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Quadro complessivo delle fondazioni (XV-XVIII sec.).

LE CONFRATERNITE NELLA REALTÀ ROMANA

Grafico 2. Quadro complessivo delle fondazioni (XV-XVIII sec.).

2. Le confraternite nella realtà romana

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Figura 1. L’eredità medioevale.

Parte prima – Tra storiografia e storia

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Figura 2. Lo sviluppo cinquecentesco.

2. Le confraternite nella realtà romana

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Figura 3. Il Seicento e l’apice del movimento confraternale.

Parte prima – Tra storiografia e storia

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Figura 4. Il mantenimento di uno status: il Settecento.

2. Le confraternite nella realtà romana

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2.2. «C

HARITÀ ET PIETATE

».

T

IPOLOGIE CONFRATERNALI E MODELLI ASSOCIATIVI

Al di là del dato strettamente quantitativo, tuttavia, quale fu il vero volto dell‟associazionismo romano? Quali le esperienze più significative e le tipologie confraternali più diffuse? A quali evoluzioni fu sottoposto il tessuto associativo cittadino dal suo primo, lento svilupparsi nel corso del Duecento fino agli esiti settecenteschi?

2.2.1. L‟eredità medioevale

Gli esordi della sociabilità laicale romana restano assai incerti a causa di una documentazione estremamente scarsa, specialmente per quanto attiene al Duecento26. Non risultano, per esempio, elementi documentali che mettano in relazione in modo certo i primi fermenti associazionistici registrati nell‟Urbe, a partire dalla fraternita dei raccomandati della Vergine – la prima ufficialmente approvata dal papato nel 1267 e successivamente confluita nella compagnia del Gonfalone – da quelle

societates di laici che iniziano progressivamente a punteggiare la topografia religiosa

dell‟Italia centrale del XIII secolo, in stretto legame con la predicazione urbana degli ordini mendicanti o con il vivace moto dei Flagellanti, originatosi nell‟Italia centrale, a partire dall‟epicentro perugino, nel 126027

.

Stando al quadro che possediamo per la fine del medioevo, in ogni caso, l‟associazionismo romano si presentava sostanzialmente incentrato sul predominio di due compagnie, quella dei raccomandati del SS. Salvatore ad Sancta Sanctorum e quella, già citata, del Gonfalone. Per quanto riguarda l‟aspetto cerimoniale questa sorta di «diarchia» trovava conferma nella celebrazione della più importante delle festività religiose della Roma medievale, quella dell‟Assunzione di Maria, in occasione della quale le due compagnie dividevano l‟onore – e l‟onere – di

26

Si tratta di una documentazione «di una scarsità quasi alto-medievale» (BARONE, Il movimento

francescano, p. 72).

27

Per un quadro più ampio, anche bibliografico, su tali fenomeni, si vedano le osservazioni di R. RUSCONI,Dalla fine del XII agli inizi del XV secolo. Tra movimenti religiosi e confraternite in Italia,

in Storia vissuta del popolo cristiano, direzione di J. DELUMEAU, edizione italiana a cura di F. BOLGIANI, Torino, Società Editrice Internazionale, 1985 (Il popolo cristiano) [ed. or.: Histoire vécue

du peuple chrétien, sous la direction de J. DELUMEAU, 2 voll., Toulouse, Privat, 1979], pp. 331-347 e ID., Confraternite, compagnie e devozioni, pp. 469-480.

Parte prima – Tra storiografia e storia

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organizzare la grande processione in cui tutta la cittadinanza era coinvolta, secondo un rigido ordine di precedenze28.

La confraternita del Salvatore, sorta attorno al 1331, era caratterizzata fin dal principio dalla massiccia presenza al suo interno dei membri di quelle famiglie dette di «bovattieri» che avevano assunto un ruolo sempre più influente nella vita politica della Roma abbandonata dai pontefici a seguito del trasferimento della sede papale ad Avignone (1309-1378)29. In breve tempo la confraternita, che contava iscritti in tutti i rioni della città e gestiva un importante ospedale situato presso il Laterano, si era accreditata come principale destinatario dei legati pii presenti nei testamenti, finendo con il rappresentare la memoria storica, identitaria, di quell‟aristocrazia romana nuova ormai assurta al rango nobiliare30.

