• Non ci sono risultati.

La struttura proprietaria e il ruolo del mercato dei capitali e del controllo aziendale

tanniche presentano delle differenze che concernono principalmente i seguenti aspetti:

- lo sviluppo del mercato dei capitali - la struttura proprietaria delle imprese

- il ruolo del mercato per il controllo aziendale (6).

Le imprese italiane e quelle britanniche presentano un differente orientamento al mercato dei capitali. Il mercato borsistico italiano (7) presenta un numero di società quotate e un livello di ca-

pitalizzazione notevolmente inferiori rispetto al mercato borsistico britannico. Al termine del 2009 le imprese italiane quotate presso l’FTSE erano appena 291 (8) e la capitalizzazione media

del mercato era pari a circa 457 miliardi di euro (9). Nella stessa data, invece, l’FTSE registrava

2.179 imprese britanniche quotate ed una capitalizzazione media pari a circa 1.990 miliardi di eu- ro (10).

Le imprese italiane quotate, in particolare quelle non finanziarie, si caratterizzano per una struttura proprietà fortemente concentrata (11), in cui un azionista (o un gruppo di azionisti), defi-

nito azionista di riferimento, è in grado di controllare l’impresa esercitando il ruolo di soggetto economico (12), grazie al possesso di un pacchetto rilevante di azioni. L’azionista di riferimento

esercita un’influenza significativa sulla gestione aziendale, in quanto è capace di nominare la mag- gioranza dei membri del consiglio di amministrazione e di esercitare un’efficace azione di control- lo sul loro operato. L’azionista di riferimento, rappresentato principalmente dalle “grandi” fami- glie e dallo Stato (13), è in grado di esercitare un ruolo attivo nella gestione aziendale e di monito-

rare l’operato degli amministratori non solo grazie al possesso di una partecipazione azionaria si- gnificativa, ma anche grazie all’utilizzo di strumenti, fortemente diffusi nel contesto italiano, atti migliorare il rapporto fra il capitale controllato dall’azionista di riferimento tramite il suo investi- mento nell’impresa ed il capitale da egli investito in quest’ultima (14). Si tratta principalmente dei ⎯⎯⎯⎯⎯

(6) Cfr. A. MELIS, Corporate Governance. Un’analisi empirica della realtà italiana in un ottica europea, cit., p.46 ss.

(7) Dal 2007 la Borsa Valori di Milano è stata acquisita dalla London Stock Exchange e pertanto a partire da tale data le im- prese in essa quotate fanno parte dell’FTSE.

(8) Se si considerano anche le imprese straniere, il numero di imprese italiane quotate incrementa di appena 5 unità. Cfr. WORD FEDERATION OF EXCHANGE, Year-To-Date monthly statistic: Number of listed companies, December 2009, disponibile presso il sito web http://www.world-exchanges.org.

(9) Cfr. WORD FEDERATION OF EXCHANGE, Year-To-Date monthly statistic: Domestic Market Capitalization, December 2009, dis- ponibile presso il sito web http://www.world-exchanges.org.

(10) Equivalenti a circa 1.713 miliardi di sterline. Cfr. WORD FEDERATION OF EXCHANGE, Year-To-Date monthly statistic: Domes-

tic Market Capitalization, cit.

(11) Tale struttura della proprietà e del controllo è quella maggiormente diffusa a livello internazionale, con la principale ecce- zione delle grandi imprese quotate negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Per ulteriori approfondimenti in merito si veda, su tutti, R. LA PORTA, F. LOPEZ-DE-SILANES, A. SHLEIFER, Corporate Ownership Around the World, cit., pp. 471-517.

(12) Cfr. F. BARCA, M. BECHT, The Control of Corporate Europe, cit.; R. LA PORTA, F. LOPEZ-DE-SILANES, A. SHLEIFER, Corporate

Ownership Around the World, cit., pp. 471-517; A. MELIS, Corporate Governance. Un’analisi empirica della realtà italiana in un ottica europea, cit., p. 82; A. ZATTONI, Assetti proprietari e Corporate Governance, cit., p. 62 ss.

Il soggetto economico è stato definito come « colui che di fatto ha ed esercita il supremo potere nell’azienda subordinatamen- te solo ai vincoli d’ordine giuridico e morale ai quali deve o dovrebbe sottoporsi ». P. ONIDA, Economia d’azienda, Utet, 1968, p. 21.

