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L’utilizzo del termine « finanziamento »

Nel documento I finanziamenti dei soci nelle s.r.l. (pagine 130-138)

3. Individuazione della fattispecie nell’art 2467 c.c

3.3. L’utilizzo del termine « finanziamento »

L’individuazione del concetto di “finanziamento”, al fine di delimitare con precisione l’ambito di operatività della norma, non è affatto agevole. La problematica relativa agli apporti non capitalizzati è ben nota e risalente nel tempo. Si è visto254 come la mancanza di una esplicita regolamentazione dei versamenti dei soci abbia suscitato tra gli interpreti notevoli dubbi circa la loro qualificazione giuridica.

Poiché la partecipazione finanziaria dei soci alla società può assumere configurazioni differenti, era difficile stabilire, nel dibattito pre-riforma, quando i versamenti costituivano un vero e proprio conferimento di capitale di rischio, e quando, invece, un finanziamento, con conseguente diritto dei soci alla restituzione delle somme versate.

A complicare l’individuazione della fattispecie contribuiva sicuramente l’utilizzo di denominazioni atecniche e imprecise con cui i vari versamenti venivano indicati nelle poste dei bilanci, nelle delibere degli

252 R. CALDERAZZI, I finanziamenti dei soci nelle società di capitali, cit., pp. 195 –

196.

253

Cfr. R. CALDERAZZI, I finanziamenti dei soci nelle società di capitali, cit., p. 149.

254

organi sociali interessati da questo tipo di operazioni e, in genere, nella documentazione (contratti o, più frequentemente, corrispondenza) che le descrive255.

Anche la legislazione tributaria, che ha costituito per lungo tempo l’unica disciplina del fenomeno dei prestiti dei soci e che ne ha favorito l’espansione nella prassi, aveva diffuso, in giurisprudenza e in dottrina, l’espressione “versamenti in conto capitale” o “versamenti in conto aumento capitale”.

Oggi, un chiarimento sulle diverse forme di apporto finanziario erogate dai soci è offerto dal principio contabile n. 28 (patrimonio netto), che ne effettua una schematizzazione distinguendo tra versamenti a titolo di finanziamento, versamenti a fondo perduto, versamenti in conto futuro aumento di capitale, versamenti in conto aumento di capitale256.

In sintesi, le caratteristiche di ciascun versamento sono le seguenti: 1) i « versamenti a titolo di finanziamento » sono veri e propri prestiti (art. 1813 c.c.), autonomamente erogati dai soci, a fronte dei quali sorge un obbligo di restituzione a una data scadenza prestabilita. Non incide sulla natura di tali versamenti la pattuizione o meno di interessi da

255 IRDCEC (2006), Documenti Aristeia: documento n. 63 – La disciplina dei

finanziamenti dei soci, cit., p. 4.

256

Secondo il principio contabile n. 28: 1) i « versamenti a titolo di finanziamento » sono quelli per i quali la società ha obbligo di restituzione; essi trovano collocazione in bilancio tra le passività nella voce « debiti verso altri finanziatori »; non rileva la natura fruttifera o meno di tali debiti, né l’eventualità che i versamenti vengano effettuati da tutti i soci in misura proporzionale alle quote di partecipazione in quanto l’elemento discriminante va individuato esclusivamente nel diritto dei soci alla restituzione delle somme versate; 2) i « versamenti a fondo perduto » si configurano quando i soci decidono di sopperire al fabbisogno di capitale di rischio con nuovi conferimenti, senza procedere ad un formale aumento di capitale: in questi casi i versamenti, che non comportano l’obbligo di restituzione, si configurano come vere e proprie riserve da collocare tra le voci « altre riserve », normalmente denominate « versamenti in conto capitale » oppure « versamenti a copertura di perdite » se il conferimento è eseguito per coprire perdite di esercizio; 3) « versamenti in conto futuro aumento di capitale » sono effettuati in via anticipata in previsione di un futuro aumento di capitale; contabilmente si tratta di riserve aventi uno specifico vincolo di destinazione; 4) « versamenti in conto aumento di capitale » si hanno in presenza di un aumento a pagamento del capitale sociale già deliberato e non ancora iscritto; essi vengono rilevati in un conto transitorio acceso ad una riserva di capitale (« versamenti in conto aumenti di capitale » oppure « azioni sottoscritte per aumento di capitale ») che verrà imputata a capitale, una volta perfezionata l’operazione di aumento di capitale (se poi la procedura di aumento non si perfeziona i soci hanno diritto alla loro restituzione).

