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L'economia della corruzione: il caso dei "banchieri di Dio", Calvi e Sindona e il sistema corruttivo nel periodo 1974-1995

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(1)

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

Strategia, Management e Controllo

Tesi di Laurea

L’ECONOMIA DELLA CORRUZIONE:

IL CASO DEI “BANCHIERI DI DIO”, CALVI E SINDONA

E IL

SISTEMA CORRUTTIVO NEL PERIODO 1974 - 1995

Relatore:

Candidato:

Prof. Giuseppe Conti

Rocky D’Amelio

(2)
(3)

INDICE

INTRODUZIONE 1

PARTE PRIMA

ANALISI DEI FENOMENI DI CORRUZIONE

5

Capitolo 1 L’ECONOMIA DELLA CORRUZIONE 7

1.1 Definizione 7

1.2 Configurazione del reato di corruzione 10

1.3 Tipologie di “scambio” nella corruzione 11

1.4 La corruzione come scelta razionale 12

1.5 I costi della corruzione 16

Capitolo 2 I SOGGETTI DELLA CORRUZIONE 21

2.1 Tipologie di scambio occulto 22

2.1.1 Tangenti, denaro, risorse economiche 22 2.1.2 Protezione, garanzia di adempimento 24

2.1.3 Informazioni 25

2.1.4 Consenso, sostegno politico 27 2.1.5 Decisioni pubbliche che assicurano un vantaggio 29

2.2 I soggetti dello scambio corrotto 30

2.2.1 Imprenditori 31 2.2.2 Cartelli 34 2.2.3 Criminalità organizzata 35 2.2.4 Mediatori 38 2.2.5 Funzionari pubblici 42 2.2.6 Politici e partiti 47 2.2.7 Elettori e clienti 52

(4)

PARTE SECONDA

LA CORRUZIONE NEI CASI SINDONA E CALVI

55

Capitolo 3 IL CONTESTO STORICO NEGLI ANNI DELL’INCERTEZZA

57

Capitolo 4 LA CORRUZIONE NEL PERIODO 1974 - 1995: ANALISI DEI DATI

67

Capitolo 5 GLI “ATTORI” 87

5.1 Michele Sindona e Roberto Calvi 92

5.2 La P2 e gli altri faccendieri 107

5.3 Il Vaticano tra IOR e Opus Dei 117

5.4 Mafia e malavita italiana 127

5.5 Pubblici ufficiali 135

5.6 Il sistema politico 144

5.7 L’informazione 158

Capitolo 6 MANI PULITE: PERCHÉ NEL 1992? 167

CONCLUSIONI 179

APPENDICI 183

Appendice 1 Apologo degli onesti nel paese dei corrotti di Italo Calvino

185

Appendice 2 Come le imprese valutano il modo in cui la pubblica amministrazione svolge la propria funzione in alcune aree

189

Appendice 3 Debito pubblico e PIL 1974 - 1995 191

Appendice 4 Analisi dei dati Istat sul fenomeno della corruzione rilevata in Italia nel periodo 1974 - 1995

(5)

Appendice 5 Confronto tra quotazioni di Borsa del Banco Ambrosiano e numero di delitti denunciati

197

BIBLIOGRAFIA 199

(6)
(7)

1

INTRODUZIONE

Esattamente venticinque anni fa, il 17 febbraio 1992, prendeva avvio l’indagine

Mani Pulite la quale porterà alla scoperta del sistema della corruzione che per decenni

aveva caratterizzato l’Italia. Come dichiarato dall’allora Sostituto Procuratore di Milano Antonio Di Pietro, Mani Pulite fece emergere Tangentopoli, una «città virtuale»1 basata sulla criminalità e ancor più sulla corruzione.

Proprio riguardo a questa “città”, Italo Calvino scriveva già nel 1980 l’Apologo

sull’onestà nel paese dei corrotti2, un articolo apparso su “La Repubblica” il 15 marzo

dello stesso anno, nel quale viene data rilevanza ai principali soggetti che governano tale città e alle relazioni che essi pongono in essere. Per la chiarezza del tema trattato, in anticipo di ben dodici anni rispetto alle inchieste giudiziarie e per l’attualità che le parole scritte trentasette anni fa hanno nella società odierna, si ritiene opportuno proporre alcune considerazioni rilevabili dall’analisi dell’articolo di Calvino (il testo completo viene proposto in Appendice 1).

L’apologo si apre con la descrizione di «un paese che si reggeva sull’illecito» dove il sistema politico presente «aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati […] e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente, cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti». La storia italiana ha confermato le parole dello scrittore: a nulla era servita l’entrata in vigore della legge n. 195 del 1974, che istituiva in Italia per la prima volta un sistema di finanziamento pubblico dei partiti allo scopo di contrastare l’avanzata della corruzione e i relativi finanziamenti illeciti.

Relativamente alla componente politica Calvino fa riferimento anche alla

questione morale dichiarando: «nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non

era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito, anzi benemerito, in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune». I politici coinvolti nell’inchiesta Mani Pulite hanno giustificato l’incasso delle tangenti adducendo come motivazione l’incasso per conto del proprio partito di riferimento.

Successivamente, Calvino approfondisce il concetto basilare della teoria economica della corruzione secondo il quale nessun soggetto coinvolto nell’atto corrotto deve sopportare perdite, ma queste ultime devono essere messe in conto

1

Di Pietro, A., Intervista su Tangentopoli, a cura di G. Valentini, Bari, Laterza, 2000, p. 3.

2

(8)

2

unicamente alla collettività. A riguardo, Calvino scrive: «poiché in quel paese nessuno era disposto, non diciamo a fare bancarotta, ma neppure a rimetterci di suo (e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse), la finanza pubblica serviva a integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune si erano distinte per via illecita».

Lo scrittore fa riferimento, inoltre, allo scontro tra potere politico e potere giudiziario:

Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva di applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino ad allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché di soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse di un regolamento di conti di un centro di potere contro un altro centro di potere.

Gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta del Novecento sono stati caratterizzati da una serie di scandali che la magistratura ha considerato separatamente seppur vi fossero le premesse per un collegamento tra di loro (scandalo banane, scandalo tabacchi, primo e secondo scandalo dei petroli, scandalo Lockheed, Eni-Petronim e molti altri ancora). Solamente con l’avvio di Mani Pulite nel 1992 i vari casi di corruzione vengono messi in relazione l’un l’altro facendo emergere in tutta la sua grandezza Tangentopoli.

Calvino si sofferma inoltre sull’avanzata della criminalità organizzata la quale «coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche s’inserivano come un elemento di imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita». Gli anni Sessanta e Settanta sono, infatti, anni floridi per l’ “azienda del crimine” la quale si arricchisce notevolmente grazie sia alla propria attività sia all’attività di investimento e ripulitura del denaro sporco effettuato da banchieri compiacenti.

Il brano di Italo Calvino si conclude con l’introduzione della figura dei “veri” onesti; nel paese dei corrotti descritto dallo scrittore, tutti gli abitanti si sentivano sempre con la coscienza a posto ma solamente «gli onesti erano i soli a farsi sempre gli scrupoli, a chiedersi ogni momento che cosa avrebbero dovuto fare». Quando la corruzione diventa sistemica i cittadini onesti vengono messi ai margini della società dominante; questi ultimi decidono così di formare quella che Calvino definisce «controsocietà degli onesti».

(9)

3 Il seguente lavoro considera gli elementi emersi dall’analisi dell’Apologo

sull’onestà nel paese dei corrotti di Italo Calvino e si focalizza sull’analisi del sistema

della corruzione presente in Italia nel periodo di tempo che va dal 1974 al 1995. In particolare, viene analizzata la vicenda dei banchieri Michele Sindona e Roberto Calvi e vengono esaminate le principali operazioni di tipo occulto concluse da questi ultimi con i principali “attori” protagonisti del caso esaminato. L’anno 1974 è stato scelto come riferimento temporale di partenza in quanto registra la simultanea caduta dell’impero di Michele Sindona e l’ascesa di Roberto Calvi3

, mentre la data finale rappresenta la conclusione degli effetti dell’inchiesta Mani Pulite.

