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Le assemblee nei regni romano barbarici e il gairethinx nel regno longobardo

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Indice

INTRODUZIONE

1 CAPITOLO PRIMO

1.1 LE ASSEMBLEE NEI REGNI ROMANO-BARBARI

1.2 ESEMPI DI ASSEMBLEE NEI REGNI ROMANO-BARBARICI

1.2.1 IL REGNO DEI VISIGOTI 1.2.2 IL REGNO DEI FRANCHI 1.2.3 L’INGHILTERRA

1.2.4 LA SCANDINAVIA E I PAESI DEL NORD

1.3 IL CONSENSO NELLE ASSEMBLEE

2 CAPITOLO SECONDO I LONGOBARDI

2.1 ORIGINE DELLA GENS, MIGRAZIONI, FORMAZIONE DEL REGNO IN ITALIA

2.1.1 ORIGINE DELLA GENS

2.1.2 MIGRAZIONI E STANZIAMENTO IN EUROPA CENTRALE

2.1.3 INGRESSO IN ITALIA, FORMAZIONE DEL REGNO E IL SUO SVILUPPO

(2)

2.2 LA CONFIGURAZIONE SOCIALE ALL’INTERNO DEL REGNO

2.2.1 LO STANZIAMENTO IN ITALIA: PRIME TESTIMONIANZE

2.2.2 LA SOCIETÀ LONGOBARDA NELL’EDITTO DI ROTARI 2.2.3 SVILUPPI DELLA SOCIETÀ E GERARCHIE NEL SECOLO VIII

3 CAPITOLO TERZO

3.1 LE LEGGI: L’EDITTO DI ROTARI

3.1.1 LE ORIGINI DELL’EDITTO

3.1.2 LA STRUTTURA INTERNA DELL’EDITTO E IL SUO LEGAME CON IL DIRITTO GERMANICO E LA SICIETÀ 3.1.3 I CAPITOLI AGGIUNTIVI SOTTO LIUTPRANDO E SOTTO GLI ALTRI RE

3.2 IL GAIRETHINX E LE ASSEMBLEE LONGOBARDE

3.2.1 IL CAPITOLO 386 DI ROTARI E ALTRE TESTIMONIANZE DELLO SVILUPPO DELL’ASSEMBLEA NELLA PENISOLA ITALIANA

3.2.2 ESEMPI DI TRIBUNALI: ALCUNI CASI

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

(3)

Introduzione

L’argomento preso in esame in questa tesi è l’importanza delle assemblee, sia a livello politico che a livello giudiziario, nei regni romano barbarici, con maggiore attenzione per quanto riguarda il regno dei Longobardi, del quale verrà fornita anche una breve panoramica storica.

Cercherò di delineare la presenza delle assemblee nei vari regni romano barbarici, il campo delle loro azioni, il modo in cui esse si svolgevano, l’effetto che avevano sulla popolazione e in che modo venivano sfruttate dai re o dagli esponenti di spicco delle varie società.

La tesi sarà suddivisa in tre capitoli. Il primo capitolo passerà in rassegna le assemblee presenti nei regni dei Visigoti, dei Franchi, e anche nei regni dell’Europa del Nord, in Scandinavia, Inghilterra e Islanda.

Prendendo in esame le varie tipologie di assemblee presenti, cercherò di capire se esiste una qualche correlazione fra queste, citando alcuni esempi. Nel secondo capitolo verrà descritto in maniera sintetica il regno dei Longobardi, dalle prime migrazioni di questo popolo fino alla fine del regno per opera di Carlo Magno; verrà fornita una descrizione dell’evoluzione della società longobarda, tenendo conto degli sviluppi della

(4)

società, del diritto, delle tradizioni, delle leggi prodotte nell’arco di tempo compreso fra il VI e l’VIII secolo.

Nel terzo ed ultimo capitolo della tesi verranno prese in considerazione con maggior attenzione le leggi longobarde, analizzando direttamente il testo delle leggi stesse, e il contesto culturale nel quale queste vennero promulgate. In particolare verrà considerato il capitolo 386 dell’Editto di Rotari, e altri riferimenti ad assemblee inserite nel contesto politico e sociale longobardo.

Quale impatto avevano tali assemblee nelle società di questi regni? In che modo venivano gestite? Quali erano gli scopi per i quali erano indette? Nel regno longobardo quale peso aveva il gairethinx? Come si svolgevano le assemblee armate? Quale scopo racchiudevano?

Tenendo conto dei saggi di autori come Wickham, Barnwell, Reuter, Gasparri ed altri, cercherò di rispondere a queste domande, e vedere se esistono correlazioni fra queste assemblee.

(5)

Capitolo Primo

1 LE ASSEMBLEE NEI REGNI ROMANO-BARBARICI

1

Le assemblee nei regni romano-barbarici erano l’elemento che contraddistingueva le genti provenienti dal nord rispetto alla legislazione e al modo di operare all’interno dell’impero romano.

Proprio per la loro unicità, e per come è stato tramandato tramite le fonti, queste assemblee rievocavano una sorta di “era ideale” per quanto riguarda l’impegno politico, nella quale gli uomini liberi potevano, attraverso il loro impegno e la loro partecipazione, non essere soggiogati dal potere politico, ma essere elementi attivi nelle decisioni che venivano prese dalla collettività. Questo purtroppo ha creato nell’immaginario storico, e anche fra gli studiosi, un notevole problema, che fino a poco tempo fa non aveva permesso di affrontare in maniera esaustiva ed oggettiva le numerose varianti in cui le assemblee si potevano svolgere, le

«De minoribus rebus principes consultant; de maioribus omnes, ita tamen, ut ea quoque,

1

quorum penes plebem arbitrium est, apud principes pertractentur.[…] Ut turbae placuit, considunt armati. […] Si displicuit sententia, fremitu aspernantur; sin placuit, frameas concutiunt. Honoratissimum adsensus genus est armis laudare.»

Tacito, Germania, c.11, testo preso dal sito http://www.progettovidio.it/dettagli1.asp? id=1462&opera=Germania&libro=Libro%20I. La descrizione di Tacito è il motivo che ha spinto tanti studiosi a cercare di comprendere e spiegare i motivi e le ragioni di queste particolari aggregazioni dei popoli germanici.

(6)

dinamiche fra le varie personalità che si mettevano in gioco durante le assemblee, e le varie tipologie di assemblee che esistevano . 2

Fatto singolare è la varietà e la molteplicità di termini che i documenti latini in nostro possesso utilizzano per definire queste assemblee: conuentus,

placitum, synodus, concilium, colloquium e molti altri .3

Ciò rende difficile sia per la tradizione storiografica sia per le tradizioni politiche di epoca moderna delineare in maniera puntuale l’essenza e la forma di queste assemblee (le fonti sulle quali comunque rimangono scarne).

Le assemblee mostravano una rottura con il passato romano, e la pratica che l’intera comunità politica si riunisse per prendere le decisioni era sicuramente un’innovazione molto importante che queste popolazioni si erano portate dietro nel loro retaggio culturale . Inoltre, come già 4

accennato, erano utilizzate molte varianti di assemblee, o simili, le quali avevano scopi molto diversi fra loro.

