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Zanzur (Tripoli). 19, 3, 1942, grado istruzione superiore, geometra

Ha un’avviata impresa di costruzioni edili. Rimpatria dopo la requisizione dei beni, dei conti correnti, della casa dove abita che lascia ad un suo ex-dipendente per cinquanta sterline con le quali integra il costo del biglietto della nave per sé e la sua famiglia. Al porto di Napoli rileva già episodi di intolleranza nei confronti dei profughi da parte dei facchini del porto che, secondo l’intervistato, fanno apposta a rovesciare le casse dal forklift e accusano i profughi di essere venuti a togliere il lavoro ai residenti in Italia. Insieme ad altri tre italiani di Libia, disperati per problemi d’indigenza dopo sette mesi di rifiuti e rinvii, occupa l’ufficio del lavoro; intervengono i carabinieri, ma il responsabile finalmente è costretto a trovar loro un’occupazione per evitare lo scandalo. Anche lui, come altri intervistati sostiene che della situazione creatasi in Libia fu responsabile Aldo Moro che inizialmente rifiutò di trattare con Gheddafi, ma che poi “barattò” la cacciata degli italiani col mantenimento delle concessioni petrolifere ENI. Sostiene che il gesto più squalificante del Ministero è stato il far pagare il biglietto del passaggio su una nave italiana, a chi non possedeva più un soldo. Solo con il contributo del consolato e vendendo poche cose riescono a pagarlo.

A Napoli rifiuta il campo profughi di Calzanella viste le condizioni igieniche e fortunatamente avendo una casa di proprietà in Italia va ad abitare a Roma.

Intervista condotta mediante telefono l’12, 9, 2018.

Mi chiamo Letterio Alabiso e sono nato a Zanzur, un paese a circa dodici chilometri da Tripoli. Mio padre è nato a Tunisi e dopo due anni i miei nonni, che erano di Licata lo portarono a Tripoli nel 1911. Mia madre è di Messina.

Nella nostra precedente intervista mi hai raccontato le tue peripezie e la vostra drammatica esperienza di rimpatrio e di come, sulla nave ci fu uno scontro con un funzionario del Ministero degli Esteri italiano che fu contestato ed ebbe un forte malore …

Sì, aveva la bava alla bocca e spasmi ed è caduto per terra …

Continuiamo da quel punto là. Io so già tutta la tua storia e della tua famiglia in Libia. Ricordo del tuo racconto degli arabi della tua impresa che piangevano quando tu sei partito […] ora vorrei sapere, per concludere tutta la nostra storia dell’accoglienza in Italia. Quando sei rientrato in Italia come ti hanno accolto? C’è stata una discriminazione da parte degli italiani d’Italia nei confronti degli italiani di Libia?

Ci hanno considerato degli usurpatori del loro posto di lavoro. Quando siamo arrivati colla nave a Napoli, dovevamo scaricare le nostre … masserizie, chiamiamole masserizie, che erano nei cassoni di legno. Arrivavano questi con il forklift, li spostavano da una parte all’altra e, guarda caso, le casse cascavano a terra dal forklift … e, patapum: tutto rotto. Questi i napoletani … al porto.

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Ma questo, secondo te, lo facevano apposta e perché …?

Ma certo! Non l’hanno fatto solo con me, ma anche con tanti altri …

Ma questo lo facevano per motivi particolari?

E sì, dicevano: «Questi sono mo venuti qua per togliere il posto di lavoro a noi.»

Dicevano che il governo ci avrebbe dato chissà cosa … vi farà... Nel mio caso personale non ha fatto gran che, perché come diplomato le ditte qui in Italia potevano scegliersi l’impiegato di concetto e non [si poteva] imporre un’assunzione.

Se avessi fatto il falegname o qualunque altro mestiere avrebbero avuto la possibilità di costringere l’azienda ad assumermi, ma essendo impiegato di concetto questo non era possibile per una legge esistente che non so quale sia e che non so se esista ancora.

Per cui ogni venerdì andavamo presso l’ufficio del lavoro a Roma per sentire se c’era qualche richiesta da parte di qualche impresa. Ci mandavano sempre da un’impresa d’assicurazioni, Giulio Mantini credo si chiamasse, ma questi, poveri figli non sapevano che pesci prendere, perché non avevano bisogno.

«È inutile che venite qui ogni venerdì, noi non ne abbiamo bisogno» dicevano.