(13) È opportuno evidenziare che nonostante lo Stato rappresenti il soggetto economico di alcune delle più importanti im- prese quotate, il suo ruolo quale principale azionista si è significativamente ridimensionato in seguito al processo di privatizzazione verificatosi nel corso degli anni ’90. Cfr. A. MELIS, S. GAIA, Corporate Governance in Italy: normative developments vs. actual practices, in C. MALLIN (edited by), Handbook of International Corporate Governance, 2nd edition, Edward Elgar, 2011, pp. 59-92.

seguenti strumenti: i gruppi piramidali (15), i patti di sindacato (16) e l’emissione di azioni senza di-

ritto di voto (17).

A differenza delle imprese italiane, quelle britanniche si caratterizzano per una struttura pro- prietaria altamente frazionata (18). La maggior parte del capitale di tali imprese è posseduto dagli

investitori istituzionali, rappresentati principalmente da fondi pensionistici, società assicurative e fondi comuni di investimento (19), i quali però raramente detengono rilevanti frazioni del capitale

in una singola società. L’assenza di un azionista di riferimento in grado di esercitare un’influenza rilevante nella gestione aziendale dà origine ad una sostanziale separazione tra proprietà e control- lo e fa sì che gli amministratori esecutivi rappresentino il vero e proprio soggetto economico di tali imprese (20).

Il mercato per il controllo aziendale costituisce un meccanismo di controllo relativamente effi- ciente per le imprese britanniche, mentre esercita un ruolo marginale nell’ambito del sistema ita- liano. Il verificarsi di scalate ostili rappresenta un evento probabile nel sistema britannico e, in quanto tale, può costituire un efficace meccanismo per disciplinare il comportamento degli am- ministratori delle imprese operanti in tale contesto. Nelle imprese italiane il concludersi, o anche il solo tentativo di attuazione, di una scalata ostile è, invece, da considerarsi un evento eccezionale. In tale realtà, gli amministratori sono, di solito, rimossi in seguito a cambiamenti nella struttura proprietaria dell’impresa, piuttosto che a causa di bassi livelli di perfomance (21). Il differente ruo-

lo assunto da tale meccanismo di controllo è da ricondursi anche alla differente struttura della

⎯⎯⎯⎯⎯

Agency Costs of Separating Control From Cash-Flow Rights, in R. MORCK (edited by) Concentrated Corporate Ownership, University of Chi- cago Press, 2000, pp. 445-460.

Per maggiori approfondimenti in merito si rinvia a quanto osservato in A. MELIS, S. CARTA, S. GAIA, I compensi basati su azioni.

Principi, Teorie ed evidenze empiriche, cit., pp. 136-144, ove ulteriori riferimenti dottrinali.

(15) Mediante il ricorso ai gruppi piramidali il soggetto economico è in grado di massimizzare il rapporto tra il valore delle ri- sorse aziendali controllate e il capitale proprio da egli investito per mantenere il controllo di tali risorse. In un gruppo piramidale la società capogruppo controlla (in modo diretto od indiretto) la maggioranza dei diritti di voto delle società che appartengono al gruppo, il cui controllo finale è nelle mani o di un singolo investitore, oppure di una coalizione di investitori, aventi fra di loro spesso, ma non necessariamente, legami famigliari. Cfr. L. GUATRI, La teoria della creazione del valore, Una via europea, EGEA, 1991, p. 185 ss; A. ZATTONI, Assetti proprietari e corporate governance, cit., p. 238 ss; M. LEVY, Control in Pyramidal Structures, in Corporate Go- vernance: An International Review, Vol. 17, N. 1, 2009, pp. 77-89; R. TRICKER, Corporate Governance. Principles, Policies, and Practices, Oxford University Press, 2009, p. 83 ss.

(16) I patti di sindacato (o patti parasociali) sono degli accordi formali stipulati tra alcuni soci atti a regolare alcuni aspetti rela- tivi alla gestione ed al governo aziendale (es. la nomina degli amministratori). Mediante tali accordi il gruppo di soci aderenti è spesso in grado di esercitare un’influenza dominante nelle assemblee societarie, determina le strategie aziendali e influenza il pro- cedimento di nomina e revoca degli amministratori, e diviene, di fatto, il soggetto economico dell’impresa quotata. Per un’analisi maggiormente approfondita circa l’uso di tale strumento si rinvia a quanto scritto in G. GIANFRATE, What Do Shareholders’ Coali-

tions Really Want? Evidence from Italian voting trusts, in Corporate Governance: An International Review, Vol. 15, N. 2, 2007, pp. 122-

132.

