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LA VIEJITA QUE VENDE HIELO

2.1 Luisa Rodriguez Morales.

Ho conosciuto Luisa il 14 luglio 2016, giorno in cui mi sono trasferita nella sua casa. È una signora anziana di settantotto anni, poco più alta di un metro e sessanta, ha la carnagione chiara ed una corporatura normale, non è magrolina, tantomeno grossa, giusta. I suoi capelli sono bianchissimi e dritti, sempre perfettamente lisci nonostante l’umidità cubana, li porta molto corti sulla nuca ed ai lati, sono invece più lunghi davanti, ha un ciuffo che teoricamente arriverebbe a coprirle la fronte arrivandole a sfiorare le sopracciglia, ma se lo butta sempre indietro con la mano destra, facendo aprire i capelli in una riga che per svariati minuti le lascia la fronte libera, donandole un’aria lievemente spettinata, ma evidentemente voluta; nonostante non dedichi grande attenzione alla sua chioma i capelli, a mio dire, le stanno sempre bene. Ha un viso molto dolce, tenero, non poi così scavato dalle rughe, ha gli occhi color nocciola con delle sfumature tendenti al verdastro, sembrano sempre un po' lucidi, sopra di essi delle sottili sopracciglia bianche. Sorride spesso, mostrando a chi le sta davanti i denti dell’arcata superiore, sorprendentemente bianchi, non così piccoli, lievemente irregolari di lunghezza, ma perfettamente allineati, ci tiene a far sapere che sono i suoi, nessuna dentiera (Fig. 2). Porta sempre alle orecchie delle verette d’oro giallo, non se le leva mai, nemmeno per dormire, questi cerchi che le impreziosiscono il volto hanno più o meno la circonferenza di un tappo

di bottiglia. Indossa solo dei pantaloni a pinocchietto, che le arrivano a metà polpaccio, color beige chiaro, quasi panna, porta ai piedi delle ciabatte di spugna rosa o dei sandali di cuoio marrone aranciato con una suola di gomma nera rialzata, ha tre o quattro magliette a mezze maniche, del resto le cose a Cuba non abbondano, sulle tonalità dell’azzurro chiaro. Ha un postura lievemente ricurva, solo accennata, le spalle tendono appena a chiudersi, del resto ha settantotto anni; ha un’andatura un po' ciondolante, quando cammina si nota il suo oscillare col corpo a destra e a sinistra, ciò perché gambe e piedi le provocano continui dolori. Ha i piedi piatti ed entrambi con l’alluce valgo, le gambe sono attraversate da diverse vene varicose e ricoperte da chiazze viola, dovute alla rottura dei capillari, sono spesso gonfie e a stento la reggono in piedi per più di quindici o venti minuti consecutivi. Ha problemi di circolazione e sente spesso la necessità di sedersi, inoltre ha una leggera artrite alle mani ed a suo dire un fungo alle unghie che si porta dietro dall’adolescenza, scatenato, sempre secondo lei, dall’uso continuo di acqua e sapone per il lavaggio dei panni, attività alla quale si è dedicata per tutta la vita. Nonostante i vari acciacchi nulla le impedisce di adempiere a tutti i suoi doveri di casa, si sveglia alle sei del mattino e non va a dormire prima di mezzanotte, si occupa di preparare per la figlia e le nipoti la colazione, il pranzo e la cena. Passa le sue giornate cucinando, pulendo casa, lavando i panni, andando alla bottega vicina a comprare alcune vivande essenziali quali

pane, olio, sale, etc, al resto della spesa ci pensano invece le altre donne di casa, in quanto Luisa non riesce né a fare lunghi tragitti né a portare troppo peso.

Luisa è una donna forte, abituata a rimboccarsi le maniche per la famiglia, era solo una bambina di tredici anni quando sua madre venne a mancare, lei e la sorella dovettero così imparare ad adempiere presto ai compiti che un tempo erano riservati ad una brava moglie e madre. Poco dopo la nascita dei suoi figli venne lasciata dal marito, questa volta oltre a svolgere i compiti riservati ad una madre dovette anche sobbarcarsi quelli di un padre, trovandosi da sola a dover allevare e mantenere due figli ed a provvedere anche, ovviamente, al soddisfacimento delle proprie necessità. Quando sua figlia divenne madre Luisa votò la sua vita alle sue due nipoti, Belkis in quanto medico lavorava diverse ore al giorno, lasciandole le figlie; inoltre dal 2005 al 2008 dovette sopperire all’assenza della figlia, trasferitasi in Venezuela per lavoro, incaricandosi a pieno titolo dell’allevamento delle due bambine. Una vita non semplice, quella di Luisa, vissuta sotto l’imperativo del duro e costante lavoro, passando dalla campagna alla città e sacrificandosi sempre non solo per il proprio bene, ma anche per quello di chi le era vicino.

