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PARTE II. L’APPROCCIO DELLE REGIONI ALLA DISTRETTUALITÀ IN

4.5 I modelli organizzativi

Nella generalità dei casi, salvo due eccezioni, il distretto attraverso i propri organi deve assicurare lo svolgimento:

- dei processi di governance a livello locale, che si esprimono soprattutto nel formulare indirizzi o nel redigere il progetto di distretto;

- di funzioni operative e gestionali connesse all’attuazione del progetto e al suo monitoraggio.

Inoltre, le Regioni che hanno emanato nuove leggi in questi ultimi anni, in modi diversi, hanno tenuto presente le indicazioni della finanziaria 2006, che ha concentrato l’attenzione sulle rappresentanze dei distretti come nuovi interlocutori rilevanti nell’interazione tra le imprese distrettuali (o di rete) e la parte pubblica, riconoscendo loro, tra l’altro, la facoltà di stipulare accordi e compiere azioni amministrative in nome e per conto delle imprese del distretto. Così l’individuazione del rappresentante del distretto è divenuta questione rilevante nelle legislazioni regionali successive al 2006.

Per assolvere alle due funzioni, le Regioni hanno compiuto scelte diverse, sinteticamente riepilogate nella Tab. 4-5, che possono essere ricondotte a due modelli prevalenti.

Il primo modello ha carattere duale perché pone le due funzioni in capo a due distinti

soggetti, uno dei quali può essere il Rappresentante del distretto. Sebbene non vi sia convergenza di denominazioni, il soggetto che deve assicurare lo svolgimento della governance ha normalmente carattere assembleare e deve fornire indirizzi per la

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formazione del progetto di distretto. Il soggetto gestore, che spesso assume la forma di società di distretto anche dal punto di vista civilistico, espleta le funzioni di gestione per l’attuazione del progetto e, in alcuni casi, anche per la gestione delle risorse assegnate ai progetti. In tutti questi casi la società, ha sempre una partecipazione pubblico/privata che rispecchia la composizione del partenariato. Queste funzioni sono state affidate al Rappresentante di distretto che, nel caso del Veneto, è una persona fisica che ha ricevuto un formale mandato dalle imprese del distretto. Anche Sicilia, Piemonte, Calabria,

Lazio e Provincia Autonoma di Trento hanno scelto questo modello, sebbene con

differenze particolarmente marcate nel caso di Trento che ha un’articolazione ancora più complessa e della Sicilia che ripartisce le diverse funzioni tra il Comitato, la Società di distretto e il Rappresentante.

Il secondo modello a soggetto unico pone entrambe le funzioni in capo a un unico

soggetto, che talvolta può acquisire la personalità giuridica. Friuli Venezia Giulia,

Abruzzo, Liguria, Puglia e Basilicata hanno adottato tale modello, anche in questo caso

con notevoli differenze. Vale la pena sottolineare anzitutto che la Basilicata nel suo progetto di legge presentato nel 2011 ha previsto, tra l’altro, l’istituzione della società di distretto, passando così a una struttura duale. Friuli Venezia Giulia e Abruzzo, costituendo in forma societaria il distretto, ne individuano al contempo anche la rappresentanza giuridica verso terzi. La Liguria e la Puglia non individua un rappresentante di distretto e non indicano la formale costituzione del comitato, sebbene prevedano l’elezione di un Presidente al suo interno.

Due Regioni fanno eccezione.

La Lombardia, prevede unicamente l’istituzione in una forma societaria della Società di distretto, costituita solo da soggetti privati, incaricata di gestire le fasi gestionali di attuazione del progetto. Con i soggetti pubblici il distretto può stipulare appositi accordi, se funzionali al raggiungimento dei risultati.

La Toscana adotta l’organizzazione più informale, in cui lo svolgimento del dialogo e del confronto tra gli attori locali richiede solo la presenza di un coordinatore, ruolo che può essere assunto dalla provincia, ma sostanzialmente è lasciata ampia libertà di scelta agli attori locali, che in alcuni casi hanno costituito una società di distretto.

In definitiva, i modelli organizzativi adottati dalle Regioni sono riconducibili tre interpretazioni prevalenti:

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 interpretare il Distretto nella sua accezione più informale di rete tra soggetti, concepita per favorire il dialogo tra i diversi attori per perseguire obiettivi di sviluppo locale ( è questo il caso della Toscana);

 assegnare al Distretto una specifica soggettività giuridica con il compito di riassumere nei suoi organi funzioni di concertazione tra i diversi attori locali, e di organizzazione economica e di filiera (si riconoscono in questo modello la maggior parte delle Regioni);

 interpretare il distretto come soggetto giuridico che assomma alle precedenti funzioni anche quella di raccogliere, selezionare e finanziare progetti, in maniera non dissimile da un GAL (è questo il caso del Lazio).

Tab. 4-5 Organi dei distretti e loro funzioni - Nostra elaborazione su normative regionali vigenti

Regioni Funz. di

governance Funz. gestionali Rappresentanza Modello giuridico

M o d e llo du al e Veneto  Insieme dei partecipanti al distretto  Consulta regionale dei distretti e metadistretti

Rappresentante di Patto Mandato di

rappresentanza

Sicilia Comitato di

distretto Società di distretto

Rappresentante

di patto Forma societaria

Piemonte Tavolo di distretto Società di distretto Forma societaria o associativa

Calabria Comitato di

distretto Società di distretto Forma societaria

Lazio Comitato di

distretto Società di distretto

Soc. per azioni anche consortile

Prov. Aut. Trento

 Comunità di Valle  Comitato di partecipazione  Agenzia  C.d. A. , Presidente dell’Agenzia Non indicato M o d e llo u n i

Friuli Venezia Giulia ASDI Soc. consortile

Abruzzo Società di distretto Società di capitali

Basilicata Comitato di distretto Nessuno

Liguria Comitato di distretto Presidente di

distretto Nessuno

Puglia Comitato di distretto Presidente di

distretto Nessuno

Gest. Lombardia Società di distretto (solo privati) Forma societaria

Gov. Toscana Soggetto coordinatore (una provincia) Nessuno

Le Regioni che tra le prime hanno legiferato, quali la Basilicata, la Toscana e la

Liguria non hanno inserito nella legge o nei provvedimenti regolamentari l’obbligo di

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legge del 2007, non fa alcun riferimento alla finanziaria del 2006 e non prescrive la definizione del soggetto gestore in forma societaria, ma prevede l’elezione del presidente del comitato di distretto cui assegna il potere di rappresentanza.