Israele ed Hezbollah a confronto.
4.3 Vincitori e vinti dopo la crisi israelo-libanese del luglio-agosto 2006.
Parlare di vincitori e sconfitti dopo l’ultimo conflitto israelo libanese del 2006 è dare una impressione sbagliata. E’ più corretto affermare che dopo l’ennesima guerra, in entrambi i Paesi coinvolti si sono verificati degli effetti che hanno trasformato le rispettive situazioni politiche interne e le relazioni con l’opinione pubblica.
Dopo il conflitto gli israeliani screditarono l’allora Governo Olmert perché non più fiduciosi nella strategia dei ritiri unilaterali, incapaci, secondo l’opinione pubblica israeliana, di garantire sicurezza e soprattutto perchè avrebbe favorito il rafforzamento di alcune organizzazioni terroristiche anti israeliane tra le quali Hezbollah.
In Libano i mesi successivi al conflitto furono molto difficili per problematiche legate alla ricostruzione del paese, sia per la tensione politico confessionale che poteva essere paragonata a quella che si era verificata all’inizio della guerra civile del 2006.
La creazione del tribunale internazionale per l’omicidio del premier libanese Hariri, contrario all’orientamento del movimento hezbollah che avrebbe voluto che il giudizio sull’omicidio del leader libanese fosse coordinato da un tribunale nazionale , nonché gli scontri tra le truppe delle LA (Lebanese Army), contro il campo profughi di Tripoli dove sono decedute oltre 300 persone, con il picco decisivo nel 2008 per le nuove tensioni con Hezbollah, portarono all’accordo di Doha nel quale i leader libanesi sono riusciti a riportare la calma all’interno del paese.
Immagine 16 Attentato al premier libanese Hariri (fonte: http://www.ilpost.it/2014/01/16/processo-rafiq-hariri/rescuers-gather- around-a-wrecked-car-wit/
Le osservazioni che entrambi i paesi portarono a termine giunti alla tregua del conflitto del 2006, furono che entrambi si ritennero vincitori. Dal punto di vista delle perdite in termini umani, il prezzo più forte fu pagato dalla popolazione libanese; quella israeliana ne subì decisamente meno;
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Hezbollah con il rapimento dei due soldati israeliani fece pagare allo stato sionista un carissimo riscatto nonché il riconoscimento del problema delle Fattorie di Sheeba a livello internazionale10 e menzionato nella Risoluzione ONU 1701 come “occupazione illegale israeliana che le avrebbe accorpate alle alture del Golan”, confermando il peso politico del Partito di Dio.
Un potenziale disarmo di Hezbollah era in questo caso improbabile per Israele che avrebbe così ricevuto il più grosso insuccesso personale per le sue capacità militari ; inoltre la presenza di una forza multinazionale sempre vista come “ospite scomodo” avrebbe, sempre secondo le tesi israeliane agevolato la ricostruzione dell’arsenale balistico del movimento di resistenza libanese. Non considerando che Hezbollah avrebbe fatto parte del Governo Libanese rimpiazzando le debolezze organizzative ed organiche dell’esercito libanese, lo stato sionista ha fallito nel suo intento, già prioritario all’inizio del conflitto del 2006, di eliminare Hezbollah.
Il 6 maggio del 2008 si verificò un primo tentativo del Governo libanese di intaccare l’infrastruttura militare di Hezbollah. Infatti il governo libanese, dominato dall’alleanza “14 marzo” guidata dal partito sunnita “Movimento Futuro” di Saad Hariri , adottò due decisioni atte ad intaccare l’organizzazione del movimento di resistenza libanese. Il primo provvedimento riguardava la rimozione del capo della Sicurezza dell’aeroporto di Beirut, il generale Wafiq Shuqayr, accusato di spionaggio per conto di Hezbollah ai danni dei politici e funzionari della coalizione di Governo, mediante un sistema di telecamere di sorveglianza e sistemi di ascolto piazzati nella zona dell’aeroporto; il secondo era la dichiarazione della illegalità e incostituzionalità della rete di telecomunicazioni privata di Hezbollah, la quale, secondo alcuni esponenti della maggioranza al Governo non si sarebbe limitata al Libano meridionale ma si sarebbe estesa fino al Governatorato del Monte Libano.
