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Il tentativo e il concorso di persone

La specialità dei reati tributari, rispetto agli istituti di parte generale, si manifesta nelle peculiari regole del tentativo (art.6) e del concorso di persone (art. 9), dettate per talune delle fattispecie del d.lgs. n. 74/2000.

Secondo il disposto dell’art. 56 c.p., il tentativo costituisce un titolo autonomo di re- ato, punito con sanzione ridotta, che presuppone il mancato compimento dell’azione o la mancata verificazione dell’evento (naturalistico), nonostante la presenza di atti idonei ed univoci diretti alla commissione dell’illecito. L’istituto, quindi, è un esem- pio di anticipazione della punibilità operante nei riguardi dei soli delitti.

Seguendo l’impostazione generale del d.lgs. n. 74/2000, il legislatore ha inteso e- scludere la punibilità dei fatti prodromici all’evasione e «favorire il ravvedimento del contribuente»282, spingendolo a manifestare il vero in sede di dichiarazione an- nuale, nonostante l’acquisizione di fatture o di documenti falsi, o la predisposizione di altri artifici, durante il periodo d’imposta.

L’art. 6 prevede, nello specifico, che per i delitti di dichiarazione fraudolenta (artt. 2 e 3) e di dichiarazione infedele (art. 4) non vi sia la punibilità a titolo di tentativo, derogando alla regola generale fissata nel codice penale 283.

Tale disposizione, nonostante la chiarezza testuale, non sembra invero determinante per l’interprete, poiché già dall’applicazione dei principi generali del diritto penale emerge come non possa concretamente ravvisarsi un delitto tentato per le richiamate fattispecie284.

Come si avrà modo di evidenziare, la condotta dei delitti in questione presuppone sì la predisposizione di una dichiarazione fiscale con dati falsi, ma per aversi la con- sumazione è richiesta la relativa presentazione agli uffici dell’Agenzia delle entrate. Prima di questo momento – il cui termine ultimo è fissato per legge a seconda del modello dichiarativo – si avranno al più atti preparatori che si pongono al di fuori dello schema del delitto tentato.

282 Cfr, G.BELLAGAMBA G.CARITI, Il sistema delle sanzioni tributarie, op cit., 123.

283 Ritiene che la disposizione prevista dall’art. 6 sia «eccezionale», A.D’AVIRRO, I reati tributari,

op. cit., 34.

284

La norma avrebbe, quindi, «una pura funzione per così dire dichiarativa e non costitutiva», così G. FLORA, D. lgs. 10 marzo, n. 74 – Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul va-

Per completezza, deve infine ricordarsi come la configurabilità del tentativo sia co- munque controversa per le fattispecie di delitti tributari strutturate come reati di pe- ricolo, tra le quali vi è il delitto di cui all’art. 2 e, per parte della dottrina, anche i de- litti di cui agli artt. 3 e 4. A fronte delle diversificate opinioni che riconoscono la configurabilità del tentativo, autorevole e condivisibile orientamento è dell’avviso che esso sia giuridicamente inammissibile nei delitti di pericolo, perché «il pericolo del pericolo è un non pericolo, che non si concilia col principio di offensività» data l’anticipazione di tutela prevista direttamente dalla disposizione incriminatrice285. La mancata inclusione, nella regola sopra descritta, dei restanti reati tributari porte- rebbe, dunque, a ritenere che per essi il tentativo sia punibile. Sul punto, tuttavia, la dottrina distingue286:

- le fattispecie omissive proprie (omessa presentazione della dichiarazione ex art. 5; omesso versamento di ritenute certificate e di IVA ex artt. 10-bis e ter) per le quali si tende ad escludere la configurabilità del tentativo. L’elemento caratteristico di tali fattispecie è il mancato compimento di un’azione entro un termine fissato dalla leg- ge, il cui decorso determina la consumazione del reato: prima della relativa scaden- za, quindi, non vi sarebbe alcuna responsabilità penale, in quanto l’obbligo penal- mente sanzionato non risulta ancora violato;

- le residue fattispecie di cui agli att. 8, 10 e 10-quater, per le quali i principi genera- li e l’art. 6 d.lgs. n. 74 non porrebbero alcuna preclusione alla configurabilità del tentativo.