(17) Le azioni senza diritto di voto attribuiscono ai soggetti detentori un trattamento economico privilegiato rispetto alle azio- ni ordinarie, ma al contempo privano tali soggetti sia del diritto di voto, sia del diritto di partecipazione alle assemblee dei soci (anche a titolo informativo). L’emissione di azioni senza diritto di voto permette all’azionista di riferimento di reperire nuove fonti di finanziamento per l’impresa a titolo di capitale proprio, senza che ciò comprometta la sua posizione di controllo. Tuttavia la diffusione di tale strumento è in costante riduzione tra le imprese italiane, probabilmente a causa dello scarso apprezzamento da parte degli investitori istituzionali. Cfr. M. BIANCHI, M. BIANCO, Italian corporate governance in the last 15 years: from pyramids to coali-

tions?, ECGI Finance Working Paper N. 144, November, 2006, p. 12; F. CUOMO, A. ZATTONI, L’impatto della tutela legale degli azioni-

sti sull’assetto proprietario delle imprese: un’analisi longitudinale sulle imprese italiane quotate, in V. MAGGIONI, L. POTITO, R. VIGANÒ (a cura di), Corporate governance: governo, controllo e struttura finanziaria, Il Mulino, 2009, p. 418; S. MENGOLI, F. PAZZAGLIA, E. SAPIENZA, Ef-

fect of Governance Reforms on Corporate Ownership in Italy: Is it Still Pizza, Spaghetti and Mandolino?, in Corporate Governance: An Inter-

national Review, Vol. 17, N. 5, 2009, pp. 629-645.

(18) Cfr. B. BLACK, J. COFFEE, Hail Britannia?: Institutional investor behavior under limited regulation, in Michigan Law Review, Vol. 92, N. 7, 1994, pp. 1997-2087; H. SHORT, K. KEASEY, Institutional Shareholders and Corporate Governance in the United Kingdom, in K. KEASEY, S. THOMPSON, M. WRIGHT (edited by), Corporate governance. Economics, Management and Financial Issues, Oxford University Press, 1997, pp. 18-51; C. MALLIN, Corporate governance, 2nd edition, Oxford University Press, 2007, p. 80 ss.

(19) In merito si vedano i riferimenti dottrinali indicati nella precedente nota.

È possibile risalire all’identità dei maggiori azionisti di una società inglese quotata poiché la legge britannica stabilisce che l’identità degli azionisti in possesso di partecipazioni azionarie per un valore superiore al tre per cento del capitale sociale alle so- cietà debba essere comunicata nel bilancio della società. Si veda in merito il FINANCIAL SERVICES AUTHORITY, Disclosure Rules and

Transparency Rules. Chapter 5: Vote Holder and Issuer Notification Rules, FSA Handbook, 2007, p. 1 e ss.

(20) Si rinvia in merito alle problematiche illustrate nel capitolo 1.

(21) Cfr. G. BRUNELLO, C. GRAZIANO, B. PARIGI, CEO turnover in insider-dominated boards: The Italian case, in Journal of Banking

proprietà e del controllo che caratterizza le imprese appartenenti ai due Paesi. La presenza di un azionista di riferimento può rendere difficile la contendibilità del controllo aziendale delle imprese (22). La scarsa diffusione del fenomeno delle scalate nel contesto italiano non significa che non si

verifichino cambiamenti nel controllo aziendale, ma che questi avvengono sulla base di accordi privati stipulati fuori dal mercato (23). Di norma, il prezzo del trasferimento è superiore al valore

delle azioni acquisite in quanto include il cosiddetto « premio di controllo » (24), il cui ammontare

è solitamente legato ai benefici privati del controllo (25) di cui l’azionista di riferimento usufruisce.

La differente struttura della proprietà e del controllo aziendale che caratterizza i sistemi di corporate governarce dell’Italia e del Regno Unito è tra le cause della presenza nei due contesti di un differente problema di agenzia. Le imprese britanniche sono gestite da amministratori non proprietari che, a causa della presenza di un azionariato frazionato, divengono il vero e proprio soggetto economico. In tale contesto prevale il problema di agenzia di tipo classico tra azionisti e amministratori non proprietari (26). Nelle imprese italiane, invece, il problema di agenzia di tipo

classico è sostanzialmente limitato grazie alla presenza di un azionista di riferimento. È frequente che tale soggetto sieda all’interno del consiglio di amministrazione in qualità di amministratore delegato o di presidente (27). In tale situazione non esistendo una netta separazione tra proprietà e

