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Le sanzioni amministrative tributarie: i principi generali del d.l n 472 del

Una completa ricognizione degli illeciti tributari presuppone l’analisi delle principali caratteristiche del sistema degli illeciti amministrativi, predisposto per arginare ten- denzialmente l’evasione fiscale medio-piccola.

A ben vedere, la riforma del diritto punitivo tributario – nell’ottica di una sua ricon- duzione ai principi costituzionali – è iniziata proprio dal settore amministrativo, con i decreti legislativi n. 471, n. 472, e n. 473 del 1997114, i quali hanno di fatto consen- tito, pochi anni più tardi, l’intervento in campo penale.

111 Corte cost., sent. 28 gennaio 1991, in www.cortecostituzionale.it.

112 Per tutti si veda, E.MUSCO, La riforma del diritto penale tributario, in Riv. guardia fin., n. 6/99. 113 Di vera e propria paralisi dovuta a crisi di effettività e di efficacia sul piano applicativo-giudiziale, parlano E.MUSCO –F.ARDITO, Diritto penale tributario, op. cit., 37, i quali evidenziano il venir me- no della funzione general-preventiva della legge “manette agli evasori”, paragonandola alle grida di manzoniana memoria.

Di «aggravata congestione dell’apparato giudiziario, in conseguenza del proliferare dei procedimenti per fatti bagatellari, prodromici all’evasione» scrive G.CASAROLI, I reati economici fra tradizione ed

evoluzione, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2003, 352.

114 Come detto, in attuazione della delega sono stati emanati i seguenti provvedimenti: a) d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, “Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi - sanzioni in materia di imposte sui redditi, IVA, riscossione e disposizioni comuni;

b) d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, - principi generali del nuovo sistema sanzionatorio amministrativo;

Si tratta, nello specifico, di un esempio di depenalizzazione, cioè di come la sanzio- ne amministrativa sia chiamata a fare le veci di quella penale, nel tentativo di ridare efficienza al sistema punitivo complessivamente considerato.

Il criterio ispiratore dei citati decreti, enunciato all’art. 3, comma 133, della legge delega n. 662/1996, è quello di una marcata accentuazione dell’impronta penalistica di alcuni istituti, in modo da avvicinarli il più possibile alle medesime garanzie vale- voli per le figure delittuose del successivo d.lgs. n. 74/2000.

Del pari, le sanzioni previste nei decreti del 1997 sono riconducibili, in linea genera- le, alla categoria delle sanzioni amministrative punitive intese in senso stretto115, con le quali la pubblica amministrazione reprime le violazioni di norme poste a presidio di interessi generali, sul modello espresso dalla legge n. 689 del 1981116.

L’avvicinamento delle discipline sanzionatorie, tuttavia, riguarda solamente i princi- pi sostanziali e non, invece, quelli procedimentali e quelli relativi alla tutela giuri- sdizionale, la quale rimane di competenza, in massima parte, delle commissioni tri- butarie. Pertanto, nonostante le sanzioni tributarie rientrino nel più vasto genus delle «sanzioni amministrative», non pare in discussione il loro carattere autonomo, tanto è vero che il legislatore ha avvertito la necessità di regolare a parte l’intera mate- ria117.

Archiviata la precedente esperienza118 che vedeva una tutela dell’interesse erariale strutturata su sanzioni a carattere ibrido119 – in parte afflittivo e in parte risarcitorio – la nuova sanzione tributaria amministrativa, secondo l’intenzione del legislatore del 1997, dovrebbe svolgere, da un lato, una funzione preventiva e deterrente e, dall’altro, una funzione repressiva, addebitando al responsabile della violazione un

c) d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, “Revisione delle sanzioni amministrative in materia di tributi su- gli affari, sulla produzione e sui consumi, nonché di altri tributi indiretti – sanzioni in materia di im- poste indirette (con l’esclusione dell’IVA).

115 Oltre a tale categoria, la dottrina ha individuato, altresì, quella delle sanzioni amministrative c.d. in

senso ampio, capace di ricomprendere un insieme di misure a contenuto ablatorio, eterogenee per na-

tura e finalità, irrogate dalla pubblica amministrazione in conseguenza della violazione di un precetto. Si veda, I. ZODA, Le sanzioni amministrative: loro tipologie e funzioni, in A.BERNARDI, I.ZODA,

Depenalizzazione. Profili teorici e pratici, Padova, 2008, 67 ss.

