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PARTE III. I DISTRETTI IN AGRICOLTURA VERSO IL 2020

8.2 Regione Piemonte

8.2.2 Scheda L R 26/2003

Ancor prima di formulare la propria L. R. 26/2003 di recepimento del D. Lgs. 228/2001, la Giunta Regionale aveva riconosciuto il Distretto floricolo del Lago Maggiore, con la deliberazione della Giunta Regionale, 3 aprile 200259, facendo diretto riferimento alla norma nazionale, demandando poi alle Province di Novara e del Verbano Cusio Ossola il compito di delimitare il territorio distrettuale. Tale iniziativa intendeva rispondere a una forte richiesta da parte degli operatori del settore in quei territori. Questo distretto è stato di nuovo riconosciuto ai sensi della L. R. 26/2003, possedendo già i requisiti previsti dalla nuova legge.

FINALITÀ

La legge regionale del 200360, rappresenta il primo riferimento normativo esplicito di attuazione della norma nazionale, benché si inserisca in un quadro già assai ricco e composito sia dal punto di vista delle esperienze realizzate che della produzione normativa.

DEFINIZIONE

La definizione dei Distretti rurali e agroalimentari di qualità ricalca quelle offerte dall’art.13 del D. Lgs. 228/2001.

Il legislatore regionale introduce un prodotto dei Distretti rurali e agroalimentari di qualità i progetti d’innovazione che sono «le iniziative aziendali, o di servizio finalizzate ad accrescere l'interrelazione produttiva ed economica tra le imprese del distretto e tra queste ed il territorio, sentita la Commissione consiliare competente».

Non si tratta dunque di una terza categoria di distretti, ma di una tipologia di progetti e iniziative che dovranno essere inseriti nei piani di distretto, a significare il valore innovativo riconosciuto a questo strumento.

INDIVIDUAZIONE

Il legislatore elabora indicatori specifici per ciascuna tipologia di distretto che qui, come in seguito, presenteremo in forma di gruppi omogenei, secondo lo schema proposto nel

59 N. 37-5721 “D. Lgs. 228/01 - Orientamento e modernizzazione del settore agricolo a norma articolo 7, legge n. 57/01- art. 13, comma 3 - Individuazione del Distretto floricolo del Lago Maggiore”

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Completata dallaDGR n. 33-13542 del 4.10.2004 “Legge regionale 13 ottobre 2003, n. 26, Istituzione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità. Istruzioni di applicazione della legge” e dalla successiva Determinazione 18 gennaio 2005 n. 11 “Linee-guida per l'individuazione dei Distretti Agroalimentari di Qualità e considerazioni relative ai Distretti Rurali”.

128 capitolo 3.

REQUISITI PER L’INDIVIDUAZIONE DEI DISTRETTI RURALI (ART.3) Ruralità e omogeneità del territorio

 la produzione agricola realizzata nell'area distrettuale risulta coerente con i valori ambientali e paesaggistici dei territori, caratterizza l'identità dei luoghi ed e' significativa a livello dell'economia locale;

Integrazione multisettoriale

 presenza di un insieme di attività e funzioni diversificate, quali l'agricoltura, l’agriturismo, il turismo rurale, l'artigianato e la piccola industria, aventi una base comune territoriale ed in grado di valorizzare le risorse produttive, culturali ed ambientali locali;

 presenza di un sistema consolidato di relazioni tra le imprese agricole e le imprese locali operanti in altri settori;

Integrazione con il territorio

 integrazione tra produzione agricola e fenomeni culturali e turistici;

 sono disponibili le risorse aziendali necessarie per attività di valorizzazione dei prodotti agricoli e del patrimonio rurale e forestale, nonché di tutela del territorio e del paesaggio rurale

Innovazione

 una parte rilevante dell'innovazione tecnologica ed organizzativa delle imprese agricole, nonché dell'assistenza tecnica ed economica e della formazione professionale e' soddisfatta dall'offerta locale;

Governance

 le istituzioni locali devono essere interessate alla realtà distrettuale ed a stabilire rapporti di tipo collaborativo e convenzionale con le imprese agricole e con quelle di altri settori locali.

SOVRAPPOSIZIONE CON L’INIZIATIVA LEADER+

Nelle linee-guida per l’individuazione dei Distretti rurali e agroalimentari di qualità è stata rinviata l’attuazione dei distretti rurali, per «non sovrapporsi» alla realizzazione del programma, allora in corso di svolgimento. La possibile sovrapposizione è stata valutata:  rispetto ai territori - aree rurali e montane - che avrebbero dovuto essere coinvolti

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 rispetto alla possibile coincidenza dei contenuti strategici dei Piani di sviluppo locale dei GAL,

 rispetto all’approccio dal basso.

L’INDIVIDUAZIONE DEI DISTRETTI RURALI È STATA RINVIATA

al periodo di programmazione 2007/13, ritenendo che «proprio la conclusione del Programma Leader Plus potrà fornire preziosi elementi di esperienza da utilizzare nell’attivazione dei Distretti Rurali.»

REQUISITI PER L’INDIVIDUAZIONE DEI DISTRETTI AGROALIMENTARI DI QUALITÀ (ART.4)

Qualità delle produzioni

 L’area deve essere caratterizzata da una o più produzioni agroalimentari merceologicamente omogenee e tali produzioni devono essere significative nel panorama regionale

Integrazione di filiera

 Si deve rinvenire nell’area un sistema consolidato di relazioni tra imprese agricole ed agroalimentari.

