CAPITOLO 3 YO SOY DEL CAMPO
L: Praticamente un tempo si andava dal medico come ultima cosa [a la ultima ora], perché c
3.3 Prima e dopo la dittatura.
Cuba que linda es Cuba quien la defiende la quiere mas Cuba que linda es Cuba
ahora que es libre la quiero mas. 35
Anno 1959, prima e dopo, due mondi completamente differenti. Con la vittoria dei rivoluzionari il governo cubano cambia totalmente, e con esso lo stile di vita dei cittadini, in particolare di quelli più poveri, come i contadini e gli operai. Dalla dittatura si passa alla democrazia, dal capitalismo al socialismo, da una netta differenziazione di classe, dove le classi meno agiate vivevano di stenti, ad una più equa ridistribuzione di proprietà e ricchezze. La prima riforma, forse quella più significativa, in nome della quale l’esercito ribelle aveva combattuto, fu quella agraria:
La legge annullò il diritto delle compagnie e dei cittadini stranieri ad acquisire terre a Cuba, eccetto nel caso di cittadini che erano piccoli agricoltori, o delle fincas non superiori alle trenta caballerías . Se la terra che coltivava un campesino non superava le due caballerías 36
la proprietà gli veniva data gratuitamente. L’Istituto Nazionale della Riforma Agraria
Dal testo della canzone di Eduardo Saborit, ¡Qué linda es Cuba!, tratta dal disco ¡Cuba, qué linda es Cuba!, Coro
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(INRA) eliminò definitivamente il latifondo. I latifondi più grandi che utilizzavano mano d’opera salariata furono espropriati; però, a differenza di quello che si è fatto in altri processi rivoluzionari, le loro terre non si frazionarono: si mantennero come grandi unità di produzione che diedero luogo alle granjas del pueblo (importanti imprese statali del settore agricolo) ed alle cooperative cañeras . Il nove dicembre 1959 si firmarono i primi 541 titoli 37
di proprietà a compimento della legge agraria. Il primo firmato corrisponde alla campesina Engracia Blet, che lavorava in una piccola finca a Duaba Arriba, municipio di Baracoa, Oriente. Questa legge era profondamente radicale: liquidava il controllo della terra cubana di poderose compagnie straniere e dei loro alleati e servitori, i latifondisti cubani. Da qui il suo carattere di liberazione nazionale, antiimperialista e rivoluzionario. Questa legge - basata sul principio che la terra deve appartenere a chi la coltiva - rispondeva ad una necessità storica: senza la riforma agraria non si poteva avere una produzione diversificata, né sviluppo economico, né eradicazione della disoccupazione, della miseria e dell’analfabetismo. Come dice Raúl Castro, senza riforma agraria non ci sarebbe indipendenza economica, né progresso industriale, né benestare sociale (Navarro 2009: 14-17).
Questa legge, unita alle molte altre emanate in seguito dal nuovo governo rivoluzionario, cambiarono totalmente la vita ed i diritti delle persone, in particolare agevolarono quella dei molti contadini presenti nell’isola. La famiglia di Luisa non godette dell’assegnazione di una porzione di terra, in quanto abbandonò la finca, trasferendosi nel paese di Jovellanos, un anno prima della rivoluzione, nel 1958. Ciò non significa che non godettero di benefici, il padre ed il fratello di Luisa passarono dal lavorare per un proprietario terriero, con stipendi da miseria, al lavorare la terra per un’impresa statale, con innalzamento del salario e quindi del tenore di vita. Dopo la rivoluzione, anche per Luisa, la vita migliorò, iniziarono a circolare un po' più di soldi, con un conseguente, seppur minino, ampliamento dello stile di vita; divenne più facile soddisfare i propri bisogni, in particolare quelli alimentari. Oltre ad avere un piccolo orticello di proprietà nel giardino di casa, la famiglia Rodriguez, come tutte le altre famiglie cubane, godette degli sgravi fiscali statali per l’acquisto di generi alimentari e di altre cose di produzione statale, sgravi che tutt’ora esistono per i cittadini, possessori di un libretto (Fig. 8) per avere delle agevolazioni, nei negozi di proprietà dello Stato.