Al ritorno dei pontefici nella città, nell‟ultimo quarto del Trecento, con lo svuotamento del ruolo politico degli organi comunali e l‟occupazione dei ruoli chiave del potere da parte di una burocrazia curiale che nulla aveva a che fare con le tradizioni cittadine, la stessa compagnia del Salvatore cominciò a risentire della crisi del ceto sociale di cui era divenuto l‟espressione, reagendo con una netta accentuazione delle proprie tendenze elitarie31. Pur rimanendo immutato sul piano

28

Sull‟argomento cfr. ESPOSITO, Apparati e suggestioni, pp. 313-314 ed EAD., La città e i suoi

abitanti, pp. 33-34. La cerimonia fu sottoposta a più dura regolamentazione da parte di Martino V, per

poi essere definitivamente abolita da Pio V nel 1566, nel contesto di una più ampia strategia di controllo delle manifestazioni della religiosità collettiva di ascendenza medioevale (L. FIORANI,

Processioni tra devozioni e politica, in La festa a Roma. Dal Rinascimento al 1870, a cura di M.

FAGIOLO, II, Atlante, Torino, Allemandi, 1997, pp. 66-83; S. CARANDINI, L‟effimero spirituale. Feste

e manifestazioni religiose nella Roma dei papi in età moderna, in Roma, la città del papa, a cura di

FIORANI/PROSPERI, pp. 519-553, a p. 529). 29

Si trattava di un gruppo sociale composito, spregiudicato sul piano imprenditoriale, che sotto il regime popolare dei Banderesi (dal 1358), si era dedicato allo sfruttamento dei territori dell‟Agro, contribuendo ad una fase di relativa prosperità delle attività economiche romane (S. CAROCCI / M. VENDITTELLI, Società ed economia (1050-1420), in Roma medievale, a cura di A. VAUCHEZ, Roma- Bari, Laterza, 2001 [Storia e società/Storia di Roma dall‟antichità a oggi], pp. 71-116, in particolare pp. 110-112; un quadro più dettagliato in C. GENNARO, Mercanti e bovattieri nella Roma della

seconda metà del Trecento (Da una ricerca su registri notarili), «Bollettino dell‟Istituto Storico

Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano» 78 [1967], pp. 155-203). 30

Sul sodalizio si veda PAVAN, La confraternita del Salvatore, p. 90). Per più approfondite informazioni sul sodalizio, si veda anche EAD., Gli statuti della società dei Raccomandati del

Salvatore ad Sancta Sanctorum (1331-1496), «Archivio della Società Romana di Storia Patria» 101

(1978), pp. 35-96. 31

Quest‟ultimo processo andò definendosi soprattutto con la seconda metà del Quattrocento, quando la confraternita, già da tempo caratterizzata da un certo elitarismo di fondo, testimoniato dallo stesso uso del numero chiuso, serrò sempre più i propri ranghi, soprattutto tramite rielaborazioni statutarie che si richiamavano alle norme originarie della sodalitas, definendo sé stessa in contrapposizione rispetto a quegli «huomini forastieri et mezzo barbari» che ormai occupavano tutti i

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formale il prestigio di cui godeva l‟istituzione, la sua supremazia assoluta sull‟associazionismo romano cominciò ad esser contesa dal dinamismo di un sodalizio emergente. Si trattava della confraternita del Gonfalone, sorta attorno al 1486 dalla fusione, avvenuta in momenti diversi, di una decina di compagnie più antiche. Quest‟ultima realtà associativa, assai meno elitaria sul piano del reclutamento, costituiva un soggetto particolare nell‟ambito dell‟associazionismo romano, proponendosi come sintesi di tradizioni associative differenti per epoca e per vocazione: fraternite incentrate sulla devozione mariana, sodalizi di disciplinati, gruppi di laici sensibili ad iniziative assistenziali32.

Accanto a tali esperienze prevalenti, vari altri sodalizi, sorti per lo più nel corso del Quattrocento, animavano la vita associativa della comunità, volgendo principalmente il loro impegno a migliorare le condizioni di vita delle classi indigenti attraverso il finanziamento e l‟amministrazione dei tanti “ospedali” che sorgevano nell‟Urbe. In queste attività, prive di un coinvolgimento attivo da parte del singolo confratello, si esauriva talvolta la vita di queste compagnie. È il caso dell‟antica compagnia di S. Spirito in Saxia, la cui componente associativa si dissolse completamente nell‟istituzione ospedaliera33

.

