I SOGGETTI DELLA CORRUZIONE
2.2 I soggetti dello scambio corrotto
Dall’analisi dei vari tipi di scambio corrotto è emersa una sola certezza: la collettività viene privata di risorse che vengono consegnate a pochi profittatori. Il soggetto corrotto e quello corruttore, invece, cambiano a seconda del tipo di scambio che viene instaurato.
Sebbene i vari soggetti siano stati già introdotti nel paragrafo precedente, dove sono stati messi in evidenza i vari tipi di scambio che essi possono instaurare, di seguito viene ampliato il discorso approfondendo la figura specifica di ciascun attore. Così
31 come per il tipo di scambio corrotto, anche per l’analisi dei soggetti si procede ad una rielaborazione della figura proposta da Alberto Vannucci (vedi figura 2.1).
2.2.1 Imprenditori
Quasi ogni imprenditore nell’arco della sua attività si imbatte nella corruzione, ma ognuno agisce in modo diverso a seconda della propria moralità. Sulla base di questo assunto si distinguono14:
a) imprenditori onesti;
b) imprenditori corrotti con morale; c) imprenditori corrotti senza morale.
Quando il livello di corruzione è alto si crea un effetto contagio sulle aspettative della collettività in cui prevale l’idea che per ottenere qualcosa si debba pagare una tangente. Data questa situazione, gli imprenditori onesti decidono di investire in altri affari in cui prevale libera concorrenza lasciando che gli imprenditori corrotti si spartiscano il mercato delle risorse pubbliche.
Gli imprenditori corrotti con morale agiscono secondo le usanze popolari per cui è importante instaurare buone relazioni ed è obbligatorio ringraziare chi ha fatto, o potrebbe fare, un favore. L’imprenditore non si espone per ottenere un atto specifico ma cerca un appoggio di tipo generale attraverso regali costosi o prezzi promozionali.
È stata scelta la definizione di corrotti con morale perché la morale di questo tipo di soggetto fa sì che venga ripugnata l’idea di pagare per un atto specifico. Questo imprenditore, secondo la consuetudine generale, offre “solo” dei regali senza accorgersi che in realtà il suo agire è corruzione a tutti gli effetti. A tal riguardo la Carta di Avviso Pubblico15 dichiara che16:
14
Tale triplice distinzione viene coniata dall’autore dell’elaborato per far risaltare in particolar modo l’influenza che le consuetudini hanno sul concetto di moralità, al punto di distorcere la definizione di corruzione.
Il termine di imprenditore è da intendere nello stesso di William J. Baumol, il quale afferma:
«l’imprenditore è al tempo stesso il più intrigante e il più sfuggente personaggio appartenente al cast dei soggetti economici. Si è da tempo riconosciuto come il vertice della gerarchia che determina il
comportamento dell’azienda e assume quindi un’importante responsabilità per la vitalità della libera impresa». Baumol, W. J., Entrepreneurship in Economic Theory, in “The American Economic Review”, May 1968, vol. 58, n. 2, pp. 64-71.
15
La Carta di Avviso Pubblico è un codice etico di comportamento elaborato da un gruppo di esperti e amministratori locali, presentato a Contromafie nell’ottobre del 2014. La prima versione, con il nome di Carta di Pisa, risale al 2012 ed è stata adottata da oltre quaranta enti locali e da centinaia di amministratori.
32
L’amministratore non può accettare per sé o per altri, compresi congiunti, familiari o affini, regali aventi un valore superiore a quello dei doni usualmente scambiati in occasione di ricorrenze o festività, quantificato nella cifra massima di € 100 annui, da impiegati negli uffici, nei servizi, nelle società e nelle altre organizzazioni partecipate o controllate dal comune, da concessionari dell’ente o da gestori di pubblici servizi da esso affidati, da privati che hanno rapporti di natura contrattuale con l’amministrazione o che hanno domandato o ottenuto licenze e concessioni da essa nei 5 anni precedenti, nell’ambito di procedimenti nei quali l’amministratore abbia svolto una funzione decisionale o istruttoria. L’amministratore non può richiedere né accettare alcun tipo di regalo, vantaggio o altra utilità che sia indirettamente riconducibile a prestazioni erogate da tali uffici, servizi o organizzazioni.
Il terzo tipo di imprenditore è quello che toglie la «credibilità allo Stato»17. Dalle attività lecite e da quelle ritenute erroneamente tali, si passa ad attività illecite a tutti gli effetti in cui tutti gli attori sono perfettamente a conoscenza dell’atto occulto che compiono.
