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I MMAGINI DEVOTE E COSTRUZIONE IDENTITARIA : LE CONFRATERNITE NAZIONAL

OGGETTI DI CULTO

4.1. I MMAGINI DEVOTE E COSTRUZIONE IDENTITARIA : LE CONFRATERNITE NAZIONAL

Al fine di allargare ulteriormente l‟angolo visuale sulla realtà cultuale presente all‟interno dell‟associazionismo romano e sulle modalità di accesso delle novità in questo campo, estremamente utile si rivela l‟esame delle numerose rappresentazioni iconografiche presenti nelle chiese e negli oratori confraternali. Certo, com‟è evidente, la presenza dell‟immagine di un santo o della rappresentazione di un mistero mariano all‟interno di una chiesa non corrisponde di per sé necessariamente all‟esistenza di un culto particolare ad essi tributato, né tantomeno alla celebrazione liturgica di tale culto. La penetrazione di una nuova devozione tra i membri di un sodalizio – così come il definirsi e il circolare di una devozione su una più ampia scala geografica –, tuttavia, costituisce un meccanismo complesso che si svolge in gran parte al di sotto del livello liturgico, per poi trovare eventualmente nella liturgia stessa la ratifica ufficiale prevista da parte delle gerarchie ecclesiastiche3.

Le immagini con cui si adornano gli altari divengono dunque l‟occasione per arricchire ulteriormente l‟offerta devozionale proposta non solo ai confratelli, ma a tutti i fedeli che hanno accesso al luogo sacro, sottoponendo alla loro attenzione non soltanto il culto del dedicatario dell‟altare stesso, ma anche altre devozioni secondarie spesso presentate sul piano concettuale come complementari al culto principale, in ragione del forte vincolo semantico che ad esso le lega e del valore simbolico che l‟insieme dell‟offerta cultuale deve assumere.

L‟altar maggiore della chiesa del SS. Sudario dei Piemontesi costituisce un esempio particolarmente significativo di questo genere di processi, come appare nell‟inventario del 1727. Dedicato al tema della Resurrezione del Salvatore, esso presentava una pala d‟altare attribuita al pittore reatino Antonio Gherardi (1638- 1702)4 in cui campeggiavano oltre al Cristo «deposto dalla croce et involto nella Sagra Sindone, ritenuta ai lati da due angeli» anche le immagini di diversi santi. Si

3

Sul tema del rapporto tra devozioni e culto liturgico, si rimanda alle rapide considerazioni di DOMPNIER,Introduction. Les dévotions, in particolare alle pp. 5-7, e relativa bibliografia.

4

Su questo artista si veda Antonio Gherardi, artista reatino (1638-1702). Un genio bizzarro

nella Roma del Seicento (Catalogo della mostra. Rieti, Palazzo Papale, Sala delle udienze, 27 giugno-

28 settembre 2003), a cura di L. SARACA COLONNELLI, Roma, Artemide, 2003 e in particolare C. STRINATI, Antonio Gherardi nell‟ambiente romano, ibid., pp. 41-50.

Parte seconda – Spazi, devozioni, identità

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trattava anzitutto di figure il cui culto era tradizionalmente connesso alla città di Torino, come Maurizio, capofila dei leggendari martiri tebei, e Massimo, primo vescovo e patrono della città5. Accanto ad essi, tuttavia, trovavano posto anche i campioni della santità sabauda, la cui celebrazione andava di pari passo con le necessità di autocelebrazione della dinastia regnante. Oltre al beato Amedeo, titolare assieme alla Beata Vergine anche di un proprio altare nella chiesa, erano così raffigurate «la beata Margarita e la beata Ludovica di Savoia», i cui culti mancavano ancora di una approvazione ufficiale6.