La definizione di banchieri di Dio è da ricercarsi negli stretti rapporti intrattenuti, prima da Sindona e in seguito da Calvi, con l’Istituto per le Opere di Religione (IOR). I due banchieri, infatti, si succedono nel ruolo di finanziere della banca vaticana. I numerosi articoli di stampa e, in seguito, i testi e i lavori cinematografici che hanno trattato nel corso degli anni tale vicenda, hanno portato a usare il termine banchiere di

Dio quale sinonimo dei due protagonisti del presente lavoro.

L’elaborato si articola in due parti. La prima propone un’analisi della letteratura riguardante il fenomeno della corruzione. In particolare, il primo capitolo, dopo aver passato in rassegna le varie definizioni di corruzione proposte nel corso del tempo da parte di enti nazionali e internazionali e da parte degli studiosi del fenomeno considerato, si prefigge come scopo quello di rilevare le distinzioni e le tipologie concernenti lo scambio corrotto. La parte finale del capitolo analizza dapprima il concetto di corruzione quale scelta razionale, per poi passare ai costi propri di tale fenomeno.

Il secondo capitolo, prendendo spunto dalla raffigurazione relativa alla rete degli scambi corrotti proposta dal sociologo Alberto Vannucci4, analizza, da un punto di vista teorico, le principali tipologie di scambio corrotto che possono essere poste in essere e i principali soggetti partecipanti a tale rete di scambi.

3

A riguardo il professor Giuseppe Conti osserva: «nel caso Sindona-Calvi, c’era un passaggio di ‘testimone’ di affari oscuri da un soggetto all’altro. Non si trattava solo di fenomeni di spoliazione e saccheggio societario […], ma di allentamento nelle regole e di incentivi da conflitto di interesse. Esportazioni illecite di capitali, riciclaggio, corruzione potevano diffondersi a macchia d’olio, con processi corrosivi difficili da fermare». Conti, G., Squilibri e crisi di governo dell’economia nell’Italia

dagli anni ’70 a oggi, in Conti, G., Cova, A. e La Francesca, S., “Le crisi bancarie in Italia

nell’Ottocento e nel Novecento: cause e svolgimenti”. Testi delle relazioni tenute nel ciclo di conferenze su “Storia di banche e di banchieri”, Milano, 2014, p. 162. [online] Disponibile a:

http://www.assbb.it/contenuti/news/files/Libro%20278.pdf

4

(10)

4

La seconda parte dell’elaborato offre una panoramica attinente al contesto storico di riferimento e si concentra successivamente sull’analisi dei dati Istat riguardanti i casi di corruzione rilevati nel periodo 1974-1995.

Il quinto capitolo rielabora la figura teorica proposta da Alberto Vannucci e la applica al caso Calvi-Sindona rilevando i diversi tipi di scambio corrotto realizzati.

Il sesto capitolo passa in rassegna i motivi considerati essenziali per l’avvio dell’inchiesta sulla corruzione sistemica presente in Italia nell’anno 1992.

(11)

5

PARTE PRIMA

ANALISI DEI FENOMENI

DI CORRUZIONE

(12)
(13)

7

CAPITOLO 1

L’ECONOMIA DELLA CORRUZIONE

1.1 Definizione

Definire la corruzione e che cosa si intenda con essa è sicuramente un compito arduo data la complessità del fenomeno in questione. Nonostante negli ultimi decenni, e non solo, il tema abbia occupato quasi quotidianamente le prime pagine dei giornali, non vi è ancora chiarezza terminologica e una robusta teoria della corruzione.

La teoria economica distingue il fenomeno della corruzione in tre categorie: corruzione pubblico-pubblico, corruzione pubblico-privato e corruzione privato-privato1. Questo lavoro si concentra sulle prime due tipologie di corruzione e in particolare vengono analizzati i legami esistenti tra componente politica e componente burocratica e le relazioni che vengono poste in essere tra la sfera pubblica e quella privata.

L’ONG internazionale Transparency International definisce la corruzione come un «abuso a fini privati di un potere delegato»2, a sua volta distinta in «grande corruzione» (atti commessi ad un alto livello di governo che distorcono le politiche o il funzionamento centrale dello stato, permettendo ai leader di beneficiarne a scapito del bene pubblico)3, «corruzione secondaria» (l'abuso di potere affidato da parte di funzionari pubblici a basso e medio livello nelle loro interazioni con i cittadini comuni , che spesso tentano di accedere beni o servizi di base in luoghi come ospedali, scuole, dipartimenti di polizia e altre agenzie)4 e «corruzione politica» (manipolazione delle politiche, delle istituzioni e delle regole di procedura nella ripartizione delle risorse e dei finanziamenti da parte dei decisori politici, che abusano della loro posizione per sostenere il loro potere, status e ricchezza)5.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ne parla in un’accezione ampia. Il concetto di corruzione «è comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso

1

Forti, G., La corruzione tra privati nell’orbita della disciplina della corruzione pubblica: un contributo

alla tematizzazione, in “Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, 2013, 4, pp. 1115-1163.

2

Tradotto da Transparency International, The Anti-Corruption Plain Language Guide, 2009, p. 14. [online] Disponibile a: http://www.transparency.org/whatwedo/publication/the_anti_corruption_plain_ language_guide 3 ivi, p. 23. 4 ivi, p. 33. 5 ivi, p. 35.

(14)

8

dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati».6

Per il magistrato e docente universitario Vito Marino Caferra il termine corruzione nel suo significato più ampio «comprende ogni comportamento di chi abusa del suo potere per ragioni di venalità»7, mentre, ridotta all’essenziale, rappresenta «lo scambio tra un atto di potere e una prestazione di danaro (o altra utilità)8».

Per un magistrato come Piercamillo Davigo, invece, la corruzione è definita «condotta illegale di un pubblico funzionario il quale, in cambio di denaro o altra utilità effettivamente ricevuta o semplicemente promessa, compie atti di ufficio oppure agisce in modo contrario ai suoi doveri»9.

Il professor Alberto Vannucci, da sociologo, parla di10:

(i) una violazione occulta delle clausole di un contratto (implicito o esplicito) di lavoro, che prevede l’esercizio di un potere discrezionale,

(ii) da parte del “dipendente” che, in contrasto con gli interessi del “principale”, (iii) agisce a beneficio di una “terza parte” da cui riceve, in cambio, un compenso […] (iv) il “principale” è costituito dallo stato o da un altro ente pubblico.

A questi autori se ne potrebbero aggiungere molti altri, ma dagli esempi riportati si può facilmente notare come ogni studioso propone una propria definizione la quale può variare considerevolmente. Ciò nonostante, nelle scienze sociali sono stati individuati tre criteri per riconoscere il fenomeno della corruzione:

a) legalità (o norme giuridiche); b) interesse pubblico;

c) opinione pubblica11.

Il primo criterio identifica un comportamento come corrotto quando questo va contro a norme giuridiche o a standard formali. La definizione più articolata al riguardo è quella di J.S. Nye, secondo il quale la corruzione è «un comportamento che devia dai doveri formali di un ruolo pubblico per ottenere vantaggi legati a questioni private

6

Autorità Nazionale Anticorruzione, Piano Nazionale Anticorruzione, Roma, 2012, p. 13. [online] Disponibile a:

http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/Anticorruzione/PianoNazionaleAnticor ruzione/_piani?id=38b75d7a0a7780427070dde0b21940b1

7

Caferra, V.M., Il sistema della corruzione. Le ragioni, i soggetti, i luoghi, Bari, Laterza, 1992, p. 9.

8

ivi, p. 15.

9

Davigo, P., La giubba del re, Bari, Laterza, 1998, p. 13.

10

Vannucci, A., Il mercato della corruzione, Milano, Società Aperta Edizioni srl, 1997, pp. 8-9.