L’imprenditore corrotto entra in contatto con diversi attori instaurando diversi tipi di rapporto come evidenziato nella figura 2.8. Per ottenere decisioni pubbliche che assicurano un vantaggio vengono lubrificati gli ingranaggi della pubblica amministrazione mediante il pagamento di tangenti. La stessa merce viene messa sul piatto dall’imprenditore allo scopo di ottenere informazioni o contatti privilegiati da parte di mediatori specializzati in tale settore. Infine, l’imprenditore usa il denaro per pagare la criminalità organizzata al fine di ottenere protezione e rispetto degli accordi.
Qualunque tipo di scambio corrotto l’imprenditore voglia mettere in atto, egli deve seguire “le regole del gioco” e al riguardo Adriano Zampini ha formulato un decalogo nel quale si recita che «per diventare corruttori con un minimo di credito, bisogna rispettare gli impegni, essere puntuali come un orologio svizzero»18.
16
Avviso Pubblico, La carta di avviso pubblico. Codice etico per la buona politica, 2014, p. 6. [online] Disponibile a: http://www.avvisopubblico.it/home/wp-content/uploads/2014/05/20141025_carta-di- avviso-pubblico.pdf
17
Caferra, V.M., Il sistema della corruzione. Le ragioni, i soggetti, i luoghi, Bari, Laterza, 1992, p. 76.
18
Tropea, S., Zampini: “Ecco a chi davo le tangenti”, in “La Repubblica”, 23 novembre 1984, p. 5. [online] Disponibile a: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/11/23/zampini- ecco-chi-davo-le-tangenti.html?ref=search
33 Fig. 2.8: Imprenditori
Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.
Nel momento in cui l’imprenditore ricorre assiduamente a pratiche corruttive sorge la necessità di avere a disposizione risorse extra da poter utilizzare. La contabilità perde di trasparenza (attraverso la creazione di fondi neri e operazioni extra-bilancio) e inevitabilmente all’illecito della corruzione si va ad aggiungere quello dell’evasione fiscale. A tal proposito Stefano Zamagni afferma che «dove è più alta l’evasione fiscale più alta è la corruzione e viceversa. Noi italiani siamo bravi nell’evasione e siamo anche nei primi posti della corruzione. Ai 60 miliardi di corruzione vanno aggiunti i 90 miliardi circa di evasione fiscale»19.
Per l’imprenditore tutto ciò che è illegale e immorale diventa normale e la corruzione viene considerata, come descritto da Vito Marino Caferra, «uno dei tanti costi da pagare per la sua attività: un costo che, in definitiva, risulta accettabile se si risolve in un maggior prezzo o in un minor valore reale (dei beni e servizi che colloca sul mercato) da fare pagare a terzi e/o alla collettività»20. In effetti, finché il sistema della corruzione funziona a dovere, solo la collettività si accolla i costi che tale attività comporta; tutti gli altri soggetti riescono a scaricare i propri costi a valle. Tangentopoli
19
Intervento di Stefano Zamagni in occasione della conferenza “La corruzione: un reato come costume
diffuso”, Pisa, Dipartimento di Economia e Management, 17 novembre 2015.
20
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emerge in superficie proprio perché un imprenditore (Luca Magni) non accetta di pagare con i propri fondi l’aumento della tangente richiesto21.
2.2.2 Cartelli
In un mercato in cui la corruzione è la regola, le imprese traggono maggiori benefici coalizzandosi anziché continuando a competere tra loro. La creazione di cartelli consente di coordinare le offerte dei partecipanti all’accordo garantendo un margine di profitto maggiore per tutti.
L’accordo di cartello può stabilire che le imprese partecipanti vincano a turno, secondo un calendario stabilito, oppure che l’impresa scelta come vincitrice ricompensi le altre. La ripartizione può avvenire anche per territorio o per segmenti di mercato22.
Essendo il cartello un accordo di tipo occulto, sorge il problema dell’affidabilità dei partecipanti. La garanzia sulla riuscita della collusione è data dal fatto che non si tratta di un atto unico e, poiché il cartello ha durata indefinita (esso rimane attivo finché non viene scoperto ed eliminato), le imprese partecipanti rispetteranno le regole pena l’esclusione dallo stesso. La conferma di ciò arriva dalle parole di Mario Chiesa, il quale parlando del sistema degli appalti milanese afferma23:
In pratica: il mondo imprenditoriale era diviso in gironi. A uno competeva i lavori della provincia. All’altro, quelli della città. L’impegno era reciproco: chi lavorava a Milano non doveva avanzare pretese in provincia. Non erano consentiti sgarri, pena una serie di contestazioni burocratiche in grado di sfiancare qualsiasi imprenditore.