Luisa è una signora gentile e cordiale, mi ha accolta nella sua casa a braccia aperte e mi ha sempre trattata come fossi stata una delle sue nipoti, nonostante io le dicessi che non

doveva mi ha sempre fatto trovare in tavola colazione, pranzo e cena, spesso mi raccoglieva i panni stesi al sole e me li piegava, se vi riscontrava qualche macchietta me li rilavava. Per lei fare determinate cose non era un peso, era la normalità, la regola, andavano fatte e basta nonostante le mie obiezioni. Nei miei confronti aveva un tipico atteggiamento da nonna amorevole, a volte anche troppo amorevole, mi rimproverava se uscivo senza mangiare, se spendevo soldi per comprare qualcosa che lei non riteneva necessaria o se tornavo a casa troppo tardi senza avvisare. Nonostante ciò mi ha sempre trattata con grande rispetto ed ha sempre preso il mio progetto di ricerca molto seriamente. Le piaceva molto parlare, almeno con me, penso di avergli dato un’opportunità, quella di raccontarsi, della quale era entusiasta. Molti colloqui scaturivano spontanei, a prescindere dal mio lavoro, sarebbe stato impossibile il contrario, in quanto vivevamo assieme, nonostante ciò Luisa sapeva ed era pienamente in accordo col fatto che io poi avrei potuto trascrivere, appuntarmi, ogni cosa col fine di utilizzarla nella mia tesi. Quando parlava era serena, mite, calma, tranquilla, il più possibile chiara, ci teneva molto al fatto che io capissi bene ciò che lei aveva da dirmi. Ripeteva spesso gli stessi racconti, mai a memoria però, ci teneva molto a parlare del suo passato, in particolare delle sue origini contadine e di tutto ciò che aveva passato dopo essere rimasta sola con due figli sulle spalle, in quanto, a suo dire, è proprio grazie al suo passato se ora lei è la persona che è adesso. Ci teneva a descrivere determinati avvenimenti con minuzia, a dare una data esatta a certi accaduti, la

sua precisione era data dal voler dare un senso concreto, reale, al vissuto, spesso utilizzava la frase “Me parece que lo estoy mirando”, che significa “Mi pare di vederlo”, oppure “Te cuento lo que yo vi con mis ojos”, ovvero “ti racconto ciò che io ho visto con i miei occhi”, per ribadire il fatto che nulla poteva essere inventato. Spesso si rammaricava di non saper trattare determinati argomenti perché non era andata a scuola, non aveva studiato, e quindi, a detta sua, non sapeva il perché di tante cose, non conosceva la storia generale, e mi ripeteva spesso che lei poteva solo parlarmi di ciò che aveva vissuto in prima persona. A volte aveva paura di darmi delle informazioni sbagliate e mi diceva che se una tematica mi interessava avrei potuto approfondirla più specificatamente con sua figlia o sua nipote Jenny, laureata in storia, perché non voleva che scrivessi cose errate, ci teneva ad essere il più reale e veritiera possibile nonostante i suoi limiti. Quando mi parlava si sforzava di riorganizzare la sua memoria entro uno spazio ed un tempo ben definiti, ma alla fine poteva capitare, non di rado, che durante la narrazione il passato ed il presente si intrecciassero, passando di continuo dall’uno all’altro; del resto il passato di una persona è importante soprattutto per comprendere il suo presente.