116 Si deve ricordare, per completezza, che la sanzione amministrativa punitiva ha trovato una organi- ca attuazione, nel nostro ordinamento, nella legge 24 novembre 1981, n 689, la quale fissa le due ca- ratteristiche di detta sanzione: la sua natura punitiva e le finalità di carattere preventivo. Per un esame della disciplina di tale sanzione, v. A.BERNARDI, L’evoluzione della depenalizzazione in Italia, in A.

BERNARDI, I.ZODA, Depenalizzazione. Profili teorici e pratici, op. cit, 2008, 38 ss.

117 Così, G.BELLAGAMBA G.CARITI, sub art. 1 d.lgs. 18 settembre 1997, n. 472, in Il sistema delle

sanzioni tributarie, Milano, 2011, 345.

118 Si è visto che la l. n. 4/1929 operava una netta distinzione delle sanzioni tributarie in penali e amministrative, avuto riguardo alla condotta posta in essere dal contribuente e alla gravità della le- sione del bene pubblico tutelato. Quanto agli illeciti amministrativi erano previste due tipologie di sanzioni: la pena pecuniaria, fissata a priori dalla legge che consisteva nella prestazione di una som- ma di denaro allo Stato e la sopratassa, vale a dire una somma di denaro determinata in percentuale fissa, inflitta dall’organo accertatore.

119 Sul carattere ibrido delle sanzioni amministrative e sulla evoluzione verso l’attuale funzione afflit- tiva in senso proprio cfr. D.COPPA - S.SAMMARTINO (sub voce) Sanzioni tributarie, in Enc. dir., Mi-

lano, 1989; L. DEL FEDERICO, Le sanzioni amministrative nel diritto tributario, Milano, 1993; R.

onere maggiore di quello previsto dalla norma violata. L’attuale sistema si pone dunque l’obiettivo di punire l’autore dell’illecito secondo un modello sanzionatorio di tipo personalistico o penalistico120.

L’illecito tributario “non penale” è un qualunque fatto o comportamento che, contra- stando con l’attività finanziaria dello Stato, lede il corretto svolgimento del rapporto impositivo, il quale consiste non solo nella corretta corresponsione dei tributi, ma anche in altri obblighi strumentali al corretto svolgimento del rapporto tributario tali da agevolare l’attività di verifica degli Uffici competenti.

In prevalenza, la sanzione predominante è quella pecuniaria121, alla quale possono aggiungersi, in determinati casi, sanzioni accessorie (ad esempio la sospensione del- la licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale, o la sospen- sione dell’iscrizione all’albo o all’ordine per i professionisti che violano l’obbligo di emissione del documento che certifica i compensi riscossi122).

Oltre alla introduzione del principio di legalità123 – il sistema dei citati decreti pog- gia essenzialmente su tre pilastri:

- il primo consiste nell’attuazione al principio generale della “personalità” delle san- zioni amministrative tributarie (art. 2, comma 2 d.lgs. 472/97) per garantire un certo grado di afflittività della sanzione. L’art. 8 del decreto concretizza poi tale principio sancendo la non trasmissibilità agli eredi delle sanzioni, essendo queste irrogabili esclusivamente al soggetto che ha in concreto commesso l’infrazione;

- il secondo è dato dall’introduzione del principio di colpevolezza, il quale presup- pone l’imprescindibile esistenza del dolo o della colpa, pur essendo indifferente che sussista l’uno o l’altro dei due atteggiamenti psicologici (art. 5, comma 2 d.lgs. 472/97)124;

120 Cfr. A.LANZI P.ALDROVANDI, L’illecito tributario, Padova, 2005, 2 ss., i quali ricordano come il sistema degli illeciti tributari amministrativi sia «costruito e disciplinato sulla falsa riga dell’illecito penale».

121 Le sanzioni amministrative pecuniarie sono previste, in genere, nella misura che va dal 100% al 200% della maggiore imposta dovuta, con la previsione di un minimo di solito pari ad € 258.

Le violazioni a cui tali sanzioni si applicano, in linea di massima, corrispondono alle fattispecie di cui al d.lgs. n. 74/2000 (per le IIDD ed IVA); altre attengono agli obblighi dei sostituti d’imposta (o- messa dichiarazione, dichiarazione infedele, omessa fatturazione di operazioni imponibili, non impo- nibili ed esenti ai fini IVA, mancata emissione di ricevute fiscali, rimborsi non spettanti).

