LA CORRUZIONE NEL PERIODO 1974 1995: ANALISI DEI DAT
CAPITOLO 5 GLI “ATTORI”
5.1 Michele Sindona e Roberto Cal
Un articolo del 1997 del giornalista e scrittore Giuseppe D’Avanzo si apre con il seguente interrogativo: «Si può raccontare di Roberto Calvi senza ricordare Michele Sindona?»8. Prendendo in esame la letteratura di riferimento, la risposta unanime che se ne trae è che risulta impossibile parlare di uno dei due protagonisti senza citare l’altro. La storia dei due banchieri è caratterizzata da intrecci difficilmente districabili e da una serie molto amplia di coincidenze.
La prima coincidenza concerne l’anno di nascita. Entrambi, infatti, nascono nel 1920; più precisamente Roberto Calvi nasce il 13 aprile a Milano, mentre Michele Sindona l’8 maggio a Patti (ME). L’ultima coincidenza, invece, riguarda l’alone di mistero che ricopre ambo le morti: un omicidio mascherato da suicidio per il presidente del Banco Ambrosiano (Calvi viene infatti ritrovato dalla polizia londinese impiccato a una trave del Blackfriars Bridge di Londra la mattina del 18 giugno 1982) e un suicidio mascherato da omicidio per il banchiere di Patti (Sindona muore il 22 marzo 1986 in seguito all’ingestione di una dose letale di cianuro inserito nel caffè che era solito prendere a colazione durante la sua carcerazione presso il supercarcere di Voghera). Ripercorrendo la storia dei due banchieri è possibile far emergere molte altre coincidenze.
Michele Sindona proviene da una famiglia modesta e per mantenersi gli studi lavora dall’età di 14 anni, prima come dattilografo, poi aiuto contabile e infine, dopo la laurea in Giurisprudenza conseguita nel 1942, come impiegato presso l’ufficio imposte di Messina. Nel 1946 si trasferisce a Milano, dove apre uno studio di consulenza tributaria e grazie alle conoscenze acquisite sul sistema fiscale italiano diventa in breve tempo il fiscalista più ricercato della città9. I successi di Sindona sul lavoro e le nuove amicizie americane10 permettono alla sua Fasco A.G. (alla fine dell’ottobre 1960) di
8
D’Avanzo, G., I due banchieri e l’oro dei boss, in “La Repubblica”, 10 aprile 1997, p. 10. [online] Disponibile a: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/04/10/due-banchieri-oro- dei-boss.html?ref=search
9
«Sindona diventa, per la ricca borghesia milanese in espansione, il mago delle tasse, l’esperto di conti cifrati in Svizzera, il profeta degli allora pressoché sconosciuti paradisi fiscali. Precorre i tempi aprendo per sé, già nel 1950, una società in Liechtenstein: la Fasco A.G., che diverrà il centro segreto del suo impero finanziario». Barbacetto, G., Finanza, politica e misteri. Una storia italiana, in Tosches, N.,
Power on Earth, Westminster, Arbor House Pub Co, 1986. Trad. it. Il mistero Sindona, Padova, Alet
Edizioni, 2009, p.10.
10
Nel 1952 Michele Sindona compie un viaggio negli Stati Uniti dove instaura rapporti d’amicizia con boss mafiosi emigrati, componenti dei servizi segreti americani e con personalità della finanza
93 acquistare la quota di controllo della Banca Privata Finanziaria11, un piccolo istituto posseduto dallo IOR. I rapporti con il Vaticano non si esauriscono con tale vendita, anzi rappresentano solo l’inizio di un legame che diverrà strettissimo dopo l’elezione a Papa del cardinal Giovanni Battista Montini12 (amico di Sindona sin dal 1954) e la successiva nomina del cardinal Paul Marcinkus alla presidenza della banca vaticana.