corrispondere ai soci, né è necessaria la partecipazione dei soci in misura proporzionale alla quota di capitale sociale detenuta.

In bilancio vanno iscritti nel passivo dello stato patrimoniale sotto la voce “debiti verso soci per finanziamenti”.

La conversione del debito di finanziamento in capitale di rischio (che può essere destinato ad aumentare gratuitamente il capitale sociale) è possibile solo previa rinuncia di ciascun socio al diritto di restituzione (remissione di debito ex art. 1236 c.c.).

2) I « versamenti a fondo perduto » danno luogo alla costituzione di riserve disponibili utilizzabili per la copertura di perdite o per un aumento gratuito di capitale. Essi, infatti, si configurano quando i soci decidono di sopperire al fabbisogno di capitale di rischio con nuovi conferimenti, senza però procedere ad un formale aumento di capitale. Non devono, pertanto, rispettare necessariamente il vincolo della proporzionalità rispetto alla partecipazione sociale e generalmente sono il frutto di autonome iniziative dei singoli soci.

In questi casi gli apporti entrano nella piena disponibilità della società e non sussiste per quest’ultima alcun obbligo di rimborso. La loro eventuale restituzione (al momento della liquidazione della società) avverrà in misura proporzionale al capitale sociale detenuto da ciascun socio e indipendentemente, quindi, dall’ammontare dei contributi effettivamente erogati da ciascuno di essi.

Nel bilancio vanno collocati nel passivo dello stato patrimoniale, nel patrimonio netto, tra le voci “Altre riserve”, normalmente denominati “versamenti in conto capitale” oppure “versamenti a copertura di perdite” se il conferimento è eseguito per coprire perdite di esercizio.

Schematizzando, gli elementi che caratterizzano tali versamenti sono: la volontarietà da parte dei soci; l’infruttuosità; l’assenza di vincoli inerenti la proporzione delle quote; l’assenza di obbligo di rimborso.

3) I « versamenti in conto futuro aumento di capitale » configurano erogazioni effettuate in vista di un futuro aumento di capitale: sono,

quindi, condizionati alla successiva delibera assembleare di aumento del capitale nominale della società. Doverosa è, infatti, la restituzione se poi tale delibera non interviene entro il termine stabilito dalle parti o fissato dal giudice (ex art. 1183 c.c.). In quest’ultima ipotesi, il giudice adito fisserà un termine per la tenuta di un’assemblea che sarà libera di aumentare o meno il capitale sociale.

Il diritto al rimborso per i soci, comunque, non scatterà sino a quando non sia stato accertato che non si procederà all’operazione sul capitale sociale o, nel caso in cui per essa sia previsto un termine, fino a quando quest’ultimo non sarà decorso.

Qualora, invece, l’aumento di capitale venga deliberato, esso va attribuito ai soli soci che hanno effettuato i versamenti ed in proporzione agli stessi (e non a tutti i soci, come avverrebbe se l’aumento di capitale fosse gratuito).

I versamenti in conto futuro aumento di capitale rappresentano, dunque, dei fondi vincolati ad uno specifico scopo (il futuro ed eventuale aumento di capitale) perfezionabile solo con la successiva approvazione dell’assemblea straordinaria; non possono essere utilizzati dalla società per coprire eventuali perdite, a meno che non risulti una diversa volontà dei soci o del socio finanziatore. Di conseguenza, sul piano contabile, non si collocano tra le riserve disponibili (così come i versamenti a fondo perduto), ma si tratta di riserve aventi uno specifico vincolo di destinazione.

