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Il missus ducale e locopositus

Paulicione, il rappresentante del duca trentino, è definito loco- positus, una qualifica non diffusa, essendo in genere impiegate

(174) Delogu, L’istituzione cit., pp. 90, 92-93.

(175) G. Rossetti, Formazione e caratteri delle signorie di castello e dei

poteri territoriali dei vescovi sulle città nella ‘Langobardia’ del secolo X,

«Aevum», 49 (1975), pp. 306-307.

(176) O. Bertolini, I vescovi del ‘Regnum Italiae’ al tempo dei Carolingi, in

Vescovi e diocesi in Italia nel medioevo (sec. IX-XIII), Padova, 1964, pp. 12 ss., il

quale ben sottolinea il mutamento sostanziale che si verifica nella posizione dei vescovi verso il regnum e il loro immediato coinvolgimento nell’attività pubblica, a livello legislativo e pratico, secondo le tradizioni del regno franco.

altre, quali vicecomes e gastaldius civitatis (177).

Il locopositus indica, in modo generico, un ufficiale minore, poche volte documentato in età carolingia, una sola altra volta in rapporto alla città: un locopositus civitatis di Milano, posposto ad un gastaldo e precedente uno scabino, fa parte del collegio giudi- cante in un placito dell’822 (178). Locopositi appaiono in altri due placiti del secolo IX, posteriori a quello trentino, verso la fine del- l’età carolingia: uno concerne l’Italia centrale (179); il secondo proviene da un placito dell’884, svoltosi nel Piacentino (180), pre- sieduto da un visconte, messo imperiale, che è affiancato da un locopositus (181), preposto ad un ministerium ovvero al governo di un territorio circoscritto.

La designazione di locopositus per ufficiali inferiori risale all’età longobarda, come mostrano le disposizioni di legge, che ne fanno occasionalmente menzione in relazione all’amministrazione della giustizia (182).

(177) Delogu, L’istituzione cit., pp. 92-93, 104-105, 108-109.

(178) Manaresi, I placiti cit., I, n. 34, 822 maggio 20, Milano, citato da Delogu, L’istituzione cit. p. 92, in merito alla funzione degli ufficiali minori, gastaldi e visconti della città, soprattutto, che sostituiscono il conte nella presi- denza dei placiti. Accenna rapidamente al placito anche A. Padoa Schioppa,

Aspetti della giustizia milanese nell’età carolingia, «Archivio storico lombardo»,

114 (1988), p. 12, sottolineando che gastaldo e locoposito rappresentano istituti che affondano le loro radici nell’età longobarda.

(179) Manaresi, I placiti cit., I, n. 83, 877 ottobre: un locoposito, delegato da un gastaldo, presiede con uno scabino un placito a Penne, ora in provincia di Pescara.

(180) Ibidem, n., 93, 884 aprile 7, Caorso.

(181) La qualifica di locopositus non è dichiarata nel testo, ma assegnata a Rotefredo nella sottosegnatura, non autografa: ibidem, p. 339.

(182) Liutprandi leges cit., cap. 96, in merito al ricorso per avere giustizia all’ufficiale regio, iudex o locopositus qualiscumque; ancora in Ratchis leges, ibi-

In uno dei primi capitolari italici, emanato in nome del re Pipino intorno al 782, nell’ambito di una norma relativa all’am- ministrazione della giustizia, sono enumerati, dopo comites, gastaldi e sculdasci, i locopositi, ultimi, quindi, fra gli ufficiali pubblici (183). Nello stesso capitolare, in merito alla fuga di servi e alla loro cattura, tornano ad essere nominati gli ufficiali inferiori: sculdasci, decani, saltari e locopositi (184). Anche in questo caso si fa riferimento esplicito alla legge longobarda, in particolare ad una norma di Liutprando (185), che, proprio in rela- zione alla fuga di servi, prevede che, qualora il servo sia stato ritrovato, il decano o il saltario, «qui in loco est», lo catturi e lo consegni al suo sculdahis e questi al suo iudex.

La funzione di missus del duca, svolta dal locopositus nel pla- cito trentino, è conforme a quanto prescritto da un capitolare itali- co dell’inizio del secolo IX, ove viene comminata la condanna per colui che si trovi a catturare un ladro e non lo consegni al duca, al conte o al loci servator, «qui missus comitis est» (186).

dem, cap. 1, p. 152, sempre in relazione all’amministrazione della giustizia, che

deve essere svolta con regolarità e senza corruzione dagli iudices nella loro civi-

tas, si impone a loro che facciano osservare tali regole ai loro ufficiali: sculdasci,

centenari, locopositi ed altri, posti sotto il loro comando. La qualifica non indica un ufficiale particolare, ma può essere applicata anche a tutti gli ufficiali, ad ini- ziare dagli iudices, come si deduce da un’altra norma di Liutprando (Liutprandi

leges cit., cap. 81), ove si prevede che un Longobardo, nell’eventualità della per-

dita di un cavallo o di altro bene, denunci il furto al giudice «qui in loco positus est, ubi furtum fuerit». Un cenno sul locopositus è dato da Salvioli, Storia cit., p. 41, che lo inserisce fra i governatori locali.

(183) Capitularia cit., I, n. 91, cap. 7. (184) Ibidem, cap. 9.