Il 1964 rappresenta un anno cruciale nella storia di Sindona. Aderendo all’ideale di lotta al comunismo e frequentando gli ambienti anglo-americani, si avvicina alla massoneria. Nello stesso anno lo IOR vende a Sindona la quota di maggioranza della
Finabank (Banque de Financement di Ginevra), mentre il banchiere di Patti cede il 24,5
per cento della propria Banca Privata Finanziaria alla Hambros Bank di Londra e il 24 per cento alla Continental Illinois National Bank and Trust Company13. I rapporti d’affari di Sindona costituiscono la sintesi delle conoscenze internazionali coltivate negli anni e a riguardo i magistrati Gianni Simoni e Giuliano Turone propongono una rassegna delle amicizie “giuste” instaurate dal banchiere siciliano:
Poco dopo [il 1960] il finanziere conosce personalmente McCaffery [uomo dei Servizi segreti inglesi durante la Liberazione], che rappresenta in Italia la londinese Hambros Bank Ltd, presieduta da Jocelyn Hambro. […] Alla lista dei prestigiosi contatti oltreoceano si aggiunge quello dell’avvocato Richard Nixon [futuro presidente USA], già antagonista repubblicano di John Kennedy nella corsa alla Casa Bianca; tramite Daniel Porco [gli stessi autori lo definiscono come uomo d’affari americano che rappresenta una società controllata da una grande multinazionale produttrice di armi], Sindona diventa socio di un importante istituto di credito, la Continental Illinois National Bank, di cui è presidente David Kennedy (omonimo del presidente USA) […]. Il nuovo azionista, che si affianca alla Hambros, è interessante anche per un altro motivo: David Kennedy è amico e concittadino di Paul Marcinkus, che, in seguito, diventerà presidente dello IOR14.
11
«Per un finanziatore che si rispetti il primo passo, cioè l’acquisto della prima banca, deve essere realizzato con i soldi della banca stessa. Ed è nel pieno rispetto di questa regola che Sindona si
impadronisce dei pacchetti di controllo della Banca Unione e della Privata Finanziaria, che risulteranno acquistate con soldi delle banche stesse. Non si tratta, a differenza di quello che ogni volta si dice per la nascita delle grandi fortune economiche, di un peccato “originale” da far dimenticare nella gloria di successivi trionfi finanziari. L’utilizzazione illegittima di denaro altrui costituisce una specie di regola fissa, un leit motiv che accompagnerà tutta l’espansione in Italia e all’estero dell’impero del finanziere di Patti». Lombard, Soldi truccati: i segreti del sistema Sindona, Milano, Feltrinelli, 1980, p. 50.
12
Sindona viene introdotto negli ambienti vaticani da monsignor Amleto Tondini, cognato di sua cugina, il quale attraverso una lettera di raccomandazione riesce a mettere in contatto il proprio “parente” con il principe Massimo Spada, segretario amministrativo dello IOR. Conquistata l’amicizia del principe Spada, Sindona conosce l’allora arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini. Per un approfondimento relativo all’ingresso di Sindona negli ambienti vaticani e ai primi affari con l’Istituto per le opere di Religione si veda Pinotti, F., Poteri forti, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2005, p. 47.
13
Pinotti, F., Finanza cattolica, Milano, Adriano Salani Editore S.p.A., 2011, p. 43.
14
94
L’impero sindoniano si arricchisce di nuove pedine e allo stesso tempo aumentano i riconoscimenti internazionali15. Nel 1972 Sindona rivela l’esistenza di una manovra speculativa ai danni della lira e per questo l’anno successivo, Giulio Andreotti, nel corso di un ricevimento organizzato in suo nome, nomina Michele Sindona “Salvatore della Lira”16
. Anche i rapporti con la Santa Sede si sono intensificati sia in risposta alla necessità del Vaticano di spostare i propri investimenti sul mercato internazionale sia per la nomina del cardinal Marcinkus a presidente dell’Istituto per le Opere di Religione17. Sembra che niente possa arrestare la scalata al vertice della finanza mondiale dell’ex impiegato all’ufficio imposte di Messina.