T. Reuter, Assembly Politics in Western Europe from the Eighth Century to the Twelfth, in

2

P. Linehan, J. Nelson (eds.), The Medieval World, London 2001, pp. 436-437

P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, inP. S. Barnwell,

3

M.  Mostert  (eds.),  Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, pp. 13-14; T. Reuter, Assembly Politics in Western Europe from the Eighth Century to the Twelfth, in P. Linehan, J. Nelson (eds.), The Medieval World, London 2001, p. 433

La citazione di Tacito, Germania, c.11 forniva spunti di riflessione anche riguardanti la

4

(7)

Alcuni aspetti fondamentali che sono stati comunque portati alla luce dallo studio delle fonti, e dall’osservazione dello sviluppo di queste modalità di aggregazione nel corso dei secoli, fanno riflettere sulla loro particolarità: le assemblee erano utilizzate principalmente per ottenere o consolidare il potere politico attraverso la pratica del consenso (pratica che nel medioevo avrà la possibilità di evolversi in molti modi); i canoni di comportamento utilizzati nelle assemblee, sia che fossero di mera facciata oppure opportunamente studiati, i luoghi in cui si svolgevano queste, il ruolo dei partecipanti e i modi in cui venivano condotte le discussioni, facevano parte di rituali ben organizzati, volti alla ricerca del consenso sopracitato, intrecciandosi in quella dinamica di potere che rimarrà fondamentale anche nei secoli successivi .5

Infatti, oltre ad essere strumenti politici potenti, le assemblee rientravano in quella categoria di rituali, come è stato ampiamente dimostrato per quanto riguarda le popolazioni del Nord Europa, che venivano utilizzati per esprimere e simboleggiare il potere pubblicamente . Era di vitale 6

importanza far apparire le dinamiche e gli equilibri di potere raggiunti, oppure rendere manifesta la sottomissione da parte della fazione che usciva

T. Reuter, Assembly Politics in Western Europe from the Eighth Century to the Twelfth, in

5

P. Linehan, J. Nelson (eds.), The Medieval World, London 2001, p. 433

L. Hermanson, Introduction Rituals, performatives, and political order in Northern Europe,

6

c. 650-1350, p. 2 in W. Jezierski,  Rituals, performatives, and political order in Northern Europe, c. 650-1350, Turnhout 2016

(8)

sconfitta dalla disputa. Il fatto di essere assemblee aperte a numerosi individui, scelti dal sovrano, o da una cerchia più numerosa, implicava che i rapporti di potere dovessero essere molto spesso consolidati o rinegoziati. I partecipanti a queste assemblee erano veri e propri agenti politici attivi che attraverso le loro azioni riuscivano a inserirsi in cambiamenti storici molto profondi, attuando una profonda modifica dello stato e delle sue dinamiche . 7

T. Reuter, Assembly Politics in Western Europe from the Eighth Century to the Twelfth, in

7

(9)

1.2 ESEMPI DI ASSEMBLEE DEI REGNI

ROMANO-BARBARICI

1.2.1 IL REGNO DEI VISIGOTI

Di gran lunga la più “romana” fra le entità politiche venutesi a creare dopo la caduta dell’impero Romano, il regno dei Visigoti è anche il più difficile da caratterizzare per quanto concerne le assemblee.

Abbiamo pochissime fonti per i Visigoti sulle assemblee: una di queste è la testimonianza di Giordane nella sua “Storia dei Goti” sull’elezione di re Torismondo nel 451.

Vi si descrivono i nobili con la locuzione armis insonantibus, tipica immagine che richiama la tradizionale visione che si aveva delle belliche e militarizzate popolazioni germaniche . Un altro esempio viene da Isidoro, 8

che nella sua Historia Gothorum parla di assemblee riunite, ma essendo un unicum, e sapendo che nel VI e VII secolo queste pratiche in questo regno erano andate quasi perdute, non sappiamo che peso dare alla sua testimonianza.

C. Wickham,  Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms: a

8

Comparative Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.), Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

(10)

Si parla di adstante exercitu universo in riferimento all’assemblea/processo tenuto nel 673 d.C. da re Wamba nei confronti dell’usurpatore Paolo, dando particolare risalto al fatto che questo evento partecipò l’intero esercito schierato . 9

Ma questa citazione, come già accennato, è un unicum purtroppo.

Dalle poche informazioni che le fonti possono darci, notiamo come le assemblee non avessero ancora un ruolo fondamentale in questo regno, ma il consenso di larga parte della società era invece ciò che i regnanti cercavano, per favorire la loro presa di potere sulla popolazione e mantenere saldo il comando.

I dati certi che abbiamo sono che la Lex Visigothorum era promulgata dal re, che si riuniva con un ristretto manipolo di persone, sia laiche che ecclesiastiche . Il legislatore rimaneva il re (artifex legum) e la sua figura era 10

sicuramente la più importante, ma non si può far a meno di notare come espressioni del tipo ex universali consensu, oppure adsensu civibus populisque

conmunis rimandano certamente a quella ricerca di consenso che i re erano

C. Wickham,  Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms: a

9

Comparative Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.), Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

Ostfildern 2017, p. 398; già in questo contesto si rivela l’importanza dei guerrieri e della loro presenza alle decisioni del re.

Artifex legum, cioè il re. C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic

10

Kingdoms: a Comparative  Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, pp. 398-399

(11)

interessati ad ottenere data la vastità e la differenza dei territori sui cui regnavano . 11

Poche altre notizie sono disponibili per il regno visigoto, ma quello che colpisce maggiormente sono i riferimenti alle assemblee tenute durante i concili ecclesiastici, specialmente a Toledo. I concili di Toledo, e quelli ecclesiastici, erano considerati i maggiori momenti di aggregazione della comunità politica in Spagna, anche se non erano così frequenti, e la presenza di membri dell’aristocrazia non era così essenziale .12

Come recita il settantacinquesimo canone del Quarto Concilio (636 d.C.), il re poteva essere eletto e scelto solo attraverso l’accordo fra i vescovi e i

primates . Ciò sembra confermare ancora una volta un’ampia sfera di 13

partecipazione.

Nell’Ottavo Concilio (653 d.C.) si specificò come i vescovi e i maiores dovessero acclamare e accettare il re, in una sorta di investitura ufficiale

C. Wickham,  Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms: a

11

Comparative Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.), Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

Ostfildern 2017, p. 399.

C. Wickham,  Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms: a

12

Comparative Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.), Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

Ostfildern 2017, pp. 399-400; P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian

Kingdoms, in P. S.  Barnwell, M.  Mostert  (eds.),  Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, pp. 16-19

J. Vives, (ed.) Concilios visigoticos e hispano-romanos, Espana cristiana, Textos, 1,

13

Barcelona,1963, n. 21, canone 75, in P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the

Barbarian Kingdoms, in P. S. Barnwell, M. Mostert (eds.), Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, p.16, nt. 29.

(12)

(che sembra quasi richiamare il modello bizantino), con riferimento al caso dell’usurpazione da parte di Chindasvindo avvenuta nel 642 d.C.

Questa avvenne tramite l’appoggio di parte dell’aristocrazia, ma senza quella dei vescovi e del clero . In questo contesto politico i re erano 14

sottoposti ad un ampio controllo da parte dell’aristocrazia e dalla gerarchia ecclesiastica, per questo motivo le loro mosse erano volte a coinvolgere un sempre più ampio e nutrito gruppo di sostenitori, che attraverso il loro consenso giustificassero le decisioni e le leggi emanate dal re, e che giurassero fedeltà a questo .15

Anche a livello locale si parla di decisioni prese in pubblico, alla presenza di un ampio gruppo di persone, oppure di tribunali che venivano tenuti alla presenza di un ampio gruppo di persone . La presenza di continui 16

riferimenti a luoghi pubblici (in conventu publice, in conventu mercantium) sottolinea come la sfera legale e politica fosse centrale anche nella vita dei villaggi, e quanto fosse fondamentale la presenza davanti al più ampio

J. Vives, (ed.) Concilios visigoticos e hispano-romanos, Espana cristiana, Textos, 1,

14

Barcelona 1963, n.25, canone 10, in P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the

Barbarian Kingdoms, P. S.  Barnwell, M.  Mostert  (eds.),  Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, p. 16, nt. 31;

P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, in P. S. Barnwell,

15

M. Mostert (eds.), Political Assemblies, Turnhout 2003, p. 17.

C. Wickham,  Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms: a

16

Comparative Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.),Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

(13)

pubblico possibile . Il consenso era sempre visto come l’obiettivo primario 17

da raggiungere a qualunque costo, per veder rinsaldata la propria leadership.