L’8 maggio del 2008, durante una conferenza stampa trasmessa da un emittente televisiva libanese Al Manar, il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasdrallah, aveva evidenziato l’importanza militare della rete di telecomunicazioni , definendola il principale punto di forza di Hezbollah nella guerra contro Israele del 2006, in quanto non era stata penetrata dall’intelligence israeliana11. Le decisioni governative furono motivo di scontri e ci furono almeno 80 morti ed oltre 250 feriti tra i quali 14 combattenti di Hezbollah; le forze armate libanesi, durante queste giornate di tensione, non sono intervenute a fermare le milizie rivali ed hanno mantenuto una posizione neutrale limitandosi a proteggere le sedi Istituzionali dello Stato e ricevere in custodia le posizioni sunnite conquistate da Hezbollah .
10Addressing Security Council, Arab League ministers call for comprehensive ceasefire, Israeli withdrawal from
Lebanon, SC/8804, 8 August 2006; www.un .org.
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Diego Baliano, Libano:A Doha si conclude la prima fase di riassestamanto del Libano post-siriano,Osservatorio Strategico,CEMISS, Anno X – n°5 maggio 2008.
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Dall’analisi dei fatti risulta che al primo tentativo del Governo libanese di intaccare la struttura organizzativa di Hezbullah, lo stesso ha risposto per la prima volta usando le armi della resistenza anti-israeliana contro i libanesi, confermando che la tutela della propria milizia e delle proprie armi rappresentano per il movimento di resistenza, l’obiettivo primario da salvaguardare a costo di far scatenare un conflitto settario in Libano.
Dal punto di vista militare, Hezbollah ha dimostrato di essere la milizia più forte del Libano, capace in poco tempo di mettere in crisi le milizie libanesi filo-governative, anche se la natura degli scontri sia stata settaria screditando quindi la giustificazione che l’esistenza della milizia privata sud libanese sarebbe una forza di resistenza nazionale esclusivamente anti israeliana e di natura interconfessionale e unica forza capace di difendere il Paese da Israele.
Una tale dichiarazione, alla luce di quanto è accaduto nel 2008, avrebbe potuto compromettere il sostegno di una parte della popolazione non sciita a favore di Hezbollah12.
La maggioranza politica ha dovuto, suo malgrado riconoscere la necessità di scendere a patti con Hezbullah per evitare la paralisi istituzionale, mentre la scelta di non intervento da parte delle Forze Armate Libanesi guidate dal generale Suleiman, ha salvaguardato l’unità interna del paese ma ha danneggiato la sua immagine d’imparzialità agli occhi della maggioranza del Governo. L’accordo firmato a Doha il 21 maggio del 2008, sotto la supervisione del primo ministro del Qatar lo sceicco Hamad bin Jassim bin Jabr al-Thani e del segretario generale della Lega Araba, Amr Mussa, è stato strutturato su quattro punti : il primo ha riguardato la convocazione entro 24 ore dall’accordo della sessione parlamentare per l’elezione di colui che sarebbe diventato presidente libanese ovvero Michel Suleman; il secondo ha stabilito lo scioglimento del Governo in carica e la creazione di una composizione di 30 ministri di cui 16 provenienti della maggioranza, 11 dall’opposizione e 3 scelti dal presidente libanese ; il terzo ha dato il via da parte del Parlamento ad una riforma elettorale basata sulla divisione di Beirut in tre circoscrizioni elettorali e l’istituzione nel resto del Paese di circoscrizioni elettorali più numerose ovvero dalle 14 presenti alle 26 di nuova costituzione. Il quarto ed ultimo punto ha riguardato l’impegno a non usare la forza per ottenere vantaggi politici in Libano.