Il culto di Margherita († 1464) aveva ottenuto una prima autorizzazione, limitatamente al monastero di monache domenicane di Alba fondato dalla santa, già da parte del pontefice di origine piemontese Pio V (1566-1572), nel 1566; la beatificazione, tuttavia giunse soltanto nel 1669, ad opera di Clemente IX (1667- 1669)7. Quanto alla beata Ludovica (1463-1503), figlia di Amedeo IX, il riconoscimento della venerazione tributata nei suoi confronti avrebbe invece avuto un destino più travagliato. La promulgazione del decreto super confirmatione cultus

ab immemorabili sarebbe infatti avvenuta soltanto nel 1839 ad opera di Gregorio

XVI (1831-1846), in esaudimento di un‟istanza del re Carlo Alberto che sintetizzava

5

Sul culto di san Maurizio, si vedano i saggi raccolti in Mauritius und die Thebaische Legion (Akten des Internationalen Kolloquiums. Freiburg, Saint-Maurice, Martigny, 17-20 september 2003), herausgegeben von O. WERMELINGER, PH. BRUGGISSER, B. NÄF und J.-M. ROESSLI, Fribourg, Academic Press Fribourg, 2005 (Paradosis, 49) e in particolare R. LIZZI TESTA, Il culto dei martiri

tebei nell‟Italia nordoccidentale: veicolo di cristianizzazione (V S.), ibid., pp. 461-476 e relativa

bibliografia. Su san Massimo, G. TUNINETTI, Culto e fama di san Massimo nella Chiesa torinese, in

Atti del Convegno Internazionale di Studi su Massimo di Torino nel XVI centenario del Concilio di Torino (398), «Archivio Teologico Torinese» 4/2 (1998), pp. 228-241.

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Chiesa e archiconfraternita del Santissimo Sudario, ff. 2v-3r. Sulla paternità del dipinto cfr. F. TITI, Descrizione delle pitture, sculture e architetture esposte al pubblico in Roma, in Roma, nella stamperia di Marco Pagliarini, 1763, p. 135; sul soggetto cfr. invece anche G.CROSET-MOUCHET, La

Chiesa ed Archiconfraternita del SS. Sudario dei Piemontesi in Roma. Cenni storici, Pinerolo,

Tipografia G. Lobetti-Bodoni, 1870, p. 31 e COZZO, Una chiesa sabauda, p. 103. 7

A. FERRUA, voce Margherita di Savoia, beata, in BSS, VIII, Roma, Istituto “Giovanni XXIII” della Pontificia Università Lateranense-Città Nuova, 1967, coll. 793-796; S. MOSTACCIO, Una santa

cateriniana tra Savoia e Paleologi? Caratteri della santità di Margherita di Savoia-Acaja, «Alba

Pompeia», n.s., 17/1 (1996), pp. 57-67; EAD., Le sante di corte. La riscoperta sabauda di Margherita

di Savoia-Acaia, in Politica e cultura nell‟età dei Carlo Emanuele I. Torino, Parigi, Madrid (Atti del

Convegno internazionale di studi. Torino, 21-24 febbraio 1995), a cura di M. MASOERO, S. MAMINO e C. ROSSO, Firenze 1999 (Fondo di studi Parini-Chirio. Storia, 2), pp. 461-473.

4. Le funzioni delle immagini

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la ripresa di quella ormai antica tradizione cultuale da parte della dinastia sovrana del Regno di Sardegna8.

Attraverso la rappresentazione artistica, come dimostra questo esempio, era insomma possibile veicolare determinate devozioni anche evitando in qualche maniera di incappare nelle maglie delle sempre più restrittive norme emanate dal Sant‟Uffizio e dal pontefice Urbano VIII, che a partire dal 1625 vietavano qualunque forma di culto a personaggi la cui santità non fosse stata ufficialmente riconosciuta, ivi compresa, ovviamente, la loro raffigurazione all‟interno dei luoghi di culto, in assenza di esplicite autorizzazioni in tal senso da parte delle autorità preposte. Con il

Decretum super cultu beatis non canonizatis praestando del 1659, poi, Alessandro

VII avrebbe esteso tale normativa anche agli stessi beati non ancora canonizzati, subordinando alla concessione di uno specifico permesso papale non soltanto l‟erezione di un altare, la celebrazione della festa, l‟officiatura di una messa propria del beato o l‟esposizione delle sue reliquie, ma anche la semplice introduzione di una sua immagine in un luogo di culto e la recitazione di preghiere in suo onore9.

L‟esempio piemontese, tuttavia, mette in luce anche un altro aspetto. Attraverso le raffigurazioni scelte per accompagnare la devozione principale, quella della Sindone, all‟interno della pala d‟altare, i sudditi sabaudi esprimono per intero, facendo ricorso alla dimensione devozionale, la propria alterità identitaria rispetto alla città in cui si erano stabiliti. Un‟alterità che si manifesta nella compatta adesione alle opzioni cultuali della dinastia regnante, pienamente rappresentativa di quei caratteri che costituivano il fulcro semantico del senso di appartenenza dei sodali10.