controllo, non sorge alcun problema di agenzia tra azionisti e amministratori. Alternativamente, l’azionista di riferimento può decidere di non gestire l’impresa in prima persona, ma di delegare tale attività ad amministratori non proprietari. Anche in tale situazione il problema di agenzia classico è fortemente limitato. L’azionista di riferimento, avendo il potere di nominare (e revoca- re) la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, è comunque in grado di orienta- re i comportamenti di questi ultimi. Pertanto, a causa dell’elevato potere di cui dispone l’azionista di riferimento, è probabile che anche gli amministratori non proprietari pongano in essere com- portamenti atti a perseguire l’interesse di tale azionista. Perseguire tali interessi non significa ne- cessariamente perseguire anche quelli delle altre categorie di azionisti.Al contrario, è possibile che tali interessi siano in contrasto tra loro e che, a causa dell’elevato potere di cui dispone l’azionista di riferimento, gli interessi delle altre categorie di azionisti vengano posti in secondo piano. Per tali ragioni, nelle imprese caratterizzate dalla presenza di un azionista di riferimento si crea un problema di agenzia tra quest’ultimo e gli azionisti di minoranza (28). L’azionista di riferimento

può esercitare il potere che detiene all’interno dell’impresa a proprio favore, trasferendo a se stes-

⎯⎯⎯⎯⎯

(22) Il termine “contendibilità” definisce «…la possibilità di cambiare il controllo della società anche contro la volontà dell’attuale controllante ». L. CAPRIO, Le strutture proprietarie delle società quotate, l’efficienza della gestione societaria e il diritto, in Rivista del- le Società, marzo-giugno, 1998, p. 557.

Con riferimento allo sviluppo del mercato per il controllo in Italia si rinvia a: P. VOLPIN, Governance with poor investor protection.

Evidence from top executive turnover, in Journal of Financial Economics, Vol. 64, N. 1, 2002, pp. 61-90.

(23) Il trasferimento del pacchetto di azioni di controllo avviene, di norma, attraverso l’intermediazione di banche d’affari o la stipula di accordi privati fra l’azionista di riferimento ed il soggetto interessato ad acquisire il controllo. Cfr. A. MELIS, Corporate

Governance. Un’analisi empirica della realtà italiana in un ottica europea, cit., p. 97.

(24) Il premio per il controllo è stato definito come: «…un plus riconosciuto al valore di una partecipazione rispetto alla corri- spondente frazione del capitale economico complessivo, per il semplice fatto di consentire il controllo di una società ». T. ONESTI,

Trasferimento di partecipazioni e sconti di minoranza, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, N. 9-10, 2000, p. 457.

(25) Cfr. A. SHLEIFER, R. VISHNY, A Survey of Corporate Governance, cit., p. 759.

Tali benefici sono definiti “privati” in quanto, per loro natura, ne può usufruire solo il soggetto (o gruppo di soggetti) che di fatto esercita il comando sulla gestione aziendale. Da essi risultato esclusi tutti gli altri soggetti (ivi compresi gli azionisti di mino- ranza) che non fanno parte del soggetto economico. Per un ulteriore approfondimento a riguardo, si vedano: M. BARCLAY, C. HOLDERNESS, Private Benefits from Control of Public Corporations, in Journal of Financial Economics, Vol. 25, N. 2, 1989, p. 373 ss; A. DYCK, L. ZINGALES, Private Benefits of Control: An International Comparison, cit., pp. 537-600.

Occorre evidenziare, tuttavia, che i benefici privati del controllo non danneggiano necessariamente gli azionisti di minoranza, ma, talvolta, danno origine a sinergie che possono favorire la creazione di valore per l’impresa. In merito si rinvia a quanto osser- vato in: A. MELIS, Creazione di valore e meccanismi di corporate governance, Giuffrè, 2002, p. 183 ss, ove ulteriori riferimenti dottrinali.

(26) Si rinvia in merito a quanto osservato nel capitolo 1.

(27) Cfr. R. LA PORTA, F. LOPEZ-DE-SILANES, A. SHLEIFER, Corporate Ownership Around the World, cit., pp. 471-517; G. BRUNELLO, C. GRAZIANO, B. PARIGI, CEO turnover in insider-dominated boards: The Italian case, cit., pp. 1027-1051.

(28) Cfr. A. MELIS, Corporate governance in Italy, in Corporate Governance: An International Review, Vol. 8, N. 4, 2000, p. 354; L. ENRIQUES, P. VOLPIN, Corporate Governance Reform in Continental Europe, in Journal of Economic Perspectives, Vol. 21, N. 1, 2007, p. 117.

so ricchezza a scapito degli azionisti di minoranza (29), i quali dispongono di pochi strumenti per

tutelare i propri interessi (30).