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LO STANZIAMENTO IN ITALIA: PRIME TESTIMONIANZE

Capitolo Secondo I LONGOBARD

2.2 LA CONFIGURAZIONE SOCIALE ALL’INTERNO DEL REGNO

2.2.1 LO STANZIAMENTO IN ITALIA: PRIME TESTIMONIANZE

L’impatto che contrappose Longobardi e la popolazione che era presente in Italia è stato da sempre dipinto in termini catastrofici, quasi apocalittici. Questo è il tono utilizzato da Papa Gregorio Magno, che fu pontefice dal 590 al 604 d.C., quindi una ventina di anni dopo l’arrivo di questa tribù germanica . 109

Giovanni Tabacco definì, in modo lucido e senza mezzi termini, l’invasione longobarda «una rottura definitiva nella storia dell’Italia», sottolineando in che modo i nuovi arrivati avessero spodestato ed esautorato in toto l’antica aristocrazia senatoria, detentrice di numerosi privilegi e del potere, sia dal punto di vista del patrimonio fondiario, sia dal punto di vista culturale e amministrativo .110

Riportando la paurosa visione notturna del vescovo Redempto di Fertino, viene

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utilizzata a più riprese la locuzione «finis venit universae carnis» ossia «viene la fine di tutte le carni», tipico formulario che indicava la fine del mondo. S. Gasparri,  Italia

longobarda: Il regno, i Franchi, il papato, Roma-Bari, 2016, p. 9

G. Tabacco, Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano, Einaudi, Torino

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Le fonti principali e più immediate di riferimento sulla sorte dei senatori sono rappresentate da due passi di Paolo Diacono, che ripresero probabilmente una breve storia scritta dall’abate Secondo di Non . 111

Secondo lo storico longobardo, negli anni successivi alla conquista il ceto aristocratico e senatorio sarebbe stato spazzato via per sempre dal suolo italico, lasciando la penisola e tutte le strutture fondamentali che sorreggevano l’amministrazione e la società senza una guida.

Anche il ceto episcopale sembrò subire un notevole ridimensionamento, anche se in questo caso possiamo affermare che non venne esautorato dai suoi poteri, ma trovò molte vie di collaborazione con gli invasori fin dall’inizio .112

Il mancato appoggio delle vecchie élite politiche, sociali e culturali romane aumentò la difficoltà nell’organizzazione di uno potere statale centrale forte e duraturo, che si instaurò con più fatica. Vennero forniti invece apporti e aiuti dai ceti medio-bassi della popolazione, che permisero una fusione più

L’abate visse fra la fine del VI e l’inizio del VII secolo, quindi come fonte è

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decisamente più vicina rispetto a quella di Paolo Diacono, anche se egli per sminuirla la definisce historiola, vedi in P. Diacono, Historia Langobardorum, IV, 40 in P. Diacono,

Storia dei Longobardi, a cura di E. Bartolini, Tea, Milano, 1988, pp. 186-187

Le uniche fughe dalla propria sede di vescovi in Italia sono due, almeno quelle

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documentate con assoluta sicurezza, e cioè quella del patriarca di Aquileia, Elia, e quella dell’arcivescovo di Milano, Costanzo.

veloce, tanto da portare alla conversione al cattolicesimo la stirpe germanica .113

Non ci dobbiamo dimenticare infatti che l’insediamento dei Longobardi in Italia fu il frutto di una conquista militare violenta prolungata nel tempo, non il risultato di una strategia concordata con l’Impero o con le precedenti organizzazioni politiche . 114

Complicato è anche comprendere come il sistema fiscale, che in precedenza aveva dato ottimi risultati in termini di erario e di estensione nei territori della penisola, non riuscì a mantenersi agli stessi livelli; tracce di una tassazione nel regno longobardo non ve ne sono, se non in minima parte, e se fu presente, ciò si limitò solamente agli inizi del regno .115

Questo è anche dimostrato dal fatto che sono totalmente assenti lamentele per quanto riguarda il peso delle tasse, gravose sulla popolazione, in qualsiasi tipo di documento, al contrario di come invece era testimoniato in

Per ulteriori approfondimenti, vedere P. Delogu, Longobardi e Romani: altre congetture,