I toni intimi di una pietà incentrata sui temi penitenziali, che avevano avuto un ruolo di rilievo nelle origini del movimento confraternale romano, andavano inoltre progressivamente sfumando in una religiosità maggiormente aperta verso l‟esterno, che tendeva tuttavia ad esaurirsi in una intensa cerimonialità con cui i sodalizi davano visibilità alle proprie iniziative. Esemplare in questo senso è la confraternita dell‟Annunziata che, sorta nel 1460 nella chiesa domenicana di S. Maria sopra Minerva con l‟obiettivo di fornire ogni anno una dote ad alcune fanciulle povere, dalla metà del secolo ne celebrava la consegna con una solenne processione che vide

ruoli chiave del governo cittadino. Alla fine «onore del nome romano e confraternita [furono] sentiti come un binomio inscindibile» (PAVAN, La confraternita del Salvatore, p. 90).

32

Sul tema si rimanda, per intero, a ESPOSITO, Le confraternite del Gonfalone. 33

A. ESPOSITO, Accueil et assistance à Rome, «Médiévales» 20/40 (2001) , pp. 29-41, a p. 31, ma si veda anche P. DE ANGELIS, L‟arciconfraternita ospitaliera di Santo Spirito in Saxia, Roma, s.e., 1950 [Terni, Tip. Alterocca, 1951]; per l‟analogo esempio delle confraternite di S. Maria in Portico, S. Maria delle Grazie e S. Maria della Consolazione, cfr. ESPOSITO, Le confraternite e gli

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dalla fine del secolo la partecipazione dello stesso pontefice e costituì un esempio per molti altri sodalizi, tra cui la prestigiosa compagnia del Gonfalone34.

2.2.2. Al servizio della città per «acquistare la gratia del Signor Dio»35

All‟aprirsi del nuovo secolo, anche Roma si trovò immersa in quei fermenti che avrebbero condotto l‟Europa alla travagliata stagione delle riforme religiose. Le istanze di rinnovamento che cominciavano a farsi strada nella vita religiosa dei laici, oltre che nella riflessione dei teologi e degli uomini di Chiesa, trovarono spazio anche nell‟associazionismo cittadino. L‟esperienza che tradizionalmente rappresenta il punto di svolta tra il precedente associazionismo medioevale, più centrato sull‟intimismo dei temi penitenziali e sull‟entraîde, e il nuovo, basato su una fede attiva ed operante sul piano delle opere di carità rivolte alla società nel suo complesso, è costituita dall‟effimera vicenda della compagnia del Divino Amore. Fondata a Roma sul modello dell‟analoga compagnia genovese su impulso del notaio ligure Ettore Vernazza attorno al 1515, la compagnia fu il luogo d‟incontro per una serie di figure di rilievo dell‟ambiente ecclesiastico romano, come Gaetano di Thiene e Gian Pietro Carafa, che ebbero così modo di sensibilizzarsi alle idee di riforma in

capite et in membris già propugnate da taluni circoli religiosi cittadini. Al centro

delle attività della compagnia vi era tuttavia la volontà di intervenire concretamente sulle principali emergenze della società cittadina, sopperendovi con iniziative caritatevoli: la più importante fu l‟assistenza ai cosiddetti “incurabili”, gli ammalati di sifilide, ai quali fu destinato l‟antico ospedale S. Giacomo.

34

Sulla progressiva centralità delle cerimonie come strumento di “pubblicità” delle attività, anche caritatevoli, delle confraternite, cfr. ESPOSITO, Apparati e suggestioni, p. 313-317. Per una più ampia trattazione sulla confraternita dell‟Annunziata e le sue attività in un‟ottica di lungo periodo si veda, oltre a EAD., Le confraternite del matrimonio, anche M. D‟AMELIA, La conquista di una dote.

Regole del gioco e scambi femminili alla Confraternita dell'Annunziata (secc. XVII-XVIII), in Ragnatele di rapporti. Patronage e reti di relazioni nella storia delle donne, a cura di L. FERRANTE, M.PALAZZI eG.POMATA, Torino Rosenberg & Sellier, 1988 (Soggetto donna, 4), pp. 305-343 ed EAD., Economia familiare e sussidi dotali. La politica della Confraternita dell‟Annunziata a Roma,

secc. XVII-XVIII, in La donna nell'economia, secc. XIII-XVIII (Atti della “Ventunesima Settimana di

Studi”, 10-15 aprile 1989), a cura di S. CAVACIOCCHI, Firenze, Le Monnier, 1990 (Istituto internazionale di storia economica “F. Datini”, Prato. Ser. 2. Atti delle settimane di studio e altri convegni, 21), pp. 195-215.