11

Cazzola, F., Della corruzione, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 11; Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p. 18; Cazzola, F., Corruzione, in “Enciclopedia delle scienze sociali”, Treccani, 1992 [online] Disponibile a:

(15)

9 (personali, di famiglia, di clan privato) relative al denaro o allo status; oppure che viola le regole stabilite per impedire indebite forme di influenza privata»12.

In sintesi, la corruzione è ciò che il codice penale stabilisce. In Italia, l’articolo 318 del codice penale sancisce: «Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a sei anni».

Le critiche che vengono mosse a questo primo criterio concernono la definizione di corruzione che può risultare allo stesso tempo troppo larga o troppo stretta in quanto è sufficiente una riforma legislativa per modificare i comportamenti ritenuti corrotti. Il criterio legalistico, inoltre, può comportare problemi se si effettua una comparazione nello spazio, in quanto ogni ordinamento giuridico ha norme proprie, che possono risultare assai diverse tra Stato e Stato.13

Il criterio dell’interesse pubblico allarga enormemente il concetto di corruzione. Si ha un comportamento corrotto ogni qual volta viene trasgredito l’interesse pubblico per far prevalere l’interesse privato.

Le critiche che vengono rivolte a questo secondo criterio riguardano l’ampiezza della definizione. A tal riguardo J. C. Peters sostiene che la definizione è troppo ampia e lascia al ricercatore «tutta la responsabilità di determinare ciò che è pubblico o comune interesse prima di valutare se un particolare atto è corrotto […] Inoltre, questa definizione consente a un politico di giustificare ogni atto affermando che esso è nell’interesse pubblico»14

.

Il terzo criterio potrebbe sembrare il più facile da intuire: è corruzione ciò che l’opinione pubblica considera tale. Tuttavia, la vaghezza della definizione di opinione pubblica, espone questo criterio ad aspre critiche. Tutto può rientrare nel concetto di opinione pubblica: i giornali, i sondaggi pubblici, un pubblico indifferenziato oppure un’ élite.

Lo studioso J. Heidenheimer ha cercato di rispondere alle critiche evidenziate attribuendo tre differenti colori alle varie forme di corruzione: bianco, nero e grigio.

12

Nye, J. S., Corruption and Political Development: A Cost-Benefit Analysis, in «American political science review», 1967, Vol. 61, n. 2, p. 419.

13

Cfr. Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p. 19.

14

Peters, J.C. e Welch, S., Political Corruption in America: A Search for Definitions and a Theory, or If

Political Corruption Is in the Mainstream of American Politics Why Is it Not in the Mainstream of American Politics Research?, in “American Political Science Review”, 1978, Vol. 72, n. 3, p. 975.

(16)

10

Nel suo studio15 la corruzione costituisce una relazione tra il giudizio di un particolare atto dato dall’opinione pubblica e quello dato dalla classe politica. Si ha corruzione nera quando entrambi giudicano l’atto come corrotto e vorrebbero che venisse represso; corruzione bianca se invece l’atto, pur essendo giudicato corrotto, viene ritenuto accettabile e la sua rivelazione non dà luogo a scandali. Infine, si tratta di corruzione grigia quando le due parti hanno un’opinione diversa, ossia una parte ritiene l’atto corrotto accettabile, a differenza dell’altra parte che ne vorrebbe la repressione. Secondo l’autore quest’ultima rappresenta la tipologia di corruzione più pericolosa in quanto può portare a conflitti tra la società civile e le istituzioni politiche.

La teorizzazione di Heidenheimer tuttavia non pone fine alle critiche dato che la concezione di giusto e sbagliato nell’opinione pubblica è molto soggettiva e variabile al variare dei mutamenti di opinione pubblica.

In definitiva, ogni criterio analizzato pone limiti e rischi; in accordo con Franco Cazzola si può ritenere che «l’approccio meno dannoso risulti quello fondato sulla definizione “legalistica” della corruzione, considerando gli aspetti “opinione pubblica” come political responses (or non responses) ad essa»16.

1.2 Configurazioni del reato di corruzione

Analizzando il testo del codice penale agli articoli 318 e seguenti si possono individuare diverse categorie riguardanti il reato di corruzione17.

Innanzitutto, si distingue la corruzione passiva da quella attiva a seconda che il reato venga visto dalla prospettiva del pubblico ufficiale che cede alle lusinghe (ricevendo denaro o altra utilità o accettandone la promessa) oppure da quella della terza parte (il privato) che cerca di corrompere.

Si parla di corruzione propria o impropria a seconda che il pubblico ufficiale ottenga il premio per atti contrari ai suoi doveri di ufficio oppure che la ricompensa sia accettata al fine di compiere atti che sarebbero comunque dovuti.

Infine, la corruzione antecedente e quella susseguente si distinguono e si caratterizzano in base al momento in cui il pubblico ufficiale compie la sua mossa rispetto a quella della terza parte.

15

Heidenheimer, A., Perspectives on the perception of corruption, in A. Heidenheimer e M. Johnston,

Political Corruption: Concepts and Contexts, New Brunswick: Transaction Publishers, 2002, p. 161.

16

Cazzola, F., Della corruzione, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 15.

17

Cfr. Caferra, V.M., Il sistema della corruzione. Le ragioni, i soggetti, i luoghi, Bari, Laterza, 1992, pp. 11-12; Davigo, P., La giubba del re. Intervista sulla corruzione, a cura di D. Pinardi, Bari, Laterza, 1998, p. 14.

(17)

11 Tra le varie distinzioni appare utile, in questo momento, ricordare quella esistente tra corruzione e gli altri reati dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione.

L’articolo 314 del codice penale definisce il reato di peculato. Tale reato si distingue da quello di corruzione per il fatto che il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio) si appropria di denaro o cosa mobile altrui, «di cui abbia per ragioni del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità», senza il consenso della terza parte. Si tratta, a ben vedere, di fattispecie analoga a quella dell’appropriazione indebita, dove la differenza sta nella qualifica soggettiva di chi agisce, ovvero non il privato, bensì il pubblico ufficiale (o incaricato di pubblico servizio).

Lo stato di soggezione della terza parte è ciò che differenzia il reato di concussione da quello di corruzione. L’articolo 317 del codice penale prescrive, in effetti, che «il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni ». Risulta evidente come il pubblico ufficiale abusi del proprio ruolo con l’intento di alterare la libertà di determinazione del privato, configurandosi come una vera e propria costrizione. Nella corruzione, invece, il privato agisce liberamente, senza alcun tipo di soggezione.

1.3 Tipologie di “scambio” nella corruzione

I privati, attraverso l’attività di corruzione cercano di appropriarsi di una parte delle risorse che lo Stato gestisce mediante i suoi agenti. A tal proposito il Comitato di

Studio per la prevenzione della corruzione definisce la corruzione quale «forma di

accordo fra una minoranza allo scopo di appropriarsi di beni che spettano alla maggioranza della popolazione, considerata questa, o come insieme di consumatori, o come insieme di cittadini elettori»18.

Questo processo di allocazione di risorse della collettività a vantaggio del corruttore si realizza attraverso diverse modalità di intervento pubblico. In estrema sintesi l’agente può:

18

Comitato di Studio per la prevenzione della corruzione, Rapporto alla Camera dei deputati, Roma, 23 ottobre 1996, p.7. [online] Disponibile a:

(18)

12

a) prendere decisioni discrezionali, che assegnano un beneficio o influenzano gli esiti di una procedura pubblica;

b) non agire. L’interesse del privato sta proprio nell’inazione del soggetto pubblico;

c) trasmettere informazioni riservate;

d) fare una promessa credibile per influenzare future decisioni politiche19. Per essere sicuri di ottenere ciò che desiderano, i privati si rivolgono ad agenti che godono di una certa “reputazione”. La reputazione viene incrementata dall’efficacia delle azioni del soggetto pubblico e questo comporta, per il corrotto, ad una maggiore fama ed un prezzo della tangente più alto. Inoltre, se il corruttore vuole mantenere dei buoni rapporti con l’agente, sarà spinto a rispettare gli impegni senza opporre resistenza20.