Dopo la conquista della Centrale Finanziaria18 (acquisita nei primi mesi del 1971 e rivenduta al Banco Ambrosiano nel novembre dello stesso anno), Sindona avvia la scalata alla Bastogi (una finanziaria di primissima importanza, la quale detiene partecipazioni nelle principali aziende italiane). Il 13 settembre 1971 una delle banche di Sindona, la Westdeutsche Girozentrale Landesbank di Düsseldorf, si offre di acquistare venti milioni di azioni a duemilaottocento lire l’una, contro le milleseicento della quotazione di mercato, ma il governatore della Banca d’Italia Guido Carli, che in un primo momento sembra essere favorevole all’OPA, si oppone invitando gli altri investitori coinvolti a non cedere all’offerta19. L’opposizione della Banca d’Italia risulta
essere decisiva per il fallimento della scalata. Secondo l’opinione di alcuni autori, tra cui il giornalista Ferruccio Pinotti, questo insuccesso sancisce il tramonto del banchiere siciliano, mentre per altri, tra cui Gianni Simoni e Giuliano Turone, il colpo più duro incassato da Sindona è quello del 1972 a seguito della decisione di dar vita alla Banca Privata Italiana, frutto della fusione tra la Banca Privata Finanziaria e la Banca Unione
15
ivi, pp. 36-37.
16
Un articolo del 3 aprile 1981 apparso ne “Il Mondo” recita: «La speculazione contro la lira e altre valute da parte delle banche di Sindona, orchestrata dal braccio destro del finanziere, Carlo Bordoni, effettivamente ci fu. E si tradusse per le banche controllate da Sindona in una perdita di 800 milioni di dollari, che non risulta sia stata rimborsata dalla CIA».
17
«Michele Sindona è il mentore di Marcinkus nelle più raffinare sottigliezze dei segreti dell’alta finanza. Marcinkus, dal canto suo, grazie alla profonda amicizia che lo lega a David Kennedy (divenuto nel frattempo segretario del Tesoro nell’amministrazione Nixon), fa in modo che i rapporti tra Kennedy e Sindona si intensifichino. Sta di fatto che si realizza ben presto una fruttuosa partnership tra la
Continental di Kennedy e la Banca Privata Finanziaria di Sindona». Simoni, G. e Turone, G., Il caffè di
Sindona, Milano, Garzanti Libri s.p.a., 2009, p. 38.
18
La Centrale rappresenta una delle finanziarie più conosciute. Nel consiglio di amministrazione della Centrale «sedevano molti personaggi importanti: Pirelli, il gruppo Bonomi, la famiglia Orlando, tutta gente poco disposta a far posto a don Michele. Ma costui, sempre superiore alle vili questioni di denaro, aveva in serbo un argomento dalla sicura efficacia. Era pronto a pagare ogni azione della Centrale 6.500 lire; mille in più della quotazione in Borsa. I Pirelli eccetera erano stati svelti a incassare». Piazzesi, G. e Bonsanti, S., La storia di Roberto Calvi, Milano, Longanesi & C., 1984, p. 17.
19
95 (acquistata dallo IOR nel 1969). La fusione delle due banche provoca un’ispezione della commissione Vigilanza della Banca d’Italia, la quale «inizia così a occuparsi dei suoi affari»20.
Entrambe le versioni, seppur discordanti, mostrano come risultato “l’esilio” di Michele Sindona negli Stati Uniti ed entrambe concordano sul disperato bisogno di liquidità delle banche sindoniane nel 1973. Il banchiere aveva infatti compiuto spericolate operazioni speculative scommettendo sulla tenuta del dollaro che invece precipita (si veda nota 15).