Oltre a quelle adibite alla proclamazione del re, queste assemblee avviavano anche un susseguirsi di adunate locali nelle quali tutti gli uomini liberi del regno dovevano prestare giuramento al nuovo sovrano . 18

Per quanto concerne il Regno dei Visigoti, questa pratica è segnalata in varie fonti, sia i canoni dei Concili, che la Historia Wambae. Inoltre, le assemblee potevano anche servire per emanare giudizi o condanne verso personaggi che avevano attentato alla sicurezza del sovrano o dello stato. Il caso più eclatante è quello del duca Paolo, che aveva cercato di usurpare il trono del re Wamba . La testimonianza di questo avvenimento riporta 19

come alla assemblea convocata per giudicare l’operato del duca fossero presenti numerosi elementi dell’aristocrazia, personaggi dell’esercito e

C. Wickham,  Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms: a

17

Comparative Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.),Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

Ostfildern 2017, p. 400

P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, P. S. Barnwell,

18

M. Mostert (eds.), Political Assemblies, Turnhout 2003, p. 17.

Giuliano di Toledo, Historia eccellentissimi Wambae regis, c. 27, come riportato in P. S.

19

Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, P. S.  Barnwell, M. Mostert (eds.), Political Assemblies, Turnhout 2003, p. 18, nt. 43.

(14)

anche “uomini liberi” . Un altro esempio molto simile a quello di re 20

Wamba e del duca Paolo è il caso dell’arcivescovo di Toledo, che venne giudicato colpevole da una assemblea costituita da vescovi e membri dell’aristocrazia .21

Si possono anche riconoscere differenze fra le varie tipologie di assemblee, e anche aggregati, raduni, che avevano uno scopo consultivo più che legislativo/decisionale.

La differenza principale che si può notare, e che traspare dalle fonti, è rappresentata dalla diversità di consenso che la decisione portava con sé: le assemblee con un numero più ristretto di partecipanti erano incentrate su un delicato equilibrio di potere fra le parti chiamate in causa, mentre altre assemblee erano manifestazioni e rituali che servivano, in modo più esplicito e sfarzoso, a dare l’impressione che la decisione fosse stata presa grazie all’ampia partecipazione della popolazione stessa . 22

Si può comprendere l’importanza della presenza di numerose persone in questo tipo

20

di assemblee dalla legge promulgata da Chindasvindo (642 - 653 d.C.), grazie alla quale nessun re poteva perdonare i traditori senza il consenso sia da parte dei vescovi che dei

maiores palatii, come cita P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, in P. S.  Barnwell, M.  Mostert  (eds.),  Political Assemblies, p. 19, nt. 44, dalle Leges Visigothorum, VI,1,7.

E. A. Thompson, The Goths in Spain, Oxford, 1969, pp. 244-45, in P. S. Barnwell, King,

21

Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, in P. S.  Barnwell,

M. Mostert (eds.), Political Assemblies, p. 19, nt. 48.

In questo senso vanno viste tutte le varie locuzioni latine che rimandano ad

22

(15)

Sicuramente fondamentali nel regno visigoto furono i concili di Toledo, specialmente il III e l’VIII sec., nei quali la potenza della chiesa e della gerarchia ecclesiastica espresse tutto il suo potere, al servizio e anche nei confronti del re e dell’aristocrazia, cosa che sarebbe cambiata nel corso dei secoli, specialmente dal VII secolo . 23

Infatti nell’VIII concilio di Toledo (653 d.C.) venne ancora più resa manifesta l’importanza che il consenso assumeva nell’assemblea, e come il re avesse assunto un ruolo sempre più importante nel prendere le decisioni e far sì che l’assemblea seguisse le sue volontà.

L’agenda di questo concilio fu dettata dal re, e dopo che i vari membri che avevano partecipato avevano espresso le loro idee, fu sempre la volontà del re a prevalere nella decisione finale, assumendo connotati decisamente coercitivi . 24

Nel quale veniva sancito il passaggio dall’arianesimo al cattolicesimo da parte del

23

regno visigoto, e venne rettificato come legge da Recaredo, segnando un passo fondamentale per quanto riguarda le genti nella penisola iberica;. C. Wickham,  Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms: a

Comparative Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.),Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

Ostfildern 2017, p. 399; R. L. Stocking, Bishop, Council and Consensus in Visigothic

Kingdom, Ann Arbor, 2000, pp. 64-68, pp. 85-88, in P. S.  Barnwell,

M. Mostert (eds.), Political Assemblies, p. 23, nt. 65.

E. A. Thompson, The Goths in Spain, Oxford, 1969, p. 204, citato in P. S.  Barnwell,

24

(16)

1.2.2 IL REGNO DEI FRANCHI

Nel Regno dei Franchi assistiamo alla presenza di tre tipi di assemblee citate da numerose fonti: oltre a quelle del regno e quelle presenti nelle città, sono attestate anche delle assemblee più ristrette, denominate corti

mallus .25

Da quanto si evince dal Patto della legge Salica, ci si poteva appellare al

mallus o placitum a livello locale, più vicino alla popolazione; un thunginus o centenarius presiedeva la corte, ed era la figura più importante, colui che

veniva eletto dall’assemblea degli uomini liberi . 26

Il thunginus era affiancato durante queste assemblee dai rachineburgi o

rachimburgi, il cui compito era quello di far rispettare la Legge salica ed

applicarla; essi erano coloro che, almeno fino al VI sec., prendevano le decisioni e le rendevano note alla collettività . 27

C. Wickham,  Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms: a

25

Comparative Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.),Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

Ostfildern 2017, p. 407

C. Wickham,  Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms: a

26

Comparative Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.),Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

Ostfildern 2017, pp. 406-407

Erano di fatto i rachineburgi coloro che facevano rispettare la legge salica, mentre il

27

thunginus si limitava a presiedere solamente il tribunale o l’assemblea, in quanto figura

di rilievo decretata su scelta popolare. Vedi C. Wickham, Consensus and Assemblies in the

Romano-Germanic Kingdoms: a Comparative  Approach, in Epp V., Meyer C. (eds.),Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 407; I rachineburgi erano personaggi

(17)

Questa assemblea, il mallus, si sviluppò pienamente nel VI sec. e rimase attiva fino al IX sec.

Si può affermare che in questi tribunali il giudizio non era consensuale, ma che si teneva comunque conto del sostegno su ampia scala da parte dei partecipanti, con gruppi di iuratores altrettanto numerosi. Esemplificativo era il capitolo de migrantibus contenuto nel Pactus, dove veniva riportato come uno straniero poteva essere espulso solo se l’accusa riusciva a produrre testimoni in almeno quattro circostanze; il che lasciava intuire la necessità di un discreto grado di consenso da parte della popolazione (che come si è visto più volte era fondamentale) .28

Nell’area tra Bretagna e Neustria, in ogni villaggio (plebs) erano stanziati dei tribunali, con o senza un machtiern, un nobile che presiedeva questi tribunali, ed erano frequenti grandi gruppi, o assemblee, di aristocratici o

boni viri, chiamati a giudicare o a testimoniare. Con questo appellativo

potevano essere identificate anche altre persone di diversa estrazione sociale, i quali testimoniavano o prendevano comunque in carico le decisioni; di fatto in più casi si registrano persone presentate sia come

Wickham sottolinea come questa applicazione della Legge salica sia attestata in

28

modo molto frequente nelle regioni fra la Neustria e la Britannia, registrati presso la corte di Redon. Vedi C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic

Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern

(18)

contendenti che come giudici imparziali . Sia che una persona si 29

presentasse come accusatore o come accusato, si richiedeva sempre un discreto apporto da parte dei membri della popolazione locale, che attraverso il loro supporto e consenso riuscivano a dirimere le controversie . Anche nell’area Bretone di lingua franca, si parla di corti 30

presenti in ogni villaggio . 31

Non ci sono rimasti molti documenti del periodo Merovingio, anche se alcune descrizioni sono state raccolte nelle Formulae Andecavenses, un manoscritto dell’VIII secolo che sembra conservare varie tipologie di documenti di questo periodo . Alcune di queste assemblee riportate nel 32

manoscritto avevano numerose analogie con le dispute che si trovano elencate nel Pactus (perfino i rachinburgi sono citati) . 33

In questi placita i conti erano chiamati a svolgere il ruolo di giudici, e molte volte queste dispute riguardavano crimini che si intrecciavano con le vite

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

29

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, pp. 406-410 W. Davies, People and Place in Dispute in Ninth-Century Brittany, in W. Davies, P.