Inoltre, la forza del cartello comporta l’entrata nello stesso anche da parte di imprese esterne in quanto «‘è meglio una cattiva pace che una lunga guerra’»24. Tuttavia, può accadere che un’impresa non appartenente al cartello oppure estera riesca a fare un’offerta vincente. Per evitare che tali eccezioni diventino la regola, il cartello interviene pagando il soggetto pubblico, ricevendone in cambio informazioni preziose. Trattandosi di scambi ripetuti, da un lato l’agente corrotto mantiene rapporti corretti con
21
Per una disamina sullo scoppio di Tangentopoli si veda Cazzola, F., I costi della corruzione, in Barca, L. e Trento, S., L’economia della corruzione, Roma, Laterza, 1994, pp.109-117.
22
Andreoli, M., Cantore, R., Carlucci, A., Tortorella, M., Tangentopoli le carte che scottano, supplemento a Panorama, febbraio 1993, p.27.
23
Andreoli, M., Andavamo in piazza duomo, Milano, Sperling & Kupfer Editori S.p.a., 1993, p. 49.
24
Ci si riferisce al caso concreto in cui il politico Mario Chiesa cerca di favorire il suo protetto, l’imprenditore Ugo Fossati. Tuttavia, seppur risultato vincitore della prima gara, Fossati preferisce la protezione del cartello a quella del politico: «Fossati, in realtà, si era accorto di non avere forza sufficiente per reggere uno scontro, che si profilava durissimo, con quelle “quattro sorelle” abituate a farla da padrone sulla piazza milanese». Si veda: Andreoli, M., Andavamo in piazza duomo, Milano, Sperling & Kupfer Editori S.p.a., 1993, p. 119.
35 il cartello, garantendosi così un flusso continuo di tangenti, dall’altro, il cartello vede aumentare il proprio potere.
Fig. 2.9: Cartelli
Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.
L’esclusione dal cartello dell’impresa violatrice degli accordi può tuttavia non essere sufficiente a farla uscire dalla competizione se è abbastanza potente da poter insidiare l’accordo collusivo. Potrà esser necessario rivolgersi ad un garante esterno allo scopo di impaurire i competitors e astenerli dallo sfidare il cartello.
In definitiva, se l’accordo di cartello funziona, esso porta ad una restrizione della concorrenza, a maggiori profitti per imprenditori e agenti pubblici, prezzi più alti e prodotti e servizi più scadenti, in quanto le imprese non hanno nessun interesse a cercare tecniche produttive che riducano i costi. Ancora una volta la collettività paga il prezzo della corruzione, ricevendo prodotti e servizi scadenti e a prezzi più alti.
2.2.3 Criminalità organizzata
La criminalità organizzata può essere definita come «un insieme stabile di imprese insediate nei maggiori mercati illeciti come venditrici di beni e servizi e
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operanti allo scopo di allargare le proprie quote di mercato»25. In Italia, si fa principalmente riferimento con tale termine ai sodalizi criminali più strutturati, quali la mafia, la camorra, la ’ndrangheta e la Sacra corona unita26
.
Ogni impresa criminale ha seguito un processo di sviluppo diverso, basato sulle mancanze che il territorio di riferimento presentava. Nell’Italia meridionale una necessità molto sentita è stata quella di avere dei mediatori nei rapporti tra il centro del potere e la periferia.
Una serie di personaggi che svolgevano funzioni di protezione di interessi costituiti, di estorsione organizzata nei confronti della classe agiata e, soprattutto, di mediazione dei conflitti interni alla società locale e delle relazioni tra questa e le agenzie esterne della politica e dell'economia - i mafiosi appunto - sono gradualmente emersi come figure- chiave27
.
Le parole di Pino Arlacchi possono essere ben illustrate procedendo ad una rielaborazione della figura proposta da Alberto Vannucci (vedi figura 2.1).
Fig. 2.10: Mafie
Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.