8

Cfr. S. CABIBBO, La santità femminile dinastica, in Donne e fede. Santità e vita religiosa in

Italia, a cura di L. SCARAFFIA e G. ZARRI, Roma-Bari, Laterza, 1994 (Storia e Società), pp. 399-418, alle pp. 399-404.

9

Sulla riforma urbaniana delle pratiche di riconoscimento della santità, si veda F. VERAJA, La

beatificazione. Storia, problemi, prospettive, Roma, S. Congregazione per le cause dei santi, 1983

(Sussidi per lo studio delle cause dei santi, 2), pp. 69-79; M. GOTOR, La fabbrica dei santi: la riforma

urbaniana e il modello tridentino, in Roma, la città del papa, a cura di FIORANI/PROSPERI, pp. 676- 727; ID., La riforma dei processi di canonizzazione dalle carte del Sant‟Uffizio (1588-1642), in

L‟Inquisizione e gli storici: un cantiere aperto (Tavola rotonda nell‟ambito della Conferenza annuale

della ricerca. Roma, 24-25 giugno 1999), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2000 (Atti dei Convegni Lincei, 162), pp. 279-288; PAPA, Le cause di canonizzazione, pp. 321-361; G. DALLA TORRE, Santità e diritto. Sondaggi nella storia del diritto canonico, Torino, G. Giappichelli Editore, 1999 (Collana di studi di diritto canonico ed ecclesiastico. Sezione canonistica, 26), pp. 27-81. Per una ripresa sintetica della questione e sulle successive integrazioni a partire da quella di papa Chigi del 1659-1660, cfr. invece GOTOR, Chiesa e santità, pp. 91-93.

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Una prospettiva ampia sulla dimensione politica delle strategie cultuali attuate dai Savoia tra Cinque e Seicento è proposta da P. COZZO, La geografia celeste dei duchi di Savoia. Religione,

Parte seconda – Spazi, devozioni, identità

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La santità, o più in generale i culti, divengono in sostanza uno dei principali materiali da cui prende forma l‟elaborazione simbolica dei caratteri identitari fondamentali del territorio, secondo un meccanismo peraltro già ampiamente diffuso nell‟ambito della letteratura erudita. Alle rafforzate istanze universalistiche della Chiesa romana, espresse in epoca post-tridentina anche mediante la riforma dei libri liturgici, e dunque con una revisione generale degli oggetti e delle pratiche cultuali considerate ammissibili all‟interno della tradizione cattolica, le Chiese locali risposero sempre più rivendicando i caratteri peculiari della propria storia sacra e delle proprie tradizioni in fatto di culti11. A partire dalla fine del XVI secolo, proprio questa forma di «preservation of the particular»12, posta in un rapporto di tensione dialettica con

devozioni e sacralità in uno Stato di età moderna, secoli XVI-XVII, Bologna, Il Mulino, 2006 (Annali

dell‟Istituto storico italo-germanico. Monografie, 43). Sulle evoluzioni ottocentesche di tale atteggiamento, si veda invece S. CABIBBO, Dal nido savoiardo al trono d‟Italia. I santi di casa

Savoia, in Santi, culti, simboli nell‟età della secolarizzazione (1815-1915), a cura di E. FATTORINI, Torino, Rosemberg & Sellier, 1997 (Sacro/santo, 11), pp. 331-360. Per uno sguardo più ampio sulle strategie di sacralizzazione del potere monarchico tra Medioevo ed Età moderna si veda M.A. VISCEGLIA, Riti di corte e simboli della regalità. I regni d‟Europa e del Mediterraneo dal Medioevo

all‟Età moderna, Roma, Salerno, 2009 (Piccoli saggi, 44) e, in particolare, sulla specifica funzione