Integrazione con il territorio

 Si devono poter rilevare aspetti di integrazione tra produzione e fenomeni culturali e turistici, giacché nel territorio di riferimento devono essere presenti aziende agrituristiche o circuiti turistici enogastronomici, legati alla produzioni tipiche del distretto.

Innovazione

 Presenza nel territorio di istituti di ricerca o centri di formazione che collaborino stabilmente con la rete organizzativa delle imprese agricole o alimentari;

Governance

 Le istituzioni locali sono interessate alla realtà distrettuale ed a stabilire rapporti di tipo collaborativo e convenzionale con le imprese agricole e con quelle di altri settori locali.

Compatibilità dei distretti già istituiti

Ci limitiamo qui a richiamare che le linee-guida prendono atto che il già istituito Distretto floricolo ha caratteristiche compatibili con la L. R. 26/2003, mentre altrettanto non può essere detto per i due distretti del vino istituiti con la L. R. 20/1999. Il chiarimento dei

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termini di compatibilità tra le due norme sarà realizzato con la successiva L. R. 29/2008.

Competenze

Il compito d’individuazione dei distretti è assegnato alla Giunta Regionale, acquisito il parere della Commissione consiliare competente, su proposta delle Province interessate.

Le linee-guida rimarcano che la proposta di delimitazione di un distretto agroalimentare di qualità deve essere accompagnata anche da un “protocollo di intesa sottoscritto dalle rappresentanze economiche, sociali ed istituzionali dell’area, attestante la comune volontà di procedere alla ricerca di una progettualità economica e territoriale, basata su un approccio integrato e suscettibile di generare uno sviluppo sostenibile”.

ORGANIZZAZIONE

Questa norma non dota i distretti di un proprio assetto organizzativo, perché del loro funzionamento sono interamente incaricate le Province, con l’impegno di garantire l’ampio coinvolgimento degli attori locali. Infatti, è prevista la costituzione di un Tavolo di partecipazione di tutte le istituzioni locali e delle rappresentanze economiche e sociali del territorio distrettuale. È posta grande enfasi sul ruolo del Tavolo di partecipazione nella fase di elaborazione del Piano di distretto, giacché “A parità di altre condizioni, il rafforzamento dell’identità e della competitività del distretto dipenderà, oltre che dai percorsi di sviluppo individuati in sede di piano, dalla capacità degli agenti distrettuali (imprese, enti pubblici e società locale) di ristrutturare i modelli di comportamento in modo concertato, con ciò contribuendo alla riorganizzazione del distretto.” Il Tavolo vuole rispondere all’esigenza di svolgere la fase di progettazione attraverso il metodo della concertazione, con ciò migliorando e razionalizzando il ruolo attribuito al Consiglio di Distretto nella precedente legge.

PROGETTAZIONE

Il Piano di distretto

I progetti d’innovazione definiti all’art. 2 sono elemento caratteristico delle politiche di distretto. I piani di distretto (art.8), che individuano i progetti innovativi, soggetti attuatori e modalità di finanziamento, sono attuati mediante l’utilizzo degli strumenti di programmazione negoziata.

Le linee-guida, riguardo alla formazione del Piano di distretto, sottolineano che “il rispetto del metodo “dal basso” (bottom-up) che il legislatore ha attribuito alla pro- grammazione distrettuale comporta di conseguenza che lo schema metodologico proposto

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non sia prescrittivo.”, e danno attuazione alla pianificazione “dal basso” codificando la costituzione di Tavoli di partecipazione che dovranno interagire con i gruppi tecnici, ma rinforzano ancora tale principio aggiungendo che “pervenire alla realizzazione di Tavoli dialoganti e cooperativi costituisce non tanto una pre-condizione per il successo di un’operazione di sviluppo locale, bensì uno degli obiettivi del processo stesso di pianificazione”.

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Tutte le azioni del Piano devono essere accompagnate dall’individuazione degli specifici strumenti per il loro finanziamento, tuttavia è espressamente previsto (art.8 c.2) che i progetti d’innovazione, che caratterizzano il Piano, “possono essere cofinanziate con risorse regionali aggiuntive”, effettivamente previste dalla determinazione dirigenziale n. 349 del 29/11/2004, che ha destinato euro 715.000,00 (euro 178.750, 00 cadauna) alle quattro realtà organizzative distrettuali che si andavano profilando: Distretto della frutta (Province di Torino e di Cuneo); Distretto del riso, (Province di Vercelli, Novara, Biella, Alessandria); Distretto orticolo (Provincia di Alessandria); Distretto floricolo (Province di Novara, Verbano-Cusio Ossola, Biella).

Competenze

I soggetti incaricati della redazione del piano sono le Province nelle quali siano presenti realtà distrettuali. Nel caso di territori che insistono su più Province, le stesse indicano la Provincia capofila, che di norma è quella maggiormente caratterizzata dalla produzione tipica del territorio. I piani presentati dalle Province sono approvati dalla Giunta Regionale, sentita la competente Commissione Consiliare ed hanno validità triennale.

MONITORAGGIO

Il monitoraggio sulle attività svolte e sull’attuazione del piano di distretto è conferito alle Province, che riferiscono annualmente alla Giunta Regionale riguardo all'attività svolta. Nella consapevolezza della necessità di valutare correttamente gli esiti dell’applicazione del Piano di Distretto le linee-guida rimarcano che “La strutturazione del Piano attraverso obiettivi ed indicatori nasce anche per tenere conto di tale esigenza”.

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