Connessa alla ratio della disposizione sul tentativo, è quella sottesa all’art. 9 del d.lgs. n. 74/2000, che dispone una deroga alla disciplina del concorso di persone ex art. 110 c.p. in relazione a due delle fattispecie dei reati tributari connotate da mag- giore gravità. Di primo acchito sembra addirittura che il legislatore abbia voluto in- trodurre una norma penale di favore per escludere la possibilità del concorso reci- proco tra il reato di cui all’art. 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti) e il correlativo reato di cui all’art. 8 (e- missione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti)287. A nostro avviso così non è: sembra, più correttamente, che la disposizione abbia due diverse finalità: 1) l’art. 9 lett. a) esclude la punibilità dell’emittente di fatture false – già responsabi- le del delitto di cui all’art. 8 – per il delitto di dichiarazione fraudolenta ex art. 2, al fine di evitare la violazione del principio del ne bis in idem. Il medesimo principio impedisce, simmetricamente, che chi si sia avvalso della fattura in dichiarazione ri- sponda anche del delitto di emissione (il concorso nell’emissione, anche in questo caso, costituisce una inammissibile duplicazione).

2) l’art. 9 lett. b) parrebbe obbedire, invece, alla logica della riforma del d.lgs. 74/2000 – cioè evitare la punibilità dei comportamenti prodromici alla evasione –

285 Cfr, F.MANTOVANI, Diritto Penale, op. cit., 452. 286 A.PERINI, Reati tributari, in Dig. disc. pen., cit., 918.

escludendo che l’utilizzatore di fatture false possa rispondere, ex art. 110 c.p., anche del reato di emissione nell’ipotesi in cui, ottenuta detta documentazione, non proce- da poi alla successiva utilizzazione in dichiarazione288. Così come si è visto con la particolare disciplina del tentativo, il legislatore sembra aver inteso «ancorare la pu- nibilità al momento della dichiarazione, evitando che risorga il reato prodromico ad essa»289 come invece accadeva sotto il vigore della l. n. 516/82.

Ciò detto, vi è dottrina che afferma l’inutilità e, in certi casi, la pericolosità della di- sposizione in esame290.

Da un lato, l’art. 9 sarebbe inutile in quanto il ne bis in idem sostanziale già preclude che l’emittente di fatture ed i suoi concorrenti rispondano a titolo di concorso nel de- litto di dichiarazione fraudolenta; così come chi si avvale di tali fatture ed i suoi concorrenti (eventuali) non sono punibili a titolo di concorso ex art. 8. Dall’altro sa- rebbe pericoloso dato che il senso sostanziale della preclusione sembra andar oltre «un mero bis in idem, garantendo spazi di impunità irragionevoli»291.

La lettera e la ratio della disposizione, nonostante questi rischi, paiono comunque difficilmente superabili.

La giurisprudenza, dopo alcune incertezze, si era difatti adeguata stabilendo, per la più problematica ipotesi dell’art. 9 lett. b), che se «il beneficiario della falsa fattura non se ne avvalga nella propria dichiarazione fiscale, deve esserne esclusa la punibi- lità a titolo di concorso ex art. 110 c.p.», ovvero quale concorrente nel reato di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 74/2000292.