4) Infine, i « versamenti in conto aumento di capitale » sono apporti erogati dai soci in presenza di un aumento di capitale già deliberato, ma non ancora iscritto nel registro delle imprese (ex art. 2444 c.c.).

Anche in questo caso si tratta di fondi patrimoniali indisponibili, vincolati ad uno specifico scopo, la cui eventuale restituzione è possibile solo in caso di mancato perfezionamento della procedura di aumento del capitale sociale.

Conseguentemente, in bilancio vanno riportati tra le “Altre riserve” del patrimonio netto e saranno imputati a capitale solo dopo il perfezionamento dell’operazione di aumento di capitale.

Dall’esame delle varie tipologie emerge come non sia indifferente la qualificazione di un apporto come finanziamento, versamento a fondo perduto o in conto aumento capitale ai fini dell’applicazione dell’art. 2467 c.c., ma anche per l’iscrizione delle poste in bilancio, per il rimborso dei soci, per l’individuazione corretta dei dividendi distribuibili a tutti i soci, nonché per la copertura delle perdite257.

Appare, allora, opportuno evidenziare la scelta del legislatore della riforma di utilizzare, sia nella rubrica che nel corpo del testo, l’espressione « finanziamenti dei soci »258

.

La scelta di dare rilevanza all’uso della locuzione “finanziamenti” per la delimitazione della fattispecie disciplinata dall’art. 2467 c.c. potrebbe apparire in contraddizione con la scelta legislativa di una prospettiva che fa prevalere la sostanza sulla forma, in quanto questo tipo di approccio conduce a sottolineare l’irrilevanza del nomen iuris utilizzato dalle parti per definire l’attribuzione patrimoniale, dovendosi condurre l’indagine su “elementi esterni al contratto”.

La conclusione dovrebbe, così, essere quella dell’assoluta neutralità della terminologia.

In realtà, posto che l’esistenza di un principio sostanziale non esime l’interprete da un’indagine che tenga conto anche degli elementi formali, ciò che conferisce alla fattispecie la valenza sostanzialistica è la scelta di prescindere dalla forma del finanziamento e la previsione dei parametri

257

Su tali profili v., A. PENTA, Il problema della sottocapitalizzazione nelle s.r.l., in

www.ilcaso.it, II, doc. n. 195/2010, p. 3 ss.

258 M. MAUGERI, Dalla struttura alla funzione della disciplina sui finanziamenti soci,

cit., p. 133, ricorda come qualsiasi tentativo di esplorare il tema dei « finanziamenti dei soci » debba prendere le mosse da una precisazione del senso nel quale l’espressione viene usata, in quanto « la locuzione “finanziamenti soci” si presta a designare, indifferentemente, profili vuoi del conferimento, cioè del finanziamento di rischio tipicamente erogato dal socio, vuoi del credito, ossia del finanziamento effettuato sulla base di un rapporto che importi obbligo di restituzione delle somme ».

dello squilibrio e della ragionevolezza, non l’utilizzo del termine finanziamento che, al contrario, acquista un suo autonomo significato259. Si tratta di una scelta lessicale consapevole che incide sicuramente sull’individuazione della fattispecie e della disciplina applicabile.

Per chiarire la nozione di finanziamento bisogna considerare alcuni aspetti: il primo riguarda la volontà legislativa che, come emerge dalla Relazione al decreto, regolamenta il fenomeno dei finanziamenti dei soci che formalmente si presentano come capitale di credito, ma nella sostanza economica costituiscono parte del capitale proprio; il secondo attiene alla circostanza che la disciplina di cui all’art. 2467 c.c. non si