Questo circolo vizioso porta al paradosso secondo il quale chi «non accetta tangenti rischia di non essere considerato onesto, ma piuttosto, privo di potere, debole o incompetente» e per il quale «la plateale ostentazione di ricchezza, l’esibizione di abitazioni, vestiti, yatch, e auto costose, diventa una forma di pubblicità selettiva rivolta ai potenziali corruttori»21.

1.4 La corruzione come scelta razionale

Rileggendo gli interrogatori relativi all’inchiesta Mani Pulite emerge chiaramente come fino ai primi anni Novanta esistesse un vero e proprio sistema in cui le regole, seppur non scritte, fossero ben chiare a tutti22. Ogni soggetto, quindi, decideva di partecipare al sistema degli scambi corrotti solo dopo aver provveduto ad effettuare un’attenta analisi dei propri costi e benefici. Come dichiara Ernesto U. Savona «il comportamento criminale, a esclusione di quello provocato da disturbi della personalità o da spinte emotive irrazionali, obbedirebbe alla regola della razionalità»23.

19

Vannucci, A., Il mercato della corruzione, Milano, Società Aperta Edizioni srl, 1997, pp. 32-33; Casi di attualità relativi alle varie modalità di intervento dell’agente sono rintracciabili in Vannucci, A., Atlante

della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, pp. 30-34.

20

Vannucci, A., Il mercato della corruzione, Milano, Società Aperta Edizioni srl, 1997, pp. 53-56.

21

ivi, p. 63.

22

Per degli estratti essenziali degli interrogatori nell’inchiesta Mani Pulite si rimanda a Andreoli, M., Cantore, R., Carlucci, A., Tortorella, M., Tangentopoli le carte che scottano, supplemento a Panorama, febbraio 1993; Vannucci, A., Il mercato della corruzione, Milano, Società Aperta Edizioni srl, 1997.

23

Savona, E. U., Economia e criminalità, in “Enciclopedia delle scienze sociali”, Treccani, 1992. [online] Disponibile a: http://www.treccani.it/enciclopedia/economia-e-criminalita_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/

(19)

13 All’interno dei vari comportamenti criminali è possibile individuare la categoria della criminalità economica, la cui prima concettualizzazione è da attribuire al criminologo Edwin H. Sutherland. Per Sutherland tale criminalità «non è strettamente correlata con la povertà […]. I “baroni ladri” della seconda metà del XIX secolo erano criminali dal colletto bianco, come praticamente tutti ora concordano»24. Sutherland propone anche un elenco dei reati commessi dai white-collar criminals comprendente:

false dichiarazioni nel bilancio della società, la manipolazione in borsa, corruzione commerciale, corruzione di pubblici ufficiali, diretta o indiretta, al fine di garantire dei contratti e decisioni favorevoli, false dichiarazioni nella pubblicità e nella tecnica di vendita, appropriazione indebita e distrazione di fondi, i pesi e le misure a breve e errata valutazione dei beni, frodi fiscali, uso scorretto dei fondi nelle curatele fallimentari e nella bancarotte. Questi sono ciò che Al Capone ha chiamato "il racket legittimo"25

.

La più nota teoria economica della criminalità appartiene al premio Nobel Gary Becker. Partendo dal presupposto che i criminali sono esseri razionali, essi decidono di commettere un reato «se l’utilità che si attende da questo supera quella conseguente all’impiegare il proprio tempo e risorse in altre attività»26

. Tale scelta avviene analizzando alcuni fattori che possono influenzarla e che Becker ha sintetizzato in una funzione così espressa:

Oj = Oj (pj, fj, uj)

Questa funzione stabilisce che un individuo commette un numero di reati Oj in un

determinato periodo di tempo, sulla base della probabilità di essere scoperto e condannato (pj), della severità della pena (fj), e sulla base di una variabile (uj) che

racchiude tutte «quelle condizioni economiche, sociali e culturali che, se migliorate, potrebbero costituire incentivi a un’attività legale, diminuendo così la propensione all’attività criminale»27

. In definitiva alcuni soggetti decidono di divenire criminali «non

24

Sutherland, E.H., White collar criminality, in “American sociological review”, february 1940, V, pp. 1-12. [online] Disponibile a: http://www.asanet.org/sites/default/files/savvy/images/asa/docs/pdf/1939%20Presidential%20Address%2 0(Edwin%20Sutherland).pdf 25 Ibid. 26

Becker, G.S., Crime and Punishment. An Economic Approach, in Becker, G.S. e Landes, W.M., Essay

in the Economics of Crime and Punishment, National Bureau of Economic Research Inc., New York,

1974, pp. 1-54. [online] Disponibile a: http://www.nber.org/chapters/c3625.pdf

27

Savona, E. U., Economia e criminalità, in “Enciclopedia delle scienze sociali”, Treccani, 1992. [online] Disponibile a: http://www.treccani.it/enciclopedia/economia-e-criminalita_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/

(20)

14

perché siano diverse le loro motivazioni di base rispetto a chi non lo diventa, ma perché sono diversi i costi ed i benefici attribuiti alle diverse attività»28 e non desisteranno dall’attività illecita fino a che «dati i [loro] gusti ed il suo vincolo di bilancio, questo non diventi troppo oneroso. E, in generale, non sarà del tutto gratuito per una società rendere il comportamento che si vuol proibire eccessivamente oneroso per il potenziale trasgressore»29.

Più recentemente, Stefano Zamagni, utilizzando gli strumenti della teoria dei giochi, è arrivato a parlare di “dilemma della tangente”30, facendo riferimento al ben noto dilemma del prigioniero. Egli fa emergere come l’unica scelta possibile, per un soggetto razionale, sia quella di pagare la tangente e conformarsi al sistema corruttivo vigente. Inoltre, ripetendo il dilemma della tangente nel tempo, si nota che i soggetti saranno ancora più convinti a pagare la tangente e soprattutto a non sgarrare (denunciando l’illecito e quindi attuando una scelta non cooperativa) poiché questa continuità del “gioco” fa sì che le ripercussioni negative che ne conseguono siano maggiori dei benefici31.

Alla stregua di Zamagni, anche Alberto Vannucci spiegando il sistema della corruzione parla di scelte razionali da parte dei soggetti coinvolti, in cui le decisioni vengono prese solo dopo un’attenta analisi dei costi e dei benefici attesi. I benefici, come affermato in precedenza, riguardano la spartizione tra pochi soggetti di beni che spettano alla collettività, mentre i costi sono dati dalla severità della punizione e dalla possibilità di essere scoperti e acciuffati.

Il concetto di scelta razionale è stato proposto da Alberto Vannucci32 rielaborando la formula della corruzione di Robert Klitgaard33. La formula sintetizza «i fattori

Si è preferito richiamare la descrizione del Savona riguardo la variabile (uj) poiché Becker nel suo

articolo Crime and Punishment. An Economic Approach (op. cit.) la descrive semplicemente come una variabile riassuntiva del «quanto e come influiscono le componenti sopra elencate [pj e fj]».

28

Becker, G.S., Crime and Punishment. An Economic Approach, in Becker, G.S. e Landes, W.M., Essay

in the Economics of Crime and Punishment, National Bureau of Economic Research Inc., New York,

1974, pp. 1-54. [online] Disponibile a: http://www.nber.org/chapters/c3625.pdf

29

Becker, G.S. e Stigler, G.J., Law Enforcement, Malfeasance, and Compensation of Enforcers, in “The Journal of Legal Studies”, III, January 1974, pp. 1-18. [online] Disponibile a:

http://www.jstor.org/stable/724119?seq=1#page_scan_tab_contents

30

Zamagni, S., Sul processo di generazione della corruzione sistemica, in Barca, L. e Trento, S.,

L’economia della corruzione, Roma, Laterza, 1994, pp.96-99.