Sanzioni pecuniarie, come anticipato, riguardano poi le violazioni concernenti l’interesse alla traspa- renza fiscale del contribuente (mancata ottemperanza alle richieste degli Uffici finanziari o della Guardia di finanza, omessa tenuta o conservazione della contabilità). Altre ancora, afferiscono a tri- buti indiretti, come l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria e catastale, l’imposta di bollo (omessa registrazione, insufficiente dichiarazione di valore, occultazione di corrispettivo; omessa richiesta di trascrizione o di annotazioni obbligatorie; omesso o insufficiente pagamento).

122 Quest’ultima è una sanzione introdotta dal d.l. n. 138/2011.

123 Trattandosi di sanzioni pecuniarie, il principio di legalità deve essere poi collegato con il principio di cui all’art. 23 Cost., per il quale «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».

124 Il legislatore ha poi inserito – all’art. 6 – una serie di istituti, i quali, se ricorrono, escludono la pu- nibilità del contribuente. Nell’ordine: a) la scriminante dell’errore di fatto e dell’errore di diritto quando abbia determinato un errore sul fatto; b) l’ignoranza scusabile dovuta ad obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali le sanzioni si rife- riscono; c) una speciale causa di non punibilità per le sanzioni tributarie non penali, che consiste nella

- il terzo consiste nella possibilità, attribuita al contribuente, di rimediare in modo del tutto spontaneo alle proprie omissioni di natura formale o sostanziale, benefi- ciando di una consistente riduzione delle sanzioni amministrative previste (cd. rav-

vedimento operoso ex art. 13 del d.lgs. n. 472/1997). La ricaduta in campo penale è

il riconoscimento della circostanza attenuante speciale dell’avvenuto pagamento del debito tributario.

Sullo stesso piano del ravvedimento operoso si collocano una pluralità di istituti che permettono, nell’intenzione del legislatore, di deflazionare il contenzioso tributario e favorire la collaborazione del soggetto sottoposto alla procedura di accertamento per mezzo di un trattamento sanzionatorio più favorevole. Nel tempo è stata via a via ri- conosciuta al contribuente la possibilità di: a) definire gli atti di accertamento a se- guito dai controlli automatici (cd. procedura di definizione degli avvisi bonari di cui agli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 462/1997); b) aderire ai processi verbali di constatazione e agli inviti al contraddittorio previsti (art. 5, comma 1 bis del d.lgs. 218/1997); c) pre- stare acquiescenza all’atto impositivo emesso dall’Ufficio (art. 15 d.lgs. n. 218/1997); d) definire le sole sanzioni irrogate (ex artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 472/1997); e) procedere ad accertamento con adesione (artt. 1 e 13 del d.lgs. 218/1997); f) acconsentire o proporre all’Ufficio la conciliazione giudiziale della controversia (art. 48 del d.lgs. n. 546/1992).

In ultimo, si devono qui ricordare: il d.l. n. 98/2011, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111(cd. manovra correttiva) che ha introdotto l’istituto del cd. mini ravve-

dimento (cfr. articolo 23, comma 31 del d.l. n. 98/2011), che permette al contribuen-

te, in caso di pagamento tardivo effettuato entro i quattordici giorni successivi alla scadenza, di versare una sanzione dello 0,2% per ogni giorno di ritardo, fino ad un massimo del 2,80%.; nonché la recentissima mediazione tributaria per le liti minori. Ci si deve chiedere se l’introduzione di questi e altri istituti (alcuni dei quali limita- tivi della completa tutela dell’interesse erariale125) alteri l’impianto che il legislatore aveva in mente quando ha deciso di regolare per mezzo di illeciti amministrativi par- te del fenomeno dell’evasione.

Come correttamente affermato in dottrina, non è da escludere a priori l’utilizzo di istituti a carattere premiale, poiché, in astratto, se ben calibrati con un efficace si- stema di controlli, potrebbero produrre effetti positivi, quali: a) il versamento dell’imposta dovuta ab origine, oltre agli eventuali interessi; b) l’esborso di una par- te di sanzione, di solito commisurata alla rapidità con cui il contribuente decide di aderire. Quest’ultima, sebbene non incassata per l’intero, potrebbe costituire, al con-

impossibilità di pagare il tributo dovuto per un fatto doloso dipendente da un terzo; d) l’esclusione della punibilità per violazioni che non abbiano arrecato un (apprezzabile) pregiudizio alle azioni di controllo e che non incidano sulla determinazione dell’imponibile o dell’imposta o sul versamento del tributo.