La vittoria militare e politica ottenuta da Hezbollah nel maggio del 2008 ha ristabilito sostanzialmente l’equilibro tra le parti in lotta sulla base dei reali rapporti di forza. Alcuni analisti hanno collegato la decisione di agire militarmente da parte del movimento libanese alla conferrma del dialogo che in quel momento poteva esistere tra Israele e Siria. La previsione di un ravvicinamento tra i due stati e della possibile distensione in Medio Oriente, avrebbe portato Hezbollah a forzare la mano per ottenere vantaggi politici.
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Si tratta dell’allora principale alleato cristiano-maronita all’opposizione , il Movimento Patriottico Libero di Michel Aoun.
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Le osservazioni che vanno fatte alla luce del conflitto israelo-libanese del 2006, riconoscono un’approccio sbagliato da parte israeliana all’inizio del conflitto. L’analisi fatta in quel periodo dalla rivista americana Time, evidenzia delle impressioni che sono state condivise da altri studiosi13.
Se infatti Israele avesse rivisto il proprio piano d’azione non avrebbe vinto come è successo in altri conflitti, ma non avrebbe perso. L’impostare come obiettivi prioritari la distruzione dell’80% dell’arsenale bellico di Hezbollah e del dispiegamento delle forze dell’esercito libanese ha in conclusione indebolito l’immagine israeliana proprio per le aspettative troppo elevate che l’opinione pubblica si aspettava dal suo esercito, e per gli esiti che alla fine si sono dimostrati contrari alle intenzioni israeliane.
In considerazione di quanto detto, è anche da riconoscere che Hezbollah non sarebbe mai stata distrutta perché la struttura da guerriglia sulla quale si fonda il Partito di Dio avrebbe richiesto uno sforzo militare israeliano che in termini di vite umane e di risorse economiche l’opinione pubblica dello stato sionista non voleva accettare. Nessun Governo avrebbe avuto l’intenzione, come in questo caso, di iniziare una guerra tipo Vietnam, per eliminare una minaccia controllabile con un confronto a bassa intensità14.
Le ragioni della sconfitta israeliana possono anche essere ricondotte ad una incompetenza dei servizi segreti israeliani i quali non hanno saputo perseguire una strategia comune per combattere Hezbollah.
A prescindere dall’irragionevolezza degli obiettivi da perseguire come sopra delineato, l’accortezza da parte del movimento di resistenza libanese di nascondere il proprio arsenale bellico in posti sconosciuti ed in piccole quantità ha obbligato l’IDF ( Israeli Defence Forces) ad attacchi per quanto precisi, non efficaci in termini di perdite.
Le riserve belliche custodite in quei posti di stoccaggio sconosciuti erano in realtà di poco valore tecnologico se rapportato a quelle che Israele ha utilizzato per distruggerle . A questo inoltre va aggiunto l’effetto propagandistico che Hezbollah metteva in risalto minimizzando lo sforzo del nemico.
Se pensiamo alla campagna “ Change of Direction”, la fase iniziale si è sviluppata su una serie di attacchi aerei e dal mare da parte delle IDF, con l’attacco terrestre a due giorni dal cessate il fuoco. La selettività degli attacchi aerei ha fatto in modo di accrescere la rabbia dei libanesi ed il supporto ad Hezbollah. Secondo i dati forniti da Israele all’epoca dei fatti, alla fine del conflitto il Partito di Dio avrebbe perso oltre 500 militanti: è un affermazione che farebbe riflettere chiunque, in quanto la forza del movimento al momento poteva attestarsi su una stima di 600-800 uomini e quindi
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Tony Karon – So who really won the war- Time – 15 agosto 2006- www.time.com/time/world/article/0,8599,1227264,00.html.
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permane il dubbio su come Hezbollah avrebbe potuto resistere ai raid israeliani fino alle ultime ore della guerra15.
Un’analisi analoga alla precedente è quella che viene formulata dal CSIS (Center for Strategic and International Studies), che rimane stupito dal fatto che un esercito preparato come quello israeliano, circondato da nemici, abbia potuto condurre degli attacchi improvvisati e superficiali. Sapendo che la maggioranza della popolazione libanese era sciita, agire in questo modo ha rafforzato il partito che li rappresentava ovvero il Partito di Dio.