Anche l’uomo che diverrà nel 1963 il marito di Luisa lavorava stagionalmente per un’impresa statale dedita alla produzione dello zucchero, Jovellnos era una zona di campagna (ad oggi lo è ancora) ricca di industrie e di appezzamenti di terreno di proprietà
dello Stato, presso la quale molti uomini provenienti da tutta la provincia di Matanzas si recavano per il periodo della raccolta, in particolare della canna da zucchero. Luisa conobbe Heraldo nel 1962, in quanto impegnato stagionale per la raccolta della canna:
Venne per il raccolto [zafra] il papá di Belkis, venne a raccogliere ed a tagliare canne da zucchero.. Nel campo , il campo dove io vivevo, li c’erano abbastanza canne, si faceva il 38
raccolto, si tagliavano canne e si portava tutto in una centrale che ora sono moltissimi anni che questa central venne demolita perché non funziona, non macina, è già da tempo che non macina.. E quindi niente, venne a tagliare canne e io l’ho conosciuto, e ci mettemmo insieme, eravamo fidanzati da non più di sette mesi..
Lui lavorava a Matanzas, lui lavorava qui a Matanzas come saldatore, e poi se ne andavano da qui, dalla città di Matanzas venivano brigate ad aiutare per il raccolto, venne una brigata qui, da distinti settori, della metallurgia, della costruzione, da distinti settori di qua, e quindi erano come un gruppo, un gruppo, erano come 30 e passa di lavoratori di distinti rami di qui di Matanzas, vennero ad aiutare per il raccolto e così io l’ho conosciuto. Quando terminò il raccolto lui tornò al suo lavoro a Matanzas, perché il lavoro del raccolto può durare 3 o 4 mesi, durava così un tempo, oggi non so quanto dura, un tempo si approfittava del tempo del raccolto, il tempo del raccolto non è per tutto il tempo, quando finiscono di tagliare le canne per le centrali si termina, tutte le fincas li erano di canne, tutte le fincas dove io vivevo,
in tutte queste tagliavano e macinavano canne. E poi quando finisce il raccolto, che le centrali terminano di macinare, già tutto finisce, e dopo viene il famoso tempo morto [tiempo
muerto], il tiempo morto come io ti raccontavo consiste nel sistemare ciò che viene piantato,
aspettare le altre canne che cresceranno di nuovo, coltivare e basta.. Quello che fu mio marito terminò il raccolto e venne a lavorare per il suo lavoro qua, dove lui lavorava come saldatore, a quei tempi lui era alla Cubanitro, la fabbrica cubana, e lui era saldatore li, venne con una brigata per l’aiuto al raccolto di altri posti, e quindi il tempo del raccolto va avanti, si prolunga, per un tempo, si finiscono le canne e poi l’operaio si mantiene con altre attività, così era in campagna. 39
A differenza del periodo prerivoluzionario, dopo il 1959, le persone avevano più opportunità di lavoro e di guadagno, non solo in città, ma anche in campagna; nonostante il “tiempo muerto” di cui parla Luisa, diventando coltivatori di un terreno proprio, o impiegati statali, non si avevano più i medesimi problemi di prima:
C’erano volte che i poveri, i campesinos, si passavano questo tempo morto, si chiamava così perché non c’era lavoro, si passavano sino a tre mesi senza guadagnare niente, senza guadagnare niente. 40
Brani presenti nell’intervista fatta a Luisa.
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Si veda appendice: Luisa 3.
Brano presente nell’intervista fatta a Luisa.
Una volta [un tiempo] durante il tempo morto si poteva morire di fame sai, pensa te stare mesi senza prendere un soldo, e magari con sette o otto figli da mantenere. Dopo la rivoluzione la cosa si attenuò, si guadagnava tutto l’anno in quanto dipendenti e tanti contadini avevano il proprio campo da far fruttare, inoltre come oggi c’era il libretto per comprare alimenti a pochi soldi, c’erano meno problemi, tutto era migliore. 41
Luisa ha sempre ritenuto di non essere in grado di spiegare bene e nel dettaglio il periodo rivoluzionario, di non sapere date ed accadimenti, in quanto mi diceva di non essere colta e di non aver mai letto molto né studiato. Frequentò le scuole primarie serali quando i suoi figli erano già adulti, del resto nessun campesino alla sua epoca andava a scuola, le scuole erano solo in città ed avevano un costo, per questo motivo l’analfabetismo era assai diffuso in tutta Cuba. Ritenendo di non essere istruita a volte Luisa aveva paura di dirmi cose sbagliate, mi consigliava di rivolgermi ad altre persone per avere delucidazioni storiche, lei poteva raccontarmi solo ciò che aveva vissuto personalmente (che infatti era quello che a me interessava sapere); del governo rivoluzionario non sapeva elencare leggi o ideologie, eppure le sue informazioni erano preziose per comprendere i cambiamenti avvenuti in quegli anni, dei quali beneficiò l’intera popolazione. Luisa mi raccontava che da dopo la rivoluzione poteva comprare da mangiare, poteva andare dal medico quando voleva e senza pagarlo, mi narrava che tutti i bambini iniziarono ad andare a scuola, anche