125 Ci si riferisce, in particolare, alle modifiche attuate con il d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella l. 24 novembre 2003, n. 326, il quale, all’art. 7, ha stabilito che “le sanzioni amministrative rela- tive al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”. Questo istituto, per ragioni di completezza, verrà brevemente esaminato più avanti, quando si parlerà del soggetto attivo dei reati tributari.

tempo, un mezzo di repressione rapido e improcrastinabile, nonché un risparmio di risorse della Pubblica Amministrazione126. Ciò consente, comunque, il mantenimen- to delle funzioni di prevenzione generale e speciale del sistema sanzionatorio nel suo complesso.

Quanto detto, invero, non è affatto scontato. Specie in ambito tributario non vi sono dati che permettano di verificare quale sia il grado di effettività della sanzione am- ministrativa pecuniaria, già di per sé dotata di minore forza deterrente rispetto a quella penale. Da più parti si sono levati dubbi circa la reale efficacia deflattiva degli illeciti amministrativi127. Se è vero che la giustizia penale risulta alleggerita di ingen- ti carichi complessivi di lavoro, non è detto che tale “risparmio” si concretizzi real- mente. Il contribuente, di solito, tende infatti ad impugnare gli atti accertativi, e non è detto che il contenzioso sanzionatorio sia più pronto, più effettivo e meglio gestito sul piano tecnico128.

In effetti, ci sono elementi che sembrano dimostrare, già sul piano normativo, che la riscossione dei tributi non sembra positivamente influenzata da fattori di prevenzio- ne generale. Tra questi:

i) la normativa sulle sanzioni pecuniarie tributarie appare alquanto confusa: infatti,

oltre agli istituti di origine tributaria sopra citati che consentono di ridurne l’importo (per sollecitare un adempimento spontaneo, benché tardivo, del contribuente), si af- fiancano altri istituti che, specie nelle crisi aziendali, consentono un maggiore abbat- timento delle sanzioni erariali (ad esempio i concordati preventivi), nonostante vi siano stati segnali opposti volti a tutelare i crediti da sanzioni, come le modifiche al codice civile sulla natura di quanto dovuto a titolo di sanzione, che da credito chiro- grafario è mutato in privilegiato, al fine di aumentare gli importi riscossi;

ii) parte dell’attività di riscossione è affidata ad appositi Enti (Agenti della riscossio-

ne: es. Equitalia) ai quali spetta, per il loro intervento, un aggio che attualmente ammonta a circa il 9 % del riscosso (oltre a interessi di mora e spese). Un compenso così elevato sembra costituire una sorta di ulteriore sanzione che si aggiunge a quelle comminate dall’Ente accertatore.

126 Cfr., M.DE SIENA, Dal velleitarismo preventivo al pragmatismo retributivo, cit., il quale eviden- zia come «le esternalità negative generate dal contribuente evasore che definisce in limine l’azione accertatrice indirizzata nei propri confronti sono senz’altro minori di quelle riconducibili alla condot- ta del contribuente renitente».

127 Per tutti, si veda G.M.FLICK, Fisiologia e patologia della depenalizzazione nel diritto penale

dell’economia, in Riv. soc., 2011, 01.42

128 Ad esempio, non appare ancora superata l’annosa problematica della composizione estremamente variabile delle commissioni tributarie, che si riflette sulla preparazione tecnica del giudice tributario. Accanto a magistrati togati, vi possono essere soggetti più o meno competenti: funzionari dello Stato a servizio o a riposo, gli ufficiali della Guardia di finanza a riposo, coloro che possiedono determinate abilitazioni professionali (notai, avvocati, dottori commercialisti ecc.) e, limitatamente alle commis- sioni provinciali, coloro che hanno conseguito da almeno due anni la laurea in giurisprudenza o in economia e commercio. Rileva «l’ambiguità genetica-fondativa delle Commissioni», E.MARELLO,

La definizione di tributo e la giurisdizione del giudice speciale tributario, in Giur. cost., 2009, 5,

3921 ss., il quale è dell’avviso che l’unico giudice che possa districarsi tra la complessità delle mate- rie tributarie sia «un giudice togato, con ampia e solida preparazione giuridica».

iii) vi è, infine, il rischio che la sanzione amministrativa pecuniaria abbandoni la

funzione di prevenzione e di repressione della illegalità per divenire sempre più uno strumento finalizzato ad incrementare le casse dell’amministrazione titolare del rap- porto tributario, ovvero, a raggiungere gli obiettivi di produttività, di anno in anno sempre più ambiziosi, a discapito dei principi sopra richiamati.

Questi aspetti, oltre a destabilizzare l’intero sistema, inducono a ritenere come la fa- se della riscossione dei tributi presenti ancora oggi problematiche che, da sola, la ri- duzione di sanzioni tramite istituti premiali non sembra in grado di risolvere.