30

Fouracre (eds.), The Settlement of Disputes in Early Medieval Europe, Cambridge 1986, pp. 65-84

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

31

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 407; W. Davies, People and Place in Dispute in Ninth-Century Brittany, in W. Davies, P. Fouracre (eds.), The Settlement of Disputes in Early Medieval Europe, Cambridge 1986, pp. 70-75

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

32

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 408

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

33

(19)

dei santi, topos, quello delle agiografie, molto ricorrente nel periodo Merovingio . Ad esempio, in un caso riportato nella Vita Amandi, il conte 34

Dotto «congregata non minima multitudine Francorum, […] ad dirimendas

resederat actiones», in pratica era chiamato a presiedere l’assemblea, a

giudicare, e dando ragione alla folla presente (turba), decretò la pena di morte per l’uomo considerato colpevole, che il santo riuscì a riportare in vita . Le città nel periodo Merovingio potevano essere di scala più ridotta 35

rispetto alle successive in epoca carolingia, ma di sicuro furono teatro di numerosi casi di partecipazione collettiva, con un gran numero di partecipanti e di testimoni, sia in contesti giudiziari che in altri di natura religiosa quali miracoli, apparizioni, poiché in molte circostanze il populus, la turba vengono menzionate come elemento caratterizzante di queste assemblee .36

In questi casi, la parola più utilizzata per definire questa tipologia di assemblea è placitum, dove era presente anche la popolazione in maniera più ampia, rendendo così ancora più manifesta l’esigenza di portare dalla

Si parla spesso di santi che intervengono nel tentativo di salvare uomini puniti

34

ingiustamente con una condanna a morte, e che riuscivano a far capovolgere, grazie alla loro santità, il verdetto da pena di morte a prigionia o comunque in condanne minori; vedi C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 408

Vita Amandi, ed. B. Krusch, Monumenta Gremaniae Historica SS rer. Merov. 5, Hannover

35

1910, c.14; C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 408

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

36

(20)

propria parte sia il consenso di chi era chiamato a decidere, sia del popolo che assisteva .37

Da questa breve considerazione si può intanto ricavare che le assemblee convocate per discutere e dirimere le leggi, discutere le strategie militari, e la condotta da seguire nel governo del popolo, erano più ristrette, circoscritte a gruppi più o meno larghi di uomini (a seconda del volere del re e dell’aristocrazia), mentre quelle in cui si affrontava il giudizio di uno o più uomini, era presente un’ampia parte di popolazione, che partecipava indirettamente alla decisione . 38

Questa seconda tipologia di assemblee potevano apparire più informali, ma erano utili poiché la collettività era chiamata ad agire, e a seconda dell’esito, i personaggi di spicco dovevano decidere come procedere nelle loro azioni.

Quando iniziamo ad addentrarci nel periodo Carolingio, si incontrano numerosi documenti che registrano le decisioni dei placita, ai quali possiamo attingere per comprendere le loro funzioni.

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

37

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, pp. 408-409 Coloro che erano chiamati a decidere utilizzavano anche questa “adunanza

38

popolare” per instaurare con i proprio avversari e con il popolo una sorta di gioco di potere basato sul consenso.Le assemblee erano momenti di celebrazione e persuasione.; in T. Reuter, Assembly Politics in Western Europe from the Eighth Century to the Twelfth, in Linehan P., Nelson J. (eds.), The Medieval World, London 2001, p. 438

(21)

I resoconti erano molto simili a quelli che si incontrano anche in territorio italiano in periodo longobardo, come ad esempio quello riguardante il conte Ostorico, missus di Ludovico il Pio, che presiedeva il mallus publicus a Tournoun, nelle vicinanze del Rodano, che nell’814 d.C. insieme ad altri tre

missi dell’arcivescovo di Lione, otto missi imperiali e molti altri boni homines

(dodici dei quali avevano firmato dopo i missi), presenti tutti assieme ad ascoltare le dispute presentate loro da parte della popolazione, chiamati in causa per risolvere i casi proposti, esprimendo un giudizio che aveva validità legale .39

Nel Regno dei Franchi erano presenti numerose tipologie di assemblee, anche per regolamentare aspetti della vita politica “quotidiana” (non creava scalpore o sorpresa la convocazione di un’assemblea), ed erano un

habitus per la politica franca, ad ogni livello sociale (sia per le assemblee

nella corte regia, sia per quelle convocate nei vari villaggi) .40

Il contesto generale nel quale il placitum generale franco si estendeva, per quando riguarda il periodo Carolingio, rimane quello di gran lunga più documentato, affrontato e ricco di fonti materiali, rispetto ai contesti degli altri paesi durante il periodo altomedievale.

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

39

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 409

Per utilizzare una espressione tanto cara a Bourdieu, come cita C. Wickham,

40

Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 391

(22)

Le assemblee di guerra generalmente erano tenute nel mese di Marzo, e in queste gli uomini liberi, locuzione che serviva ad indicare principalmente i guerrieri, decidevano assieme lo svolgersi delle campagne, le varie conquiste, e tutti gli ambiti che riguardavano la guerra in generale . Di 41

solito queste assemblee erano anche sfruttate come momenti per discutere e far conoscere nuove leggi riguardanti il regno, una funzione che le assemblee si arrogavano il diritto e l’onere di svolgere, per il mantenimento del regno, data anche la natura spesso burrascosa e turbolenta che contraddistingueva tutti i passaggi e le successioni di potere che avvenivano in questo periodo .42

I re franchi convocarono assemblee fin dagli inizi del loro regno, come mostra nei suoi scritti Gregorio di Tours, e soprattutto per il periodo

P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, in P. S. Barnwell,

41

M.  Mostert  (eds.),  Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, pp. 25-26; T. Reuter, Assembly Politics in Western Europe from the Eighth Century to the Twelfth, in P. Linehan, J. Nelson (eds.),  The Medieval World,  London 2001, pp. 434-435; si era arrivati a criticare anche l’esistenza di questa assemblea, creando confusione fra il “Marchfiled” e il “field of Mars”, ma Reuter lo ritiene impossibile, data l’enorme mole di documentazione che riporta la presenza di queste assemblee nel VII e VIII sec.

Come ad esempio gli editti di Clotario II 614 d.C. subito dopo il concilio di Parigi,

42

oppure gli editti di Guntram del 585 d.C. che seguirono il concilio a Macon, che riprendono anche il Patto delle leggi saliche P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies

in the Barbarian Kingdoms, in P. S. Barnwell, M. Mostert (eds.), Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, p. 26

(23)

carolingio sono numerose sia le fonti documentarie che quelle narrative al riguardo . 43

A queste assemblee partecipavano tutti i maggiori personaggi del regno, sia quelli laici che quelli ecclesiastici, gli attori politici che formavano la cerchia di uomini più potenti ed influenti attorno al sovrano.

