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SVILUPPI DELLA SOCIETÀ E GERARCHIE NEL SECOLO

Capitolo Secondo I LONGOBARD

2.2 LA CONFIGURAZIONE SOCIALE ALL’INTERNO DEL REGNO

2.2.3 SVILUPPI DELLA SOCIETÀ E GERARCHIE NEL SECOLO

Nell’VIII secolo la struttura territoriale del regno longobardo aveva assunto una conformazione piuttosto complessa. La struttura politica era incardinata in circoscrizioni più o meno ampie, la maggior parte delle quali aveva una città come centro.

Queste civitates avevano a capo un duca o un gastaldo , che nell’VIII 127

secolo apparivano agli occhi del re sostanzialmente equivalenti, poiché i detentori di entrambe le cariche venivano detti anche iudices, alti funzionari periferici con poteri giurisdizionali sui loro territori locali e sulle popolazioni che vi abitavano .128

A parte i nuclei attivi alla periferia del regno, conosciamo l'esistenza di numerose cariche centrali: il maggiordomo, che era il capo

Le origini di questi due funzionari erano molto diverse: i duchi dovevano il loro

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potere al comando militare (infatti i comandati delle prime avanzate nella penisola italiana erano chiamati con questo titolo); il gastaldo invece era un funzionario addetto alla gestione del patrimonio fiscale. S. Gasparri,  Italia longobarda: Il regno, i Franchi, il

papato, Roma-Bari, 2016, p. 36

S. Gasparri, Italia longobarda: Il regno, i Franchi, il papato, Roma-Bari, 2016, pp.36-37;

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una differenza fra queste due cariche doveva comunque essersi mantenuta, in quanto Paolo Diacono, che descrivendo la società longobarda e i vertici del potere di questa, menziona molti duchi e altri membri della corte, ma ignora i gastaldi, tranne il caso di Alzeco.

dell'amministrazione del palatium; il marepahis, letteralmente il maestro dei cavalli, una delle cariche onorifiche più importanti del regno; il tesoriere o

stolesaz, al quale erano affidate mansioni economiche e finanziarie; il cubicularius, colui che si occupava degli appartamenti privati del re; il vestiarius, colui che era addetto personale del monarca; il picerna, ossia il

coppiere, e molti altri, fra i quali i notarii e i referendarii, coloro che amministravano le carte a palazzo, sia la corrispondenza che anche gli atti del re . 129

Importante era la mobilitazione e l’essere reclutati nell’esercito: sotto il regno di Liutprando furono emanati dei capitoli riguardanti l’esenzione da parte degli iudices relativi a quanti uomini poter portare in guerra a seconda

S. Gasparri, Italia longobarda: Il regno, i Franchi, il papato, Roma-Bari, 2016, pp. 35-37

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C. Azzara, I Longobardi, Bologna 2015, pp. 50-51; sui funzionari e sul ceto dominante, vedere anche il saggio di S. Gasparri, I gruppi dominanti nell’Italia longobarda e carolingia, in Mélanges de l’Ecole française de Rome, Moyen-Age, Temps modernes, tomo 100, n°1, 1988, pp. 39-46

del lignaggio di appartenenza . Da questo passo si può capire che 130

contava, per essere presenti all’interno dell’esercito longobardo, la ricchezza personale, e troviamo come simbolo per la classe aristocratica il possesso di cavalli da utilizzare nei combattimenti.

Sotto Astolfo, nelle leggi emanate nel 750 d.C., la distinzione a seconda della quantità di ricchezza venne definita in maniera ancora più minuziosa,

«Riguardo tutti i giudici, quando c’è la necessità di andare nell’esercito, non esentino

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altri uomini, ma solo chi ha un cavallo, vale a dire sei uomini, e prendano quei sei cavalli per le loro salmerie. Degli uomini infimi, che non hanno né case né terre proprie, esentino dieci uomini e questi uomini facciano per il giudice tre lavori ogni settimana, fino a che il giudice non fa ritorno dall’esercito. Lo sculdascio esenti tre uomini che hanno un cavallo, per prendere i tre cavalli per le sue salmerie. Degli uomini minori esenti cinque uomini che facciano per lui tre lavori ogni settimana finché non fa ritorno, come abbiamo detto per il giudice. Il saltario prenda un cavallo e dei minori che gli facciano lavori prenda un uomo; e faccia per lui dei lavori, come si legge sopra. Se il giudice, o lo sculdascio, o il saltario, che deve andare nell’esercito, presume di esentare più uomini senza il permesso o un ordine del re, paghi come composizione il proprio guidrigildo al sacro palazzo», Liutprandis Leges, cap. 83, trad. in C. Azzara, S. Gasparri (eds.), Le leggi dei Longobardi: storia, memoria e diritto di un popolo

distinguendo tre livelli di ricchezza all’interno di coloro che facevano parte dell’esercito . 131