La destabilizzazione interna libanese ha favorito la caduta dell’allora Governo Seniora appoggiato dagli Stati Uniti, avvantaggiando la strategia di Hezbollah sempre più appoggiato dal popolo libanese.
In definitiva il fallimento israeliano è giustificabile per la non volontà israeliana ad affrontare un conflitto e per la mancata preparazione nell’affrontare un nemico imprevedibile come Hezbollah. L’idea sostanziale della strategia sionista era focalizzata sul provocare una reazione siriana e soprattutto iraniana per destabilizzare l’ordine interno dello Stato libanese, ignorando su quale fosse la disposizione del nemico. Soltanto quando Israele ha capito che la strategia, perseguita a due settimane dall’inizio del conflitto, non portava a risultati certi e concreti, il problema venne portato al vaglio delle Nazioni Unite le quali hanno accontentato le parti contendenti consentendo l’estensione del mandato di UNIFIL e di conseguenza permettendo ad Hezbollah di rimanere armata e di gestire integralmente il Sud del Libano e ad Israele a ritrovarsi attore passivo per non poter risolvere un problema legato alla sua sicurezza.
Dimostrare la vittoria di Hezbollah pur non avendo distrutto Israele diventa interessante soprattutto se riflettiamo soltanto sul fatto che il popolo arabo è abituato a considerare l’esito di un conflitto con Israele in relazione a quella che fu la Guerra dei Sei Giorni, nella quale l’azione rapida israeliana pose le basi dell’invincibilità dell’IDF. Nello specifico, considerando il conflitto del 2006, Israele si è trovata raramente ad attaccare per prima e combattere contro organizzazioni para miliari anziché Stati sovrani: nell’estate del 2006 Hezbollah non è stata schiacciata ed ha vinto a conferma di quella che è l’attuale opinione del popolo arabo, sciita e sunnita16.
La preparazione meticolosa alla quale si dedicarono i miliziani del Partito di Dio ha sorpreso Israele che per reazione non si stava rendendo conto del nemico che stava affrontando. I soldati dell’IDF si sono trovati davanti ad un teatro operativo costituito da tunnel e bunker che ne hanno bloccato l’avanzata, mentre nel 1982 la copertura della distanza tra l’attuale Blue Line ed il fiume Litani era durata per le forze IDF solo poche ore per le insignificanti resistenze libanesi.
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Fabio Mini – Tsahal, una sconfitta da manuale – “Quaderni speciali di Limes” – ottobre 2006.
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Dal punto di vista religioso i sunniti, che vedevano Hezbollah e la sua vittoria come fumo negli occhi per una possibile cospirazione sciita che avrebbe sottratto loro il potere, al contrario non pensavano che Nasdrallah aveva altri interessi ovvero accrescere il proprio potere interno in Libano riformando un sistema politico che non considerava il giusto equilibrio tra peso politico e demografico e dove appunto l’estrazione sciita era il comune denominatore tra Hezbollah e la maggioranza della popolazione libanese.
La situazione attuale vede crescere dal 2006 il potenziale militare del movimento di resistenza libanese davanti agli occhi vigili ma inermi del nemico israeliano. Innanzitutto, Hezbollah possiede ora una maggiore quantità di armamenti dall’ultima guerra tra Israele e Libano del 2006, nonostante le disposizioni contrarie della già citata Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che aveva posto fine al conflitto. La tensione tra Israele ed Hezbollah è cresciuta sensibilmente negli ultimi mesi, in seguito alle accuse al Partito di Dio di aver ricevuto missili balistici Scud dalla Siria e dall’Iran. Secondo il servizio di informazioni israeliano, Hezbollah possiede attualmente un arsenale costituito da 100 missili Scud ed M-600 e 40 mila razzi a corto e medio raggio, armi nascoste nei villaggi e nelle case a sud del fiume Litani, dove si trovano 20 mila militanti sciiti, 8 mila dei quali sono stati addestrati nei campi iraniani. Inoltre, nella zona cuscinetto controllata dall’UNIFIL, i miliziani di Hezbollah
custodiscono anche una fitta rete di comunicazione e centri di comando
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Il futuro vede un conflitto tra Israele ed Hezbollah che avrebbe conseguenze gravi sia perchè provocherebbe enormi perdite fra la popolazione civile, sia per le implicazioni a livello regionale ed internazionale, poiché lascerebbe irrisolte le questioni di fondo della pace e della sicurezza nella regione mediorientale.
