ED OPINIONI INFERMIERISTICHE A CONFRONTO
M. MENEGALDO, R. MONTESANO
ASL Asti
Introduzione
Lo spunto per l’elaborazione di questo studio trae origine dal preconcetto diffuso che in ambito ospedaliero il sonno sia un problema marginale e si pone l’obiettivo di approfondire la tematica, apparentemente poco esplorata, delle alterazioni del ritmo sonno/veglia nei pazienti ricoverati in area critica, anche valutando l’incidenza dell’attività infermieristica, dell’organizzazione del lavo-ro e della struttura degli ambienti, sul modello del sonno. Il concetto che si è tentato di esprimere voleva mettere in relazione le attività infermieristiche ero-gate durante l’orario notturno, con attenzione alla quantità e tipologia, con il tempo riservato al sonno dei pazienti. Per far ciò, è stata redatta una scheda di sintesi degli interventi, suddivisi per orario, compilata per ogni paziente. Lo scopo era di identificare, qualitativamente e quantitativamente, le interruzioni del sonno nei pazienti in area critica, in relazione all’attività infermieristica erogata, vero e proprio obiettivo di questo lavoro. Parallelamente, questa anali-si ha indirettamente consentito di rilevare, ove ve ne fossero, momenti abba-stanza lunghi da consentire l’addormentamento ed il sonno e registrare l’alter-nanza e la tipologia degli interventi assistenziali. Per completare un’immagine e permettere una visione più ampia del problema, si è scelto di sviluppare que-sto modello in tre realtà locali (Asti, Savigliano e Chieri), paragonabili per di-mensioni, indirizzo e struttura dei locali, conducendo un’osservazione struttu-rata di una serie di 4 notti consecutive, ripetuta 2 volte in ogni realtà. L’atten-zione è stata posta sia agli interventi legati all’assistenza vera e propria, come, per esempio, la somministrazione dei farmaci o la cura dell’igiene della perso-na, sia a quelli definibili come interventi ambientali, cioè la gestione della luce, dei suoni, delle voci degli operatori.
Analisi della letteratura
Nell’ambito della ricerca bibliografica effettuata, tramite la consultazione delle banche dati Cinahl, MedLine e PubMed, con le parole chiave sonno, ru-more, unità di terapia intensiva, attività infermieristica, emerge immediata-mente la difficoltà di rispettare le indicazioni di classificazione cronologica;
anche negli articoli di ultima pubblicazione, vengono talvolta citati studi data-ti, ritenuti tuttavia fondamentali, probabilmente anche per il loro carattere in-novativo e sperimentale, che ha sostanzialmente dato avvio alle ricerche suc-cessive (Krachman S). La letteratura, sia nazionale che internazionale, è in continua crescita, e si è assistito ad un graduale affiancamento tra gli studi condotti in campo strettamente medico-scientifico, alle analisi condotte da personale infermieristico, con relative pubblicazioni sulle riviste di settore. I principali ed iniziali spunti di interesse nella letteratura analizzata si possono riscontrare negli articoli redatti da L. Tamburri1 e D. Giusti 2, che affrontano la problematica del non corretto rapporto tra sonno/veglia nei pazienti ricoverati presso le unità di terapia intensiva e l’origine multifattoriale e complessa di tale
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alterazione. In particolare, l’analisi effettuata da D. Giusti, che integra e riassu-me i principali lavori condotti nel periodo compreso tra 1993-2003, si colloca in un filone di studi specifici che analizzano sia l’incidenza della riduzione del sonno sul benessere del paziente in area critica, che l’influenza dei vari fattori di disturbo sulla sfera fisica e psicologica del medesimo. Emerge, infatti, che la carenza di sonno e l’alterazione del suo naturale ritmo determini un incremen-to, innanzitutincremen-to, del rischio di infezione ed un indebolimento del sistema im-munitario, soprattutto a carico dei pazienti con patologie croniche o acute.
Inoltre, le alterazioni in discorso causano una riduzione del metabolismo e del catabolismo proteico, e determinano l’aggravarsi delle condizioni psicologiche di stress postraumatico e depressione. La frammentazione dei periodi di sonno ed il peggioramento della sua qualità, in base alle conclusioni raggiunte dagli studi esaminati (Friese3, 4, Mistraletti5), risultano di origine multifattoriale, cau-sate cioè sia da fattori ambientali che fa fattori«fisiologici» (cioè connessi alle modalità organizzative e tecniche richieste dall’attività di terapia intensiva). Lo studio condotto da L. Tamburri, identifica la frequente e ripetitiva interazione degli operatori di terapia intensiva con i pazienti come fattore principale che determina l’alterazione del ritmo sonno/veglia. L’autore, al pari di altri quali J.