31

«Un simile equilibrio cooperativo, vantaggioso per i soggetti direttamente implicati, si realizza però ai danni della collettività». Per una descrizione completa di tale teoria si rimanda al testo di Zamagni, Sul

processo di generazione della corruzione sistemica, cit., pp. 96-99.

32

Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p. 112.

33

Klitgaard, R., International Cooperation Against Corruption, in “Finance & Development”, March 1998, p. 4. [online] Disponibile a: http://www.imf.org/external/pubs/ft/fandd/1998/03/pdf/klitgaar.pdf

(21)

15 generali che orientano qualsiasi valutazione individuale della convenienza della corruzione»34 e può essere scritta nel seguente modo:

C = M + D – T – A dove il livello di corruzione dipende da:

a) la presenza di posizioni monopolistiche (M), che indica il livello di intervento dello Stato in economia;

b) l’attribuzione di poteri discrezionali (D) a politici e funzionari; c) il grado di trasparenza (T) del percorso decisionale;

d) il livello di rendicontabilità (A), o accountability o anche sindacabilità, e) nell’operato degli agenti pubblici35.

Facendo un salto in avanti, è possibile usare questa formula per indicare alcuni fattori che rafforzano la tesi che questo lavoro si prefigge di sviluppare (per un’analisi più approfondita si rimanda ai capitoli successivi).

Innanzitutto negli anni Settanta e Ottanta del Novecento il livello di intervento dello Stato nell’economia fu più alto che negli anni Novanta, periodo in cui ebbe inizio il processo di privatizzazione degli enti pubblici. Negli anni Novanta si riducono quindi le occasioni per attuare uno scambio corrotto ed aumenta la concorrenza là dove lo Stato mantiene una posizione di monopolio. Il potere decisionale ed il grado di trasparenza risultano, a mio avviso, pressoché invariati; a partire dagli anni Settanta i partiti iniziano ad entrare direttamente nella gestione degli enti pubblici e questa situazione non varia molto nel periodo preso a riferimento. Infine, per quanto riguarda il livello di rendicontabilità, negli anni Novanta aumentarono sia la libera circolazione delle informazioni sia l’efficacia dei meccanismi di controllo, così come i poteri in mano all’Autorità giudiziaria; il ricorso alla corruzione era ora meno conveniente che nei decenni precedenti36.

34

L’autore ha aggiunto alla formula elaborata da Klitgaard la trasparenza delle decisioni pubbliche poiché in alcuni casi le tangenti sono pagate per ricevere informazioni riservate. Si veda Vannucci, A., Atlante

della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p. 112.

35

ivi, pp. 112-115.

36

Riguardo ai nuovi strumenti in possesso dell’autorità giudiziaria nei primi anni Novanta si veda tra gli altri Di Pietro, A., Intervista su Tangentopoli, a cura di G. Valentini, Bari, Laterza, 2000; Colombo, G.,

Lettera a un figlio su Mani Pulite, Milano, Garzanti S.r.l., 2015. Sul passaggio dal sistema delle

nazionalizzazioni a quello delle privatizzazioni si veda: Ricerche e Studi S.p.A. “R. & S.”, Le

privatizzazioni in Italia dal 1992, Milano, 2000. [online] Disponibile a:

(22)

16

1.5 I costi della corruzione

Nel paragrafo precedente si è parlato di benefici e di costi relativamente alle scelte razionali compiute dai soggetti coinvolti nello scambio corrotto. Nel seguente paragrafo si procede a un’analisi dettagliata dei costi afferenti sia al singolo individuo sia all’intero sistema. In tale ottica viene proposta una distinzione tra pre-corruzione e

post-corruzione. Tale distinzione viene coniata dall’autore dell’elaborato allo scopo di

mettere in evidenza la razionalità insita nelle scelte dei soggetti coinvolti nello scambio corrotto. Altro fattore su cui si è voluto porre attenzione è la diversità dei soggetti su cui ricadono tali scelte. La fase di pre-corruzione riguarda esclusivamente il singolo soggetto (sia corruttore che corrotto), mentre la fase di post-corruzione amplia la platea dei soggetti interessati all’intera collettività.

Con il termine pre-corruzione si intende l’insieme dei costi riguardanti la parte antecedente alla commissione dell’atto illecito. È possibile includere all’interno di tale categoria le seguenti tipologie di costi:

a) di riflessione: riguardano la severità della punizione e la possibilità di essere scoperti e catturati (vedi paragrafo precedente); tanto più alti saranno questi fattori, tanto minore sarà la volontà di corrompere;

b) di identificazione: fanno riferimento alla difficoltà che corrotto e corruttore incontrano quando devono entrare in contatto per la prima volta. Se i soggetti disonesti (sia corrotti che corruttori) sono pochi, maggiore sarà la probabilità di imbattersi in un soggetto onesto. Quando la corruzione diventa sistemica questo costo tende a zero37;

c) di scrupoli morali: attinenti ai valori propri di ogni individuo che fanno sì che quest’ultimo accetti o meno di partecipare all’atto illecito.

politica economica italiana dalla crisi del 1992-93 a quella del 2008-09, presentato nella giornata di studi

in onore di Guido M. Rey “L’economia italiana: modelli, misurazione e nodi strutturali”, Roma, Università Roma Tre, 5 marzo 2010. [online] Disponibile a:

https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2010/Rossi_050310.pdf

Sull’influenza della stampa si rimanda alle dichiarazione effettuate da Paolo Mieli e Antonio Di Pietro (i quali ricoprivano nel 1992, rispettivamente le cariche di direttore del “Corriere della Sera” e di Sostituto Procuratore di Milano) nel corso della puntata del 18 marzo 2017 della trasmissione “Punto di Vista”. Visibile a: http://www.tg2.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-c18110c4-9c00-400b-8a9e-62b342b17d2a-tg2.html#p=

37

La tipologia dei costi di identificazione si basa sul concetto di ricerca del posto di lavoro proposto da Edmund Strother Phelps. Cfr. Phelps, E. S., Money wage dynamics and labor market equilibrium, in Phelps, E.S., et al. (Eds.), Microeconomic Foundations of Employment and Inflation Theory, New York, Norton, pp. 124–166.

(23)

17 Relativamente ai costi morali è interessante far accenno allo studio condotto da Raymond Fisman e Edward Miguel38. L’esperimento (come definito dagli autori) ha riguardato l’analisi delle infrazioni sulle regole del parcheggio fatte dai diplomatici di 146 Paesi nella città di New York nel periodo novembre 1997 – novembre 2002 in un ambiente senza applicazione giuridica della violazione. L’indice costruito sulla base dei dati rilevati, ricalca il livello di corruzione del Paese di origine39. Questo dimostra che pur avendo le stesse opportunità, gli individui continuano a comportarsi come se fossero nel proprio Paese; agiscono secondo i propri valori morali.

Ritornando alla divisione proposta, mentre con i costi antecedenti si è fatto riferimento al singolo individuo, i costi post-corruzione allargano il raggio dei soggetti coinvolti arrivando all’intera società. Utilizzando la classificazione proposta da Franco Cazzola40 si possono individuare in questa seconda categoria i seguenti costi:

a) economici: non si fa riferimento solo al denaro che viene sprecato, ma anche ad altri costi che subiscono:

I. il mercato: a causa della corruzione il mercato non si allarga, come numero di attori e quindi non aumenta la concorrenza. Emblematica la situazione degli anni ’80 in cui gli imprenditori hanno preferito investire le proprie risorse in tangenti piuttosto che in ricerca e sviluppo. Alfredo Mosini, assessore ai Lavori Pubblici, costituitosi alla magistratura il 7 aprile 1992, ricorda che agli inizi della sua attività di corrotto «Gallinoni e Garampelli, ognuno separatamente dall’altro, mi fecero presente l’opportunità di evitare di dover fare sempre la guerra con le altre imprese concorrenti e mi fecero capire che se non fossi intervenuto presentando altre ditte e quindi imponendo dei concorrenti, potevo essere in qualche modo ricompensato»41.