259 Propongono di estendere la disciplina della postergazione anche alla restituzione dei

versamenti in conto capitale o a fondo perduto, O. CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, cit., p. 122; L. VITTONE, Questioni in tema di postergazione dei finanziamenti soci, in Giur. comm., 2006, p. 930 ss. Ritiene, invece, che la norma disciplini solo i finanziamenti « anomali »: U. TOMBARI, “Apporti spontanei” e “prestiti” dei soci nelle società di capitali, cit., p. 566, il quale distingue tra « prestiti anomali » e « apporti spontanei », qualificando questi ultimi come strumenti con cui i soci apportano, spontaneamente, patrimonio eludendo la formale imputazione a capitale, nonostante assolvano la stessa funzione economica dei conferimenti. Il prestito, invece, consiste in un rapporto negoziale di credito tra soci e società: se viene erogato in un periodo di crisi, configurerà un prestito anomalo, perché sostitutivo del capitale e di rischio, se – al contrario – viene effettuato in una fase normale della vita della società si tratterà di un prestito non anomalo. L’autore, inoltre, sottolinea (p. 571) che la volontà dei soci di erogare un apporto di quasi-capitale deve manifestarsi nell’appostazione contabile alla cui disciplina si assoggetta l’apporto: le somme acquisite a titolo “apporto spontaneo”, poiché si vuole definitivamente acquisirle al patrimonio sociale, dovranno essere iscritte in bilancio nella voce del patrimonio netto « altre riserve »; contrariamente i “prestiti anomali” andranno evidenziati nel passivo nella voce « debiti verso soci per finanziamenti ».

Reputano, altresì, che l’art. 2467 con il termine finanziamenti si riferisca, non a qualsiasi apporto dei soci, ma solo a quelli che costituiscono o modificano un rapporto di credito nei confronti della società, G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., p. 441 ss.; N. ABRIANI, Finanziamenti “anomali”dei soci e regole di corretto finanziamento nella società a responsabilità limitata, cit., p. 343; M. MAUGERI, Finanziamenti « anomali » dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, cit., p. 145; M. CAMPOBASSO, sub art. 2467, cit., p. 248 mette in evidenza come l’apporto di danaro senza obbligo di rimborso è un conferimento, anche se non imputato a capitale: attraverso questo atto il socio incrementa mezzi propri della società e non l’indebitamento, perciò non può essere considerato colpevole di alcuna violazione del principio di corretto finanziamento; l’eventuale restituzione delle somme versate dai soci quando la società è a rischio di insolvenza, essendo un atto che potrebbe pregiudicare le ragioni creditorie, può essere colpita con i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale.

In giurisprudenza, la Cass., 24 luglio 2007, n. 16393, in Società, 2009, p. 453, ha stabilito che l’espressione « finanziamenti dei soci », di cui all’art. 2467 c.c., è applicabile solo alla figura dei prestiti anomali o sostitutivi di capitale (e non a tutti i tipi di finanziamento da parte dei soci) e che i versamenti in conto capitale, a differenza dei finanziamenti, non producono crediti esigibili dei soci nei confronti della società.

applica a tutti i finanziamenti tout court, ma solo a quelli concessi in condizioni di squilibrio o di “irragionevolezza”; il terzo, di carattere contabile, concerne la previsione dell’iscrizione di tali finanziamenti nel passivo, sotto la lett. D), numero 3, alla voce « debiti per finanziamenti » (e non sotto la voce patrimonio netto).

Una volta chiariti questi profili, diventa agevole affermare che, preferendo il termine finanziamento ad altri, il legislatore ha voluto distinguere la fattispecie sia dai conferimenti che dagli altri versamenti. La fattispecie dei finanziamenti dei soci è da tenere nettamente distinta da quella di “conferimento”, in quanto il legislatore, nel prevedere la postergazione del rimborso agli altri creditori, presuppone la qualifica del socio come creditore, e dai versamenti (variamente denominati), in quanto essi a) non necessariamente vengono effettuati in condizioni “sospette” della società; b) non presuppongono un diritto al rimborso; c) nel bilancio vengono inseriti sotto la voce patrimonio netto.