Chiunque aspirava a parteciparvi, lo faceva per mostrare il proprio status sociale di fonte agli altri membri del regno, e nel periodo carolingio, sotto Carlo Magno e i suoi successori, i partecipanti alle assemblee ricevevano ed elargivano doni. Questa pratica ancora una volta serviva a rendere manifesta l’importanza di prendere parte alle assemblee convocate dal re . 44

Infatti sono rimaste numerose testimonianze, soprattutto lettere, da parte di coloro che erano impossibilitati a partecipare alle suddette assemblee, e che chiedevano venia al sovrano per la loro assenza .45

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

43

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 411; per gli scritti e gli aneddoti di Gregorio di Tours, vedere anche I. Wood, Disputes in late fifth-

and sixth-century Gaul: some problems, in P. S.  Barnwell, M.  Mostert  (eds.),  Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, pp. 7-22

T. Reuter, Assembly Politics in Western Europe from the Eighth Century to the Twelfth, in

44

P. Linehan, J. Nelson (eds.), The Medieval World, London 2001, pp. 433-436

Ad esempio quelle di Eginardo, cronista franco (n. Maingau, valle inferiore del

45

Meno, 770 circa - m. 840). Visse dal 796 circa alla corte di Carlomagno, ad Aquisgrana; fu poi nominato da Ludovico il Pio consigliere del suo primogenito Lotario. Rimasto vedovo (836), si fece prete, e finì abate di Seligenstadt. È autore di una Vita Karoli, che è fonte di primaria importanza per la storia di Carlo Magno; C. Wickham, Consensus and

Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 410

(24)

La presenza di tutti questi attori politici era necessaria sia al sovrano che a loro stessi, in quanto per il sovrano la loro presenza era vitale per ottenere legittimità e consenso, sia a livello politico che militare, e il sovrano attraverso lo scambio di doni confermava lo status sociale dei membri dell’assemblea, conferendo prestigio e onore.

Le assemblee erano sempre chiamate/convocate dal re, o dai suoi rappresentanti, come la regina o chi ne faceva le veci, oppure a livello locale dai maiores.

Le assemblee più importanti non avevano una calendarizzazione fissa, se non quelle nelle quali venivano convocati tutti gli uomini “liberi”, cioè coloro che detenevano le armi, e nelle quali venivano delineati i progetti bellici, pianificate le campagne militari, risolte le dispute politiche e prese posizioni in importanti processi decisionali, specialmente quelle all’interno della famiglia regia . 46

Altri particolari tipi di assemblee erano quelle in cui avveniva l’elezione del re; infatti per il periodo altomedievale nel regno franco, e anche in altri regni, era impossibile diventare re senza l’appoggio e il supporto da parte dell’aristocrazia, sia laica che religiosa . Clodoveo, di fatto, organizzò 47

l’assassinio di Sigisberto e di suo figlio, e quando si presentò agli abitanti di

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

46

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 411

I. Wood, Kings, Kingdoms and Consent, in P. H. Sawyer e I. N. Wood (ed.), Early

47

(25)

Colonia, essi approvarono la sua presa di potere manifestando il loro assenso attraverso “il fragore delle armi” . 48

Clodoveo, oltre ad assicurarsi il potere politico e a convogliarlo nelle sue mani, cercò di ottenere maggiore consenso attraverso l’assemblea, in modo da legittimarsi e consolidarsi sempre più al comando del regno franco . 49

Un altro esempio ci viene fornito da Dagoberto, figlio di Clotario II, eletto re in Austrasia che alla morte del padre nel 628 d.C. mandò una delegazione in Borgogna e in Neustria per garantire la sua posizione per la successione, e fu scelto durante un’assemblea tenuta da vescovi, proceres, e

leudes del reame . 50

Gregorio di Tours, Decem Libri Historiarum, II, c. 40, in Gregorii Turonensis Opera, vol. I,

48

Libri Historiarum X, ed. B. Krusch e W. Levison, Monumenta Gremaniae Historica SS rer. Merov. 1.1, Hannover 1937-51

L’importanza della decisione di fronte al popolo durante l’assemblea viene

49

sottolineata in modo ulteriore dagli eventi successivi alla morte di Teodorico II di Austrasia nel 612 d.C. Clotario II si oppose alla decisione di Brunilde di far eleggere Sigisberto II, ma afferma che avrebbe rispettato la decisione dei Franchi. Fredegario,

Cronache, IV, 40, J. M. Wallace-Hadrill (ed.), The Fourth Book of the Chronicle of Fredegar with its continuations, Londra, 1960

Oltre ai resoconti e alle narrazioni rimaste, esistono anche altre tipologie di fonti

50

scritte che ci permettono di cogliere l’importanza delle assemblee, come la Passio

Leudegarii, testo scritto verso la fine del VII sec. da un monaco di Ligugé per esaltare le

gesta del vescovo, poi santificato, Leudegario, di origine burgunda, che si era reso protagonista nelle lotte di potere fra il regno di Borgogna e Neustria, in P. S. Barnwell,

King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, in P. S.  Barnwell,

M. Mostert (eds.), Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, pp. 13-15 La Passio Leudegarii inoltre riporta le vicende avvenute dopo la morte di Clotario III, di come Ebroino, maior domus di palazzo, avesse cercato di trattenere il potere per se invece che far eleggere tramite l’assemblea Teodorico III, ma questo portò i nobili a scegliere Childerio III di Austrasia come re legittimo.

(26)

Anche per quanto riguarda i casi in cui venivano convocati tribunali per giudicare e decretare eventuali pene, le assemblee svolgevano una parte fondamentale in queste occasioni, specialmente nei processi riguardanti gli atti di lesa maestà o tentativi da parte di usurpatori di spodestare il re. I vincitori utilizzavano queste assemblee per dimostrare o la loro clemenza o la loro brutalità ai loro avversari.

Un esempio fu quello della regina Brunilde, che nel 630 d.c. fu portata da Clotario II di fronte ad un’assemblea per essere giudicata colpevole di attentato al re, e subì varie umiliazioni come giusta punizione per i suoi atti .51

Governare comunque seguendo anche il consiglio degli optimates o dei boni

viri era considerata una virtù principesca di non poco conto, poiché il re

cercava sempre di mantenere una linea diplomatica con il suo seguito, consultandosi con più esponenti possibili o con quelli di spicco, affinché il loro consenso fosse sempre maggiore, e in rari casi cercava di imporre in maniera drastica la sua volontà, rischiando di inimicarsi una larga parte di sostenitori .52

La debolezza del regno Merovingio, che si evince dalla perdita del potere da parte del re, il quale si affida sempre più ai suoi sostenitori e alla cerchia

P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, in P. S. Barnwell,

51

M. Mostert (eds.), Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, pp. 13-17 P. S. Barnwell, King, Nobles, and Assemblies in the Barbarian Kingdoms, in P. S. Barnwell,

52

(27)

di aristocratici che lo sostengono, portò la casata dei Pipinidi, nobile famiglia franca con membri che ricoprirono la carica di maior domus, ad accentrare sempre maggior potere fino a sostituire la casata reale nel controllo e nelle gestione del governo, portando alla fine il regno carolingio . 53

Il consenso, sempre fondamentale all’interno delle assemblee, si ritrova anche in altri contesti: il concilio di Orleans del 511 d.C. servì a Clodoveo a consolidare le sue conquiste in Aquitania, portando dalla sua parte i vescovi, che rimasero sotto il suo controllo.

Elemento sottolineato a più riprese nel saggio di P. S. Barnwell, King, Nobles, and

53

(28)

1.2.3 L’INGHILTERRA

Per l’Inghilterra abbiamo molte meno fonti rispetto a quelle relative al regno franco o al resto del continente, tuttavia per gli standard anglosassoni rimangono ingenti.

