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La prescrizione è una causa di estinzione del reato che opera in funzione del decorso del tempo, il cui fondamento non è univoco.

L’opinione prevalente individua la ratio dell’istituto nel fatto che il bisogno di pena tende ad affievolirsi nel tempo, salvo che si tratti di reati di speciale gravità (puniti con la pena dell’ergastolo). Parte della dottrina321, difatti, muovendo dalla logica re- tributiva della sanzione penale, è dell’avviso che un considerevole lasso temporale tra la perfezione del reato e la condanna nuoccia all’esigenza di avere una pena commisurata alla colpevolezza dell’agire illecito e comminata a breve distanza dalla commissione del fatto-reato: il reo può nel frattempo aver mutato la propria condotta di vita in modo tale da eliminare la rilevanza della funzione special-preventiva della pena.

Altri autori, invece, ritengono che la logica della prescrizione risponda più ad un cri- terio sanzionatorio nei confronti della inefficienza dell’ordinamento e alla necessità di non esporre indefinitamente il reo ai rischi di un processo. Vi è chi, infine, in una logica utilitaristica, evidenza come il decorso del tempo tenda ad ostacolare, soprat- tutto per certi delitti, la raccolta delle prove e, quindi, impedisca al processo penale di giungere alla condanna dell’imputato: la funzione oggi prevalente, per quest’ultimo orientamento, sarebbe di tipo deflattivo «a che si produca l’effetto e- stintivo per evitare che il sistema giudiziario venga gravato dall’accumularsi di pro- cedimenti penali che stentano a trovare la loro definizione»322.

ANDREAZZA-PISTORELLI-SCARCELLA, Novità legislative: L. 14 settembre 2011, n. 148, in Diritto pe-

nale contemporaneo, 2011, 9 ss.

321 Cfr., T.PADOVANI, Diritto penale, op. cit. 368.

Nel d.lgs. n. 74/2000 la disciplina della prescrizione, che nella l. n. 516/82 godeva di un regime di evidente specialità, è stata uniformata alle regole del codice penale323. L’art. 17 del citato decreto, infatti, si limita a prevedere ulteriori atti interruttivi ri- spetto a quelli indicati nell’art. 160 c.p.324, rinviando implicitamente agli ordinari termini di prescrizione dell’art. 157 c.p.

In seguito, con la l. n. 251 del 5 dicembre 2005, più nota come legge "ex Cirielli", il legislatore ha modificato l’impianto codicistico in più punti, dettando nuove regole per individuare il tempo necessario per maturare la prescrizione. In particolare: 1) differenti criteri di calcolo del termine di prescrizione: la nuova versione prevede, al posto del precedente sistema di correlazione dei tempi di prescrizione dei reati a sei scaglioni di pena stabiliti in via generale, l’estinzione del reato per il decorso del tempo corrispondente al massimo della pena stabilita (in caso di pena cumulativa o alternativa si ha riguardo alla sola pena detentiva, ex art. 157, comma 4, c.p.). Il legi- slatore, tuttavia, ha introdotto un tempo minimo inderogabile di prescrizione, al di sotto del quale non si può scendere, di sei anni per i delitti e di quattro anni per le contravvenzioni;

2) irrilevanza delle circostanze del reato: rispetto alla precedente disciplina, vera e propria novità è data dalla non rilevanza delle circostanze del reato – ad eccezione delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale – nella determinazione del tempo necessario per la maturazione dell'effetto prescrittivo e della inapplicabilità a tal fine del giudizio comparativo di cui all'art. 69 c.p. (meccanismi, invece, previsti dai commi 2 e 3 della precedente formulazione dell'art. 157 c.p.).

3) irrilevanza del vincolo della continuazione: ai fini dell’individuazione del termine di prescrizione, in caso di concorso ex art. 81, comma secondo, c.p., la decorrenza della prescrizione per il reato continuato è ora adeguata alla regola generale.

La durata del termine prescrizionale dei reati tributari – che per le più gravi ipotesi di frode fiscale era fissato in dieci anni e per i reati di riscossione in cinque anni – ha subito alcune ripercussioni dovute alla “novella” del 2005. In particolare, i termini prescrizionali dei delitti tributari sono stati ritoccati a sei anni, prolungabili per gli imputati incensurati a sette anni e sei mesi in presenza di atti interruttivi.