Il castello di carte costruito da Sindona inizia a crollare. Gli Hambro si sono defilati, la Finabank è sull’orlo del fallimento dopo l’ispezione da parte della Commissione Federale delle Banche Svizzere e anche la Franklin National Bank è in profonda crisi21. L’ultima carta a disposizione del banchiere siciliano si chiama Finambro, una società a lui collegata. Questa scatola vuota effettua nel 1973 rapidi aumenti di capitale passando da un capitale iniziale di un milione a cinquecento milioni di lire prima, poi a venti miliardi ed infine a centosessanta miliardi di lire. L’aumento di capitale che avrebbe consentito la sopravvivenza dell’impero Sindona viene bloccato dal neo ministro del Tesoro Ugo La Malfa, il quale avvia una stretta creditizia e una politica economica più rigorosa. Sull’aumento di capitale Finambro, il ministro La Malfa scrive il 28 agosto 1973:
‘Caro Carli, ancora una pressione per la Finambro con la consegna del promemoria che ti allego in copia. Mezza Italia si sta muovendo per questa operazione, il che mi rende ancora più diffidente’22.
Sindona non perde soltanto gli appoggi politici in Italia, dove al governo Andreotti succede quello capitanato da Mariano Rumor, ma anche quelli americani. Negli Stati Uniti, infatti, a seguito dello scoppio dello scandalo Watergate il presidente Richard Nixon è costretto a rassegnare le dimissioni l’8 agosto 1974. Le protezioni per Sindona si esauriscono ed egli non è più in grado di nascondere i propri conti. È la fine.
20
Simoni, G. e Turone, G., Il caffè di Sindona, Milano, Garzanti Libri s.p.a., 2009, pp. 40-41. La Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Sindona, tuttavia, rileva come le ispezioni alle banche sindoniane risalgano al 1971.
21
La maggioranza della Franklin National Bank viene acquistata da Sindona, tramite la sua holding finanziaria Fasco A.G., nel luglio del 1972. La banca già al momento dell’acquisto non gode di buona salute e dopo l’arrivo di Sindona viene avviata a una politica di speculazione sui cambi che la porterà al collasso.
22
Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Sindona e sulle responsabilità politiche ed
amministrative ad esso eventualmente connesse – VIII legislatura – Doc. XXIII n. 2-sexies, Relazione di minoranza, relatori onn. Giuseppe D’Alema, Gustavo Minervini e Luca Cafiero, Roma, 15 aprile 1982, p. 245. [online] Disponibile a: http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/907991.pdf
96
Il 27 settembre 1974 viene dichiarato il fallimento della Banca Privata Italiana e Giorgio Ambrosoli è nominato commissario liquidatore. Si crea un effetto domino che fa crollare una dopo l’altra le banche dell’impero sindoniano. Il 3 ottobre negli Stati Uniti la Franklin National Bank viene dichiarata insolvente: è la più grande catastrofe bancaria della storia americana. Tra l’ottobre 1974 e il febbraio dell’anno successivo crollano la Bankhaus Wolff di Amburgo, la Herstatt di Colonia, la Amicor di Zurigo, la Finabank di Ginevra23. Lo scrittore Carlo Lucarelli fornisce alcuni dati riguardanti le perdite delle banche sindoniane:
Una prima stima delle perdite della Banca Privata le calcola a 300 milioni di dollari, milioni di allora, degli anni Settanta, e crescono ancora. All’estero è ancora peggio. Il crollo della Franklin Bank è stimato a 2 miliardi di dollari. Quello della Finabank di Ginevra conta una perdita di 240 milioni di dollari soltanto per gli investimenti fatti dal Vaticano24.
Il 4 ottobre 1974 viene emesso un mandato di cattura nei confronti di Michele Sindona per false comunicazioni sociali e illegale ripartizione di utili, mentre il 24 ottobre dello stesso anno viene emesso un ulteriore mandato di cattura per la bancarotta fraudolenta della Banca Privata Italiana. Il 1° marzo 1975 vengono avviate le procedure per l’estradizione del banchiere siciliano e in un primo momento il governo italiano riceve risposta affermativa, ma a seguito dell’impugnazione della sentenza, gli avvocati di Sindona ottengono la revoca della sentenza di estradizione il 6 luglio 1979. Una nuova impugnazione del procuratore distrettuale di New York John Kenney, porta ad una sentenza favorevole all’estradizione di Sindona. È il 25 marzo 1980 ma l’effettivo rimpatrio avviene il 25 settembre 1984, dopo la concessione dell’estradizione anche per l’omicidio dell’avv. Ambrosoli25
.