38

Fisman, R. e Miguel, E., Cultures of Corruption: Evidence From Diplomatic Parking Tickets, in «National Bureau of Economic Research», June 2006, p. 16. [online] Disponibile a:

http://www.nber.org/papers/w12312

39

Confrontando i dati di tale esperimento con il CPI (Corruption Perceptions Index) elaborato ogni anno dall’ONG Transparency International si nota che, escludendo alcune eccezioni come la Grecia, i

diplomatici più disciplinati a New York sono anche quelli che hanno un livello di corruzione percepita nel proprio Paese di origine più basso mentre i diplomatici più indisciplinati sono quelli con un CPI più elevato.

40

Cazzola, F., I costi della corruzione, in Barca, L. e Trento, S., L’economia della corruzione, Roma, Laterza, 1994, pp.109-117.

41

Carlucci, A., Tangentomani. Storie, affari e tutti i documenti sui barbari che hanno saccheggiato

Milano, Milano, Baldini & Castoldi, 1992, p. 68. Si veda anche Andreoli, M., Andavamo in piazza duomo, Milano, Sperling & Kupfer Editori S.p.a., 1993.

(24)

18

Riguardo le preferenze degli imprenditori riguardo gli investimenti, il professor Alberto Vannucci rileva: «imprese meno innovative diventano imprese inefficienti e se non ricorrono alla corruzione non hanno possibilità di essere premiate sul mercato. E quindi la corruzione produce inefficienza che produce corruzione». Della stessa opinione risulta essere l’economista professore Stefano Zamagni: «Chi corrompe ha la possibilità di ottenere una serie di benefici senza adoperare l’ingegno. È ovvio che se per vincere l’appalto corrompo non ho bisogno di prendere il miglior ingegnere. Se invece non ci fosse corruzione l’imprenditore dovrebbe mettercela tutta e dovrebbe circondarsi delle persone più dotate, le più produttive»42.

II. il bilancio dello Stato: le risorse pubbliche vengono destinate ai settori in cui è più facile portare a termine lo scambio occulto. Se così è, allora vi è un progetto criminoso anche a monte, nel gruppo dirigente, nell’élite di potere.

b) sociali: se nessuno viene punito per i reati che commette si avrà come conseguenza che ancor più soggetti commetteranno atti illeciti. La conseguenza ultima è che non sarà più possibile distinguere tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, specialmente nel caso in cui una maggioranza di corrotti e corruttori proceda a un cambiamento delle regole del gioco in loro favore;

c) della politica: la corruzione oltre a distruggere il mercato economico distrugge anche quello della politica; farà carriera solo chi è in grado di portare maggiori somme di denaro al partito e non chi è portatore di valori ed ideali43;

d) istituzionali: lo scontro tra potere politico e giudiziario si realizza in certi contesti e epoche quando il potere politico, probabilmente più esposto a occasioni di guadagni da corruzione, cerca di svincolarsi dalla pressione

42

Interventi di Alberto Vannucci e di Stefano Zamagni in occasione della conferenza “La corruzione: un

reato come costume diffuso”, Pisa, Dipartimento di Economia e Management, 17 novembre 2015.

43

Per una disamina della mutazione della classe politica negli anni Ottanta si rimanda a Magatti, M.,

Corruzione politica e società italiana, Bologna, Il Mulino, 1996, pp.207-211. L’autore, in particolare,

distingue la figura del politico elencando quattro possibili tipologie: - il politico emergente;

- il politico navigato; - il politico di periferia; - il politico imprenditore.

(25)

19 che il potere giudiziario esercita sugli atti politico-amministrativi di dubbia legalità o di certa illegalità. In quei casi l’esito della contesa può portare a una limitazione della parte perdente. Ad esempio, l’avvio dell’inchiesta Mani Pulite ebbe un esito quasi immediatamente distruttivo per un’intera classe politica, indipendentemente dalle responsabilità dirette, e dando vita a un processo di rinnovamento delle compagini partitiche e a un profondo rimescolamento delle identità, dando modo a molti personaggi di riciclarsi nelle nuove formazioni politiche secondo un processo di trasformismo, non nuovo nella storia italiana44.

e) umani generali: finché la corruzione rimane un atto isolato ci si rivolgerà alla giustizia ordinaria per reprimerla. Ma quando la corruzione diventa sistemica l’unica esigenza richiesta è quella di rispettare i patti, ed essendo la corruzione un atto illecito, ci si rivolgerà con maggior intensità alla criminalità organizzata in quanto «i mafiosi sono imprenditori prima di tutto nel campo di una merce particolare: la protezione. Questo è ciò che li distingue dai semplici criminali, dai semplici imprenditori o dagli imprenditori criminali»45.

44

Sul concetto di trasformismo si rimanda a Cafagna, L., Cavour, Bologna, Il Mulino, 1999; Musella, L.,

Il trasformismo, Bologna, Il Mulino, 2003; Rogari, S., Alle origini del trasformismo. Partiti e sistema politico nell’Italia liberale, Roma-Bari, Laterza, 1998.

45

(26)
(27)

21

CAPITOLO 2

I SOGGETTI DELLA CORRUZIONE

Lo schema elementare della corruzione, come si è precedentemente affermato, comprende tre soggetti: il corruttore, il corrotto e il principale. L’agente corrotto non agisce più nell’interesse del principale (lo Stato), ma rompe questo legame di fiducia per crearne un altro, di tipo occulto, al fine di soddisfare gli interessi di una terza parte (il corruttore).

Questa rappresentazione semplificata serve a far distinguere il fenomeno della corruzione da altri contigui, ma nella pratica vengono create relazioni che coinvolgono una pluralità di soggetti e risorse. Man mano che la corruzione si estende entrano in gioco nuovi protagonisti e si creano nuovi tipi di relazioni di scambio. Una versione semplificata della rete dello scambio corrotto è stata proposta da Alberto Vannucci1 e qui di seguito si propone una rielaborazione a colori del suo schema.

Fig. 2.1: Una rete complessa di scambi corrotti

Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.

1

(28)

22

«Quello tracciato è soltanto un quadro parziale, una fotografia sfocata di quella che si potrebbe definire – in assonanza con un noto film di Costa-Gravas – l’orgia della

corruzione che si fa sistemica»2.

2.1 Tipologie di scambio corrotto

Parlando di corruzione il primo collegamento che risulta immediato è quello con il denaro. In realtà, lo scambio corrotto può assumere le più svariate forme e non sempre ha le sembianze di banconote. Ad esempio, un imprenditore che voglia ottenere un appalto (quindi uno scambio corrotto sotto forma di decisione pubblica che assicura un vantaggio), nel momento in cui la corruzione diventa sistemica oltre a dover recuperare le risorse economiche per compiere l’atto illecito, si troverà di fronte ad altri problemi di natura diversa. Per prima cosa dovrà individuare la persona giusta da corrompere, altrimenti si troverà a pagare reiteratamente per ricevere lo stesso beneficio; avrà dunque bisogno di ottenere informazioni precise. Concluso lo scambio corrotto, essendo di tipo occulto, non è garantito l’adempimento della controparte; il corruttore potrà aver bisogno di stipulare accordi di protezione (con soggetti criminali) per assicurarsi il rispetto dei patti.

Di seguito, mediante la rielaborazione della figura 2.1, viene proposta una scomposizione basata sui tipi di scambio corrotto che l’atto illecito può assumere.

2.1.1 Tangenti, denaro, risorse economiche

Il primo tipo di scambio corrotto è quello che può essere definito “classico”. In questa situazione vengono scambiati denaro, risorse economiche e altre utilità.

Dall’analisi della figura 2.2 si nota come ci siano soggetti paganti, soggetti riceventi ed infine soggetti che oltre a ricevere tangenti le pagano. Mentre è abbastanza intuibile il motivo per cui un imprenditore singolarmente o sotto forma di cartello, paga tangenti e il soggetto pubblico le intasca, è più interessante analizzare le ragioni per le quali anche i soggetti pubblici pagano altri soggetti, ossia girano una parte delle entrate illecite che ricevono.