La conseguenza ultima della legge ex Cirielli, nel diritto penale tributario, è stata, quindi, una conferma alla generale uniformazione del termine prescrizionale di tutte le fattispecie, ma con un aumento dei termini per i reati meno gravi ed una notevole

323 V. legge delega – art. 9 lett. g) – la quale ha prescritto al legislatore delegato di «uniformare la di- sciplina della prescrizione dei reati a quella generale, salvo le deroghe rese opportune dalla particola- rità della materia penale tributaria».

324 Tali atti sono il: c.d. verbale di contestazione (redatto nelle ipotesi in cui l’autorità competente proceda ad accessi, ispezioni e verifiche, contenente rilievi circa le violazioni di norme contenute nel- le leggi finanziarie); il c.d. avviso di accertamento (atto impositivo con il quale l’autorità finanziaria quantifica la pretesa erariale. La dottrina ritiene che tali atti presentino similitudini con quelli descritti dall’art. 160 c.p., «posto che gli stessi rappresentano la prima espressione della volontà statuale di dar luogo alla repressione dell’illecito». Vedi, A.MARTINI, Reati in materia di finanze e tributi, op. cit.,

abbreviazione per quelli più gravi: in linea di massima vi era quindi un’alta probabi- lità di pervenire all’estinzione del reato, a discapito della necessità di dare piena at- tuazione alla normativa penal-tributaria del d.lgs. n. 74/2000, entrato in vigore solo un quinquennio prima325.

Una riprova circa la maggiore facilità di maturare la prescrizione – ad opera delle modifiche introdotte nel 2005 – giunge anche dalla menzionata modifica della disci- plina della continuazione, ove si registra, in ordine al computo dei termini prescri- zionali, una novità rispetto alla regola precedente. La giurisprudenza ante riforma del 2005, faceva ampio uso dell’istituto per cui il termine prescrizionale, per il reato continuato, veniva fatto decorrere ex lege dalla cessazione della continuazione. Ciò impediva, pertanto, l'estinzione di molti reati il cui periodo prescrizionale, non molto lungo, non decorreva grazie alla unificazione nel medesimo disegno criminoso con reati più recenti e non prescritti. Il fenomeno, come evidenzia attenta dottrina, era particolarmente diffuso, specie per la fattispecie di emissione/utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti326.

Ora, invece, nell’ipotesi di continuazione, si deve tenere presente che il principio sancito dall’art. 158 c.p. – della inscindibilità del reato continuato ai fini della pre- scrizione – opera solo relativamente alla decorrenza del termine della prescrizione e non anche con riguardo alla durata del tempo necessario per la stessa, che va stabili- to con riferimento ai singoli reati ritenuti in continuazione. I reati avvinti nel vincolo della continuazione, pertanto, risultano sottoposti alla medesima disciplina del con- corso materiale, per cui ciascun reato inizia a prescriversi dal giorno della consuma- zione.

La specialità che ha sempre contraddistinto i reati tributari, infine, ha fatto nuova- mente ritorno nel sistema penale-tributario con la "manovra di ferragosto" del 2011, entrata in vigore con il fine dichiarato di combattere con maggiore efficacia l'evasio- ne fiscale. Un intervento a sorpresa della maggioranza politica e del governo allora in carica – in altre occasioni non così preoccupati di dare effettività alle fattispecie di stampo economico – che, oltre alle altre modifiche delle quali si è già detto, ha al- lungato i tempi di decorrenza della prescrizione.

Tale manovra ha rivisitato la disciplina della prescrizione, derogando a quanto pre- visto nel codice penale. Ora, con il nuovo comma 1- bis dell'art. 17, del decreto leg- ge n.138/2011, l’omogeneità del sistema è venuta di nuovo meno, poiché è previsto

325 Cfr., E.DOLCINI, La recidiva riformata. Ancora più selettivo il carcere in Italia, in Riv. it. dir.

proc. pen., 2007, 2-3, 515, il quale evidenziava che per molti reati economici – come la corruzione

propria, il falso in bilancio ex art. 2622 c.c., la truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, nonché la quasi totalità dei delitti tributari – il tempo di prescrizione era passato da quindici an- ni (dieci più cinque in caso di atti interruttivi) a sette e mezzo (sei più uno e mezzo). Ne consegue che per questi e per numerosi altri reati di rilevante gravità diveniva difficile approdare ad una condanna: nella maggioranza dei reati tributari, il processo si concludeva, difatti, con una sentenza di proscio- glimento per estinzione del reato.