Michele Sindona viene condannato negli Stati Uniti a tre pene di 25 anni ciascuna per bancarotta fraudolenta mentre in Italia riceve una condanna a 15 anni per il fallimento della Banca Privata Italiana e il 18 marzo 1986 viene condannato all’ergastolo per l’omicidio Ambrosoli. Due giorni dopo pronuncia le sue ultime parole: «Mi hanno avvelenato»26.
23
Lucarelli, C., Misteri d’Italia. I casi di blu notte, Torino, Einaudi, 2002, p.13.
24
ivi, p. 16. Lombard dichiara invece che «la perdita definitiva accertata per le sole banche italiane fu di 257 miliardi [di lire]». Lombard, Soldi truccati: i segreti del sistema Sindona, Milano, Feltrinelli, 1980, p. 28.
25
Simoni, G. e Turone, G., Il caffè di Sindona, Milano, Garzanti Libri s.p.a., 2009, pp. 49-50.
26
Riguardo l’ultimo mistero del banchiere di Patti la platea degli autori che hanno trattato l’argomento si divide tra chi propende per la tesi del suicidio e chi per quella dell’omicidio. A favore della tesi
sull’omicidio si schierano James McConnachie e Robin Tudge, i quali scrivono: «1986: quello stesso anno mentre scontava la pena in carcere fu assassinato con una tazzina di caffè avvelenato».
97 Il Banco Ambrosiano viene fondato nel 1896 dall’avvocato Giuseppe Tovini dietro mandato del cardinale Andrea Ferrari, il quale vuole ripetere l’esperienza della Banca San Paolo fondata a Brescia nel 188827. Affinché il Banco non cada nelle mani dei banchieri laici viene inserita una clausola nello statuto, la quale indica come condizione necessaria per diventare azionisti del Banco ed aver diritto di voto nelle assemblee quella di essere in possesso del certificato sia di battesimo sia di buona condotta, entrambi rilasciati dal parroco. Il Consiglio di amministrazione ha inoltre il compito di limitare la quota posseduta da ciascun azionista, ponendo come soglia massima il 5 per cento28. Tra gli azionisti del Banco Ambrosiano si riscontra la presenza, sin dagli inizi, dello IOR e di enti riferibili alle curie di Milano e di Brescia.
Roberto Calvi viene assunto dal Banco Ambrosiano nel 1947, all’età di ventisette anni. Questa non rappresenta però la sua prima esperienza lavorativa in una banca poiché il padre era riuscito a collocare il giovane Roberto alla Banca Commerciale Italiana (Comit), in una piccola filiale di Lecco. Finita la guerra viene trasferito a Lecce, ma non trovandosi bene, decide di tornare a Milano e con l’aiuto di alcune conoscenze viene assunto dalla “banca dei preti”. Il primo impiego nel nuovo ente è all’ufficio McConnachie, J. e Tudge, R., Complotti e cospirazioni, Milano, Valardi, 2007, p.62. La scrittrice
Stefania Limiti riporta un estratto del memoriale intitolato Operazione Ossa, dove Ossa è l’acronimo di Onorata Società Sindona Andreotti, che Francesco Pazienza consegnò a un notaio nel settembre 1984 (Sindona muore nel marzo 1986). Una parte del memoriale si intitola “Come sarà eliminato Sindona
(22.9.1984)” e vi si legge: «Se Sindona sarà messo in un carcere normale, sarà ammazzato da qualche
killer delle carceri. Poi si troverà la scusa della mafia o della P2 avendo Sindona avuto rapporti più che estesi con entrambe le organizzazioni. Se sarà detenuto in un carcere di supersicurezza e isolato – si troverà una soluzione “alla Pisciotta” [morto avvelenato con 20mg di stricnina]». Limiti, S., Doppio
livello, Milano, Chiarelettere editore srl, 2013, seconda appendice. Più propensi per la tesi sul suicidio