La risposta a tale domanda si cela dietro alla figura del mediatore: quest’ultimo riceve denaro o risorse economiche dai soggetti pubblici per soddisfare i diversi bisogni che incontrano.

2

(29)

23 Fig. 2.2: Tangenti, denaro, risorse economiche

Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.

Lasciando ulteriori approfondimenti al paragrafo che tratta dei soggetti dello scambio corrotto (§ 2.2.4), è possibile affermare che il mediatore è:

a) un facilitatore dello scambio corrotto, poiché riesce a mettere in contatto i vari soggetti interessati;

b) un selezionatore: quando la corruzione è sistemica il numero di soggetti coinvolti è considerevole e si pone un problema di affidabilità. Il mediatore ha il compito di selezionare e mettere in contatto soltanto i soggetti ritenuti affidabili;

c) uno scudo umano in quanto evita ai soggetti coinvolti di essere perseguiti dalla magistratura;

d) un giudice che estromette chi non rispetta le regole non scritte dello scambio.

Rivolgendosi a un mediatore titolato il soggetto corruttore (in questo caso anche il soggetto pubblico diventa corruttore) riesce a minimizzare i rischi e a massimizzare i profitti.

(30)

24

2.1.2 Protezione, garanzia di adempimento

Quanto più la corruzione diventa sistemica tanto più la fiducia nello Stato da parte dei cittadini diminuisce. Si preferisce, allora, affidarsi a forme di protezione illegali che non fanno altro che alimentare la spirale della sfiducia.

I primi ad incentivare la sfiducia nello Stato sono i soggetti pubblici corrotti «poiché questo consente loro di offrire in maniera selettiva servizi di protezione da quelle condizioni indesiderate»3. I soggetti pubblici non offrono più soltanto decisioni, informazioni riservate, inazione o promesse credibili (§ 1.3) ma anche protezione4:

a) da ulteriori corruzioni: il corruttore paga un individuo per non esser poi obbligato a pagarne altri;

b) dalla concorrenza: il corruttore paga per entrare nelle grazie dei potenti e scalzare la concorrenza. La tangente «somiglia ad una tassa d’iscrizione al sistema di erogazione delle rendite politiche»5.

A seconda della frequenza dei rapporti il corruttore decide se pagare per ogni singolo scambio oppure instaurare rapporti durevoli con personalità che si ritengono influenti, fino al punto di creare rapporti di finanziamento diretto e continuo al partito quando i rapporti tra le due parti sono molto frequenti e di elevata entità. In questo ultimo modo non si pone il problema di trovare il corrotto giusto per ogni richiesta e non si hanno problemi di doppi pagamenti, dato che finanziando il partito nessun sottoposto si trova nella condizione di poter ovviare alcunché. Inoltre, nel caso di un ricambio nelle cariche, questo non incide in alcun modo poiché il finanziamento è avvenuto a livello centrale.

I partiti, però, offrono protezione e garanzia di adempimento anche ad altri soggetti come evidenziato nella figura che segue (Fig. 2.3).

Il tipo di protezione che i partiti offrono ai burocrati e ai dirigenti è sostanzialmente di stabilità; i dirigenti devono la propria nomina e la successiva conferma ai vertici del partito, mentre i burocrati cercano protezione nella propria carriera.

I politici, infine, danno protezione e garanzia di adempimento agli elettori. Questo aspetto verrà trattato successivamente relativamente al consenso e sostegno politico (§ 2.1.4).

3

Vannucci, A., Il mercato della corruzione, Milano, Società Aperta Edizioni srl, 1997, pp. 110-111.

4

ivi, pp. 114-118.

5

(31)

25 Fig. 2.3: Protezione, garanzia di adempimento

Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.

Fornire protezione, in concorrenza con i partiti, è opera della criminalità organizzata. Come già evidenziato in precedenza (§ 1.5), quando la corruzione diventa sistemica l’unica esigenza richiesta è quella di rispettare i patti, ed essendo la corruzione un atto illecito, ci si rivolgerà alla criminalità organizzata in quanto l’unica in grado di garantire l’adempimento degli accordi (un enforcement di tipo illegale e contrario alla difesa dei diritti di proprietà). Attraverso l’uso della forza e di minacce credibili la criminalità organizzata ha avuto il sopravvento sulla protezione garantita dalla politica, lasciando a quest’ultima soltanto nicchie di mercato non ritenute redditizie. Il ruolo della criminalità organizzata e in particolare della mafia, verrà ripreso quando si tratterà il tema dei soggetti dello scambio corrotto (§ 2.2.3).

2.1.3 Informazioni

Alla base di ogni scambio corrotto vi è il passaggio di informazioni; questo costituisce la merce più preziosa e basilare della corruzione.

Le informazioni servono innanzitutto a mettere in contatto il corruttore e il corrotto. Come già detto, il corruttore ha l’esigenza di individuare il soggetto adatto allo scambio, mentre il corrotto quella di avvicinarsi solo a persone affidabili. Tali esigenze vengono risolte dall’intermediario (§ 2.1.1), il quale fornendo ad entrambe le parti le informazioni richieste fa sì che lo scambio possa aver luogo. L’intermediazione pare

(32)

26

importante per evitare, da parte del corruttore, di non trovarsi davanti alla persone giusta e rischiare, per questo, di essere scoperto e, se non condannato, estromesso dai giochi. Invece il mediatore si presenta come persona perbene, anche se frequentatore di cattive compagnie. I pourparler e i contatti che instaura anche con persone incorruttibili non lo possono esporre a rappresaglie, condanne o altro. Può diminuire la sua reputazione, già dubbia.

La tipologia di informazioni che l’intermediario può fornire è molto ampia come ampia è la tipologia di cliente (vedi figura 2.4); l’intermediario con la sua attività riesce a fornire informazioni a tutti i soggetti appartenenti alla rete dello scambio corrotto. Inoltre, tessendo trame sempre più fitte, cede informazioni ricevendone altre che potrà rivendere a un altro soggetto.

Alla stregua dell’intermediario, anche il burocrate e il dirigente pubblico possono cedere informazioni (§ 1.3). Se il primo può barattare informazioni in cambio di altre, difficilmente la contropartita per il soggetto pubblico sarà diversa dalla tangente in denaro. Degno di nota è il fatto che il soggetto pubblico tra i vari tipi di azioni che può compiere, prediliga la cessione di informazioni in quanto «mentre l’esercizio di un certo potere decisionale lascia tracce certe, il passaggio di un’informazione è più facilmente dissimulabile, anche in sede giudiziaria»6.

Fig. 2.4: Informazioni

Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.

6

(33)

27 Le informazioni, oltre ad essere parte dello scambio corrotto, possono essere utilizzate per ricattare altri soggetti. In un ambiente occulto, la minaccia di rivelare informazioni riservate è molto credibile e il possesso di queste accresce il potere detenuto dal proprietario del dossier. Questo lo sapeva bene Bettino Craxi che fece spiare colleghi e nemici allo scopo di tenerli in pugno in quanto a conoscenza di informazioni che avrebbero creato scandalo7.

2.1.4 Consenso, sostegno politico

La tangente, come detto in precedenza (§ 2.1.1), non sempre si sostanzia in una busta piena di denaro (la “bustarella”), ma può assumere svariate forme a seconda delle esigenze del soggetto corrotto.

Per aumentare il proprio potere i partiti hanno bisogno, oltre che della componente economica, del consenso politico-elettorale. Per accrescere tale appeal essi possono decidere di convertire le classiche bustarelle in benefici d’immagine. Altre volte, invece, preferiranno collocare personale “selezionato” presso le imprese corruttrici. I politici «estendono così la loro rete d’influenza anche nel mercato privato, animando uno scambio triangolare che consente di trasformare direttamente in sostegno politico l’assegnazione dei benefici pubblici»8

. Fig. 2.5: Lo scambio occulto triangolare

Fonte: Vannucci, A., Il mercato della corruzione, Milano, Società Aperta Edizioni srl,

1997, p.45.