35

Il riferimento è ad un brano degli Statuti della vener. Archiconfraternita della Morte et

Oratione (in Roma, appresso Paolo Blado impressore camerale, 1590), in cui i confratelli sono

chiamati a «vestirsi d‟una buona, & santa vita, & procurare d‟acquistare la gratia del Signor Dio, & in quella mantenersi con il mezzo de suoi Santissimi Sacramenti, & essercitio dell‟Opere di Misericordia» (p. 52).

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Proprio la concezione di una fede che si esprimesse nella sollecitudine per le necessità degli strati più deboli della società urbana costituì la principale eredità lasciata all‟ambiente associazionistico romano dalla compagnia del Divino Amore, che non superò gli sconvolgimenti del Sacco del 1527 e si sciolse. A raccoglierne idealmente il testimone fu inizialmente la confraternita di S. Girolamo della Carità, fondata nel 1520 dal cardinale Giulio de‟ Medici per coordinare le iniziative caritatevoli dei cortigiani e degli ufficiali di Curia e rapidamente giunta al successo, anche per l‟elezione al soglio pontificio del suo fondatore, con il nome di Clemente VII. Della nuova compagnia facevano parte anche quei membri del Divino Amore che non avevano voluto abbracciare la vita consacrata entrando nella congregazione teatina, aspetto che accentuava l‟ideale continuità i due sodalizi36

. La Carità sarebbe divenuta in ogni caso una sorta di «ufficio centrale del vasto assistenzialismo messo in atto dalla rete delle confraternite e dei pii sodalizi»37.

Nei decenni che seguirono, nel più generale contesto di una pietas dagli accentuati connotati sociali, modellata sull‟apostolato di maestri illustri come Ignazio di Loyola e Filippo Neri, l‟intero universo confraternale sembrò in effetti plasmarsi sui bisogni di una società perennemente in crisi. Alla confraternita della Carità si andarono allora affiancando sodalizi che, per così dire, specializzarono il proprio intervento su una sola delle tante piaghe che affliggevano la città eterna, andando tuttavia a costituire una fitta trama assistenziale che mirava ad attenuare il diffuso stato di bisogno. Già nei primi anni 1540, fu notevole l‟impegno profuso in questa direzione da Ignazio di Loyola e dai primi gesuiti, che nell‟ambito della loro azione pastorale diedero origine a realtà come quella della confraternita di S. Caterina della Rosa per le Vergini Miserabili, della compagnia della Grazia e della casa di S. Marta,

36

Su entrambe queste esperienze si veda SOLFAROLI CAMILLOCCI, Le confraternite del Divino

Amore, pp. 75-200, con la ricchissima bibliografia relativa. Per quanto concerne il lungo dibattito

storiografico concernente l‟oratorio del Divino Amore, si vedano le sintesi di FIORANI, Discussioni e

ricerche, pp. 64-72 e di D. SOLFAROLI CAMILLOCCI, Le confraternite del Divino Amore.

Interpretazioni storiografiche e proposte attuali di ricerca, «Rivista di storia e letteratura religiosa»

27/3 (1991), pp. 315-332; sulla compagnia della Carità si faccia invece riferimento a A.CARLINO,

L‟Arciconfraternita di San Girolamo della Carità: l‟origine e l‟ideologia assistenziale, «Archivio

della Società Romana di Storia Patria» 107 (1984), pp. 275-306. Sull‟attività dei due sodalizi, si veda tuttavia anche J. HENDERSON, “Mal francese” in Sixteenth Century Rome: the Ospedale di San

Giacomo in Augusta and the “Incurabili”, in Popolazione e società a Roma, a cura di SONNINO, pp. 483-523 e M.FOIS S.I.,La risposta confraternale alle emergenze sanitarie e sociali della prima metà del Cinquecento romano: le confraternite del Divino Amore e di S. Girolamo della Carità, «Archivum