Nel raccontare la sua storia Luisa parlava principalmente di alcuni argomenti, tornandoci spesso sopra, i suoi racconti preferiti erano quelli della sua infanzia, delle sue origini contadine, quelli sulla sua casa, dove attualmente vive, il duro lavoro e le

preoccupazioni dell’oggi. Idealmente, basandosi sui suoi racconti, la sua vita può essere suddivisa in tre fasi, se si volessero schematizzare tutte le sue narrazioni a livello temporale si potrebbe dire che i suoi racconti si basino principalmente su tre ambiti: la vita in campagna, la vita in città e la quotidianità. Nel raccontare la propria storia le modalità narrative convergono spesso non solo su eventi cardine, ma anche su tematiche cruciali (Portelli 2007: 69), Luisa ne ha sicuramente toccate parecchie, tra le quali: povertà, ineguaglianza sociale, questioni di genere, concezione del lavoro, e via dicendo. Sulla prima si è concentrata a lungo, volendo farmi scorgere la differenza abissale che vi era tra la vita di campagna e quella di città, e conseguentemente anche tra prima e dopo la rivoluzione politica avvenuta a Cuba negli anni ’60.

Luisa, con i suoi racconti, mi ha fornito non solo una sua visione del suo mondo, una sua interpretazione degli eventi, mostrandomi cosa essi hanno significato per lei, mi ha fatto scorgere anche diverse cose più generali, entro le quali la sua vita era immersa. Dialogando con Luisa mi sono avvicinata alla situazione contadina cubana per come essa poteva essere prima della svolta politica rivoluzionaria decisiva per Cuba, ho scorto alcune problematiche vissute dalla gente di campagna durante la dittatura. Poi, viaggiando nei suoi racconti, ho colto i cambiamenti vissuti dall’intera società negli anni ’60, in quanto la politica socialista ha dettato delle leggi che non hanno influito solo sulla vita di Luisa, ma su

quella di tutti i cittadini cubani. Infine ho scoperto, sempre tramite Luisa, quali potevano essere i disagi vissuti durante il periodo speciale, negli anni ’90, da tutte le persone dell’isola, e quali problematiche affronta oggi la gente comune.

Le narrazioni di Luisa sono tutte incentrate sulla sua forza d’animo, sul suo impegno costante, sul suo riuscire ad andare avanti nonostante tutto, sul suo riuscire a superare ogni situazione, anche la più difficile, sofferta o drammatica, “luchando”, ovvero combattendo. La sua vita appare come un elenco di tempi duri, difficili, che in un modo o nell’altro sono stati da lei superati con successo, grazie al suo lavoro costante, al suo carisma che ripone in ogni cosa che fa. Alcune vicende erano per lei difficili da raccontare, e francamente non erano facili nemmeno da stare a sentire, eppure Luisa non si è quasi mai scomposta, il suo coinvolgimento emotivo nel comunicare alcuni eventi era molto forte, eppure sempre con fermezza, pacatezza e lucidità. A volte mi domandavo come facesse a parlare di certe cose restando completamente tranquilla, quando a me certi racconti facevano venire gli occhi lucidi, solo di rado le si spezzava la voce o le scendeva una lacrima, una sola volta l’ho vista farsi sopraffare dalle emozioni, facendosi cogliere da un pianto prontamente ripiegato. Nonostante una vita colma di sacrifici e di avvenimenti spiacevoli Luisa è una persona positiva ed ottimista, nutriva un gran piacere nel raccontarsi, probabilmente la narrazione era per lei una modalità di sdrammatizzare il suo passato ed accettarlo di buon grado

nonostante tutto, in quanto, come lei amava ripetere, oggi non sarebbe dove sarebbe senza quegli accadimenti. In me cercava attenzione, comprensione, forse parlarmi era una maniera per veder riconosciuti gli sforzi di una vita, ed io non potevo che apprezzarla e rispettarla, ero diventata la sua confidente, mi esprimeva cose delle quali non poteva parlare con sua figlia o con le sue nipoti. Io e Luisa, col tempo, abbiamo instaurato una piacevole ed intima relazione, contraddistinta dall’affetto reciproco, in me aveva finalmente trovato una persona disposta ad ascoltarla, alla quale poteva esternare qualsiasi cosa, suppongo che ciò fosse per lei gratificante, del resto non penso fosse così facile per lei veder esplicitamente riconosciuto parte di tutto ciò che aveva vissuto rimboccandosi le maniche. Al di là di una relazione ai fini di una ricerca tra me e Luisa si è instaurato un bellissimo rapporto umano, nel quale il mio lavoro si è inserito come una componente importante di esso, spero quindi di rendere giustizia alla sua storia di vita nel riportarla come oggetto della mia tesi di laurea.