Israele ed Hezbollah a confronto.
4.2 Libano ed Israele: il caso Leviathan.
Fra le pagine dell’Antico Testamento , si fa riferimento ad un mostro marino “ fatto per non aver paura” e considerato il re su tutte le bestie piu superbe : si chiama Leviatano. Con questo nome è stato rinvenuto un giacimento di gas che ha cambiato la politica di Israele che, non essendo mai stato energicamente indipendente fin dalla sua nascita nel 1948, potrebbe diventare con questi giacimenti uno dei maggiori esportatori di gas della regione del Mediterraneo orientale attirando a se il baricentro strategico e dando vita a nuove intese e nuove frizioni con i paesi vicini.. Tra le tante dispute territoriali che animano i rapporti tra il Libano ed Israele il caso leviatano è un contenzioso che dal 2011 si sta facendo sempre più ostico per le problematiche economiche e diplomatiche.
Al di là di qualsiasi acquisizione di aree dal punto di vista nazionale, il gigantesco bacino ricco di gas è ubicato geograficamente sui confini delle aree extraterritoriali di piattaforma continentale dei due paesi.
Entrambi, visti i grossi interessi in gioco, hanno cominciato a tutelare le proprie posizioni dichiarando rispettivamente che secondo Israele la questione del fabbisogno energetico riguarda il settore della sicurezza nazionale e quindi qualsiasi intrusione esterna legata allo sfruttamento del bacino avrebbe tutti i presupposti di un’aggressione. Il Libano, da parte sua, ha chiesto alle Nazioni Unite un’azione preventiva in quanto trattasi di un problema legato alla propria integrità territoriale.
Immagine 15 : mappa del bacino di Leviathan (fonte:www.geopolitica-rivista.org/cms-content/uploads/leviathan.jpg
Scoperto nel dicembre 2010 nel Mediterraneo orientale, esso si estende per circa 83.000 chilometri quadrati ed insieme a quello di Tamar, scoperto nel 2009, rappresentano per Israele una miniera d’oro, avendone dichiarato nel 2010 la sua zona economica esclusiva (ZEE).
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La Noble Energy, società con sede a Houston (Texas), che ha contribuito alla scoperta dei giacimenti, ha dichiarato che secondo le loro prospettive future, le esportazioni in termini di petrolio di quest’area potrebbero raggiungere i 56 milioni di metri cubi giornalieri.
Queste scoperte trasformerebbero lo stato sionista in una importante nazione esportatrice di gas naturale che tassando opportunamente i redditi provenienti dal petrolio e dal gas, potrebbe investire i proventi in un fondo sovrano israeliano incrementando l’economia israeliana, come tra l’altro già in atto in Cina ed altre nazioni dell’OPEC.
Secondo Hezbollah, le stime della produzione dei pozzi di gas di Leviathan sono nettamente inferiori rispetto alla stima israeliana anche perché l’area dei giacimenti si estenderebbe nelle acque sottomarine libanesi e quanto affermato dal movimento di resistenza libanese si estenderebbe anche al giacimento di gas di Tamar.
In ogni caso i continui attriti tra Libano ed Israele condizionano oltre alla delimitazioni terrestri anche i confini marittimi. Secondo una ipotetica linea tracciata dal governo israeliano, il bacino di Leviathan si troverebbe nella zona esclusiva israeliana.
Per Beirut, la linea correrebbe troppo a nord di Haifa, inglobando un tratto di mare che si troverebbe davanti alla città libanese di Tiro.
La questione territoriale, sopra ogni ragionevole dubbio, è finita sul tavolo delle Nazioni Unite non senza grande preoccupazione da parte del segretario generale Ban Ki Moon.
Secondo lo stesso Ban Ki Moon, la posta in gioco darebbe l’inizio ad un potenziale conflitto tra i due vicini per la spartizione delle risorse.
Il Libano accusa Israele di rubare idrocarburi, mentre Tel Aviv punta il dito contro Beirut per i rimaneggiamenti di presunti confini marittimi stabiliti nel 2007.
La convenzione delle Nazioni Unite sulla legislazione maritima (UNCLOS) garantisce ad ogni stato il diritto di condurre attività9 fino a 200 miglia nautiche (370 km) dalle proprie coste . La situazione va a complicarsi quando lo spazio è piccolo come nel caso di questo bacino del Mediterraneo orientale e quindi si determina uno sconfinamento delle ZEE nelle acque territoriali o esse si intersecano fra loro. Considerando che Israele non ha firmato la convenzione menzionata in precedenza, vale per lo stato ebraico, il solo diritto di cattura ovvero chi prima arriva prima trivella.
Il Leviathan, vista la sua importanza economica, è sempre pattugliato da navi da guerra e sottomarini israeliani, mentre continuano le trivellazioni senza dare una risposta alle Nazioni Unite.
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Molte sarebbero le compagnie pronte a setacciare i fondali libanesi : alcune di loro hanno creato dei consorzi e sono in attesa di ricevere le concessioni di esplorazione dal governo libanese.
