• Non ci sono risultati.

3.3. Il ruolo e la composizione degli organi di amministrazione e di controllo

3.3.3. I meccanismi di nomina dei membri del consiglio di amministrazione

Il procedimento di nomina degli amministratori presenta caratteristiche differenti tra la realtà delle imprese italiane e quella delle imprese britanniche.

Per quanto concerne le imprese italiane la nomina degli amministratori compete per legge all’assemblea dei soci (69) secondo il meccanismo del voto di lista (70). Al fine di tutelare gli inte- ⎯⎯⎯⎯⎯

(61) Cfr. FINANCIAL REPORTING COUNCIL, The Combined Code of Corporate Governance, cit., par. B.1.1.

Sebbene il codice britannico non definisca il concetto di azionista significativo, appare plausibile, ad opinione di chi scrive, considerare tali gli azionisti in possesso di un partecipazione sul capitale che posseggono una partecipazione al capitale votante superiore al 3 per cento secondo quanto richiesto dalla Financial Services Authority (FSA), organismo che ha compiti di vigilanza sui mercati finanziari del Regno Unito.Cfr. FINANCIAL SERVICES AUTHORITY, Disclosure Rules and Transparency Rules. Chapter 5: Vote

Holder and Issuer Notification Rules, cit., p. 1 e ss.

(62) Sono da considerarsi esponenti di rilievo il rappresentante legale, il presidente del consiglio di amministrazione, gli ammi- nistratori esecutivi ed i dirigenti con responsabilità strategiche. Cfr. COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE, Codice di Autodi-

sciplina, cit., par. 3.C.2.

(63) Per società appartenenti allo stesso gruppo si considerano le società controllate aventi rilevanza strategica, le società sot- toposte a comune controllo con l’impresa, e le aziende che, anche attraverso un patto parasociale, controllano l’impresa o sono in grado di esercitare su di essa un’influenza notevole. Cfr. COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE, Codice di Autodisciplina, cit., par. 3.C.1.

(64) Valutazione che secondo entrambi i codici deve essere effettuata annualmente e deve essere comunicata all’esterno me- diante la relazione annuale sulla corporate governance o il bilancio. Cfr. COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE, Codice di

Autodisciplina, cit., p. 23; FINANCIAL REPORTING COUNCIL, The Combined Code of Corporate Governance, cit., par. B.1.1.

(65) Secondo il principio del comply or explain le imprese sono tenute a motivare debitamente i comportamenti che si discosta- no dalle raccomandazione fornite dai codici. Cfr. FINANCIAL REPORTING COUNCIL, The Combined Code of Corporate Governance, cit., pp. 4-5.

Allo stesso principio si ispira anche il codice di best practice italiano. Cfr. COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE, Codice

di Autodisciplina, cit., pp. 2-3.

(66) Cfr. COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE, Codice di Autodisciplina, cit., pp. 23-24; FINANCIAL REPORTING COUN- CIL, The Combined Code of Corporate Governance, cit., par. B.1.1.

(67) Cfr. SPENCER STUART, 2009 UK Board Index. Current board trends and practices at major UK companies, cit., p. 6.

(68) Cfr. ASSONIME, Analisi dello stato di attuazione del Codice di Autodisciplina nella società quotate (Anno 2009), cit., appendice 2. (69) Si rimanda in merito all’art. 2383 del codice civile.

(70) Secondo tale meccanismo la nomina degli amministratori avviene sulla base delle candidature espresse dagli azionisti all’interno di specifiche liste le quali devono essere depositate presso la sede sociale e rese disponibili al pubblico rispettivamente entro i 25 e i 21 giorni precedenti la data dell’assemblea chiamata a deliberare sulla nomina dei componenti del consiglio di ammi- nistrazione. Hanno diritto a presentare una lista di candidati alla carica di amministratore gli azionisti che, da soli o in gruppo, sia- no in possesso di una predeterminata frazione del capitale votante (tale soglia è di norma definita dallo statuto, ma non può essere superiore a dei limiti previsti dalla legge). Per ulteriori approfondimenti si veda il testo integrale dell’art. 147-ter del d.lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998.

ressi degli azionisti di minoranza, il legislatore ha dapprima raccomandato alle imprese, e poi reso obbligatorio a partire dal 30 giugno 2007, che almeno uno degli amministratori sia scelto tra i candidati indicati da una lista di minoranza, ovvero da una lista presentata da azionisti non colle- gati con l’azionista di riferimento (71). In tal modo il legislatore ha voluto fornire una tutela ai di-

ritti delle minoranze azionarie, che sono stati in passato violati dagli abusi di potere degli azionisti che, di fatto, controllano l’azienda (72). Un possibile ostacolo all’implementazione del voto di lista

è costituito dalla presenza di previsioni statutarie che impongono agli azionisti il possesso di un quantitativo minimo di azioni a fini della presentazione di una lista. Tali norme, se da una parte evitano la presentazione di liste di « disturbo » (73), dall’altra, possono essere strumentali ad impe-

dire la nomina di candidati non voluti dall’azionista di riferimento. Per evitare comportamenti di questo tipo da parte delle imprese, la normativa ha stabilito che la quota minima di partecipazione azionaria richiesta per la presentazione di una lista non debba essere superiore ai limiti stabiliti dalla legge e dai regolamenti Consob (74). La figura dell’amministratore nominato della minoranze

azionarie non è molto diffusa tra le imprese italiane, essendo presente solo in circa il 18,5 per cen- to di esse (75). Tale scarsa diffusione è da ricollegarsi al fatto che la legge ha imposto alle società

quotate l’obbligo di conformare, entro il 30 giugno 2007, le previsioni statutarie relative alla no- mina degli amministratori alle nuove disposizioni normative, ma non quello di procedere, entro tale data, alla rinomina dell’intero consiglio di amministrazione secondo il meccanismo di nomina precedentemente illustrato, la cui effettiva applicazione diventerà pertanto effettiva solo al mo- mento in cui le società rinnovano il consiglio. Ciò significa che la presenza di consiglieri di ammi- nistrazione eletti dalle lista presentate dagli azionisti di minoranza si diffonderà solo dopo qualche anno l’entrata in vigore dell’obbligo.