Non ultimo, però, il principale timore israeliano riguarderebbe il programma nucleare iraniano. Israele ha cercato più volte di impedire alla Repubblica islamica di procurarsi gli armamenti nucleari, ma Hezbollah rappresenta per l’Iran un importante deterrente contro l’azione israeliana. Un eventuale attacco all’Iran provocherebbe indubbiamente una reazione di Hezbollah ed una conseguente guerra contro Israele.
Dietro ad Hezbollah quindi si muoverebbe l’Iran, il quale, in caso di attacco alla Siria, si è detto pronto a schierarsi a favore del regime. L’asse Teheran-Damasco-Hezbollah si fonderebbe, di fatto, su un’alleanza geopolitica di importanza regionale vitale: la Siria rappresenta per l’Iran il punto d’accesso al Libano e ad Hezbollah, e ciò rappresenta un fatto di importanza strategica per Teheran a causa della vicinanza geografica con Israele.
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4.4. Prevenzione alla minaccia : l’attività dei servizi segreti israeliani.
Parlare dell’attività dei servizi segreti di un paese premette la conoscenza del concetto d’informazione.
Per semplificare quelli che potrebbero essere definiti come sinonimi di “informazione”, diamo un comune denominatore a tutti i vari significati definendo l’informazione come “scambio di dati che rende possibile la vita sociale”17. L’informazione costituisce quindi il sistema nervoso centrale di una società e la capacità nel controllarla è uno dei fattori che permette il mantenimento di una società libera. L’attività informativa svolta dai servizi segreti a fattor comune può essere svolta da una singola persona ( per esempio un giornalista, reporter ecc.) o da gruppi organizzati, quali agenzie informative che possono essere giornali, televisioni , agenzie pubblicitarie, società di software ecc. Il flusso di informazioni può ulteriormente dettagliato da fonti che, non rientranti nelle categorie sopra elencate, possono contribuire ad arricchire i dati informativi e tanto per citarne alcune potremmo considerare importanti un partito, un’azienda del settore merceologico,ecc. L’informazione considerata nella sua totalità funziona come un sistema organizzativo in cui agiscono vari sottosistemi informativi, a loro volta composti da più agenzie informative o parainformative. Allo stesso modo non tutte le informazioni hanno uguale valore e quest’ultimo sarà proporzionale alla rilevanza del tema a cui si riferiscono. Al giorno d’oggi si comprende che, in un momento di crisi finanziaria, le notizie riservate sullo stato di salute dei principali soggetti finanziari hanno un’alta priorità. In questo caso l’attenzione non è rivolta al successo che la notizia può avere in termini di audience, ma dell’interesse che questa può suscitare nei confronti di un pubblico specializzato (scienziati, governanti, militari, imprenditoria industriale ecc..). Durante gli anni Novanta, alcuni servizi segreti occidentali diedero poca importanza ai criteri da seguire nella raccolta delle informazioni ed in particolare quale logica seguire nel capire cosa includere o meno in un dato informativo.
Il primo a cogliere la lezione fu il servizio militare israeliano, il quale nel marzo del 2002 iniziò a chiedersi perché l’intelligence israeliana, dotata di ottimi agenti e di una rete informativa invidiata da servizi segreti ben più forti, si era lasciata sorprendere da eventi come la Guerra del Kippur. L’allora capo dell’intelligence militare israeliana Aharon (Farkash) Zèevi, una delle migliori spie del secolo, giunse alla conclusione che Israele era caduta nell’errore di dedicare troppa attenzione alla minaccia diretta ovvero al pericolo grave ed imminente. Proprio i fattori non collegati a Israele portavano a situazioni rischiose e quindi alle sorprese più negative. Prendendo in esame l’economia libanese, secondo il capo dell’intelligence, un suo eventuale rallentamento avrebbe