della santità dinastica, pp. 33-43. 11

La riforma dei libri liturgici, discussa rapidamente dall‟assise conciliare tridentina nella sua XXV e ultima sessione (3-4 dicembre 1563), e dunque demandata all‟autorità pontificia, si svolse, com‟è noto, a partire dagli anni ‟60 del Cinquecento, sfociando nella pubblicazione delle prime edizioni del Breviarium Romanum (1568), del Missale Romanum (1570), del Pontificale Romanum (1595), del Caeremoniale episcoporum (1600) e del Rituale Romanum (nel 1614). Furono in particolare le numerose edizioni del Martyrologium Romanum, realizzate a partire dal 1582 grazie al lavoro di una apposita commissione sulla quale progressivamente si impose la leadership del cardinale Cesare Baronio (1538-1607), a sancire una demarcazione tra i culti ammessi agli onori della Chiesa universale e quelli limitati ad una portata locale (per una prima introduzione al tema, si veda H. JEDIN, Il concilio di Trento e la riforma dei libri liturgici, in ID., Chiesa della fede, Chiesa della

storia. Saggi scelti, con un saggio introduttivo di G. ALBERIGO, Brescia, Morcelliana, 1972, pp. 391- 425, ma anche S. DITCHFIELD,Restituire al culto tridentino la sua storia, in Il santo patrono e la città,

a cura di FIUME,pp. 81-95 e ID., Il mondo della Riforma e della Controriforma, in A. BENVENUTI,S. BOESCH GAJANO /S. DITCHFIELD /R.RUSCONI /F.SCORZA BARCELLONA /G.ZARRI, Storia della

santità nel cristianesimo occidentale, Roma, Viella, 2005 (Sacro/santo, n.s., 9), pp. 261-329, alle pp.

297-301; per quanto concerne nello specifico il processo redazionale del Martyrologium Romanum e sulle sue diverse edizioni, si faccia invece riferimento a G.A. GUAZZELLI, Cesare Baronio e il Martyrologium Romanum: problemi interpretativi e linee evolutive di un rapporto diacronico, in

Nunc alia tempora, alii mores. Storici e storia in età postridentina [Atti del Convegno Internazionale.

Torino, 24-27 settembre 2003], a cura di M. FIRPO, Firenze, Olschki, 2005 [Fondazione Luigi Firpo - Centro di studi sul pensiero politico. Studi e testi, 25], pp. 47-89, ID., L‟immagine del Christianus Orbis nelle prime edizioni del Martyrologium Romanum, «Sanctorum» 5 (2008), pp. 261-284, in particolare le pp. 261-263, e ora anche ID., Cesare Baronio attraverso il Martyrologium Romanum, in

Cesare Baronio. Tra santità e scrittura storica, a cura di F. SCORZA BARCELLONA,R.MICHETTI e G.A. GUAZZELLI, Roma, Viella, 2010 [Università degli studi di Roma Tre-Dipartimento di Studi Storici Geografici Antropologici. Studi e ricerche, 20], in corso di stampa) .

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L‟espressione è presa a prestito dal sottotitolo dell‟importante e già citato volume di Simon Ditchfield Liturgy, sanctity and history in Tridentine Italy: Pietro Maria Campi and the preservation

4. Le funzioni delle immagini

151 l‟affermarsi degli usi della Chiesa universale13

, getta le basi di una stagione culturale dal respiro europeo, che si esplica mediante un minuzioso lavoro di recupero erudito del patrimonio storico di città e diocesi, ma anche territori più ampi, corrispondenti o meno a realtà politiche codificate. Sono proprio la letteratura agiografica e la memoria della pratica cultuale a costituire la materia fondamentale attraverso la quale si plasma la struttura semantica di tali processi. Le raccolte di vite di santi su base territoriale, impostesi grosso modo negli ultimi due decenni all‟attenzione degli storici come fonti di primaria importanza, assolvono perfettamente a questa funzione, permettendo di stabilire una diretta corrispondenza fra il complesso articolarsi delle abitudini cultuali e devozionali di un dato territorio e il materiale di cui si plasma in maniera preponderante, tra la fine del XVI secolo e l‟inizio del XVIII, l‟identità non solo religiosa, ma anche culturale e talvolta politica di realtà territoriali assai diverse14.

13

L‟obiettivo di tale processo di normalizzazione non era tuttavia, per dirlo con Simon Ditchfield, quello di imporre «un unico modello liturgico uguale per tutti, che sostituisse le innumerevoli devozioni locali osservate dalle singole diocesi», ma piuttosto «la negoziazione di un

modus vivendi tra il centro e le sedi locali» (DITCHFIELD, Leggere e vedere Roma come icona

culturale, p. 46).