Coloro che facevano parte dell’esercito erano chiamati arimanni, guerrieri, ed erano legati al potere pubblico e al sovrano . Questi arimanni, o 132 exercitales, erano uomini liberi, base del potere politico del re e anche la

popolazione dalla quale il re attingeva per formare l’esercito: «l’uno e l’altro esprimenti la realtà di una tradizione militare e politica longobarda, incorporata in un popolo etnicamente non interamente omogeneo, ma ben

«2. Circa quegli uomini che possono avere una corazza e pure non ce l’hanno affatto,

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o quegli uomini minori che possono avere cavallo, scudo e lancia e pure non li hanno affatto, oppure quegli uomini che non possono avere, né hanno, di che mettere assieme, che debbano avere scudo e faretra. Resta fermo che quell’uomo che ha sette case massaricie abbia la sua corazza con il restante equipaggiamento e debba avere anche cavalli; e se ne ha di più, per questo numero deve avere i cavalli ed il restante armamento. Piace inoltre che quegli uomini che non hanno case massaricie ed hanno 40 iugeri di terra abbiano cavallo, scudo e lancia; così inoltre piace al principe circa gli uomini minori, che, se possono avere lo scudo, abbiano la faretra con le frecce e l’arco. 3. Inoltre, circa quegli uomini che sono mercanti e che non hanno beni fondiari, quelli che sono maggiori e potenti abbiano corazza e cavalli, scudo e lancia; quelli che vengono dopo abbiano cavalli, scudo e lancia; quelli che sono minori abbiano faretre con frecce ed arco.» Ahistulfis Leges, cap.2-3, trad. in C. Azzara,  S. Gasparri (eds.),  Le

leggi dei Longobardi: storia, memoria e diritto di un popolo germanico, Roma 2005, p. 281

S. Gasparri, La questione degli arimanni, «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il

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distinto dalla restante popolazione come classe politico sociale egemonica, stretta formalmente intorno all’apparato del regno e in esso confusa» . 133

Fra arimanni comunque vigevano delle differenze a seconda della disponibilità patrimoniale e finanziaria, che divideva la società e l’élite longobarda in iudices, cioè i duchi e i gastaldi, e i minimi homines , e 134

numerosi altri gruppi.

Infatti oltre che al patrimonio fondiario, avevano iniziato ad avere una maggior importanza i commerci e gli affari nelle varie città e nei territori di tutto il regno, tanto da spingere Liutprando a dove intervenire tramite le leggi sulla mobilità raggiunta nel suo regno .135

Il commercio e l’importanza attribuita al denaro avevano assunto rilievo cospicuo, diventando così importanti che potevano permettere la creazione di patrimoni indipendenti dall’eredità e dal servizio ai potenti, che invece

La distinzione dei due termini, del quale exercitales pare il più colto, e le varie teorie

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sulla questione degli arimanni come discendenti diretti dei primi Longobardi arrivati in Italia, rimando a Gasparri che mostra, anche con alcuni esempi calzanti, la loro equivalenza; S. Gasparri, Italia longobarda: Il regno, i Franchi, il papato, Roma-Bari, 2016, pp. 44-51; inoltre, per la cit., vedere G. Tabacco, Dai possessori dell’età carolingia agli

esercitali dell’età longobarda, in «Studi Medievali», s. III, 10/1, 1969, p. 246, riportato da S.

Gasparri, Il popolo-esercito degli arimanni. Gli studi longobardi di Giovanni Tabacco, in

Giovanni Tabacco e l’esegesi del passato, Accademia delle Scienze di Torino, Torino, 2006,

p.26 distribuito in formato digitale da “Reti medievali”

S. Gasparri,  Italia longobarda: Il regno, i Franchi, il papato, Roma-Bari, 2016, p. 55;

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distinzione che diventerà sempre più precisa sotto il regno di Astolfo.

Ad esempio il patto commerciale fra il regno longobardo e i mercanti di Comacchio,

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sotto il regno di Liutprando. S. Gasparri,  Italia longobarda: Il regno, i Franchi, il papato, Roma-Bari, 2016, p. 65-70

erano le basi espresse nell’Editto di Rotari, trasformando i vertici dell’aristocrazia longobarda in maniera profonda .136

La società si era notevolmente trasformata, assumendo sempre più connotati tipici del sostrato romano, e perdendo comunque gran parte della propria connotazione germanica.

P. Delogu, Il regno Longobardo, in P. Delogu, A. Guillou, G. Ortalli, Longobardi e

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Bizantini, Torino 1980, p. 133-135; S. Gasparri,  Italia longobarda: Il regno, i Franchi, il papato, Roma-Bari, 2016, pp. 70-71