La nomina degli amministratori delle imprese britanniche compete sempre all’assemblea dei soci, tuttavia non sono previste delle disposizioni di legge dettagliate in merito (76). Nella prassi gli

amministratori sono cooptati dal consiglio di amministrazione, sulla base delle proposte del comi- tato per le nomine, e successivamente sono confermati (o eventualmente rimossi) dall’assemblea dei soci. Il comitato per le nomine ricopre in tale contesto un ruolo centrale. Il suo compito è quello di gestire l’intero procedimento di nomina e di indicare al consiglio di amministrazione quali competenze e conoscenze dovrebbero possedere i potenziali candidati alla carica di consi- gliere (77). La sua istituzione non è obbligatoria, ma è raccomandata dal codice di best practice bri-

tannico, e, sempre secondo tale codice, i suoi membri dovrebbero essere costituiti per la maggior parte da amministratori indipendenti (78).Tale organo risulta essere particolarmente utile in realtà ⎯⎯⎯⎯⎯

(71) I risultati di un’analisi empirica hanno rilevato che solo una minoranza di imprese aveva adottato tale meccanismo per la nomina dei propri amministratori prima che divenisse obbligatorio per legge. Cfr. C. MALBERTI, E. SIRONI, The Mandatory Represen-

tation of Minority Shareholders on the Board of Directors of Italian Listed Corporations: an Empirical Analysis, in Rivista di Diritto Finanziario

e Scienza delle Finanze, Vol. 67, N. 1, 2008, pp. 54-67.

(72) Si consideri, a titolo di esempio, l’ingente danno economico subito dagli azionisti di minoranza di Parmalat all’epoca del crack finanziario degli anni 2000 originatosi a seguito degli abusi commessi dall’azionista di riferimento. Per maggiori approfon- dimenti in merito si veda: A. MELIS, Corporate Governance Failures: to what extent is Parmalat a particularly Italian Case?, in Corporate Governance: An International Review, Vol. 13, N. 4, 2005, pp.478-488.

(73) Sono considerate tali le liste presentate da azionisti il cui fine ultimo non è quello di incidere sulla gestione aziendale me- diante la nomina di un proprio rappresentante, ma quello di sottrarre voti ai candidati indicati dalle altre liste e di generare una conseguente dispersione dei voti.

(74) Nello specifico il TUF dispone all’art. 147-ter che la soglia debba essere determinata in misura non superiore a un quaran- tesimo del capitale sociale o alla diversa misura stabilita dalla Consob con apposito regolamento tenendo conto della capitalizza- zione, del flottante e degli assetti proprietari delle società quotate.

(75) Cfr. ASSONIME, Analisi dello stato di attuazione del Codice di Autodisciplina nella società quotate (Anno 2009), cit., appendice 2. È opportuno sottolineare che tale percentuale potrebbe sovrastimare il numero di amministratori che possono effettivamente essere considerati rappresentati di azionisti non legati all’azionista di riferimento. È possibile che essi siano stati scelti tra i candida- ti indicati in liste presentate da azionisti che solo formalmente non hanno legami con l’azionista di riferimento. Cfr. A. MELIS, S. CARTA, S. GAIA, I compensi basati su azioni. Principi, teorie ed evidenze empiriche, cit., p. 164.

(76) In particolare il Companies Act che disciplina il funzionamento delle società britanniche si limita a definire i requisiti di cui devono essere in possesso i potenziali candidati alla carica di amministratore. Si rinvia per ulteriori approfondimenti al Companies

Act 2006, artt. 157-161.

(77) Cfr. FINANCIAL REPORTING COUNCIL, The Combined Code of Corporate Governance, cit., parr. A.4.1. e A.4.2. (78) Cfr. FINANCIAL REPORTING COUNCIL, The Combined Code of Corporate Governance, cit., par. A.4.1.

aziendali caratterizzate da un azionariato altamente frazionato (79). Ricopre, invece, un ruolo mar-

ginale nelle imprese che presentano un azionariato concentrato poiché il processo di nomina è curato dagli azionisti in prima persona. È per tale motivo che il codice di best practice italiano, a dif- ferenza di quello inglese, non fornisce una raccomandazione “forte” in merito, ma si limita a con- sigliare alle imprese di valutarne l’istituzione (80). La stessa motivazione sta alla base dell’assenza

della figura dell’amministratore nominato dalle minoranze azionarie nel sistema britannico (81).

Tale figura, infatti, costituisce una potenziale soluzione al problema di agenzia tipico delle impre- se italiane fornendo una tutela agli interessi delle minoranze azionarie (82). Gli altri amministratori,

anche quelli indipendenti (83), essendo espressione della volontà degli azionisti di riferimento po-

trebbero favorire l’assunzione di decisioni atte a produrre dei benefici a favore di quest’ultimo a scapito degli interessi delle minoranze azionarie (84).