Historiae Pontificiae» 41 (2003), pp. 83-107. 37

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e dei SS. XII Apostoli, dedicati rispettivamente a fornire una tutela di ordine morale e materiale alle fanciulle “pericolanti”, di offrire rifugio alle prostitute “pentite” e a raccogliere elemosine per i poveri38. Sorsero tuttavia anche numerose compagnie non legate ad una azione programmatica di apostolato, ma all‟iniziativa di gruppi più o meno ampi di laici ed ecclesiastici. Emblematica in questo senso è l‟arciconfraternita della SS. Trinità dei Pellegrini e Convalescenti, fondata nel 1548 da alcuni laici – tra cui spiccava la presenza di un ancor giovane Filippo Neri – e posta sotto la guida spirituale di un sacerdote di S. Girolamo – generalmente identificato con il confessore del Neri, Persiano Rosa –. Originatosi con generiche finalità di preghiera collettiva e di attivismo assistenziale, il nuovo sodalizio si sarebbe ben presto fatto carico del duplice impegno di prendersi cura dei pellegrini giunti a Roma nelle ricorrenze giubilari e dei convalescenti dimessi troppo frettolosamente dagli ospedali romani dopo che vi avevano ricevuto le cure più urgenti, benché ancora deboli e incapaci di lavorare39. Dopo il giubileo del 1575 la compagnia avrebbe visto accrescere il proprio rilievo all‟interno della città per l‟incarico, assegnatole da Gregorio XIII (1572-1585), di occuparsi di tutti i mendicanti della città concentrandoli in un unico ospedale, impartitole da. Questo primo progetto di

renfermement dei poveri, che giungeva a realizzarsi anche a Roma dopo il largo

successo riportato in tutta Europa, si concretizzò nella solenne processione con cui

38

Per le attività di questi sodalizi si veda FIORANI, L‟esperienza religiosa, pp. 160-166, ma ora soprattutto gli studi di LAZAR, The First Jesuit Confraternities e ID., Working in the Vineyard of the

Lord, in particolare pp. 3-98. Sulle prime fasi dell‟attività dei gesuiti si veda inoltre J.W. O‟MALLEY,

The First Jesuits, Cambridge, Harvard University Press, 1993 [trad. it.: I primi gesuiti, Milano, Vita e

Pensiero, 1999 (Cultura e storia, 14)] e S. PAVONE, I gesuiti dalle origini alla soppressione. 1540-

1773, Roma-Bari, Laterza, 2004 (Biblioteca Essenziale, 64), pp. 3-32, con la relativa bibliografia.

Sull‟ambiguo statuto delle istituzioni d‟Età moderna dedicate alla tutela delle donne si rimanda tuttavia anche a: A. CAMERANO, Assistenza richiesta ed assistenza imposta: il conservatorio di S.

Caterina della Rosa in Roma, «Quaderni storici», n.s., 82 (1993), pp. 227-260; A. GROPPI, I

conservatori della virtù. Donne recluse nella Roma dei papi, Roma-Bari, Laterza, 1994 (Biblioteca di

cultura moderna, 2); S. D‟AMICO, Assistenza o reclusione? I rifugi per peccatrici e “fanciulle

pericolanti” nella Milano della Controriforma, in I monasteri in età moderna: Roma, Napoli, Milano,

a cura di M. D‟AMELIA e L. SEBASTIANI, «Dimensioni e problemi della ricerca storica» 21/2 (2008) [pp. 19-289], pp. 237-255, dedicato al caso milanese ma utile per alcune considerazioni di carattere generale.

39

Sulla compagnia della SS. Trinità del Sussidio, in seguito denominata dei Pellegrini e Convalescenti, si veda M. BORZACCHINI, Un tipo di assistenza ai poveri nel ‟500: l‟arciconfraternita

della SS. Trinità dei pellegrini e dei convalescenti, «Storia e politica» 21 (1982), pp. 363-409; L.

CAJANI, Lungo le strade che portavano a Roma: le confraternite aggregate all‟arciconfraternita della

Santissima Trinità dei Pellegrini e Convalescenti (XVI-XIX secolo), in Poveri in cammino. Mobilità e assistenza tra Umbria e Roma in età moderna, a cura di A. MONTICONE, Milano, Franco Angeli, 1993, pp. 339-408, in particolare pp. 341-344n; FIORANI, Gli anni santi del Cinque-Seicento; ID., «Charità et pietate», pp. 450-455 e relativa bibliografia.