326 A.MAMBRIANI, La nuova disciplina della recidiva e della prescrizione: contraddizioni sistemati-

un generalizzato aumento di un terzo dei termini prescrizionali dei reati previsti da- gli articoli da 2 a 10 del d.lgs. n. 74 del 2000.

Dal punto di vista operativo, viene quindi allungata la prescrizione per quasi tutti i principali reati tributari di circa un terzo, e, pertanto, in luogo del termine di 6 anni la prescrizione maturerà dopo 8 anni, ed in caso di interruzione di termini si potrà salire anche a 10 anni. Non subiscono modifiche invece le violazioni penali inerenti l’omesso versamento, l’indebita compensazione o la sottrazione fraudolenta327.

Il decorso dei termini è interrotto oltre che dagli eventi previsti dall’art. 160 del co- dice penale, anche dalla notifica del verbale di constatazione o da quello di accerta- mento. Tale interruzione non comporta tuttavia l’aumento di più di un quarto del tempo necessario per la prescrizione. Considerando il termine attualmente fissato in 8 anni, alla fine il termine complessivo potrà essere di dieci anni (8 anni più 2 anni). Ci si deve chiedere se le innovazioni in tema di prescrizione siano conformi ai prin- cipi generali e, volendo porsi nell’ottica del legislatore, se siano in grado di ostacola- re in maniera efficace – fungendo da deterrente – l’enorme evasione fiscale che af- fligge il nostro Paese.

Il ritorno di un regime speciale per la prescrizione pone, indubbiamente, una serie di interrogativi. Dottrina autorevole ha da subito manifestato forti perplessità sul punto: l’aumento dei termini di prescrizione di alcuni reati rappresenta, per i più, un incom- prensibile dietrofront rispetto a una delle principali linee di intervento della prece- dente riforma penal-tributaria, tra cui l’omogeneizzazione dei tempi di prescrizione dei delitti tributari a quelli ordinari, con conseguente stravolgimento e strumentaliz- zazione delle categorie penalistiche per perseguire «obiettivi contingenti di “politica spicciola”»328.

A prescindere da un giudizio sull’attuale impianto codicistico della prescrizione, non oggetto di questo studio, pare corretto ricordare le difficoltà che accompagnano la ricerca di prove di reati tributari, invero non riconosciute da chi ritiene che detti rea- ti, anche quelli qualificati da maggiore gravità, non presentino maggiori difficoltà di accertamento rispetto ad altri329.

327 Per quanto riguarda i reati previsti dagli articoli dal 2 al 10 del d.lgs. 74 del 2000 (dichiarazione fraudolenta mediante fatture false o altri artifici, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione ed e- missione di fatture false, occultamento e distruzione di scritture contabili) è previsto l’aumento dei termini di prescrizione di un terzo dei termini ordinari.

Vengono escluse dal novero dei reati aumentabili le ipotesi delittuose che non sono contenute all’interno degli articoli che vanno dal 2 al 10. E’ il caso dell’omesso versamento Iva per importi su- periori ai 50.000 euro, dall’omesso versamento di ritenute operate e da indebita compensazione. I nuovi termini inerenti la prescrizione vengono applicati solo per le violazioni commesse dopo l’entrata in vigore della legge, mentre per quelli antecedenti si applicano i vecchi termini.

328 Così, G.FLORA, Le recenti modifiche in materia penale tributaria: nuove sperimentazioni del “di-

ritto penale del nemico”?, in Dir. pen. proc., 1, 2012, 20.

329 Secondo G.FLORA, ult. cit., simili difficoltà non esisterebbero «tanto più se si tiene conto della totale abolizione del segreto bancario che trasforma gli enti di credito da custodi della riservatezza della situazione bancaria dei clienti in “collaboratori” forzati del Fisco (art. 11, comma 2, l. 22 di- cembre 2011, n. 214)».

Invero, questa opinione, sebbene autorevolmente sostenuta, non sembra condivisibi- le poiché non tiene conto del meccanismo che regola la liquidazione delle imposte dirette e dell’Iva che, si è detto, si attiva solo dopo che sono decorsi circa due anni dalla presentazione della relativa dichiarazione fiscale, ai quali segue un ulteriore periodo, più o meno lungo, prima che l’Amministrazione finanziaria abbia la possi- bilità di verificare i dati riportati in dichiarazione e inoltrare la segnalazione di reato presso la competente Procura della Repubblica.