Si può constatare come i compiti svolti dalle assemblee e dal re non variarono nel corso dei secoli VII-XI, e che la terminologia andò sempre più regolarizzandosi verso il IX sec.: nelle assemblee, o gemot, i consiglieri del re erano chiamati witan, o con il termine latino sapientes .54

Un esempio viene, nel IX sec, da quattro distinte assemblee convocate dal re sassone occidentale Alfred ; oppure quella convocata da Æthelred II nel 55

896, dove veniva fatto un chiaro riferimento anche alla presenza dei vescovi nelle assemblee e alla loro importanza .56

Attestato anche in altre fonti presenti nel continente come sinonimo per princeps,

54

optimates o consiliarii.

Il quale aveva deciso in queste assemblee la distribuzione delle terre private, e la

55

spartizione delle terre appartenute a se stesso e al defunto fratello Æthelred I, «on ure

gemôt æt Langandene», dove si rimanda la presenza degli uomini saggi, i witan, per

aiutare il sovrano nella sua decisione; C. Wickham, Consensus and Assemblies in the

Romano-Germanic Kingdoms: a Comparative approach, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 415

«alle Mercna weotan tosomne, […] biscopas and aldermen and alle his duguđe»; C.

56

Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 415

(29)

Infatti le assemblee, specialmente nel regno di Mercia, oltre a essere affiancate da chierici che vi prendevano parte, erano tenute assieme ai concili ecclesiastici, una costante per il periodo dal 670 all’850, culminate nei concili merciani di Clofesho e Chelsea .57

Il continuo aumentare delle assemblee nel X sec. ha fatto ipotizzare a vari studiosi, specialmente a J.Maddicott, che questa tipologia di assemblee e la frequenza con la quale queste erano convocate, fosse dovuta ad un’influenza carolingia, importate magari da Æthelstan nel 920 . 58

Data l’esigua presenza di uomini e aristocratici nei regni anglo-sassoni rispetto a quelli presenti nel continente, un paragone di questo tipo con la Francia carolingia risulta difficile da dimostrare .59

Il procedimento per ottenere il consenso attraverso le assemblee sembra va seguire le stesse regole che abbiamo riscontrato per i regni continentali, anche se, data l’esigua presenza di fonti, pare maggiormente marcata l’enfasi con cui si parla delle decisioni prese dal re e dai suoi witan . In esse 60

«swa hit Mercna weotan on tham gemote gerahtan» C. Wickham, Consensus and

57

Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 416

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

58

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p .416

Si accenna anche a come il termine thegnas, in latino milites, designasse sia gli

59

aristocratici di alto lignaggio e con un ampio seguito, sia cavalieri con un seguito molto minore.

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

60

(30)

la figura del re era certamente dominante, ma il valore della decisone presa collettivamente era continuamente messo in evidenza . Addirittura, le 61

assemblee potevano prendere decisioni in maniera indipendente, andando contro il volere del re (che veniva screditato ed esautorato), e questo era dovuto principalmente alla stretta cerchia di personaggi che gravitavano attorno al re, che da esso dipendevano e che a loro modo lo sostenevano, come nel caso di Æthelred II nel 1014, che venne deposto.

Oltre alle assemblee indette dal re riguardanti il regno, vi erano anche delle assemblee a livello locale, indette dal conte nel proprio territorio (shire), che però si svilupparono soprattutto dopo il 1000, visto che precedentemente non si hanno documenti che attestino il loro utilizzo per la politica locale nel territorio inglese.

La comunità politica inglese era sufficientemente coesa e raccolta, da riuscire a sopravvivere alle continue lotte e dispute che avvenivano per il trono specialmente nel IX e nel X secolo, e lo stretto rapporto fra il re e i

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

61

(31)

membri dell’assemblea fu il motivo principale di questa costante coesione .62

In questo periodo, le assemblee giudiziarie avevano un carattere più collettivo rispetto alle loro corrispettive sul continente, in modo particolare di quelle carolinge; in queste il witan locale presiedeva il tribunale, ma la decisione veniva presa collettivamente, senza che fosse richiesta la presenza di figure esperte in legge per la formulazione del giudizio . 63

Questo tipo di gemotas a livello locale non sono attestate fino al X sec, tranne che nel

62

caso delle assemblee del regno di Mercia, e non erano incorporate nella struttura reale, mentre nel periodo immediatamente successivo si incontrano testimonianze di assemblee tenute di fronte a numerose persone, dove gran parte dell’aristocrazia partecipava in maniera attiva. C. Wickham, Consensus and Assemblies in the

Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter,

Ostfildern 2017, pp. 417-418

Da citare i casi della regina madre Elfrida, che si trovò a partecipare in un tribunale

63

presieduto da un witan, che esaminò il caso e i documenti presentati senza l’ausilio di giudici o esperti di legge, avvalendosi poi della scelta collettiva di tutta l’assemblea (eal

sio scir); oppure di un’altro caso, più recente rispetto al primo, dove la futura regina

Eadgifu, in un caso discusso nel Kent, venne informata dal witan su quanti testimoni le occorressero per vincere la causa, prima di aver sostenuto un giuramento davanti a tutta l’assemblea (on ealre theode gewitnesse). C. Wickham, Consensus and Assemblies in the

Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, pp. 417-418

(32)

1.2.4 LA SCANDINAVIA E I PAESI DEL NORD

Le prime fonti che attestano la presenza di assemblee per la Scandinavia ci provengono dalla Vita Askarii (o Ansgarii) scritta da Rimberto attorno all’860 d.C.

Questo testo parla di come il vescovo Anscario (o Ansgario), dirigendosi in Svezia con l’intento di convertire gli abitanti al cristianesimo, si incontrò con il re Olef a Birka, dopo che questo aveva assistito ad un’assemblea con rituali pagani (conventus deorum) .64

Il re, prima di prendere in considerazione ciò che il vescovo gli proponeva, doveva confrontarsi con il popolo, poiché era consuetudine che per qualunque negotium publicum il re dovesse chiedere la volontà popolare, considerata di gran lunga più importante del potere del re . 65

Nel proseguo del racconto, durante la discussione sulla proposta fatta dal vescovo Anscario, venne menzionato un fatto singolare: durante il placitum,

S. Brink, Legal Assemblies and Judicial Structure in Early Scandinavia, in P. S. Barnwell,

64

M. Mostert (eds.), Political Assemblies in the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, pp. 62; C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 418-419

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

65

(33)

un vecchio, alzandosi in piedi in mezzo alla folla (in medio plebis), prese la parola.

Parlando in modo autorevole sia al re che al resto dell’assemblea, il vecchio dichiarò che il popolo scandinavo avrebbe tratto beneficio dall’avere un’altro dio che li proteggesse contro il mare avverso .66

Il re allora si decise a convocare altre assemblee all’interno del regno, per sapere cosa il suo popolo pensasse della questione. Anche se questa missione non finì come il vescovo si era proposto, il racconto mostra la presenza di un’assemblea costituita da un largo numero di persone, non controllate dal re e dal gruppo ristretto che lo seguiva, che autonomamente partecipavano alle decisioni importanti riguardanti la collettività.

Questa immagine di un placitum autonomo (chiamato nei testi scandinavi con il nome di thing) dove persone ordinarie possono partecipare alle decisioni, magari anche impressionare per la loro eloquenza o persuadere i partecipanti, venne descritta in uno dei primi testi in volgare norvegesi, l’Hávamál, che in alcuni suoi passi cita il thing come luogo di aggregazione, in cui recarsi con abiti puliti anche se si è in condizioni disagiate, oppure di

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

66

(34)

come non fidarsi di nessuno se non dopo aver sostenuto le proprie idee durante l’assemblea e aver constatato i reali sostenitori . 67

Altro caso singolare, anche se molto successivo rispetto a quelli presi in esame adesso, è quello dell’Islanda. In questa regione e in tutta la penisola scandinava, specie in Norvegia, il thing è attestato in maniera più continuativa dopo il XIII sec.