14

Sull‟ampia gamma di funzioni assolte tra età medioevale e moderna dalle raccolte agiografiche, si vedano anzitutto, in una prospettiva generale, i saggi che compongono i volumi Le

raccolte di vite dei santi dal XIII al XVIII secolo. Strutture, messaggi, fruizioni, a cura di S. BOESCH GAJANO, Fasano, Schena, 1990 (Collana del dipartimento di studi storici dal Medioevo all‟Età Contemporanea, 5) e in Erudizione e devozione. Le Raccolte di Vite di santi in età moderna e

contemporanea, a cura di G. LUONGO, Roma, Viella, 2000 (Sacro/santo, n.s., 4) (in particolare, per un più ampio orizzonte bibliografico, S. DICHIARA, Una bibliografia sulle Raccolte di Vite di santi.

Criteri di compilazione ed ipotesi interpretative, ibid., pp. 329-367, ai quali debbono essere aggiunti

S. SPANÒ MARTINELLI, Le raccolte di vite dei santi fra XVI e XVII secolo, «Rivista di storia e letteratura religiosa» 27 (1991), pp. 445-464. In merito allo specifico ruolo di tali opere nella definizione di identità “particolari” in rapporto all‟universalismo romano, si vedano invece più precisamente R. MICHETTI, Le raccolte di vite dei santi tra universalità e regionalismo alla fine del

Medioevo, in Vita religiosa e identità politica, a cura di GENSINI, pp. 215-230, ma soprattutto il volume Europa sacra. Raccolte agiografiche e identità politiche in Europa fra Medioevo ed Età

moderna, a cura di S. BOESCH GAJANO e R. MICHETTI, Roma, Carocci, 2002 (Università degli Studi Roma Tre-Dipartimento di Studi storici, geografici antropologici. Studi e ricerche, 7). Per quanto concerne più specificamente l‟applicazione di questo tipo di approccio a realtà spaziali più ridotte ed in particolare a quelle interne al territorio italiano, si faccia riferimento a: S. CABIBBO, Il Paradiso del

Magnifico Regno. Agiografi, santi e culti nella Sicilia spagnola, Roma, Viella, 1996 (I libri di Viella,

8); T. CALIÒ,La “Historia Ecclesiastica” di Vicenza del cappuccino Francesco Barbarano. «Honore

della patria», gloria dell‟ordine e autobiografia in una raccolta agiografica del XVII secolo, in Erudizione e devozione, a cura di LUONGO, pp. 159-218; R. MICHETTI, «Ventimila corpi di santi»: la

storia agiografica di Ludovico Jacobilli, ibid., pp. 73-158, che si concentra sull‟opera Vite de‟ santi e beati dell‟Umbria, pubblicata dall‟erudito folignate tra il 1647 ed il 1660; T.CALIÒ /R.MICHETTI,

Un‟agiografia per l‟Italia. Santi e identità territoriali, in Europa Sacra, a cura di BOESCH GAJANO/MICHETTI,pp. 147-180. Nella medesima prospettiva, infine, si segnala il recente convegno «Italia Sacra. Le tradizioni agiografiche regionali» tenutosi a Foligno dal 19 al 21 giugno 2008.

Parte seconda – Spazi, devozioni, identità

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Affermare la propria identità di fronte al resto della città ricorrendo alle armi della devozione, dunque, non costituisce di certo una prerogativa della sola comunità nazionale sabauda, specie nella realtà del Seicento e del Settecento. Proprio a Roma questo genere di rivendicazioni assume uno spessore tanto più significativo, quanto più la città è percorsa da tensioni che riverberano gli echi più o meno concreti di quel fronteggiarsi sul terreno della politica, quando non addirittura delle armi, che vede protagoniste le più importanti potenze dello scenario europeo dell‟epoca: Francia e Spagna. I gesti e gli atteggiamenti, i temi e la realizzazione degli apparati, i percorsi scelti e gli spazi urbani occupati nelle occasioni di pubblico festeggiamento legate ad eventi gioiosi come in quelle di lutto collettivo che accompagnano gli avvenimenti funesti, assumono nella Roma barocca un preciso significato di natura politica per i rappresentanti dei due regni ed i membri delle rispettive fazioni15. Le occasioni cerimoniali, così come le scelte architettoniche o artistiche16, si inscrivono entro le più ampie ed incerte dinamiche della secolare competizione per la conquista dell‟egemonia culturale e politica sulla città «teatro del mondo», riflesso a sua volta della più drammatica sfida per l‟egemonia nelle vicende politiche continentali. In tale lotta dalle molteplici e variegate forme, che vanno dall‟astrazione intellettuale delle rappresentazioni simboliche alla sanguigna concretezza degli scontri di piazza17, è