Proprio in considerazione di questo dato, tra la dottrina processualistica si sta facen- do strada l’opinione secondo cui l'unico criterio della gravità del reato, anche indivi- duato escludendo l'incidenza delle circostanze attenuanti o del giudizio di compara- zione tra queste e quelle aggravanti sul computo della pena ai fini prescrizionali, comporti insuperabili problematicità in un sistema, come l’attuale, che si basa su scaglioni di pena disomogenei, frutto «di una politica criminale evolutasi [...] all'in- segna di assetti sia ideologici, sia valoriali, molto diversi e che non appare in grado di perseguire la speditezza dei procedimenti che, a causa delle peculiarità proprie di ciascuna istruttoria, hanno sviluppi vari e non prevedibili a priori»330.

Sembra che la innovata disciplina dei termini prescrizionali possa giustificarsi quan- tomeno in tal senso, e ciò pare trovare conferma dalla esclusione di un aggravio di termini per quei delitti che non destano particolari problemi di raccolta delle prove. Le violazioni penali inerenti l’omesso versamento, l’indebita compensazione o la sottrazione fraudolenta si basano, come si vedrà quando si analizzeranno le singole fattispecie, su dati comunicati dal contribuente stesso, che poi non trovano conferma nel momento in cui l’Amministrazione finanziaria procede ai controlli delle dichia- razioni o degli altri documenti prodotti.

Rimane il problema di valutare la compatibilità e la coerenza delle specifiche regole dettate per i reati tributari con i principi del diritto penale, problema che ripropone in tutta la sua interezza la questione di una modifica dell’attuale regime della prescri- zione.

I dubbi di coerenza sistematica sembrano porsi, a nostro avviso, anche all’interno dello stesso d.lgs. n. 74/2000, a seguito dell’orientamento giurisprudenziale del qua- le si è dato conto in tema di soglie di punibilità. Se, come emerge dalle ultime sen-

330 In tal senso G.UBERTIS, Prescrizione del reato e prescrizione dell’azione penale, in Riv. it. dir e

proc. pen., 2010, 03, 1016. L’autore sembra proporre una nuova disciplina della prescrizione ove i

tempi dell’attività giudiziaria vengano scanditi «in modo tale da rispettare il canone della durata ra- gionevole del processo». Una riforma strutturale dell’istituto della prescrizione che adatti i termini prescrittivi del reato, non unicamente alla sua gravità, ma altresì alla sua tipologia «ridando spa- zio proprio ai problemi probatori, tenendo conto dei parametri delineati dall’art. 2 co. 2 l. 24 marzo 2001, n. 89, vale a dire sia della complessità del caso concreto, sia del comportamento delle parti e del giudice del procedimento, nonché di tutti gli altri soggetti che comunque devono intervenirvi per la sua definizione».

L’autore propone, tra le innovazioni ritenute utili, la fissazione di un termine iniziale indipendente dai comportamenti dei soggetti processuali «entro il quale il pubblico ministero debba pronunciarsi sulla

notizia criminis, nonché la periodicità di controlli giurisdizionali in contraddittorio per le eventuali

proroghe della attività di investigazione, accostando alla prescrizione del reato, anche la c.d. prescri- zione dell’azione penale la quale presuppone la verifica della fondatezza dell’accusa entro un termine ragionevole».

tenze, la Cassazione ritiene che dette soglie abbiano natura di condizioni obiettive di punibilità, allora ai reati in cui esse sono inserite dovrebbe applicarsi il disposto dell’art. 158, comma 2, c.p., per il quale “quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata”.

La conseguenza ultima, per i reati tributari, sarebbe quella di prevedere termini di prescrizione variabili, con il risultato poco coerente di avere fattispecie con termine prescrizionale spostato nel tempo al momento di verificazione della condizione, e, per la più grave ipotesi delittuosa dell’art. 2, priva di soglie, una prescrizione ancora- ta al momento di presentazione della dichiarazione331.

De iure condito, è evidente l’intenzione di perseguire due obiettivi, uno tipico del diritto

penale, l’altro di carattere prettamente amministrativo.