In Norvegia addirittura non esisteva un codice di leggi promulgate dal re o dalla sua ristretta cerchia, ma il Gulathing, cioè le leggi del thing, leggi che venivano discusse ed emanate durante queste assemblee tenute alla presenza di tutti gli uomini armati .68

L’Islanda, d’altro canto, non aveva un re, quindi le assemblee erano condotte in maniera autonoma, e una volta all’anno si riuniva l’assemblea più importante di tutte, l’Althing, che comprendeva tutti gli uomini dell’isola, dove i capi tribù delle famiglie più rappresentative discutevano le leggi oppure fungeva da tribunale per le controversie più importanti.

L’Hávamál, o “i detti dell’Eccelso”, sono un testo volgare norvegese datato nel X sec.

67

d.C. di 164 strofe nei quali si danno consigli utili alla vita quotidina. In questo caso, sia alla strofa 25 che 61 si parla dell’assmblea e del ruolo da tenervi dentro þá þat finnr er at

þingi kømr, at hann á formælendr fá (n°25), Þveginn ok mettr ríði maðr þingi at, þótt hann sét væddr til vel (n°61) testo su

http://thule-italia.org/Nordica/Havamal-Il%20discorso%20di%20Harr.pdf? lbisphpreq=1; C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V., Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, p. 419

S. Brink, Legal Assemblies and Judicial Structure in Early Scandinavia, in P. S. Barnwell,

68

(35)

Le fonti narrative parlano molto di questa tipologia di assemblea, ma dato il netto contrasto con le assemblee tenute nei regni continentali, è difficile fare dei confronti credibili. Per la Norvegia, anche se decisamente più avanti nel tempo, questi confronti possono essere eseguiti.

Come testimoniato nella già citata Vita Askarii (o Ansgarii), i bœndr, cioè gli uomini liberi, si riunivano per eleggere i loro rappresentanti per parlare alla presenza del re, ed ogni distretto aveva il proprio thing, con il quale il re doveva confrontarsi. Nei racconti di Rimberto, due re sono descritti come i più spietati ed astuti, Óláf Tryggvason e Óláf Haraldsson, che durante i tentativi di cristianizzazione della regione, furono costretti ad affrontare le varie assemblee, che si opponevano in maniera serrata, addirittura minacciando l’utilizzo di armi contro il loro re . 69

Persino lo storico norvegese Snorri Sturluson, nei suoi scritti sui re norvegesi, l’Heimskringla, narra di queste assemblee in modo molto dettagliato e variopinto, lasciando trasparire l’autonomia di queste, del modo in cui il consenso fosse ricercato dai sovrani mediante l’utilizzo della forza o dell’astuzia, in modo da accaparrarsi più persone possibili, non solo dei membri dell’aristocrazia, ma anche personaggi dal profilo più umile.

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

69

(36)

1.3 IL CONSENSO NELLE ASSEMBLEE

Nel periodo storico preso in esame, e nei vari regni presi in considerazione, le assemblee rivestivano questo duplice ruolo: far accordare politicamente i membri dell’aristocrazia con i re e la popolazione, rafforzando in questa il consenso nei confronti dei re, oltre al normale svolgimento delle loro funzioni legislative e giudiziarie.

Riuscire a radunare e portare dalla propria parte gran parte degli uomini attivi sulla scena politica e decisionale dei regni era il metodo più diretto ed efficace per ottenere la loro lealtà e del loro seguito . La regolarizzazione 70

delle assemblee divenne, nel corso dei secoli, simbolo di un potere regio sempre più forte, autoritario, che aspirava ad una totale indipendenza. Per questo serviva svolgere tutte le azioni in pubblico, con un gran numero di presenti: per affermare la propria posizione di fronte ai dissidenti ed aumentare la propria sfera di potere nei confronti delle alte cerchie dell’aristocrazia . Ovviamente esistevano reti di collegamento per il potere 71

fra le personalità più potenti del regno e i loro fideles, ma in questo periodo tutto era filtrato grazie anche al consenso pubblico.

C. Wickham, Consensus and Assemblies in the Romano-Germanic Kingdoms, in Epp V.,

70

Meyer C. (eds), Recht und Konsens im frühen Mittelalter, Ostfildern 2017, pp. 423-425 T. Reuter, Assembly Politics in Western Europe from the Eighth Century to the Twelfth, in

71

(37)

La natura peculiare di queste assemblee, e il modo del tutto particolare in cui si sono sviluppate in maniera indipendente e diversa nei vari stati, fa comprendere quanto la natura dell’azione politica nei vari regni fosse variegata.

I re visigoti in Spagna sostanzialmente, ricalcando il modus operandi romano, erano molto indifferenti ad un consenso legittimante, tranne nella misura in cui questo valutava la corretta procedura legale seguita, nei grandi eventi, o l’approvazione da parte del clero (sempre più importante). I re della penisola italiana tenevano in considerazione il consenso pubblico, ma erano molto fiduciosi nell’ottenerlo, a differenza dei re inglesi, che temevano enormi conflitti. I re franchi, da quanto traspare, erano costretti in una negoziazione più articolata per ottenere favori e consensi, ma la loro riuscita era scontata. I re svedesi e norvegesi invece avevano bisogno di appellarsi alla loro arguzia o alla loro crudeltà per ottenere ciò che volevano, non sempre riuscendovi.

(38)

Capitolo Secondo

I LONGOBARDI

2.1 ORIGINE DELLA GENS, MIGRAZIONI, FORMAZIONE

DEL REGNO IN ITALIA

2.1.1 ORIGINE DELLA GENS

In questo secondo capitolo sarà delineato con maggiore cura il Regno dei Longobardi in Italia: le sue origini, i suoi sviluppi e le peculiarità che lo hanno contraddistinto o lo hanno accomunato agli altri regni romano barbarici.

La nascita della stirpe dei Longobardi, come per la maggior parte dei popoli barbari dell’epoca altomedievale, è oscurata dalla mancanza di sufficienti fonti storiche in grado di far luce, in maniera dettagliata, sul loro sviluppo. Queste fonti attingono in maniera sostanziale al substrato

(39)

mitologico, il quale rappresentava una parte fondamentale per queste popolazioni . 72

La cultura dei barbari in questo periodo era prettamente orale e, come spesso accade per queste tipologie di culture, non sono giunte a noi testimonianze scritte relative ai primordi del loro sviluppo, ma solamente rielaborazioni di età più tarda, attraverso l’acculturazione delle diverse etnie con la civiltà romano cristiana, con la quale vennero in contatto .73

Per i Longobardi, tuttavia, deve essere fatta un precisazione di non poco conto riguardante una fonte estremamente preziosa, sebbene scarna, nota come Origo gentis Langobardorum, presente come prologo in tre manoscritti contenenti le leggi emanate dai sovrani . 74

Questo racconto veniva tramandato all’interno della gens, nel susseguirsi delle generazioni, e accettarlo significava affermare la propria

W. Pohl, Le origini etniche dell’Europa: barbari e Romani fra antichità e medioevo, Viella,

72

Roma 2000.