Closs6 e S. Çelik7, propone la predisposizione di un protocollo di lavoro per definire la frequenza ed i periodi del giorno o della notte in cui il personale infermieristico dovrà interagire con i pazienti per la somministrazione delle terapie o per l’attività di monitoraggio e analisi, al fine di salvaguardare, per quanto possibile, il normale ritmo di sonno degli stessi. Inoltre viene ripresa l’ipotesi, già avanzata sin dalla metà degli anni ’90 (Krachman8), di definire un protocollo di gestione dell’ambiente di terapia intensiva che possa almeno pre-vedere, per massimizzare i periodi di sonno ininterrotto, la collocazione dei pazienti in stanze singole, la sistemazione di strumenti di monitoraggio non indispensabili all’esterno della stanza del paziente, l’adozione di adeguate inso-norizzazioni degli ambienti, … oltre a misure di supporto psicologico (quali dotare le stanze di finestre accessibili ai pazienti e fornire loro un calendario, ampliare i periodi di visita dei familiari, ecc) tese a ricreare una routine giorna-liera il più simile alle condizioni domestiche vissute dai degenti. In relazione agli interventi infermieristici, gli studi considerati (Cmiel9, Stanchina10), ana-lizzano i fattori di interruzione del sonno nei pazienti che avvengono a causa delle attività infermieristiche in unità di terapia intensiva, sia collegate all’assi-stenza in senso stretto, che in relazione all’ambiente «di lavoro» degli operato-ri. Tali studi hanno consentito di sperimentare e proporre alle strutture sanita-rie una sesanita-rie di interventi di prevenzione del rumore con incidenza diretta sul paziente secondo le tre fasi connesse di identificazione delle fonti emissive, addestramento e sensibilizzazione del personale alla riduzione dei rumori e modifica delle strumentazioni tecniche al fine di creare una«zona di quiete»
attorno al paziente. Un altro filone di articoli individuati (Freedman11, Honkus12), si concentra su di un’analisi del rumore come elemento primario che, accanto al dolore, allo stress, alle luci ed al disagio ambientale, comporta l’alterazione del ritmo sonno/veglia dei pazienti ricoverati in area critica. In
particolare, gli studi considerati identificano una serie di fonti emissive tipiche delle strutture di terapia intensiva e concludono che il rumore ospedaliero è in grado di causare una reazione di stress psicologico generale nei pazienti, che può portare a reazioni collaterali quali vasocostrizione, pressione arteriosa ele-vata, dilatazione delle pupille e tensione muscolare. Infine, strettamente colle-gato al precedente, un ultimo filone (BaHamman13, Parthasaharty14, Freed-man15), analizza la qualità del sonno dei pazienti in area critica: gli autori con-siderano l’incidenza dei vari fattori di disturbo e di alterazione del ritmo sonno/
veglia attraverso i dati rilevati con l’impiego di un polisonnografo, applicato ad un campione significativo di soggetti e con un ciclo di 24 ore, dimostrando le correlazione tra la carenza di sonno e l’insorgere di complicazioni in pazienti critici, e verificando l’esistenza di un’alta percentuale di pazienti in cui i distur-bi del sonno emersi in fase di degenza si sono protratti e mantenuti anche nel medio lungo periodo e ben oltre il periodo di ospedalizzazione. A livello nazio-nale, non si può omettere l’importanza dedicata alla questione: in relazione all’annuale Simposio Mostra Anestesia Rianimazione e Terapia Intensiva, te-nutosi a Milano (28-30 maggio 2008), si sottolinea un’intera sezione dedicata all’argomento, con interventi caratterizzati da analisi del problema, specifica-zione di sonno e sua qualità in terapia intensiva, anche in relaspecifica-zione al delirium.
Strumenti e metodi
Nell’ambito di ciascun reparto di terapia intensiva di queste strutture di Asti, Savigliano e Chieri, è stato condotto un confronto tra quelli che sono stati identificati come potenziali fattori di disturbo e fonti di rumore: tra questi, per esempio, la dislocazione di alcune strumentazioni che possono interferire con il normale avvicendamento delle attività assistenziali, spesso introducendo ru-mori esterni altrimenti evitabili, l’incidenza delle attività degli operatori (anche se le variazioni di«rumore» provocato dall’interazione degli infermieri dipende esclusivamente dalle caratteristiche personali degli stessi, per le quali non esi-stono omogeneizzazioni possibili, ma solo constatazioni), le fonti di illumina-zioni (centralizzate o meno, alimentazione separata, dislocazione dei punti luce, attivazione selettiva delle stesse, aree di isolamento con illuminazione dedica-ta), dislocazione del locale adibito alla preparazione ed alla conservazione dei farmaci e del magazzino, presenza di finestre, presenza ed uso di radio, termi-nale pc, 1 monitor centrali collegati alle torri di monitoraggio dei pazienti, pre-senza di lavandini e contenitori per i rifiuti. Per consentire una continuità mi-nima nell’osservazione dei pazienti ricoverati, anche in riferimento alla lettera-tura già presentata, (Tamburri16), si è deciso di organizzare 2 cicli di 4 notti consecutive, con orario 19 pm - 6 am, sia in considerazione della turnazione degli operatori, sia per consentire l’osservazione precedente il tempo canonico della notte, e, ove possibile, valutare la gestione della cena.
