versamenti » dei soci darebbero luogo a delle operazioni di « investimento », assimilabili ai conferimenti solo sul piano descrittivo, poiché la « circostanza che quella del conferimento è una disciplina formale, e… tipica », mentre gli investimenti in parola « assumono una caratterizzazione comunque atipica », impone di « precisare i tratti in cui siffatta atipicità emerge, nonché le ricadute che ciò comporta sul piano applicativo » (p. 513).

55

Vedi M. RUBINO DE RITIS, Gli apporti “spontanei” in società di capitali, cit., p. 7 ss.

56 Salvo voler dare rilevanza anche alla disciplina tributaria, e sostenere cioè che, per il

fatto stesso di essere prevista e regolamentata in materia fiscale, non possa che essere considerata legittima, in quanto si è osservato come la disciplina fiscale è « legge » dello stesso rango di quella civile (così P. SPADA, Reintegrazione del capitale reale senza operare sul nominale, cit., p. 47, come riportato in M. IRRERA, I “prestiti”, cit., p. 175 ss.).

57

Sul piano analitico-descrittivo il sovrapprezzo azionario « corrisponde, almeno teoricamente, alla differenza fra il valore attuale effettivo della quota sociale e l’ammontare iniziale di questa quota (valore nominale dell’azione) e rappresenta infatti il corrispettivo del vantaggio di partecipare ad un società già avviata. Il soprapprezzo ha pertanto lo scopo di adeguare il conferimento dei nuovi soci al valore effettivo delle quote sociali che vengono da esse assunte »58. E’ inoltre possibile, anche se più raro, che un sovrapprezzo (normalmente previsto in sede di aumento di capitale sociale allo scopo di compensare la differenza tra valore nominale e valore effettivo delle azioni) sia previsto già per le azioni emesse al momento della costituzione della società. E’, invero, ammissibile che un bene possa essere corrisposto solo a titolo di sovrapprezzo, e non destinato a liberare il valore nominale delle azioni, andando a formare, anche in questo caso, una riserva, in cui è specificato il valore del bene, addizionale rispetto a quello coincidente con il valore nominale delle azioni59.

Il vantaggio patrimoniale che, dunque, si consegue con il sovrapprezzo non produce né un riconoscimento di diritti sociali, né alcun obbligo di restituzione di quanto ricevuto o di pagamento di interessi o altre utilità a carico della società beneficiaria. Inoltre, l’obbligo di pagare un sovrapprezzo può avere ad oggetto non soltanto somme di denaro, ma anche beni in natura e cessione di crediti60.

E’ chiara allora l’analogia tra gli apporti di patrimonio e il soprapprezzo61. Il socio, infatti, sia che versi un sovrapprezzo, sia che

58 G. FRE’, Società per azioni, in Commentario del Codice civile, a cura di Scialoja-

Branca, 1982, p. 715.

59 Così G. MUCCIARELLI, Il sovrapprezzo delle azioni, Milano, 1997, p. 10. 60

M. RUBINO DE RITIS, Gli apporti “spontanei” in società di capitali, cit., p. 8.

61 Sul tema del sovrapprezzo v. anche L. PARRELLA, Versamenti in denaro dei soci e

conferimenti, cit., p. 102 ss., ed in part. p. 103, in cui sostiene « Qualche perplessità suscita l’affermazione della dottrina dominante (v. tra gli altri G. FRE’, Società per azioni, cit., p. 716; G. SANTINI, Il premio di emissione sulle azioni di società, in Riv. Dir. civ., 1958, I, p. 385 ed ivi a p. 392; V. ALLEGRI, Sull’impiego del sovrapprezzo di emissione delle azioni, in Riv. soc., 1965, p. 1007 ed ivi p. 1009 ss., ove ulteriori riferimenti alla nota 3, come riportati in L. PARRELLA, Versamenti in denaro dei soci e conferimenti, cit., p. 103 nota 11. Vedi anche, P. ABBADESSA, Il problema, cit., p.

accrediti semplice patrimonio è spinto dalla stessa ragion pratica: mettere durevolmente a disposizione della società i mezzi economici necessari per lo svolgimento dell’attività d’impresa, in vista dei risultati economici cui è chiamato a partecipare62. In entrambi i casi l’apporto aggiuntivo del socio potrà essere non proporzionale rispetto alle partecipazioni al capitale, in quanto i poteri e i diritti del socio sono commisurati all’apporto solo nel caso in cui si faccia riferimento a quella parte che contribuisce a formare il capitale nominale. Quando, invece, si fa riferimento ad un comportamento spontaneo del socio è possibile derogare al rapporto di proporzionalità tra conferimento e partecipazione ai risultati della società63.

Tuttavia, dall’analogia con il soprapprezzo non si possono trarre ulteriori conseguenze sul piano della disciplina64. In particolare, si è osservato un insanabile contrasto sotto il profilo costitutivo65; per il sovrapprezzo, infatti, è obbligatoria l’osservanza del procedimento formale66 previsto per i conferimenti e per gli eventuali aumenti di capitale, il quale vede come punto di passaggio indefettibile, nell’un caso, la stipulazione del contratto sociale e, nell’altro, una delibera assembleare. Ciò è necessario, in primo luogo, perché la formazione di un sovrapprezzo non può essere

505 ss.; M. IRRERA, I «prestiti» dei soci alla società, cit., p. 157 ss.), secondo cui il sovrapprezzo debba qualificarsi come un vero e proprio conferimento ». Autorevole dottrina (G. COTTINO, Diritto commerciale, cit., p. 357), argomentando dalla disciplina dell’art. 2431 c.c., che stabilisce la distribuibilità del sovrapprezzo al di fuori del procedimento di riduzione del capitale, ha sostenuto che esso « non costituisce un conferimento ma un “correttivo monetario del conferimento” ».