Il Libano, afflitto da continue crisi politiche, ha autorizzato alla fine del 2012 il via libera alle esplorazioni su benestare del ministro per l’energia Gebran Bassil.
Il nodo spinoso per il governo libanese è quello delle dispute settarie sul controllo del fondo che gestisce i guadagni legati allo sfruttamento delle risorse : in un Libano nel quale vengono ripartiti i poteri costituzionali tra le varie confessioni, di frequente può capitare che una setta possa beneficiare a scapito di altre di certi guadagni.
Secondo il professore Ali Haidar (docente presso l’università americana di Beirut), esperto del contesto geologico libanese-israeliano-giordano, il giacimento di gas Leviathan posto tra Israele e Libano ha una consistenza che lo rende uno dei più grandi del mondo. In altre zone minori Israele ha già estratto gas, ma in questo caso, secondo lo studioso, il problema sta nel come tracciare la linea del confine marino. Secondo una parte dei libanesi Israele nel futuro cercherà di spostare il confine più a nord. Al di là dei cattivi pensieri, la mappatura fatta dal Libano favorisce comunque Israele, visto che non segue la linea equatoriale, ma la perpendicolare tra Haifa e Beirut - suggerita da Israele come linea di confine marino, più inclinata verso nord. Anche secondo la chiave di mappatura israeliana, però, una parte di Leviathan è libanese. Ci sono diversi modi per tracciare i confini marini, è chiaro che in questo caso spostarli di poco significa aumentare di molto i guadagni futuri di una nazione. Per quanto riguarda lo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio, lo stato sionista è avanti di un paio d’anni e dopo le dichiarazioni di Hezbollah circa una potenziale guerra se Israele cominciasse ad estrarre i gas sui confini marittimi messi in discussione, il governo israeliano ha diminuito il suo piano industriale di estrazione.
La posta in gioco è alta: l’attivismo energetico di Israele è stato così elevato da individuare il grande Leviathan, ma nello stesso tempo ha provocato delle minacce terroristiche come i quattro attentati al gasdotto del Canale di Suez che hanno interrotto il flusso del gas dall’Egitto; dall’altra il Libano si aspetta di ricevere un sostegno alla propria economia : l’unico giacimento libanese ricadrebbe infatti nella piattaforma libanese con un’estensione di 850 kilometri quadrati e quindi così piccolo da poter farlo ricadere nella zona oggetto di contesa. Il costante dialogo di entrambi gli Stati con le Nazioni Unite dimostra la disponibilità delle parti a produrre effetti per una soluzione conciliativa. Se non si riuscirà a trovare una via d’uscita, si potrebbe aspettare per anni senza alcun beneficio per nessuno.
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La disputa relativa al caso Leviathan, al di là di ogni motivazione valida da entrambe le parti, diventa di difficile soluzione anche da parte della comunità internazionale che dovrebbe esprimere un giudizio relativo ai rapporti tra due Stati che quotidianamente vivono nella tensione. Se dovesse esistere un confronto tra Libano ed Israele dovrebbe eventualmente essere ricercato non tanto sul piano militare per l’ovvia assimetria in termini di potenziale bellico delle parti, ma avviando autonomi progetti di esplorazione nella considerazione che il Leviathan Basin rappresenta dal punto di vista economico una risorsa importante capace di dare ricchezza ad entrambe . Non va peraltro dimenticato, che le grandi compagnie d’esplorazione minerarie e petrolifere decidono di garantire la propria presenza nei luoghi in cui esistono giacimenti significativi, soltanto nella misura in cui gli Stati per i quali lavorano, riescono a garantire agli investimenti ed alle strutture di queste importanti società la necessaria sicurezza interna per la realizzazione dei lavori di estrazione. Un Israele produttore ed esportatore di gas naturale potrebbe generare degli effetti che dal punto di vista geopolitico potrebbero nascondere la volontà israeliana di voler diventare il fornitore privilegiato di molti paesi europei in virtù della partnership creatasi tra lo stato sionista e Cipro, eludendo gli interessi turchi sul bacino di Leviathan10. Questa valutazione, qualora plausibile, provocherebbe una nuova percezione europea sul conflitto israelo-palestinese e quindi molte nazioni europee sostenitrici della causa palestinese potrebbero giungere ad un raffreddamento delle proprie posizioni in ragione della affidabilità in termini energetici, proposti dallo Stato d’Israele. Lo scenario politico internazionale dimostra ancora una volta come gli interessi siano considerevoli e che le rispettive politiche di vicinato tra lo Stato d’Israele e la Repubblica libanese non siano mai state, se non in pochi casi , stabilite in un clima di cooperazione e non di competitività. In conclusione, lo Stato sionista, inserito in contesto regionale ostile che ha sempre fatto della propria politica di potenza, da quando esiste, una vera ragione di sopravvivenza, va a scontrarsi con uno Stato vicino che rivendica la propria sovranità contraria alle invasioni israeliane che hanno interessato il suo territorio, e vuole per quanto possibile avere titolarità nello sfruttamento di questo giacimento in parte ubicato nella zona economica esclusiva dello stato libanese.
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