i figli dei contadini, che passavano degli autobus per portare i ragazzi a scuola, gratuitamente. Mi raccontava che i maschi della sua famiglia lavoravano tutto l’anno, senza tempi morti, più o meno ricoprendo le stesse mansioni di sempre, ma per meno ore al giorno e portando a casa più soldi, con i quali si potevano acquistare più prodotti e con i quali poterono ristrutturare la casa, avendo acqua ed elettricità a modico prezzo. Tutte queste cose, di fatto, sono come una sorta di elenco delle riforme attuate dal governo di Fidel Castro, dagli anni ’60 infatti molte altre leggi, oltre a quella agraria, vennero emanate. La sanità divenne pubblica, gratuita ed universale, stessa cosa l’istruzione ad ogni suo livello, dagli asili alle università, molte riforme riguardarono anche la sfera del lavoro e dei diritti dei lavoratori. Il governo abbassò anche i prezzi delle bollette, consentendo in tal modo a chiunque di avere acqua e luce in casa, inoltre istituì il diritto ad avere un’abitazione, a chi non se la poteva permettere gliene venne data una statale (da pagare in diversi anni a basso prezzo), le attività private vennero rigidamente regolamentate e vennero aperte diverse botteghe statali, nelle quali i cittadini potevano acquistare alimenti, ma non solo, a prezzi modici. Tutte questioni generali che ho riscontrato nelle narrazioni di Luisa, pur essendo personali.
Nonostante le notevoli differenze tra i due periodi storici Luisa mi ha sempre parlato dei miglioramenti nello stile di vita avvenuti in seguito alla rivoluzione, dopo la quale il termine
povertà scompare dai suoi racconti, lei è stata povera sono nella finca, poi ci sono stati altri periodi difficili e di ristrettezze, ma non di povertà. Nella finca di Luisa si viveva e si lavorava nella terra di un proprietario, di un padrone, io inizialmente mi aspettavo dei racconti che mettessero in luce lo sfruttamento, e magari la cattiveria, del proprietario terriero nei confronti dei suoi braccianti, come avevo letto in alcuni libri. Queste narrazioni, dalla bocca di Luisa, non uscirono mai. A differenza di alcune pagine che avevo letto in svariati libri di ogni genere, nei quali, non poche volte, si poneva l’accento sulla misera situazione dei campesinos, spesso resa ancora più grama dal comportamento del proprietario terriero che non esitava a sfruttarli e maltrattarli, Luisa mai espresse riflessioni di questo genere, mai mi parlò male del proprietario della finca dove viveva. Luisa mi parlava spesso negativamente del governo e della situazione generale vissuta da tutti i contadini che vivevano nelle sue stesse condizioni, se non peggio, mi diceva che vivere in campagna non era bello, che era una vita di stenti, però mai una volta mi parlò male del padrone della sua
finca, anzi. La situazione dei contadini cubani, quindi di gran parte della popolazione,
prima della rivoluzione di Castro era decisamente penosa, la maggioranza dei piccoli mezzadri doveva lottare col latifondo, erano inoltre quasi tutti soggetti alle svariate prepotenze dei grandi proprietari terrieri, i quali determinavano anche i prezzi e le quote dei prodotti, lasciando i contadini in miseria; il coltivatore diretto o “colono indipendente” era una figura più formale che reale (Tutino 1968: 242). Addirittura in alcuni testi cubani i
contadini venivano paragonati agli schiavi, ad esempio il primo capitolo di un libro di storia che ho comprato a Matanzas intitola: Entre el esclavo y el campesino (Rodríguez 2012: 5), tradotto “Tra lo schiavo ed il contadino”, nel senso che le due figure possono essere tranquillamente paragonate, in quanto le condizioni di vita erano pressapoco le stesse, o comunque molto simili. Luisa invece ricorda benevolmente il padrone della finca, per lei le condizioni di vita nel campo erano misere non a causa sua, ma a causa del governo, ritiene che era così che all’epoca andavano le cose, ma a differenza di altri, lei non ha mai attribuito la colpa della sua situazione al proprietario terriero. Lo stipendio era basso e la gente moriva di fame perché a quei tempi era così che funzionava in generale, e le cause di ciò per lei, almeno nel suo caso, non erano da imputare al latifondista, il quale pagava gli stipendi ai suoi braccianti come tutti gli altri. Il proprietario di quella finca non era visto, da Luisa, come uno schiavista o come un’oppressore, al contrario lei lo ricorda come un uomo gentile, che più volte ha aiutato la sua famiglia:
Quando morì mia mamma il padrone della finca gli prestò i soldi per la bara [ataúd], dovette prestargli soldi perché mio papà non aveva soldi per seppellire [para el entierro] mia mamma. 42
Brano presente nell’intervista fatta a Luisa.