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Per quanto concerne la lettura in chiave di competizione politica delle cerimonie organizzate dalle rappresentanze di Spagna e Francia nella città del papa, si rimanda a M.A. VISCEGLIA, Les

cérémonies comme compétition politique entre les monarchies française et espagnole à Rome, au XVIIe siècle, in Les Cérémonies extraordinaires, sous la direction de DOMPNIER, pp. 365-388. Sull‟importanza della dimensione rituale e cerimoniale nella vita politica e religiosa dell‟Urbe, tra una bibliografia vastissima, si rimanda ancora ai già citati Cérémonial et rituel, études réunies par VISCEGLIA/BRICE; CARANDINI, L‟effimero spirituale; VISCEGLIA, La città rituale.

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Sul ruolo dell‟architettura e delle strategie urbanistiche nel definirsi delle relazioni di natura politica nella Roma barocca si veda, per un inquadramento generale, in primo luogo J. CONNORS,

Alliance and Enmity in Roman Baroque Urbanism, «Roemisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana»

25 (1989), pp. 207-294 e ID., Alleanze e inimicizie. L‟urbanistica di Roma, Roma-Bari, Laterza, 2005 (Biblioteca universale Laterza, 579). Particolarmente interessante è il caso della facciata della chiesa dell‟arciconfraternita dei Lombardi, quella dei SS. Ambrogio e Carlo al Corso, il cui rifacimento alla metà del Seicento è stata letta come una diretta risposta, visiva e simbolica, di parte spagnola al polo architettonico francese di Trinità dei Monti (si veda in proposito A. SPIRITI, La chiesa nazionale

lombarda dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso nella seconda metà del Seicento: strategie urbane per la Monarquía Católica, in Roma y España, coordinador HERNANDO SÁNCHEZ, II , pp. 875-886, in particolare pp. 878-879). Non soltanto l‟architettura, tuttavia, è chiamata a svolgere tale funzione sulla scena della Roma barocca; un analogo ruolo può infatti essere attribuito alle sculture commemorative che ritraggono o richiamano simbolicamente le figure dei sovrani di Spagna e di Francia posizionate nel corso del Seicento in diversi luoghi della città (cfr. D.H. BODART, La guerre des statues.

Monuments des rois de France et d‟Espagne à Rome au XVIIe

siècle, ibid., pp. 679-693).

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Emblematica in questo senso è la sanguinosa rissa che vide protagoniste, durante la processione organizzata in occasione del Venerdì Santo nell‟anno giubilare 1650, proprio due confraternite, quella del Gonfalone, vicina alla Francia, e quella della Resurrezione di S. Giacomo

4. Le funzioni delle immagini

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possibile leggere sul lungo periodo anzitutto gli esiti del progressivo indebolimento sulla scena internazionale della Spagna, che specie nella seconda metà del Seicento accentuerà la logica di difesa e di conservazione delle proprie manifestazioni rituali. Allo stesso modo, l‟ascesa sempre più evidente dell‟astro francese si traduce a livello cerimoniale in una maggiore spregiudicatezza, adeguata alle esigenze di conquista sul terreno simbolico di quel primato che la Francia di Luigi XIV va conquistandosi sullo scacchiere politico-militare18.

All‟interno di questo quadro complessivo si muovono ad un livello inferiore anche soggetti diversi, dalle rappresentanze diplomatiche degli altri Stati europei alle tante famiglie religiose di antica e recente fondazione, pronti a cercare nella dimensione cerimoniale un‟affermazione, proporzionata alle rispettive prerogative e diversamente caratterizzata a seconda della natura del soggetto stesso, del proprio ruolo sulla ribalta cittadina e, di riflesso, nello scenario internazionale. Tra di essi, le confraternite nazionali italiane, facenti spesso capo a realtà territoriali prive di autonomia politica, le quali, pur approdando, com‟è del tutto evidente, ad esiti estetici assolutamente imparagonabili, sembrano dimostrare di aver assunto i tratti fondamentali di un linguaggio rituale, quello usato dalle grandi potenze e dallo stesso