Funzionalmente alla creazione dello strumento di raccolta dati, l’attenzio-ne si è concentrata sull’analisi delle attività tipiche di un reparto di Terapia
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Intensiva, anche in relazione agli studi consultati attraverso la ricerca biblio-grafica. La necessità era di definire una griglia di facile compilazione, che te-nesse conto delle variabili possibili, in relazione al tempo. È stata redatta una tabella che descrive principalmente le possibili attività assistenziali erogabili, di natura tecnica e relazionale, ma anche le variabili esterne identificate con la luce ed i rumori degli allarmi di qualsiasi strumentazione (monitor, pompe infusionali, respiratore), del suono del telefono o del citofono o della voce degli operatori. L’analisi qualitativa è stata condotta secondo la metodologia del fo-cus group.
Presentazione realtà
La differente conformazione strutturale e le differenti modalità gestionali de-gli interventi infermieristici influenzano in modo significativo l’andamento della notte e del sonno dei pazienti. Nel dettaglio, gli elementi considerati possono esse-re così sintetizzati:
DATIAMBIENTALI – Luce
Le situazioni indagate hanno riguardato principalmente la variazione del-l’illuminazione della sala di degenza nell’arco delle 12 ore. Come prevedibile, si osservano tre fasce di illuminazione: totale, dimezzata, spenta. È consuetudine della Terapia Intensiva di Asti, ad esempio, abbassare le luci relativamente pre-sto, anche prima del cambio turno e comunque non si è mai riscontrato un loro abbassamento prima della mezzanotte.
A seconda degli operatori in turno, si è riscontrata un’attenzione, o una prassi, allo spegnimento della luce, con l’utilizzo di sorgenti alternative, dire-zionabili e sistemate lontano dai letti dei degenti.
I picchi riscontrati nelle ore centrali della notte, si sono avuti in corrispon-denza di un ricovero e di una visita specialistica. Il ricovero rappresenta sem-pre un momento di alterazione degli equilibri instaurati: esso coinvolge gli ope-ratori in una collaborazione efficace, che permette di minimizzare il tempo utile per accogliere il nuovo paziente, pur nel rispetto delle procedure previste.
È sicuramente un momento delicato.
Si nota anche l’attenzione posta a preservare il più possibile la continuità del sonno nelle ore centrali della notte: per esempio, gli operatori effettuano la rilevazione dei parametri sfruttando la retroilluminazione dei monitor, adotta-no alcuni accorgimenti, come quello di spostarsi in ambiente più illuminato per leggere un display non illuminato (come quello del termometro). Sono tut-te piccole attut-tenzioni che concorrono al raggiungimento dell’obiettivo.
La sala riprende l’aspetto usuale verso l’alba. A seconda dell’operatore, si riscontra un ritorno graduale alla luce totale.
Grafico 1: Variazione variabile esterna Luce - Asti
Grafico 2: Variazione variabile esterna Luce - Chieri
0=Luce spenta 1/2=Luce dimezzata 1=Luce accesa
0=Luce spenta 1/2=Luce dimezzata 1=Luce accesa
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Grafico 3: Variazione variabile esterna Luce - Savigliano
– TELEFONO/CITOFONO
Un’altra variabile presa in considerazione è stata quella relativa al suono del telefono/citofono. Senza porre distinzione tra i due apparecchi, pur con la consapevolezza di non poter intervenire su questo problema, data la sua totale imprevedibilità, alla luce della sistemazione strutturale delle sale, il dato è ri-sultato significativo: è praticamente impossibile non udire questi suoni da qual-siasi postazione.
In relazione al citofono, si è ritenuto di considerare anche tale elemento, in quanto normalmente preludio di una presenza esterna, rappresentata da un medico per una visita specialistica urgente o, spesso, da altre figure professio-nali che necessitano dell’uso della macchina per l’emogasaprofessio-nalisi. A seconda della realtà considerata, la stessa si trova esternamente alla sala (Asti e Chieri), o internamente (Savigliano) ma il suo impiego comporta comunque un’attività che incide sul livello di silenziosità dell’ambiente. Infatti la maggior parte degli episodi legati al suono del citofono erano conseguenza della richiesta di un’ana-lisi urgente proveniente dall’attiguo pronto soccorso o da altri reparti. Questo giustifica la frequenza elevata delle richieste.