sono: Flamini, G., L’Italia dei colpi di stato, Roma, Newton Compton, 2007, p. 201: «Lo porteranno all’ospedale già in coma e là morirà, vittima di una dose letale di cianuro. Ma si sarà avvelenato da solo, mettendo in scena l’ultima tragica commedia della sua vita»; Accorsi, A. e Ferro, D., Milano criminale, Roma, Newton Compton, 2005, p. 142: «Se restò un mistero la provenienza del cianuro, nessun dubbio, almeno ufficialmente, rimase in piedi circa la volontà dell’ormai ex finanziere di togliersi la vita, non avendo più avanti a sé alcuna prospettiva: ipotesi confortata dal fatto che quella mattina era andato a bere il caffè in bagno e non, come aveva sempre fatto prima di allora, in cella, sotto gli occhi delle guardie»; Lucarelli, C., Misteri d’Italia. I casi di blu notte, Torino, Einaudi, 2002, pp. 33-34: «Chi l’ha ucciso ha confidato nella fortuna, sperando che scegliesse la bustina giusta, con una possibilità di uno a cinque. Possibile? Difficile. Non solo, il caffè bevuto da Sindona non era un espresso ristretto, ma un caffè lungo. Secondo i periti non sarebbe riuscito a berlo in un solo sorso e quindi avrebbe dovuto accorgersi del veleno dal sapore acido che questo aveva sicuramente dato al caffè. Un suicidio, allora». Un attento esame sui risultati della perizia chimico-tossicologica è rintracciabile in Simoni, G. e Turone, G., Il caffè
di Sindona, Milano, Garzanti Libri s.p.a., 2009, pp. 86-87.
27
«In origine era stato scelto il nome di Banco di Sant’Ambrogio, ma poi si era preferito cambiare nome perché un omonimo istituto di credito era fallito qualche anno prima per un poco edificante storia di usura». Sisti, L. e Modolo, G., Il banco paga, Milano, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1982, p. 41. Per un approfondimento sulla storia del Banco Ambrosiano si rimanda a Bellavite Pellegrini, C., Storia del
Banco Ambrosiano: fondazione, ascesa e dissesto 1896-1982, Roma, Laterza, 2001.
28
98
esteri, poco attivo al tempo in quanto venivano privilegiate le operazioni interne al territorio lombardo. Calvi, sin dagli inizi, si dimostra una persona molto ambiziosa, con l’obiettivo nascosto di far diventare il Banco Ambrosiano una potenza internazionale. Il direttore generale del Banco, Carlo Alessandro Canesi, resta colpito dal giovane Roberto29 e decide di averlo alle sue dirette dipendenze, spostandolo alla segreteria generale. Da quel momento la carriera di Canesi farà da apripista a quella di Calvi. Quando, nel 1971, Canesi lascia la presidenza a Ruggero Mozzana, Calvi viene nominato direttore generale e acquisisce il potere effettivo del Banco.
Nel 1971, come precedentemente affermato, la Centrale, appena acquistata da Michele Sindona, viene ceduta al Banco Ambrosiano. Questo può essere considerato come il primo passaggio di consegne rilevante tra i due banchieri, entrati da poco in contatto. A tal proposito, il giornalista inglese Rupert Cornwell30 fa risalire il primo incontro tra Calvi e Sindona in una data non meglio precisata compresa nel periodo 1967-1968, mentre Giancarlo Piazzesi e Sandra Bonsanti31 così come Carlo Lucarelli32 indicano l’anno 1968. Ferruccio Pinotti33 fornisce una data più attendibile (1970), potendo ricorrere alle dichiarazioni rilasciategli dal figlio, Carlo Calvi. Quest’ultimo, descrivendo l’incontro, dichiara l’iniziale assenza di “feeling” tra le due stelle nascenti