(185) Liutprandi leges cit., cap. 42. (186) Capitularia cit., I, n. 98, cap. 7.

La presenza di lociservatores è frequente nei documenti luc- chesi della fine del secolo VIII e dell’inizio del secolo IX, ma essi sembrano svolgere una funzione, oltre che di supplenza delle funzioni comitali, anche di esperti di diritto. Quelli fra loro di condizione laica svolgono le funzioni di assessori del duca (187) o di presidenti di placiti (188), senza che siano nominati come messi del duca; quelli di condizione ecclesiastica sono giudici del vescovo (189). Dopo l’815 i lociservatores scompaiono dalla documentazione (190), venendo ad essere sostituiti nelle loro funzioni dagli scabini (191), che in Lucca erano già apparsi accanto a loro all’inizio del secolo (192). Il processo è concretiz- zabile nella persona di uno di loro, Taito, che presiede un placito quale lociservator nell’815 (193) e ne presiede un altro sette anni dopo, ora scabino (194).

Il locopositus trentino è accostabile, più che ai locopositi luc- chesi, a quei pochi testimoniati nell’area padana, che svolgono la funzione già dei locopositi longobardi: sono ufficiali inferiori, (187) Manaresi, I placiti cit., n. 6, 785 agosto: questo e gli altri placiti, citati nelle note seguenti, sono illustrati da Tabacco, I liberi cit., pp. 94-100, per la pre- senza fra gli astanti degli arimanni; si sofferma in modo specifico anche sui loci-

servatores Schwarzmaier, Lucca cit., pp. 272-273. Per i locopositi e i lociservato- res in età carolingia è ancora utile Salvioli, Storia cit., pp. 65-68.

(188) Manaresi, I placiti cit., I, n. 29, 815 novembre

(189) Ibidem, n. 7, 786 ottobre 26; n. 11, 800 aprile; n. 15, 801 maggio-802 aprile; n. 20, 807 gennaio.

(190) In un placito lucchese della metà del secolo viene nominato un loco-

positus, che sembra svolgere un’azione genericamente amministrativa: ibidem, n.

57, 853 aprile.

(191) Schzarzmaier, Lucca cit., p. 276.

(192) Manaresi, I placiti cit., I, n. 15, 801 maggio-802 aprile; n. 20, 807 gennaio.

(193) Ibidem, n. 29, 815 novembre.

sostituti del conte locale o di un altro suo ufficiale. Nel nostro caso egli può essere sì avvicinato al locopositus civitatis di un placito milanese anteriore di oltre due decenni (195), ma forse mantiene un significato generico di sostituto del governatore locale ovvero del duca trentino, senza una connotazione spaziale: città, comitato o una sottocircoscrizione di questo.

Per l’accostamento delle funzioni del locopositus a quelle dei visconti e dei gastaldi cittadini, poiché visconti (196) e gastaldi con funzioni di governo cittadino (197) risultano appartenere, quando ne sia indicata o ne sia deducibile la nazionalità, a gentes (195) Doc. dell’anno 822, citato sopra, nota 178. Sottolinea per il locoposi-

tus il ruolo di vicario del conte nella città Salvioli, Storia cit., p. 66.

(196) Forniamo alcune esemplificazioni, senza pretesa di completezza: verso la metà del secolo sono documentati Maginardo visconte di Pombia, franco; Walderico, prima gastaldo, poi visconte di Milano, probabilmente franco, attivo fra i decenni quinto e settimo del secolo; visconte di Milano è anche il figlio suo Amalrico, che impiega in un atto di donazione al monastero di S. Ambrogio un formulario della tradizione giuridica franca: G. Porro Lambertenghi (ed.), Codex

diplomaticus Langobardiae, in Historiae patriae monumenta, XIII, Torino 1873,

n. 247, 870 aprile (d’ora in poi, CDLang) = A. R. Natale (ed.), Il Museo diploma-

tico dell’Archivio di Stato di Milano, tomi 2, Milano, s. d. (d’ora in poi, MD), I/2,

n. 121; probabilmente franco è anche Baterico, visconte di Asti per il conte Suppone alla fine dell’età carolingia. Si vedano i profili dei personaggi ora citati in Hlawitschka, Franken cit., rispettivamente a pp. 226, 278, 124 e 147.

(197) Ricordiamo il franco Aidolfo gastaldo di Piacenza: P. Galetti (ed.), Le

carte private della Cattedrale di Piacenza (784-848), Parma, 1978, n. 5, 796 gen-

naio 22; ibidem, n. 9, 802 maggio 20; E. Falconi (ed.), Le carte più antiche di S.

Antonino di Piacenza (secoli VIII e IX), Parma, 1959, n. 4, 818 marzo 30;

Ildemanno gastaldo di Verona, probabilmente franco: Fainelli, Codice diplomati-

co cit., I, n. 114, 814 maggio 7 (cfr. Hlawitschka, Franken cit., p. 325); il franco

Walderico, che era stato gastaldo prima di divenire visconte milanese (sopra, nota precedente). Sui gastaldi cittadini si veda Delogu, L’istituzione cit., pp. 103-105, che distingue tra gastaldi cittadini, che vennero assumendo il titolo di vicecomi-

transalpine, anche il missus ducale e locopositus trentino era forse di nazionalità transalpina, come lo erano probabilmente gli sculda- sci, di cui appresso trattiamo.