C. Azzara, I Longobardi, il Mulino, Bologna 2015, p. 7

73

Si tratta della redazione scritta, in versione latina, databile alla seconda meta del VII

74

secolo, dell’ancestrale saga dei Longobardi, fino ad allora trasmessa oralmente in lingua longobarda, che ripercorreva le vicende della tribù dalla sua genesi e dalla prima migrazione fino al regno di Pertarito in Italia (671-688), cfr. C. Azzara, I

Longobardi, il Mulino, Bologna 2015, p. 7; inoltre, l’interesse straordinario di questo

testo si evince dal fatto che esso è, come si suggerisce nel titolo stesso, un “serbatoio di memorie etniche” estratto dalla memoria degli antiqui homines, che erano gli anziani della tribù, specialisti del diritto e del passato della gens, conoscitori della lex maiorum ancestrale, la stessa legge che era stata capace di ordinare entro schemi saldi la vita dei Longobardi, descritto in C. Azzara,  S. Gasparri (eds.),  Le leggi dei Longobardi: storia,

(40)

appartenenza alla stirpe dei Longobardi . Per sottolineare l’enorme 75

importanza di questo testo, basti pensare che Paolo Diacono, celebre autore della Historia Langobardorum, lo riportava in forma sintetica, anche se arrivò a definirlo ridiculam fabulam . Si può considerare questo passo iniziale 76

dell’Origo come la traccia trasfigurata del processo di etnogenesi di una tribù barbarica, secondo dinamiche che dovettero essere comuni anche ad altre popolazioni .77

L’Origo narra che in epoca imprecisata, in un isola detta Scadanan, risiedeva una

75

tribù detta dei Winnili, guidata da due fratelli, Ibor e Aio (elemento mitico della coppia dei fratelli ricorrente in molte popolazioni europee, che rimanda a un substrato mitico comune a tutte queste). Questa venne sfidata da un'altra tribù, quella dei vandali, i quali pretendevano il pagamento di un tributo. Prima dello scontro entrambi i contendenti si appellarono al dio della guerra Wotan (Odino nella forma scandinava più conosciuta), chiedendone il favore, che sarebbe stato concesso allo schieramento che per primo sarebbe apparso alla vista del dio. Grazie ad uno stratagemma e all’intercessione di Frea, moglie di Wotan, i Winnili ottennero il favore del dio della guerra, che li ribattezzò Longobardi, «lunghe barbe». Questa fase della migrazione rimanda in maniera particolare a una specifica tipologia di miti che erano molto comune fra i popoli germanici: le Wandersagen “saghe delle migrazioni”, che non ammettono al loro interno tratti cosmogonici, e sono molto più recenti di questi. Questa tipologia di miti, insieme a quelli cosmogonici, sono peculiari delle popolazioni germaniche, ma è estremamente singolare il caso del popolo longobardo, poiché nel testo dell’Origo vengono riscontrati entrambi gli elementi, sia quello cosmogonico (Wotan/Odino che sancisce la nascita di una nuova stirpe) sia la Wandersage iniziale, che sono in conflitto fra loro. È stato proposto, come unica soluzione plausibile è l’esistenza di due miti separati, che sono confluiti successivamente in un’unica versione, addirittura magari portati da due gruppi diversi, che si sono uniti nel popolo longobardo. C. Azzara, S. Gasparri (eds.), Le leggi dei Longobardi: storia, memoria e diritto

di un popolo germanico, Roma 2005, p. xxii-xxiv;

J. Jarnut, I Longobardi nell’epoca precedente all’occupazione dell’Italia, in Langobardia, a c. di S. Gasparri-P. Cammarosano, Udine 1990, pp. 3-33.

P. Diacono, Historia Langobardorum, I, 8, in P. Diacono, Storia dei Longobardi, a cura di

76

E. Bartolini, Tea, Milano, 1988, pp. 14-15; questa definizione così negativa dell’Origo viene spiegata dalla formazione cristiana dell’autore

C. Azzara, I Longobardi, il Mulino, Bologna 2015, p. 9

(41)

Per ricostruire la storia dei Longobardi dalla loro genesi, integrando i toponimi riportati sia dall’Origo che quelli presenti nell’Historia di Paolo Diacono, si può desumere che dalla loro partenza dalla Scania , un primo 78

stanziamento doveva essere situato in un’isola di fronte a essa, che Paolo Diacono chiama Scoringia, cioè l’isola di Rügen . 79

Secondo W. Pohl, però, questa prospettiva risulta mancante di un aspetto fondamentale per comprenderne la complessità e le varie vicissitudini che portarono i Longobardi a muoversi prima dalla loro terra d’origine e successivamente dalla Pannonia in Italia, e cioè considerare in primis le fonti bizantine contemporanee, che spiegherebbero in tal senso i cambiamenti nella politica di conquista sia dell’impero bizantino sia della tribù germanica, che venne a contendersi vasti territori nell’Europa centrale.

Identificata con la Svezia meridionale, e comunemente accettata dalla critica

78

moderna; vedi C. Azzara, I Longobardi, p. 8; J. Jarnut, I Longobardi nell’epoca precedente

all’occupazione dell’Italia, in Langobardia, a c. di S. Gasparri-P. Cammarosano, Udine 1990,

pp. 3-33; C. Azzara, S. Gasparri (eds.), Le leggi dei Longobardi: storia, memoria e diritto di

un popolo germanico, Roma 2005, p 10 nota 2

C. Azzara, I Longobardi, il Mulino, Bologna 2015, p. 13, e N. Christie, The Lombard: The

79

(42)

2.1.2 MIGRAZIONI E STANZIAMENTO IN EUROPA CENTRALE

Dall’inizio del I secolo d.C. si hanno occasionali cenni degli scontri avvenuti fra Romani e Longobardi, poiché questi iniziarono a risalire l’Elba, cercando di penetrare sempre più nell’Europa centrale. Attorno al 170 d.C. furono respinti e fermati dall’esercito romano lungo la linea del medio Danubio, e costretti a ritirarsi . 80

Le fonti Romane prestarono poca attenzione a questa popolazione, dato che risiedeva lontano dal limes renano, e aveva con Roma una scarsa frequentazione non costituendo un pericolo immediato. Tuttavia la loro rozzezza, l’eccessiva foga in battaglia e la temibile ferocia avevano colpito così tanto alcuni autori latini, come Velleio Patercolo, le cui descrizioni si ripresenteranno come cliché al momento dell’invasione della penisola italiana in molti altri scrittori . Successivamente figurano anche fra i popoli 81

migranti confederati sotto la guida del re degli Unni Attila, attorno alla metà del V sec.

C. Azzara, I Longobardi, Bologna 2015, pp. 14-16

80

Valleio Patercolo, autore di Ad M. Vinicium libri duo, una storia di Roma dedicata al

81

console Vinicio (30 d.C.), rivestì cariche militari e politiche di rilievo al seguito di Gaio Cesare e poi di Tiberio in Germania.

(43)

Alla morte di questo, insieme agli Ostrogoti, si spostarono dal medio Danubio dirigendosi sempre più verso le regioni balcaniche e la penisola italiana . 82

Dal 487 d.C. i Longobardi risultano stanziati stabilmente lungo il medio Danubio sotto la guida del re Godeoc, nei territori della Boemia e Moravia appartenuti ai Rugi, popolazione sconfitta e deportata in Italia da Odoacre. Da qui si spostarono nei territori del Marchfeld a est di Vienna, contrastando la potenza degli Eruli. Verso gli anni 30 del VI sec. si apprestarono a conquistare la Pannonia, e sotto il trentennale regno di Vacone i Longobardi riuscirono a consolidare una dominazione territoriale che si estendeva dalla Boemia all’Ungheria.

Per avere un quadro più esaustivo e completo della conquista della Pannonia, che la tradizione longobarda descrive a passi, è fondamentale prendere in considerazione la testimonianza bizantina di Procopio, delineando il contesto del sistema politico bizantino sotto Giustiniano .83

Il prolungato soggiorno dei Longobardi nei territori dell'Europa centrale, e i continui

82

contatti con le popolazioni orientali già stanziate in quelle zone e con l’impero bizantino modificarono non poco la cultura della gens barbara. C. Azzara, I Longobardi, Bologna 2015, p. 17; per quanto riguarda i mutamenti a livello sociale e di carattere archeologico, vedi N. Christie, The Lombard: The Ancient Longobard, Blackwell Publishers, Oxford, 1998, pp. 1-68

W. Pohl, Le origini etniche dell’Europa: barbari e Romani fra antichità e medioevo, Viella,

83

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