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Le linee di politica criminale della riforma del d.lgs n 74 del 2000

La riforma operata con il d.lgs. n. 74/2000 costituisce una vera e propria inversione di rotta nella strategia repressiva dell’evasione fiscale, poiché ha per obiettivo il su- peramento degli inconvenienti che il sistema penale della legge del 1982 aveva rive- lato in sede applicativa129.

Il primo profilo d’innovazione – ricavabile sin dalle direttive fornite dalla legge- delega 29 giugno 1999, n. 205 – è il recupero della concreta offensività delle condot- te lesive dell’interesse erariale, mediante la previsione “di un ristretto numero di fat- tispecie, di natura sostanzialmente delittuosa […], caratterizzate da rilevante offen- sività per gli interessi dell’erario e al fine di evasione o di conseguimento di indebiti rimborsi d’imposta”.

Nel d.lgs. n. 74/2000, tuttavia, il legislatore non ha attratto nel settore penale tutte le situazioni che in teoria possono dar luogo a quella che abbiamo definito “grande e- vasione fiscale”. La stessa intestazione del provvedimento anticipa, al pari della pre- cedente legislazione penale tributaria, che l’oggetto di tutela concerne le violazioni in materia di imposte sui redditi e di IVA, con conseguente esclusione di tutte le im- poste e i tributi di tipo o natura diversa130.

Questa scelta, sebbene motivata dalle ragioni sopra enunciate, desta qualche perples- sità. Non bisogna dimenticare, infatti, che i cosiddetti tributi minori giocano un ruo- lo importante nella determinazione del gettito erariale complessivo.

Basti considerare, ad esempio, l’imposta di registro, la quale in alcuni casi offre un introito limitato quando opera come tassa fissa di importo contenuto, ma in altri con- sente di applicare una vera e propria imposta in percentuale al valore dell’atto che viene sottoposto a imposizione.

Ancora, si deve considerare che non sono ricomprese nell’ambito della riforma le violazioni che comportano una evasione dell’imposta regionale sulle attività produt- tive (IRAP), in quanto tale tributo non è qualificabile come imposta sui redditi. Il decreto prevede, all’art. 1, un elenco di definizioni aventi lo scopo di guidare l’interprete nella corretta applicazione della norma penale che, in virtù della materia

129 Cfr. E.MUSCO, Brevi note sulla riforma del diritto penale tributario, cit., 1179 ss.. Per un esame “storico” dei tentativi inattuati di riforma del sistema tributario, si rinvia a M.DI SIENA, La nuova di-

sciplina dei reati tributari, op. cit., 12 ss.

estremamente settoriale, presuppone la conoscenza di concetti propri del diritto tri- butario sostanziale. Il legislatore, così operando, ha inteso prevenire dubbi interpre- tativi e rendere più asciutta e meglio leggibile, grazie all’uso di espressioni contratte, la formulazione dei singoli precetti normativi. Le definizioni – analizzate nel capito- lo dedicato all’esame delle singole fattispecie – sono in parte influenzate dalle diret- tive comunitarie che hanno uniformato, in seno all’UE, una serie di istituti per ren- dere il più omogenea possibile la politica fiscale degli Stati membri.

L’impianto repressivo penal-tributario, conosce ancora oggi due gruppi di delitti, in gran parte ampliati nella loro portata applicativa anche attraverso l’inserimento di nuove fattispecie:

- il primo gruppo ricomprende le principali figure delittuose, qualificate da una con- dotta fraudolenta o altamente lesiva dell’interesse erariale, incentrate sull’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale prevista ai fini delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto: la dichiarazione fraudolenta (artt. 2-3); la dichiarazione infedele (art.4); l’omessa dichiarazione (art.5);

- il secondo gruppo include le fattispecie collaterali alle precedenti, dotate di rilevan- te attitudine lesiva, poste a tutela della documentazione fiscale e contabile necessaria per la corretta determinazione delle imposte dovute (artt. 8 e 10) e del momento del- la riscossione (art. 11).

La ineffettività delle sanzioni amministrative, tuttavia, ha messo in luce l’esigenza di meglio tutelare l’interesse erariale alla percezione delle imposte: il Parlamento ha così inserito ulteriori ipotesi delittuose a presidio della concreta riscossione delle imposte. Accanto ad una riformulazione del delitto di sottrazione fraudolenta (art. 11), ampliata con la specifica previsione di salvaguardare la riscossione nelle ipotesi di transazione fiscale ex art. 182-ter l.f., sono stati introdotti i delitti di: omesso ver- samento di ritenute certificate (art. 10-bis, inserito dall’art. 1, comma 414, l. 30 di- cembre 2004, n. 311); omesso versamento di IVA (art. 10-ter, inserito dall’art. 35, comma 7, del d.l. 4 luglio 2006, n. 233, convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248) e indebita compensazione (art. 10-quater, inserito dall’art. 35, comma 7, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248).

Quanto al bene giuridico protetto, è evidente che esso, all’indomani dell’entrata in vigore del decreto n. 74, debba essere individuato secondo una logica di protezione contro la grande evasione fiscale. Le fattispecie criminose (delitti) sono state confi- gurate, per la dottrina maggioritaria, come reati di danno o, per le violazioni più gra- vi, come reati di pericolo concreto; esse sono funzionali al perseguimento della completa e tempestiva percezione dei tributi dovuti e, solo in via indiretta, alla tutela della trasparenza fiscale del contribuente in funzione degli eventuali accertamenti e controlli esperibili dall’Amministrazione finanziaria.

A seguito degli innesti delle nuove fattispecie, il livello di intervento penale contro l’evasione fiscale è indubbiamente aumentato data la possibilità di attrarre in campo penale comportamenti che in precedenza non costituivano reato.

A parere di chi scrive, il legislatore ha inteso senz’altro accentuare la valenza del bene giuridico della percezione dei tributi, che trova fondamento nell’art. 53 Cost., la cui tutela era stata in parte relegata nel settore amministrativo, senza trovare, tut- tavia, nei primi anni di vigenza del decreto n. 74, piena attuazione nell’operato dell’Amministrazione finanziaria.

Il rinnovato interesse verso il diritto penale tributario dimostra, quindi, che il sistema vigente non ha prodotto i risultati sperati. Di qui la scelta compiuta degli ultimi Go- verni di riproporre una tutela più forte dell’interesse erariale, attraverso un tratta- mento sanzionatorio più severo (ad esempio per le fattispecie connotate da un com- portamento fraudolento, una forte limitazione all’utilizzo dell’applicazione della pe- na ex art. 444 c.p., la riduzione dell’attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 13 e un aumento dei termini di prescrizione per i reati più gravi).

Infine, sembra cogliersi un ritorno alla tutela del bene giuridico della trasparenza fi- scale (per via dell’introduzione del c.d. reato di “false risposte” all’amministrazione finanziaria), accompagnata, sul piano procedurale, da un sensibile aumento della presenza sul territorio degli organi deputati alle verifiche fiscali, dalle quali possono emergere elementi utili a contrastare l’evasione sia in campo amministrativo e sia in campo penale.

Si deve anticipare, tuttavia, come alcune queste innovazioni – qualificate da una for- te asistematicità rispetto al testo originario del d.lgs. n. 74, – rischino di rappresenta- re un uso non meditato dello strumento penale, tra l’altro neppure efficace per rea- lizzare gli obiettivi perseguiti dal legislatore.