0=Luce spenta 1/2=Luce dimezzata 1=Luce accesa
Grafico 4: Variazione variabile esterna Suono del citofono - Asti
Grafico 5: Variazione variabile esterna Suono del telefono/citofono - Chieri
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Grafico 6: Variazione variabile esterna Suono del citofono - Savigliano
– VOCIOPERATORI
Protagonisti assoluti delle notti sono stati, oltre ai pazienti, gli operatori in turno. Si è potuta osservare una differenza di gestione del tempo nella notte a seconda del personale presente, in tutte le realtà. Escludendo le tipiche ed ordi-narie situazioni di dialogo, come la consegna, è stato significativo il risultato ottenuto perché completamente dipendente dalla personalità, esuberanza o dal tipo di carattere dell’operatore in servizio.
Grafico 7: Variazione variabile esterna Voci degli operatori - Asti
Grafico 8: Variazione variabile esterna Voci degli operatori - Chieri
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Grafico 9: Variazione variabile esterna Voci degli operatori - Savigliano
Dati clinico assistenziali distribuzione delle rilevazioni dei parametri vitali Il monitoraggio delle funzioni vitali si esplica, in T.I., attraverso la rileva-zione di un gruppo di parametri: pressione arteriosa (P.A.), diuresi, temperatu-ra (T), frequenza cardiaca (FC) e respitemperatu-ratoria (FR), satutemperatu-razione di ossigeno, pressione venosa centrale (PVC), con frequenza pressoché determinata. Ad Asti è consuetudine rilevare questi dati, tranne la PVC, ogni 3 ore. A Chieri è possi-bile osservare una rilevazione ogni 2 o 4 ore, a seconda della situazione clinica del paziente; a Savigliano, ogni 4 ore per tutti i parametri, tranne la diuresi che viene rilevata ogni ora per quasi tutti i pazienti. Questa operazione comporta, a seconda degli strumenti utilizzati, un contatto diretto con il paziente. La mag-gior parte di questi dati è letta al monitor, la temperatura corporea è sempre rilevata dall’operatore, tranne in due situazioni a Chieri, dove era presente una sonda nel catetere vescicale. Per quanto riguarda la pressione arteriosa, ad Asti è sempre rilevata dal catetere arterioso, e quindi letta al monitor, nelle altre due realtà è stato osservato un uso significativo della rilevazione non invasiva, as-sociato a quella invasiva. Il grafico seguente rende un’idea delle rilevazioni ef-fettuate su tutto il campione osservato.
Grafico 10: Comparazioni tra le varie sedi della distribuzione delle rilevzioni dei parame-tri vitali
Distribuzione delle somministrazioni terapeutiche
La terapia farmacologica occupa un posto di rilievo per quanto concerne le interazioni infermiere-paziente: durante le osservazioni, si è posta attenzio-ne anche alla specifica via di somministrazioattenzio-ne utilizzata, perché si aveva con-sapevolezza dell’ovvia differenza di disturbo arrecata, per esempio, da un far-maco fornito per via endovenosa, data la presenza di presidi quali rampe e rubinetti, posti lontano dal paziente, rispetto ad una iniezione, fosse essa intra-muscolo o sottocutanea. Nella rappresentazione seguente, questa suddivisione ha ceduto il posto al raggruppamento, ma, soprattutto nelle ore centrali della notte, si è assistito a somministrazioni per via endovenosa. Quelle di altra natu-ra, per esempio sottocutanea, erano somministrazioni extnatu-ra, di correzioni gli-cemiche, o quelle per via enterale, venivano effettuate attraverso il sondino naso gastrico. Il grafico seguente permette di visualizzare gli orari di sommini-strazione stabilita, ma rende anche un’idea della gestione dell’imprevisto, inte-so come inte-somministrazioni al di fuori della programmazione, stabilite nel breve periodo, che possono essere ben rappresentate dalle infusioni di emoderivati.
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Distribuzione delle procedure diagnostico terapeutiche
Per rappresentare al meglio le attività assistenziali erogate durante la fa-scia notturna, si doveva necessariamente fare riferimento a quelle procedure diagnostico terapeutiche di natura invasiva, che, anche se non programmate, vengono eseguite in relazione ai problemi di salute dei pazienti ricoverati. Tra queste, si presentano: l’aspirazione del secreto bronchiale, sia quando effettua-ta dal tubo tracheostomico che da quello oro-tracheale; la puntura capillare per il controllo glicemico, effettuata sempre attraverso questa modalità nelle sedi di Chieri e Savigliano, e infrequente in quella di Asti, per utilizzo del cate-tere arterioso; l’inserimento di cateteri, siano essi arteriosi o venosi; l’intuba-zione oro-tracheale, i prelievi ematici, sia venosi che arteriosi.
Grafico 11: Comparazioni tra le varie sedi della distribuzione delle somministrazioni tera-peutiche
Grafico 12: Comparazioni tra le varie sedi della distribuzione delle procedure