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850 poveri entrarono nell‟ex-monastero domenicano di S. Sisto, ad essi assegnato. L‟iniziativa avrebbe assunto tuttavia una forma più circostanziata sotto Sisto V, che a partire dal 1587 istituì l‟Ospedale dei poveri mendicanti presso ponte Sisto, sempre affidato ai confratelli della Trinità ma istituzionalmente distinto da essa, dotandolo di particolari privilegi economici e giuridici. Nonostante lo sforzo della confraternita, il successo dell‟Ospedale fu breve: alla morte di Sisto V i sussidi si ridussero infatti drasticamente, e con essi la portata dell‟assistenza, che passò dai circa duemila poveri assistiti nel gennaio del 1591 ad appena un centinaio del 160140.

Al medesimo filone spirituale di intervento assistenziale attivo sui bisogni della società debbono essere collegate numerose altre esperienze confraternali, tra le quali ci si limita a segnalare quelle della compagnia di S. Maria della Pietà per i Poveri Pazzerelli (1548), creata dal sacerdote spagnolo Ferrante Ruiz per i malati di mente, della confraternita dell‟Orazione e Morte, che seppelliva i defunti poveri abbandonati a Roma e nelle sue campagne (1552), e della Pietà dei carcerati, che si prendeva cura dei detenuti indigenti41.

40

Una puntuale ricostruzione degli eventi, narrati già da FANUCCI, Trattato di tutte le Opere pie, pp. 58-67, è proposta da P. SIMONCELLI, Origini e primi anni di vita dell‟Ospedale romano dei poveri

mendicanti, «Annuario dell‟Istituto Storico Italiano per l‟Età Moderna e Contemporanea» 25-26

(1973-1974), pp. 121-172. Sul problema del pauperismo e sulle varie iniziative di renfermement dell‟Età moderna si vedano: B. GEREMEK, Il pauperismo nell‟età preindustriale (secoli XIV-XVII), in

I documenti, a cura di R. ROMANO e C. VIVANTI, Torino, Einaudi, 1973 (Storia d‟Italia, V/1), pp. 667- 698; J.P. GUTTON, La société et les pauvres en Europe. XVIe-XVIIIe siècles, Paris, Presses

Universitaires de France, 1974 [trad. it.: La società e i poveri, Milano, Arnoldo Mondadori editore, 1977 (Oscar Studio, 45)]; B. PULLAN, Poveri, mendicanti e vagabondi (secoli XIV-XVII), in Dal feudalesimo al capitalismo, a cura di R. ROMANO eC.VIVANTI, Torino, Einaudi, 1978 (Storia d‟Italia. Annali, 1), pp. 981-1047; A. PASTORE, Strutture assistenziali fra Chiesa e Stati nell'Italia della Controriforma, in La Chiesa e il potere politico, a cura di CHITTOLINI/MICCOLI, pp. 433-465; B. GEREMEK,La pietà e la forca. Storia della miseria e della carità in Europa, Roma-Bari, Laterza,

1986 (Storia e società) [ed. or.: Litość i szubienica. Dzieje nędzy i miłosierdzia, Warszawa, Czytelnik, 1989 (Wielkie Problemy Dziejów Człowieka)], in particolare il secondo capitolo, «La sociEtà moderna e il pauperismo», pp. 69-122; M.FATICA,Il problema della mendicità nell‟Europa moderna

(secoli XVI-XVIII), Napoli, Liguori, 1992 (Istituto Universitario Orientale. Quaderni del Dipartimento

di filosofia e politica, 12), con ricchi riferimenti specifici alla situazione romana. Per quanto concerne la dimensione propriamente religiosa della questione pauperistica, si rimanda infine a M.ROSA /A. MONTICONE /V.E.GIUNTELLA /P.STELLA, Poveri ed emarginati: un problema religioso, «Ricerche per la storia religiosa di Roma» 3 (1979), pp. 11-41.

41

Sull‟assistenza ai malati di mente nella Roma del Cinquecento, si vedano le brevi informazioni di R. LEFEVRE, Cinquecento minore. Don Ferrante Ruiz e la compagnia dei poveri forestieri e pazzi, «Studi romani» 17 (1969), pp. 147-159, e, per uno sguardo più ampio, L‟ospedale dei pazzi di Roma

dai papi al ‟900, I, Fonti per la storia della follia. Santa Maria della Pietà e il suo archivio storico. Secc. XVI-XX, Bari, Dedalo, 1994 (Prisma, 35); per un inquadramento più generale sul tema si

rimanda inveca a L. ROSCIONI, Il governo della follia. Ospedali, medici e pazzi in età moderna,