25
Arlacchi, P., Criminalità organizzata, in “Enciclopedia delle scienze sociali”, Treccani, 1992. [online] Disponibile a: http://www.treccani.it/enciclopedia/criminalita-organizzata_(Enciclopedia-delle-scienze- sociali)/
26
Criminalità organizzata, in “Enciclopedia online”, Treccani. [online] Disponibile a: http://www.treccani.it/enciclopedia/criminalita-organizzata/
27
Arlacchi, P., Criminalità organizzata, in “Enciclopedia delle scienze sociali”, Treccani, 1992. [online] Disponibile a: http://www.treccani.it/enciclopedia/criminalita-organizzata_(Enciclopedia-delle-scienze- sociali)/
37 Come definito da Arlacchi e raffigurato da Vannucci, la criminalità organizzata offre un servizio fondamentale nel mercato della corruzione: la protezione negli scambi. Il singolo imprenditore o, in un ambiente evoluto, il cartello di imprese, si rivolgono ad organizzazioni malavitose per il rispetto degli accordi con le istituzioni pubbliche e di quelli tra privati. La semplice presenza della criminalità organizzata come garante dell’accordo occulto è sufficiente a far funzionare il sistema corrotto. La minaccia credibile dell’uso della violenza funziona da efficace deterrente, come confermato dalla testimonianza di Giuseppe Li Pera, dal 1989 capo area dell' impresa Rizzani de Eccher28:
Posso ripetere qui quel che diceva il titolare dell’azienda, Claudio De Eccher: ‘Il sistema degli appalti funziona in Sicilia come funziona in Italia. La differenza è che in Sicilia c’è più disciplina’. Che significa? Significa che in Sicilia, al contrario di quanto avviene in Italia, ogni tanto ci scappa il morto e la disciplina ne è una conseguenza.
A volte però può inserirsi nel sistema un “elemento di disturbo” e il garante del cartello è costretto ad intervenire29:
‘E' accaduto, talvolta, che qualche impresa, con un’offerta all' ultimo minuto, si aggiudicava la gara al di fuori delle previsioni. In questo caso, noi uomini d’onore intervenivano per convincere il titolare dell’impresa o a dare in subappalto i lavori a colui che avrebbe dovuto aggiudicarseli, oppure a pagare la somma che noi dovevamo comunque riscuotere’.
L’uso arbitrario della forza costituisce la carta vincente della criminalità organizzata nel mercato della protezione e al suo competitor, la protezione politica, rimane solo una nicchia di mercato ritenuta non redditizia. Il suo potere è tale che la componente politica da fornitore di protezione diventa cliente, instaurando relazioni pericolose con gli ambienti criminali. Il tipo di protezione previsto per i politici va dalla garanzia del consenso elettorale fino al limite massimo dell’affiliazione ma, qualunque sia la relazione instaurata, il politico diventa una pedina da muovere a piacimento del protettore, come raccontato dal pentito Antonino Calderone30:
Quando ero in Sicilia c’erano tantissimi uomini politici coinvolti nella mafia. Deputati, assessori, consiglieri regionali che venivano aiutati dai mafiosi, che chiedevano favori
28
D’Avanzo, G., Tangentopoli in Sicilia, in “La Repubblica”, 28 novembre 1992, p. 19. [online] Disponibile a: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/11/28/tangentopoli-in- sicilia.html?ref=search
29
D’Avanzo, G., “Così il padrino comprava i processi”, in “La Repubblica”, 7 luglio 1993, p. 17. [online] Disponibile a: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/07/07/cosi-il- padrino-comprava-processi.html?ref=search
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impegnativi, pesanti, agli uomini d’onore. Normalmente i mafiosi li facevano questi favori, ma potevano anche dire di no senza che succedesse niente. Ma quando erano i mafiosi a chiedere un favore agli uomini politici non c’era scelta: loro dovevano fare quello che veniva chiesto. Non potevano dire di no, o trovare delle scuse.
Per le organizzazioni criminali l’uso della forza rimane l’extrema ratio, l’ultima carta da utilizzare quando tutte le altre forme di intimidazione non sono state efficaci. All’uso della violenza viene preferita la corruzione perché oltre a lasciare meno tracce «spesso è persino più efficace, visto che produce effetti duraturi. Un funzionario, un rappresentante delle forze di polizia, un magistrato o un politico, una volta accettata una tangente rimangono legati al mafioso che li ha pagati per il resto dei loro giorni, soggetti a un possibile ricatto permanente»31.
