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Segue: l’organo di controllo

La salvaguardia dei diritti dei creditori fa sì che all’interno delle società di capitali sia prevista la costituzione di un organo deputato a vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e, soprat- tutto, sullo stato della gestione amministrativa-contabile (art. 2403, co. 1, c.c.). Si tratta di verifiche che, tuttavia, non possono spingersi sino a sindacare le scelte ge- stionali degli amministratori circa il merito delle operazioni societarie da questi ul- timi predisposte.

I compiti di maggior rilievo che da sempre sono stati attribuiti a tale organo, deno- minato collegio sindacale177, possono essere così riassunti:

177 Secondo il modello classico, l’organo di controllo è il collegio sindacale. In base ai nuovi modelli gestori, le funzioni di controllo possono essere affidate o al comitato di controllo sulla gestione (nel

a) verificare che la gestione della società avvenga in conformità della legge, dell’atto costitutivo e dello statuto (art. 2403 c.c.);

b) procedere ad atti di ispezione e di controllo, potendo altresì richiedere agli ammi- nistratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali, anche su singoli fatti, con riferimento altresì alle società controllate (art. 2403-bis c.c.);

c) presentare, a fronte della riduzione del controllo giudiziario, denuncia al Tribuna- le (o alla Banca d’Italia per le banche) per le gravi irregolarità di gestione commesse dagli amministratori (art. 2409 c.c.);

d) convocare d’urgenza l’assemblea, qualora sia venuto a cessare l’amministratore unico, ovvero l’organo amministrativo nella sua interezza, affinché questa proceda alla relativa ricostituzione.

e) compiere, in via del tutto eccezionale, gli atti di ordinaria amministrazione all’evidente scopo di evitare un pregiudizio all’ente (art. 2409 c.c.), nonché impu- gnare le delibere del consiglio di amministrazione in caso di conflitto di interessi (art. 2391 c.c.) e in caso di violazione di legge o dello statuto (art. 2388 c.c.).

Alla luce del dettato normativo, si deve quindi analizzare la questione della respon- sabilità penale dei sindaci in relazione alla condotta criminosa posta in essere dagli amministratori.

Per quel che qui interessa – a parte singole fattispecie che incardinano la responsabi- lità del collegio sindacale in materia societaria e fallimentare – si potrebbe ritenere che i sindaci rispondano penalmente, ai sensi dell’art. 110 c.p., per aver concorso a livello morale o materiale con gli amministratori (o altro soggetto qualificato) nella commissione di uno o più reati di matrice economia (e quindi anche dei reati del d.lgs. n. 74/2000); ovvero, più problematicamente, possano rispondere, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p. per non aver impedito un evento che avevano l’obbligo giuridico di impedire.

In quest’ultimo caso, dato che la legge non individua – per i membri degli organi di controllo – una chiara e definita posizione di garanzia, sulla quale incardinare la re- sponsabilità ex art. 40 cpv. c.p., è necessario valutare se le norme civilistiche sopra citate contengano un obbligo giuridico di evitare l’evento lesivo, sulla base di un ef- fettivo potere di impedimento.

Ebbene, la normativa sul punto appare oscura e lacunosa, di modo che dottrina e giurisprudenza hanno espresso opposti orientamenti. In estrema sintesi:

a) la dottrina tende ad escludere – salvo ipotesi particolari178 – che in capo ai membri degli organi di controllo sia identificabile un vero e proprio obbligo giuridico di ga- ranzia, data l’assenza di «penetranti poteri di impedimento», che, come è noto, sono i soli che possono «fondare e circoscrivere il potere-dovere di impedire la condotta

sistema monistico) o al consiglio di sorveglianza (nel sistema dualistico), con compiti di fatto molto simili a quelli del collegio sindacale.

178 Ad esempio, una responsabilità ai sensi del 40 cpv. c.p. potrebbe configurarsi nell’ipotesi in cui i sindaci vengano a conoscenza (ad esempio per una denuncia dei soci) dei reati che gli amministratori intendono porre in essere. In questo caso, se i sindaci non procedono alle opportune indagini e non convocano l’assemblea, potrebbe configurarsi una responsabilità concorsuale per omissione.

illecita altrui». L’individuazione di un obbligo giuridico ex art. 40 cpv. c.p., di con- seguenza, non sarebbe altro che un’attribuzione praeter legem in grado di configura- re una responsabilità penale per gran parte dei reati economici179;

b) la giurisprudenza, che si è pronunciata in altri settori del diritto penale- economico180, evidenzia per contro che la responsabilità per omissione dei “control- lori” deve basarsi su di un concorso nel reato doloso commesso dagli amministratori per il mancato adempimento dell’obbligo di garanzia statuito dalle norme civilisti- che sopra richiamate, in specie per gli articoli 2403-bis, 2406 e 2409 c.c.181.