Il tempo passava ed era sempre la stessa solfa, la stessa storia … Ad un certo punto, le esigenze in casa, con due figli, la madre, il padre … Io ho detto che … E praticamente con altri quattro che stavano con me nell’ufficio di collocamento abbiamo occupato l’Ufficio del Lavoro. Ho convinto i miei amici, disperati pure loro, ad occupare l’Ufficio di Collocamento. Era venerdì e dovevano chiudere e noi abbiamo l’occupato e siamo capitati in una stanza di un signore che doveva andare in pensione che ci diceva: «Per piacere, non fatemi storie, non procuratemi guai, io sto andando in pensione, per carità non tiratemi fuori problemi!» «Lei non c’entra niente, se ne vada in pensione come e quando vuole, ma noi di qua non ci muoviamo!! Chiamate la polizia, i carabinieri, l’esercito, ma di qua non ci muoviamo». E così fu. Arrivò un maresciallo [dei carabinieri] con due altre due persone. Esprimemmo le nostre ragioni e, capita la situazione, ci disse: «Ragazzi, venite tutti di là che andiamo a parlare col Direttore». Gli ho risposto: «Ci vanno due di noi, gli altri rimangono qui a occupare l’ufficio!» Così fu e ritornarono dicendo che il problema era risolto e praticamente il giorno dopo tutti avevamo il posto di lavoro. Eravamo, io Antonio C. …

Chi? Nuccio?

Proprio lui, Nuccio.

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Poi c’era Antonio F. che fu mandato a Olbia e altri due di cui non ricordo il nome …, ma sono passati 47 anni …Così andai a lavorare in quest’azienda e dopo 14 giorni mi mandarono a Trieste a fare il direttore dei lavori per costruire 112 appartamenti.

Ti è andata bene …

Sì? Come bene? Dall’arrivo a quando ho trovato lavoro passarono sette mesi, dico sette mesi.

Sette mesi?

La disperazione era tanta. Io non mi vergogno di dire, insieme agli altri che ci siamo impegnati perfino l’oro di famiglia, gli aggeggini d’oro dei bambini perché eravamo alla disperazione. Sempre per quel famoso dottor B. un infame, infame che ci prese in giro per sette mesi. Capito?

Ma secondo te era una forma di discriminazione nei vostri confronti perché profughi della Libia?

Ma certamente! Come è possibile che è bastata questa occupazione e nel giro di un giorno sono venuti fuori i posti …? Se c’è qualcuno che mi può dare una risposta?

A Napoli, all’arrivo, voi avete avuto contestazioni? Mi hanno raccontato che si sono presentati coi megafoni, bandiere rosse a fare casino … a dirvi di tornarvene in Libia, non vi vogliamo qua?

A me non risulta questo! Qualcuno me l’ha raccontato anche a me, altra gente me l’ha detto, ma a noi non hanno contestato … Però non abbiamo visto il signor Moro [Aldo Moro, Ministro degli Esteri], perché i nostri guai con Gheddafi furono causati da lui. Fu invitato tantissime volte a recarsi in Libya a parlare, ma lui non ci andò mai.

Questa è una notizia che ho appreso anche io da diverse testimonianze …

Nel mio profilo Facebook io lancio una serie di […] e c’è tutta una serie di “sfoghi” dei nostri amici tripolini appunto su Moro e sul fatto che non si presentò mai da Gheddafi a parlare, a discutere … . Sicuramente la nostra vita sarebbe cambiata, forse anche in meglio …

Forse perché gli premeva di più … il problema dell’ENI …?

Certo! Ha barattato la nostra cacciata con le concessioni petrolifere.

Veramente non mi risulterebbe. Dei testi di storici importanti che riportano i documenti [diplomatici intercorsi] tra Ministero e la Libia; è vero che queste cose avvengono, come dicono a Napoli “Aumm aumm”, cioè di nascosto all’ufficialità, dei documenti ufficiali e alla luce del sole.

Io rifiutai il campo profughi anche perché avevo un appartamento qui a Roma.

Non sei stato al campo profughi di Calzanella di Napoli … ? Adesso è venuto fuori che non siamo più profughi, che non abbiamo più quel titolo.

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E perché? E chi lo dice?

Lo diceva a Paderno Raffaele. Sembra che, siccome la cacciata è avvenuta in maniera incruenta e non come per gli istriani, non abbiamo più la qualifica di profughi … A nessuno di noi interessa perché bene o male siamo tutti sistemati … però …

Secondo me è una grande baggianata perché un titolo, una definizione non si cancella … non si può rimangiare dopo 48 anni … ma che stiamo scherzando!