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Si veda appendice: Luisa 2.
Luisa mi ha raccontato più volte questa vicenda, facendomi presente che il proprietario della finca, a funerale concluso, non volle i soldi indietro, e che il suo fu un gesto davvero buono, perché non era obbligato, eppure era stato gentile. Mi disse che suo padre dovette quasi litigare per ridargli i soldi in quanto lui non li voleva, diceva di averli donati alla famiglia volentieri e senza pretenderli indietro, ma suo padre, essendo un uomo
A suo dire era affezionato ai propri lavoratori, a tal punto che quando Luisa si sposò lui volle fargli da padrino:
Nel campo avevamo un padrone [dueño], il proprietario della finca, che pagava la gente per lavorare le sue terre, questo proprietario fu il mio padrino al mio matrimonio quando io mi sposai, lui venne in chiesa e volle essere il padrino del mio matrimonio, quando lui si rese conto che io mi sposavo un giorno mi disse: “ti sposi?” ed io: “si”, e poi lui mi disse: “io voglio essere il padrino, io voglio essere il tuo padrino, a me piacerebbe essere il tuo padrino perché io ti conosco da quando sei nata”. E io gli avevo detto di si, se voleva essere il mio padrino, si, e quindi la figlia mi fece da madrina, però dopo il matrimonio loro se ne andarono, loro se ne andarono dal Paese per gli Stati Uniti, non li vidi mai più , lui aveva 43
una sola figlia e sua mamma era morta prima del mio matrimonio, e anche sua moglie era morta. Sua figlia era più giovane di me e fu la madrina del mio matrimonio, dopo tutti se ne andarono. 44
Da questo breve racconto si evince che quel proprietario terriero, probabilmente a differenza di tanti altri, quasi sicuramente non era un crudele oppressore che s’infischiava completamente dei suoi lavoratori, delle loro condizioni di vita. A molti altri contadini forse
Traspare dalla narrazione di Luisa il suo dispiacere per non aver mai più potuto vedere questa persona, il
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proprietario della finca, che era sempre stato gentile con lei, con la sua famiglia, con tutti, il quale volle persino accompagnarla all’altare il giorno del suo matrimonio.
andò peggio, e nonostante il caso di Luisa possa essere raro o differente dagli altri la narrazione delle sue vicende illustra un mondo, ed i suoi cambiamenti, non solo particolare ed individuale, ma anche generale.
Da tutti questi racconti penso si possano delineare parti delle trasformazioni storiche subite da Cuba, le quali tramite Luisa possono forse essere colte in maniera più chiara, possono essere capite più a fondo perché analizzate non in astratto ma attraverso un vissuto che conferisce un senso ad ogni accadimento. Il 1959 cambiò un mondo, permettendo di dividere la storia e renderla pensabile da molte persone, in particolare le più anziane, in base ad un prima e ad un dopo (Ligi 2009: 35). Luisa era convinta di non riuscire a darmi dei resoconti soddisfacenti perché non aveva studiato, in realtà mi diede moltissime informazioni che mi sono state molto più utili, ai fini della comprensione di determinati eventi, di quelle ricavate dai manuali di storia o dalle chiacchierate con sua figlia. Belkis è nata dopo la rivoluzione e ne ha studiato la storia a scuola, è devota al suo governo e conosce per filo e per segno ogni accadimento storico, come le sue due figlie, del resto le date segnate sul quadrante della storia, che corrispondono agli avvenimenti particolarmente degni di nota della vita della nazione, spesso si “ignorano” nel momento in cui accadono e la loro importanza viene riconosciuta a posteriori (Halbwachs 1987: 66). Luisa anche se non ne conosce bene la storia riconosce l’importanza della rivoluzione ed ha
saputo parlarmene e descrivermela in base alle sue esperienze personali, mi ha fatto scorgere due epoche differenti tramite le sue vicende, le quali sono state da lei collegate, collocate, anche in base agli avvenimenti storici vissuti da tutto il suo Paese.
CAPITOLO 4