La riforma del diritto societario, tramite l’attribuzione all’organo di controllo mag- giori poteri, sembrerebbe corroborare la tesi giurisprudenziale che individua in capo ai sindaci una vera e propria posizione di garanzia.

A nostro avviso, tuttavia, è necessario ricordare che un corretto accertamento della responsabilità penale dei sindaci presuppone, come è naturale, l’imprescindibile ve- rifica della compartecipazione criminosa, la quale deve essere sorretta dall’elemento soggettivo doloso, atteso altresì che per autorevole dottrina non appare configurabile il concorso colposo nel delitto doloso182.

179 In dottrina si dubita che in capo ai sindaci siano costituiti veri e propri obblighi di garanzia, trat- tandosi, per lo più, di obblighi di vigilanza, come tali inidonei ad incardinare una responsabilità pena- le ai sensi dell’art. 40 c.p. Per un approfondito esame della questione, per ciascuno dei modelli socie- tari introdotti con la riforma, si rinvia a V.TORRE, La responsabilità penale dell’organo di controllo

sulla amministrazione e dell’organo di controllo contabile, in Giur. comm., 2012, 4, 564 ss.

180 Tra la più recente giurisprudenza si veda, Cass. pen., Sez. II, 12 febbraio 2009, in Dir. pen. proc., 2009, 8, 980, ove si è affermato che «il controllo sindacale, se non investe, in forma diretta, le scelte imprenditoriali, neppure si esaurisce in una mera verifica formale, quasi a ridursi ad un riscontro con- tabile nell'ambito della sola documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma compren- de il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione, e abilita i sindaci a chiedere notizie sull'anda- mento delle operazioni, a ricevere denunce da parte dei soci su fatti censurabili nell'esercizio dell'im- presa, e li obbliga a riferire nella relazione al bilancio sui concreti ed effettivi risultati dell'esercizio sociale».

In base a tale principio, la Cassazione ricava che il sindaco, in caso di mancato esercizio delle attività di controllo, «pur se estraneo al disegno distrattivo, doveva sicuramente ricevere allarmi tanto gravi da imporre la richiesta di ogni chiarimento agli amministratori». Il fatto che abbia omesso qualsiasi attività volta ad ostacolare il grossolano depauperamento del patrimonio della società da parte di altre società costituite ad hoc (gestite di fatto dagli stessi amministratori) «non consente di qualificare la sua condotta diversamente dalla consapevole partecipazione». Si veda, nello stesso senso, Cass. pen., Sez. V, 13 dicembre 2006, n. 17393; Cass. pen., Sez. V, 12 novembre 2001, n. 45237; Cass. pen., Sez. V, 18 dicembre 2001, in Dir. pen. proc., 2002, 1251.

181 Critiche verso questo orientamento sono espresse da quanti ritengono che la giurisprudenza,: a) ometta di individuare con precisione i poteri impeditivi del garante; b) trascuri un adeguato accerta- mento causale; c) equipari la “conoscenza del fatto illecito alla “mera conoscibilità”, «esaurendo la prova del dolo eventuale nella mera violazione delle regole di diligenza o nella presenza di “segnali d’allarme” della generica illegalità di gestione». Così, F.CENTONZE, Il problema della responsabilità

penale degli organi di controllo per omesso impedimento degli illecito societari (Una lettura critica della recente giurisprudenza), in Riv. soc., 2012, 2-3, 317.

182 T.PADOVANI, Diritto penale, op. cit., 301, per il quale tale concorso «non sembra assumere rile- vanza, perché, da un lato l’art. 42, comma 2, c.p. impone l’esigenza di un’espressa previsione (che in realtà manca) e, dall’altro, l’art. 113 c.p. contempla soltanto il concorso colposo nel delitto colposo». Nello stesso senso F.PALAZZO, Corso di diritto penale, op. cit., 507, il quale ricorda che la condotta

colposamente agevolatrice del delitto doloso può essere punita come realizzazione monosoggettiva: a) nei casi in cui si tratti di reati a condotta libera; b) qualora sia prevista una fattispecie incriminatri-

Ciò detto, per quanto qui interessa, si deve ricordare come per le fattispecie penali tributarie – che richiedono il dolo di evasione – non sia configurabile alcuna respon- sabilità concorsuale dei sindaci a titolo di colpa in caso di mancato controllo183.