Recente Cassazione, tuttavia, è ritornata sui propri passi ritenendo che questo indi- rizzo, senz’altro rispettoso del dato normativo, esponga al rischio di creare un vuoto di tutela per gli interessi erariali (ad esempio, in quanto l’istigazione alla emissione

288 V. A.LANZI-P.ALDROVANDI, Manuale di diritto penale tributario, op. cit., 77, i quali corretta- mente ricordano che «la condotta di “avvalersi”, di per sé , non è mai penalmente rilevante; infatti la responsabilità ex art. 2 richiede la compilazione di una dichiarazione che utilizzi quelle fatture». 289 V. G.BELLAGAMBA G.CARITI, Il sistema delle sanzioni tributarie, op cit., 157. Dello stesso av- viso, G.FLORA, La non punibilità del «concorso incrociato» tra emittente ed utilizzatore di false fat-

ture: dalle «buone intenzioni» del legislatore ai «tradimenti» della prassi applicativa, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2012, 1-2, 182., il quale ritiene ragionevole la previsione dell’art. 9 «purché rimanga

ben chiaro che si tratta di norma “dichiarativa” e “ad abundantiam” e non certo “costitutiva”». 290 Cfr., A.MARTINI, Reati in materia di finanze e tributi, op. cit., 525.

291 Così, A.MARTINI, ibidem; il quale evidenzia tutta una serie di condotte le quali appaiono merite- voli «di un’autonoma valutazione di rilevanza penale, utilizzando la clausola generale di incrimina- zione suppletiva di cui all’art. 110 c.p.» (es. l’emissione di fatture accompagnata dalla determinazio- ne di frode in dichiarazione; la prestazione di “assistenza tecnica” al contribuente infedele diversa dalla mera emissione; la predisposizione di dichiarazione infedele con, a monte, una istigazione o una determinazione alla condotta di emissione di fatture per operazioni inesistenti).

Diverse sono le tesi con riguardo alla responsabilità dell’intermediario. Per alcuni – A.LANZI-P.AL- DROVANDI, Manuale di diritto penale tributario, op. cit. 79 – colui il quale si frappone tra emittente e

utilizzatore per procurare fatture false dovrebbe rispondere o dell’art. 2 o dell’art. 8 «a seconda che la sua condotta sia più prossima all’emittente o a colui che indica in dichiarazione le fatture false». Per altri, invece, sarebbe più corretto privilegiare la corresponsabilità ex art. 2, in quanto fattispecie mag- giormente offensiva del bene giuridico tutelato, così V.NAPOLEONI, I fondamenti del nuovo diritto

penale tributario, Milano, 2000, 168.

della fattura non troverebbe alcuna sanzione, qualora l’acquirente della documenta- zione decida poi di non utilizzarla nella corrispondente dichiarazione fiscale). Pertanto, impiegando l’orientamento “restrittivo”, più sensibile alle esigenze di ef- fettività del sistema penale tributario, la Suprema Corte ha ravvisato, al contrario, la responsabilità dell’utilizzatore di fatture o documenti emessi per operazioni inesi- stenti a titolo di concorso ex art. 8 con l’emittente, anche nel caso di un mancato uti- lizzo in dichiarazione293.

L’art. 9 d.lgs. n. 74/2000, anche nella ipotesi di cui alla lett. b), è stato quindi inter- pretato in modo da applicare la deroga alla disciplina del concorso nelle sole ipotesi in cui il destinatario della fattura falsa se ne sia effettivamente avvalso, riconducen- do i casi di mancata utilizzazione ai principi generali in tema di concorso di persone nel reato, consentendo, secondo le regole del codice penale, di punire condotte con- trastanti con l’interesse erariale.

Muovendo dal principio espresso dalla sentenza da ultimo citata, la Cassazione è poi giunta ad affermare, in aggiunta a quanto detto, la responsabilità dello stesso sogget- to che emette e poi utilizza fatture per operazioni inesistenti (ad esempio, perché amministratore di entrambe le società coinvolte) in virtù di una pretesa “autonomia” dei soggetti partecipi e di una duplice condotta propria che si collocherebbe al di fuori dall’area di applicazione disposizione in esame294.

In realtà, anche tale interpretazione non sembra corretta, in quanto, entrambe le con- dotte si pongono in un rapporto di «naturale progressione offensiva», ove l’emissione configura un esempio di “antefatto” della utilizzazione. Difatti, quando ambedue le condotte risultano realizzate, i principi del diritto penale inducono a con- siderare punibile la sola utilizzazione «degradando l’emissione a classica ipotesi di “ante factum” non punibile»295.