62 P. ABBADESSA, Il problema, cit., p. 509, secondo cui il proprium della fattispecie è

il carattere durevole della disponibilità assicurata alla società, che non è in alcun modo obbligata alla restituzione dell’apporto, che ne ha incrementato il patrimonio; opinione condivisa anche da M. RUBINO DE RITIS, Gli apporti “spontanei” in società di capitali, cit., p. 8 ss.

63 Così P. ABBADESSA, Il problema, cit., p. 508.

64 Su questo punto v. M. RUBINO DE RITIS, Gli apporti “spontanei”, cit., p. 8 ss. 65 L’espressione è di F. CHIOMENTI, I versamenti a fondo perduto, cit., p. 118; cfr. sul

punto G. SANTONI, Patti parasociali, cit., p. 207, come riportato in M IRRERA, I «prestiti» dei soci alla società, cit., p. 160.

66 Opinione prevalente in dottrina e condivisa da M. RUBINO DE RITIS, Gli apporti

“spontanei”, cit., p. 9 ss.; M. IRRERA, I «prestiti» dei soci alla società, cit., p. 157 ss. ed in particolare p. 160.

disgiunta da quella di un prezzo stabilito per l’emissione di azioni67

; in secondo luogo, soprattutto, perché la fissazione del sovrapprezzo è materia di competenza inderogabile dell’assemblea68

.

Si ritiene, invece, che la procedura stabilita per i conferimenti sia comunque derogabile per quegli apporti di mezzi propri che non cagionano una modifica del capitale sociale e che non rappresentano un sovrapprezzo69.

L’assenza di un procedimento formale, dunque, costituisce proprio l’elemento tipologico negativo che caratterizza i conferimenti di patrimonio non imputati a capitale e che li differenzia dal sovrapprezzo (oltre che, come già visto, dai tipici conferimenti), nonostante esso ne costituisca il prototipo70.

Le considerazioni sin qui svolte, e cioè la previsione del sovrapprezzo, quale unica ipotesi di incremento della sfera patrimoniale societaria, proveniente dal socio, esplicitamente previsto dalla disciplina civilistica71, e la valutazione dello stesso come prototipo degli apporti di

67

L’art. 2431 c.c. si riferisce, infatti, a « somme percepite… per l’emissione di azioni ad un prezzo superiore al loro valore nominale… ».

68 Sull’organo competente a fissare il soprapprezzo, v., E. GINEVRA, Sottoscrizione e

aumento del capitale sociale nelle s.p.a., Giuffrè, Milano, 2001, p. 165 ss., per il quale, fuori dall’area applicativa dell’art. 2441, 6º comma, c.c., rimane ferma la competenza in linea di principio dell’assemblea, salvo che questa abbia indicato agli amministratori i criteri a cui debbono attenersi nel determinare l’importo. E v. Trib. Vicenza, 23 marzo 1999, secondo cui è ammissibile una delega che consenta agli amministratori correzioni in eccesso o in difetto entro percentuali prestabilite; di conseguenza, laddove non venga fissato alcun elemento in ordine al prezzo di emissione da parte dell’assemblea, gli amministratori non possono decidere autonomamente un prezzo di emissione.

In senso diverso, tuttavia, v. G. MUCCIARELLI, Il sovrapprezzo delle azioni, cit., p. 289 ss. e in particolare p. 324, là dove sostiene che quando l’assemblea nulla statuisce circa il prezzo di emissione, spetta agli amministratori interpretare in concreto se la volontà assembleare « sia più fedelmente attuata con la richiesta di un prezzo di emissione uguale, ovvero superiore, al valore nominale ».

69 Così M. IRRERA, I “prestiti” dei soci alla società, cit., p. 181. 70

Così P. ABBADESSA, Il problema dei prestiti dei soci nelle società di capitali: una proposta di soluzione, cit., p. 505: M. IRRERA, I “prestiti” dei soci alla società, cit., p. 157.

71 « La disciplina del sovrapprezzo offre un sicuro spunto normativo in favore della

piena ammissibilità di apporti non imputati a capitale: nel nostro sistema, come si evince proprio da tale istituto, la correlazione capitale-conferimenti non può essere intesa nel senso che, necessariamente, alla cifra del capitale corrisponda l’ammontare di tutto gli apporti, per cui non dovrebbero esservi ostacoli a riconoscere che apporti di somme di denaro non imputati a capitale possano essere effettuati volontariamente dai

patrimonio, hanno permesso alla dottrina di risolvere in senso positivo i problemi di ammissibilità di tali forme di finanziamento atipiche.

Il problema, quindi, non è tanto quello relativo all’ammissibilità o meno, in astratto, di dette attribuzioni patrimoniali, quanto quello della verifica della sussistenza nel diritto positivo di limiti a tale contingenza: « se cioè sempre ed in ogni caso il socio, quando si pone in un rapporto contrattuale con la società, assume una posizione del tutto coincidente con quella di un qualsiasi terzo indifferenziato »72, ovvero se, analizzando la natura dei rapporti interindividuali tra soci e società si debba dare rilievo, ed in caso affermativo, a quali condizioni e con quali limiti, alla c.d. causa societatis73.

4. L’approccio della dottrina nell’individuazione del fondamento

Nel documento I finanziamenti dei soci nelle s.r.l. (pagine 33-39)