Sulla base di questa ricostruzione si potrebbe pensare che (per lo meno nelle ipotesi di situazioni di crisi della società) il discrimen tra finanziamenti da un lato e versamenti dall’altro sia dato solo da una scelta contabile, ossia da una decisione degli amministratori di iscrivere l’apporto del socio tra i debiti o tra le voci del patrimonio netto. Per quanto possa sembrare che la tutela degli interessi in gioco sia affidata ad un’esclusiva valutazione dell’organo gestorio, la considerazione da fare è che il legislatore, con l’applicazione della regola della postergazione, ha voluto imporre uno strumento che garantisca un corretto finanziamento dell’impresa, e quindi, di riflesso, gli interessi dei terzi creditori. Se questo è vero, quando l’esborso viene iscritto tra le voci del patrimonio netto va ad offrire una tutela ancor più forte agli interessi dei terzi, in quanto le poste saranno sottomesse alle regole del patrimonio netto, non assoggettate a rimborsabilità, e quindi sottoposte ad un regime che tutela maggiormente i terzi creditori. Non solo, ma nell’ipotesi in cui si apra la procedura concorsuale, i soci che hanno effettuato i versamenti non

saranno considerati creditori, neanche postergati, ma solo ed esclusivamente soci, che avranno diritto alla restituzione del versamento al momento del riparto dell’attivo260

.

Sicché, quando il finanziamento è erogato in condizioni normali della società, gli amministratori iscriveranno la somma nel patrimonio netto (vincolandola ad un regime di indisponibilità), sulla base di quanto stabilito dalle parti nel contratto; quando, invece, viene effettuato in condizioni di squilibrio o di “irragionevolezza”, a prescindere dal nomen

iuris usato dalle parti, se non risulta che l’esborso sia stato fatto a fondo

perduto, in conto aumento capitale o futuro aumento capitale, andrà iscritto nella voce debiti verso soci per finanziamenti, con specifica indicazione – nella nota integrativa – che si tratti di debiti postergati. Al fine di fugare ogni dubbio su possibili contraddizioni, bisogna poi precisare che il fatto che, di fronte ad un esborso effettuato in condizioni sospette, al fine di decidere se iscrivere quel debito tra le voci del netto o tra i debiti, siano rilevanti non solo gli elementi contrattuali, ma anche la volontà delle parti, non è in contraddizione con l’intenzione del legislatore – nell’art. 2467 c.c. - di prescindere del tutto dalla volontà. Questo perché poi, una volta che quell’esborso, per ragioni oggettive o per un’indagine ex art. 1362 c.c., viene ad essere annoverato tra i debiti, diventa assolutamente indifferente l’intento soggettivo sull’attribuzione a quel finanziamento della natura postergata, poiché – di fatto – l’indagine verrà condotta su elementi esterni al contratto, costituiti dalla situazione economica e finanziaria della società.

Tale ragionamento consente di a) di assicurare i profili di tutela dei terzi creditori (tutelati dalla disciplina del netto o della postergazione); b) di garantire la libertà delle parti sulle modalità di finanziamento dell’impresa, consentendo – in un nuovo rapporto

260

In tal senso, anche G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., p. 443, il quale afferma che, mentre nell’ambito dell’art. 2467 il rimborso del finanziamento postergato rispetto agli altri creditori comporta che quello del socio sia un credito fra gli altri, gli apporti definitivamente investiti e non ripetibili non generano alcuna posizione creditoria.

capitale/finanziamento – di ampliare le modalità di patrimonializzazione dell’attività sociale; c) di non abdicare al rispetto del principio di correttezza, garantendo una valutazione su un piano rigorosamente oggettivo che eviti fenomeni elusivi della regola della postergazione; di dimostrare la non corretta collocazione in bilancio dell’esborso (sollevando profili di responsabilità a carico degli amministratori, o l’esistenza di un negozio in frode alla legge)261

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Nel documento I finanziamenti dei soci nelle s.r.l. (pagine 130-138)