Il primo, avvertito da tutti i commentatori, è quello di aumentare la percezione della san- zione penale in capo ai contribuenti, con aggiunta la finalità di far comprendere il reale disvalore della evasione fiscale, affinché permanga il ricordo nella comunità sociale dell’illecito penale di carattere tributario. La logica, in effetti, sembra la medesima che ha spinto il legislatore a prevedere – secondo quanto previsto dall’art. 157 co. 5 c.p. – il rad- doppiodei termini prescrizionali per alcuni reati di particolare allarme sociale o di diffici- le accertamento probatorio.

Il secondo obbiettivo, come detto di carattere amministrativo, attiene alla possibilità rico- nosciuta agli Uffici finanziari di elevare avvisi di accertamento oltre l’ordinario termine di decadenza dell’azione di controllo che – per effetto delle modifiche apportate dai commi da 24 a 26 dell’art. 37 del d.l. n. 223/2006 (c.d. Decreto “Visco - Bersani”) agli artt. 43 e 57 dei d.d.p.r. n. 600/73 e n. 633/72 – sono raddoppiati in caso di vio- lazione che comporti l’obbligo di denuncia per un reato tributario.

Sul punto deve registrarsi il rischio che l’Amministrazione finanziaria abusi di questa possibilità, inoltrando denunzie di reato a volte lacunose o anche per fattispecie di reato non aventi carattere tributario332, o, addirittura, per reati palesemente prescritti. Siffatto indirizzo, ben evidente alla luce della prassi applicativa, è stato altresì indicato espressa- mente all’interno della Circolare 13 gennaio 2012, n. 1/E dell’Agenzia delle entrate333. Si

331 Cass., sez. I, sent. 5 marzo 2009, n. 25483, in www.dejure.giuffre.it: «il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si consuma nel mo- mento della presentazione della dichiarazione». Nello stesso senso, Cass., sez. III, sent. 21 novembre 2008, n. 626, in Cass. pen., 2009, 12, 4881.

332 In ordine a quest’ultima prassi, recente giurisprudenza ha censurato l’operato dell’Agenzia delle entrate affermando che il raddoppio dei termini di accertamento può operare soltanto quando al contribuente si contesti la commissione di un reato tributario, e non anche nell’ipotesi di contestazione di un qual- siasi reato comune. Il presupposto previsto dagli artt. 43, co. 3 del d.p.r. n. 600/73 e 57, co. 3, del d.p.r. n. 633/72, affinché l’ufficio possa invocare quel raddoppio, è che il contribuente abbia com- messo una violazione che comporta l’obbligo di denuncia «per uno dei reati previsti dal d.lgs. 74/2000» dovendosi pertanto escludere che lo stesso effetto si produca quando la contestazione atten- ga un reato diverso da quelli tributari. Così Comm. Trib. prov. Di Bari, Sez. 22, Sent. 8 marzo 2012, n. 40, in www.diritto24.ilsole24ore.comù7penale/rassegna di giurisprudenza.

333 In tale circolare - reperibile nel sito www.agenziaentrate.it - l’Agenzia delle entrate ha specificato che per determinati periodi d’imposta oggetto di sanatoria di cui alla legge n. 289/2002 potranno formare oggetto di controllo, qualora gli Uffici finanziari dispongano di specifici elementi probatori

è in presenza, quindi, di ricadute di carattere amministrativo dell’utilizzo della leva pena- le tributaria.

Per evitare ciò è intervenuta la Corte costituzionale con sent. n. 2447/11 che, nel con- fermare la legittimità del raddoppio dei termini, ha tuttavia precisato «la necessità di un controllo, da parte del giudice tributario, sulla correttezza dell’operato dell’amministrazione, onde evitare un uso pretestuoso e strumentale della notizia di reato al fine di fruire ingiustificatamente del più ampio termine di accertamento»334.

L’insegnamento della Consulta è stato di recente fatto proprio da molte Commissio- ni tributarie, che richiedono sia l’obbligo di allegazione della denuncia penale pre- sentata alla Procura se il Fisco intende avvalersi del raddoppio dei termini relativa- mente all’accertamento335; sia l’onere della prova, in capo alla parte resistente, circa i seri indizi di reato da cui scaturisce la conseguente denuncia penale. Il Fisco non può limitare, quindi, il proprio operato ad una semplice dichiarazione che “colleghi” la condotta del contribuente al reato di infedele dichiarazione336.

In ogni caso, se il reato tributario è prescritto, non sembra ravvisabile il presupposto per il raddoppio dei termini di accertamento e deve essere conseguentemente annul-