113

in Il regno dei Longobardi in Italia. Archeologia, società, istituzioni, a cura di S. Gasparri, Spoleto 2004, pp.162-163

Come ad esempio era avvenuto per gli Ostrogoti nella penisola italiana. Sulla

114

questione dell’ingresso in Italia e le vari ipotesi, vedere W. Pohl, Le origini etniche

dell’Europa: barbari e Romani fra antichità e medioevo, Viella, Roma 2000, pp 156-167

S. Gasparri, Italia longobarda: Il regno, i Franchi, il papato, Roma-Bari, 2016, pp. 14-17

precedenza sotto il controllo dell’Impero o come riporta Gregorio di Tours per quanto riguarda il regno franco .116

In questo contesto fiscale, per capirlo più a fondo, va considerato il concetto di hospitalitas, delineato precedentemente . Paolo Diacono ci tramanda nel 117

suo scritto di come la popolazione fu divisa fra invasori e romani, con quest’ultimi costretti a pagare un terzo dei frutti della terra ai primi . 118

Probabilmente tutto si inserisce nel contesto in cui, date le numerose guerre combattute sulla penisola, e i continui cambiamenti politici, molte terre dovettero essere state lasciate libere, e vennero distribuite fra i vari duchi a capo dei guerrieri e il re, costituendo la base del mantenimento e del sostentamento dei Longobardi nel primo periodo. Unendo questa situazione ad un parziale, seppur ridotto, utilizzo del prelievo fiscale unito anche alle appropriazioni sotto forma di hospitalitas, si ha un contesto

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

116

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 411; per gli scritti e gli aneddoti di Gregorio di Tours, vedere anche I. Wood, Disputes in late fifth-

and sixth-century Gaul: some problems, in P. S.  Barnwell, M.  Mostert  (eds.),  Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, pp. 7-22

Vedi sopra, nota 88 p. 42

117

P. Diacono, Historia Langobardorum, II, 32, e III, 16 in P. Diacono, Storia dei Longobardi,

118

variegato e molto complesso di come i Longobardi siano riusciti a mantenere il loro esercito . 119

Per capire la fusione a livello territoriale fra invasori e popolazione autoctona, anche dal punto di vista degli insediamenti territoriali, le fonti non ci sono d’aiuto, ma possiamo avere qualche aiuto grazie alla toponomastica. Infatti molti termini rimandano a un’origine germanica, anche se entrarono a far parte dei dialetti e delle parlate locali in un periodo molto lungo .120

Dobbiamo resistere alla tentazione di vedere l’intera presenza longobarda in Italia sotto il segno esclusivo delle esigenze strategico militari per tutto il periodo della storia del regno.

Processi di fusione, mancanza di insediamenti identificabili immediatamente di matrice longobarda: a questi fattori va aggiunta anche la difficoltà di interpretare in senso etnico i corredi funerari . 121

In conclusione «…; le tasse o scomparvero o si trasformarono in rendite riscosse dai

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grandi proprietari terrieri. La loro fine rapida e silenziosa non depone a favore di una loro grande importanza nemmeno nei primi tempi», S. Gasparri,  Italia longobarda: Il

regno, i Franchi, il papato, Roma-Bari, 2016, pp. 16-17

S. Gasparri, Italia longobarda, Roma-Bari, 2016, pp. 17-23

120

In relazione all’Italia longobarda, C. La Rocca, L’archeologia. Orientamenti, metodi,

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linee di ricerca, in S.Gasparri (a cura di), Il regno dei Longobardi in Italia: archeologia, società, istituzioni, Spoleto, 2004 pp. 207-233; per quanto riguarda i corredi funebri, essi erano

emblema di «un’aristocrazia guerriera: per essa, le spade erano in simbolo di supremazia al pari delle sellae di tradizione romana, oggetti entrambi trovati nelle tombe di età longobarda» cit. S. Gasparri, Italia longobarda, Roma-Bari, 2016, pp. 22-23

Il regno longobardo, dall’età di Rotari in poi, fu il primo fra tutti i regni fondati dai barbari nell’occidente romano ad abbandonare del tutto l’eredità romana, costruendo le basi del potere pubblico sul possesso e lo sfruttamento della terra.