Diceva che quelli dell’Istria hanno avuto persone ammazzate nelle foibe e noi no!

[…] io non ci ho creduto … Comunque per ciò che mi riguarda io ero anche orfano di guerra oltre che profugo …

La cosa più schifosa del signor Moro, scusa il termine ma mi viene dal cuore … è stato che abbiamo dovuto pagarci il biglietto della nave, della Tirrenia. Lui poteva mandare due belle navi a raccoglierci tutti e portarci in Italia. Tu mi potresti dire che avevamo fatti i soldi a Tripoli per pagarci il biglietto.

Sai come abbiamo fatto quei soldi? Vendendo un intero appartamento, arredato di tutto punto, per 50 sterline [poco meno ci 70 -80 mila lire d’allora, lo stipendio mensile di un insegnante in Italia] e vendendo della birra che mio suocero aveva nascosto in casa [erano proibiti gli alcolici] e che gli avevano dato come pagamento di non so che cosa … in quel periodo ricordi che proibito consumare alcol e noi ci eravamo nascosti queste casse di birra e che rivendevamo alla gente del posto. Fortunatamente nessuno ci ha denunciati, altrimenti ci saremmo andati di mezzo noi e altri. E poi grazie al consolato italiano che ci ha dato 50 - 100 sterline [tono ironico]. Anche il dottor Rizzi, te lo ricordi, faceva la fila per quei quattro soldi per pagarsi il biglietto. Nave italiana in un momento così tragico, una nave italiana. Il signor Moro se n’è fottuto di noi esseri umani italiani, donne, uomini, bambini e vecchi. Questo non si è posto il problema di come saremmo potuti arrivare in Italia [tutti i beni immobili, mobili, conti correnti e liquidi erano stati requisiti dal governo libico e solo col certificato di nullatenenza si poteva rimpatriare. Pena l’arresto, chi possedeva oggetti di valore e preziosi doveva consegnarli o venivano requisiti all’imbarco; solo la biancheria e gli indumenti personali erano ufficialmente permessi].

I nostri connazionali, cioè gli italiani che vivevano in Italia come vi hanno accolti? […]

Dopo quell’episodio all’ufficio del lavoro devo dire che quando ho preso servizio i dirigenti e i colleghi di lavoro mi hanno trattato bene. Proprio bene. Forse perché eravamo ad un livello di società abbastanza alto. Non eravamo al livello dell’officinetta. Non so se tu hai sentito parlare dell’ITALSTAT società del gruppo IRI, che poi abbiamo avuto come amministratore anche Prodi.

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[…] Sto leggendo dei libri per la tesi e sono meravigliato da un libro dal titolo “Rovesci della fortuna” dove si dice che a Tripoli tra gli italiani si facesse politica. A parte Valentino Parlato che ebbe il rimpatrio forzato dai libici [perché era comunista] per me è stata una cosa nuova … è una cosa nuova. In Italia fondò “Il Manifesto”. Ti risulta?

Valentino Parlato si scagliò contro di noi, è stato sempre contro di noi che ci considerava fascisti. Di me di te, noi, quando mai si è parlato di fascismo tra noi? […] vivevamo bene, con nessuna inclinazione politica.

Un altro era il notaio Enrico Cibelli lo conoscevi tu? Il libro dice che aveva fondato un movimento collaborativo con gli inglesi e poi coi libici […]. Un partito comunista a Tripoli. Io questa roba qua non l’avevo mai sentita … sono notizie che mi risultano nuove … ma da dove le tirano fuori … Io non avevo mai sentito niente e a Tripoli ci si conosceva tutti.

Ma neanche io?

Questo libro qua parla di Facchinetti, di Graziani. Addirittura dice che Facchinetti arringava dal pulpito …

Ma quando mai? […]

Per la casa hai avuto problemi? Se avevi avuto problemi se avevi fatto domanda per avere la casa popolare? So di persone …

Sì avevo fatto domanda per la casa perché quella che avevo l’avevo data ai miei genitori … mi sono buttato sul lavoro, ogni tanto sentivo gli amici. Ho cercato di far assumere delle persone come Corrado, lo ricordi? […]

[…] A Bologna ho incontrato con piacere Nino un altro nostro compagno di classe […].

Quando rientri a Padova, incontriamoci e parliamo e stiamo un po’ insieme.

Teniamoci in contatto. A me manca soprattutto il calore delle persone che avevamo là, quando eravamo giù a Tripoli.

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9 - STORIA DELLA MIA FAMIGLIA, SCRITTA COME MI È