7

«Nel partito tanti gli devono molto. Tanti altri hanno paura di lui. Tanti altri ancora lui li tiene in pugno, perché sa le porcherie che hanno fatto». Tratto da Pansa, G., I bugiardi, Milano, Edizioni CDE spa su licenza della Sperling & Kupfer Editori S.p.a., 1992, p. 259.

8

(34)

28

Nel sistema di scambi corrotti entra in gioco il fenomeno del clientelismo, il quale si interseca così a fondo con la corruzione facendo sì che i due fenomeni si alimentino a vicenda. Starà al politico di turno decidere se accettare la classica tangente in denaro (che sarà sicuramente la scelta preferita del politico rampante9) oppure investire risorse nel consenso elettorale.

Secondo Giulio Sapelli il forte collegamento tra corruzione e clientelismo risiede «nel legame tra problemi di fiducia/sfiducia sui e nei mercati, da un lato, e nelle forme storiche dei reticoli sociali in cui tali mercati sono immersi, dall’altro»10

. Cioè esistono varie forme di clientelismo ma quella più attinente alla situazione italiana rispetto al resto d’Europa è quella «derivante dalla pervasività e dall’estensività del ruolo della famiglia nella definizione dei reticoli sociali»11.

Seppur fortemente collegati tra loro, Sapelli individua delle differenze che riguardano12:

a) la visibilità: lo scambio corrotto è segreto, mentre gli scambi clientelari sono facilmente identificabili e visibili;

b) i meccanismi di inclusione o esclusione degli attori: i clienti vengono aggiunti con facilità perché il loro numero dà un’idea delle risorse a disposizione del patrocinatore (Sapelli parla di patrone), mentre nella corruzione prevale l’esclusione sull’inclusione;

c) il tipo di scambio: nel clientelismo si assiste a uno scambio specifico, diretto a massimizzare utilità individuali, mentre nella corruzione il tipo di scambio che si instaura non è sempre immediatamente identificabile. In definitiva, clientelismo e corruzione rappresentano due facce della stessa medaglia: si alimentano a vicenda e non si ritiene di poter sconfiggere un fenomeno senza trattare contemporaneamente anche l’altro.

9

I politici rampanti sono senza scrupoli e in repentina ascesa ma non guardano alla carriera nel lungo periodo. Per una disamina si veda della Porta, D., Lo scambio occulto. Casi di corruzione politica in

Italia, Bologna, Il Mulino, 1992, p. 189.

10

Sapelli, G., Cleptocrazia. Il “meccanismo unico” della corruzione tra economia e politica, Milano, Feltrinelli, 1994, p. 21.

11

Ibid.

12

(35)

29 Fig. 2.6: Consenso, sostegno politico

Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.

I partiti non ricevono sostegno solo dai cittadini (e in particolar modo dai propri “clienti”), ma anche dai soggetti pubblici quali i burocrati e dirigenti pubblici.

Queste figure, grazie alle protezioni offerte dalla classe politica, ottengono stabilità e avanzamenti di carriera. Un soggetto pubblico stabile però è un soggetto dotato di un certo potere e questo fa sì che il corrotto possa ottenere tangenti più considerevoli. Si viene a creare così il circolo vizioso della burocrazia13 composto da

stabilità-potere-denaro-stabilità. In cambio dei servigi della classe politica i burocrati

contraccambiano spartendo il ricavato delle attività illecite condotte e compiendo atti propri del loro ufficio in funzione delle direttive ricevute.

2.1.5 Decisioni pubbliche che assicurano un vantaggio

L’ultimo tipo di scambio corrotto preso a riferimento da Vannucci è quello inerente alle decisioni pubbliche che assicurano un vantaggio.

13

Questo tipo di circolo vizioso è una rielaborazione del circolo vizioso della politica di Mauro Magatti proposta dall’autore del presente elaborato. Per un confronto si veda Magatti, M., Corruzione politica e

(36)

30

Fig. 2.7: Decisioni pubbliche che assicurano un vantaggio

Fonte: Vannucci, A., Atlante della corruzione, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2012, p.45.

È possibile affermare che le decisioni pubbliche rappresentano la spiegazione di tutte le altre tipologie di scambio corrotto. L’attività del mediatore si incentra sulla ricerca della persona giusta (quella che prende la decisione); una volta trovata viene comunicata al corruttore il quale provvede a far recapitare la tangente (denaro, risorse economiche o appoggio politico a seconda dei casi) al soggetto pubblico di interesse; infine, essendo la corruzione un atto occulto, si cerca di stipulare una sorta di polizza assicurativa che garantisca l’esecuzione della prestazione stabilita.

Le decisioni pubbliche costituiscono in sostanza il fattore essenziale di distinzione della corruzione pubblica dagli altri tipi di corruzione.

2.2 I soggetti dello scambio corrotto

Dall’analisi dei vari tipi di scambio corrotto è emersa una sola certezza: la collettività viene privata di risorse che vengono consegnate a pochi profittatori. Il soggetto corrotto e quello corruttore, invece, cambiano a seconda del tipo di scambio che viene instaurato.

Sebbene i vari soggetti siano stati già introdotti nel paragrafo precedente, dove sono stati messi in evidenza i vari tipi di scambio che essi possono instaurare, di seguito viene ampliato il discorso approfondendo la figura specifica di ciascun attore. Così

(37)

31 come per il tipo di scambio corrotto, anche per l’analisi dei soggetti si procede ad una rielaborazione della figura proposta da Alberto Vannucci (vedi figura 2.1).

2.2.1 Imprenditori

Quasi ogni imprenditore nell’arco della sua attività si imbatte nella corruzione, ma ognuno agisce in modo diverso a seconda della propria moralità. Sulla base di questo assunto si distinguono14:

a) imprenditori onesti;

b) imprenditori corrotti con morale; c) imprenditori corrotti senza morale.

Quando il livello di corruzione è alto si crea un effetto contagio sulle aspettative della collettività in cui prevale l’idea che per ottenere qualcosa si debba pagare una tangente. Data questa situazione, gli imprenditori onesti decidono di investire in altri affari in cui prevale libera concorrenza lasciando che gli imprenditori corrotti si spartiscano il mercato delle risorse pubbliche.

Gli imprenditori corrotti con morale agiscono secondo le usanze popolari per cui è importante instaurare buone relazioni ed è obbligatorio ringraziare chi ha fatto, o potrebbe fare, un favore. L’imprenditore non si espone per ottenere un atto specifico ma cerca un appoggio di tipo generale attraverso regali costosi o prezzi promozionali.

È stata scelta la definizione di corrotti con morale perché la morale di questo tipo di soggetto fa sì che venga ripugnata l’idea di pagare per un atto specifico. Questo imprenditore, secondo la consuetudine generale, offre “solo” dei regali senza accorgersi che in realtà il suo agire è corruzione a tutti gli effetti. A tal riguardo la Carta di Avviso Pubblico15 dichiara che16:

14

Tale triplice distinzione viene coniata dall’autore dell’elaborato per far risaltare in particolar modo l’influenza che le consuetudini hanno sul concetto di moralità, al punto di distorcere la definizione di corruzione.

Il termine di imprenditore è da intendere nello stesso di William J. Baumol, il quale afferma:

«l’imprenditore è al tempo stesso il più intrigante e il più sfuggente personaggio appartenente al cast dei soggetti economici. Si è da tempo riconosciuto come il vertice della gerarchia che determina il

comportamento dell’azienda e assume quindi un’importante responsabilità per la vitalità della libera impresa». Baumol, W. J., Entrepreneurship in Economic Theory, in “The American Economic Review”, May 1968, vol. 58, n. 2, pp. 64-71.

15

La Carta di Avviso Pubblico è un codice etico di comportamento elaborato da un gruppo di esperti e amministratori locali, presentato a Contromafie nell’ottobre del 2014. La prima versione, con il nome di Carta di Pisa, risale al 2012 ed è stata adottata da oltre quaranta enti locali e da centinaia di amministratori.

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