La criminalità organizzata, nella situazione descritta, assume il controllo di tutti i soggetti del sistema della corruzione con la possibilità, nel caso di sgarri, di intervenire nei modi e nei tempi che ritiene più opportuni. A conferma di ciò si riportano le parole di Giuseppe Li Pera: «Quel che so io è questo: ogni appalto dai dieci miliardi in su si decide in un triangolo tra politici-imprenditori-funzionari e progettisti. La mafia in questo triangolo non c’è, ma c’è, eccome, all’esterno di questo triangolo»32. Il corretto funzionamento del sistema, invece, viene descritto da Balduccio Di Maggio nei verbali di interrogatorio:
Il sistema degli appalti finiva per essere conveniente per tutti, tranne che per l' ente appaltante; infatti le imprese riuscivano ad aggiudicarsi i lavori con un ribasso minimo che consentiva quindi il pagamento della tangente nella misura descritta. Per altro verso, si aveva cura di ruotare nell' aggiudicazione dei lavori in modo da non lasciare nessuno tagliato completamente fuori33
2.2.4 Mediatori
Le preoccupazioni principali di ogni soggetto partecipante al sistema della corruzione sono quelle di non essere scoperto e perseguito penalmente e quella di trovare una controparte “onesta”. Jon Elster a proposito dell’onestà rileva: «la
31
Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p. 220.
32
D’Avanzo, G., Tangentopoli in Sicilia, in “La Repubblica”, 28 novembre 1992, p. 19. [online] Disponibile a: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/11/28/tangentopoli-in- sicilia.html?ref=search
33
D’Avanzo, G., “Così il padrino comprava i processi”, in “La Repubblica”, 7 luglio 1993, p. 17. [online] Disponibile a: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/07/07/cosi-il- padrino-comprava-processi.html?ref=search
39 corruzione richiede un minimo di onestà del corrotto. Qualcuno ha detto che ‘un politico onesto è un politico che si vende ad un solo acquirente’»34
.
Il mediatore si inserisce nel sistema come figura di raccordo, con il compito di mettere in contatto, senza che corrano rischi, il soggetto corrotto e quello corruttore35.
Fig. 2.11: Mediatori
Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.
Come descritto in precedenza (§ 2.1.1), il mediatore nello svolgere la sua attività assume diversi compiti e responsabilità:
1) per prima cosa ha il compito di selezionare persone ritenute affidabili per il compimento di atti illeciti;
2) dopo averle individuate è sua cura far sì che le parti si incontrino in maniera riservata e lontana da occhi indiscreti;
3) se qualcosa va storto tutte le responsabilità ricadono sul mediatore, lasciando estranei ai fatti sia il corruttore che il corrotto;
34
Elster, J., Il cemento della società: uno studio sull’ordine sociale, Bologna, Il Mulino, 1995,
35
«E così arrivò la mia prima tangente, duecento milioni tondi. ‘Assessore, noi imprenditori glieli facciamo avere tramite un nostro uomo di fiducia. Le consiglio di fare altrettanto. Mandi anche lei una persona di cui si fida. Non prenda, mai, i soldi direttamente’. Era una situazione quasi comica». Queste le raccomandazioni che riceve il politico Mario Chiesa nell’incasso della sua prima tangente. Si veda Andreoli, M., Andavamo in piazza duomo, Milano, Sperling & Kupfer Editori S.p.a., 1993, p. 58.
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4) infine, è tra le sue responsabilità quella di far rispettare gli accordi ad entrambe le parti, con il compito di estromettere dal sistema della corruzione colui che contravviene alle regole del “mercato”.
La base del potere del mediatore risiede nel possesso di informazioni. Tutti gli attori che agiscono nella rete degli scambi corrotti sono alla costante ricerca di informazioni e sono disposti a ripagare chi è in grado di fornire tale mercanzia. L’importanza di tale risorsa viene spiegata dal faccendiere Adriano Zampini36
:
È proprio grazie alle confidenze di tanti che io sono riuscito a costruire la mia ragnatela di rapporti. Dicevo all’uno quello che l’altro mi aveva riferito, sapevo sempre tutto di tutti e per conquistarmi la fiducia delle persone che mi interessavano arrivavo anche ad inventarmi delle notizie. Ma tutto con molta cautela, calcolando bene il momento giusto e la notizia adatta: un corruttore troppo chiacchierone ha di fronte a sé una carriera molto breve.
L’informazione assume un valore fondamentale per le imprese che dipendono dagli enti pubblici. Secondo un’indagine svolta dal Censis nel 1990 «gli attuali servizi informativi della pubblica amministrazione sono assai carenti: circa il 90% delle imprese deve fronteggiare i flussi legislativi con strumenti propri. […] È bassa la percentuale di imprese che ottengono da uffici pubblici informazioni sulla contrattualistica e sulle procedure di incentivazione economica, come i crediti agevolati»37. Dall’indagine effettuata nel 1993 da Unioncamere-Istat38, invece, emerge come «l’impresa minore [quella con non più di 200 addetti] è largamente ‘mediata’ nel rapporto con la pubblica amministrazione: per il 92% dei casi si rivolgono a soggetti