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PARTE II. L’APPROCCIO DELLE REGIONI ALLA DISTRETTUALITÀ IN

4.4 Progettazione

4.4.1 I contenuti del progetto

Diversi legislatori regionali affermano che proprio nella progettazione si esprime l’efficacia e dunque il valore stesso del distretto come strumento di governance per il suo sviluppo e per il coordinamento e l’implementazione delle politiche. Sono molteplici e diverse le metodologie utilizzate per giungere alla definizione di quello che, di volta in volta, è definito progetto, piano, programma o patto (di seguito indicato solo come

progetto), ma in tutti i casi esaminati, gli elementi che devono costituire il progetto sono

costanti e comuni (Tab. 4-3).

Tab. 4-3 Elementi per la formazione del progetto – Nostra elaborazione su normative regionali vigenti.

Elementi del progetto Descrizione

Analisi

Analisi ex ante della situazione distrettuale (anche con l’aiuto di analisi SWOT), del quadro socio-economico generale e della situazione delle principali filiere produttive.

Strategia

Definizione degli obiettivi strategici, generali e specifici. Identificazione e delle principali linee d’azione.

Indicazione risultati attesi.

Partenariato Individuazione dei soggetti pubblici e privati che partecipano al progetto e indicazione delle modalità del loro coinvolgimento.

Programma

Presentazione delle singole iniziative proposte, eventualmente comprendenti anche iniziative di carattere pubblico, quali infrastrutture di servizio all’area distrettuale.

Indicazione della fattibilità delle iniziative e dei tempi di realizzazione

Piano finanziario

Definizione di un piano finanziario con indicazione delle quota di contributo richiesto alla Regione (nei casi in cui si preveda un finanziamento diretto con risorse regionali) e degli impegni finanziari assunti da ciascun partecipante e delle fonti finanziarie pubbliche (comunitarie, nazionali e regionali) individuate;

Sono altresì comuni:

- il carattere integrato del progetto, che assume l’accezione di integrazione multisettoriale nel caso di distretti rurali e dei distretti in cui sono posti obiettivi di sviluppo locale. Assume invece l’accezione di integrazione verticale quando il progetto persegue obiettivi di consolidamento e sviluppo lì della filiera produttiva. - Il carattere strategico del progetto, che deve indicare una strategia e un insieme

coerente di interventi da realizzare nel periodo di validità del progetto che, per tutte le regioni, è di tre anni.

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Come argomentato nella trattazione delle finalità (par. 4.2) e approfondito con riguardo al finanziamento (par.4.4.3), è ben diffuso ma non comune il carattere

programmatico che, invece, il progetto assume obbligatoriamente in quelle Regioni

nelle quali esso è preso come punto di riferimento per l’implementazione di politiche regionali perché diviene oggetto di decisioni circa il suo finanziamento e il coordinamento con la programmazione regionale.

4.4.2 Il diverso ruolo della governance orizzontale

Per un distrettuale in agricoltura sono elementi qualificanti della progettazione anche le modalità con le quali essa è sviluppata e il ruolo che svolgono i diversi soggetti chiamati in causa. Più o meno esplicitato, è un principio assunto da tutte le normative regionali che una buona progettazione - e ancor di più la sua speranza di successo - è il frutto di un buon dialogo tra tutti gli attori del distretto e di un’armonica tensione verso obiettivi condivisi.

Un caso esemplare è certo rappresentato dalla Toscana che prevede che un distretto «si costituisce per accordo tra enti locali e soggetti privati che operano in modo integrato nel sistema produttivo locale» e che tale accordo è costruito attorno a «un progetto economico-territoriale che definisce processi concertativi ed azioni integrate per il coordinamento e l’implementazione dei piani e dei programmi del territorio distrettuale», cosicché il valore aggiunto del distretto si identifica nei benefici indiretti «legati ad un maggiore coordinamento degli attori locali intorno a idee forza ben definite e strategie di riqualificazione e sviluppo con esse coerenti».

In generale, tutte le Regioni che hanno disciplinato i distretti rurali e agroalimentari

di qualità, ad eccezione del Lazio, hanno attribuito sistematicamente un significato

pregnante ai processi di governance svolti a livello locale per la definizione del progetto. Pur nella diversità di approccio, anche le Regioni che hanno individuato distretti

agroindustriali e distretti produttivi, come già argomentato (par.4.2.1), attribuiscono

un significato centrale al processo di governance svolto a livello locale, che si sostanzia nella definzione concertata di un progetto di sviluppo di medio termine che finalizza a obiettivi condivisi interventi e investimenti pubblici e privati.

Anche la Sicilia assegna al Comitato di distretto la redazione del patto, ma si deve comunque considerare che istituendo distretti di filiera di rilievo regionale, finisce col

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porre in primo piano il rapporto tra imprese della filiera e amministrazione regionale, anche in considerazione delle peculiari modalità di finanziamento.

Una considerazione a parte deve essere dedicata alla Regione Lazio che compie scelte singolari anche rispetto alle modalità di finanziamento. La legge assegna alla Giunta Regionale il compito di elaborare il piano di distretto - sentite le province interessate, gli enti locale e le rappresentanze economiche - che è poi sottoposto all’esame di un nucleo tecnico di valutazione. Il piano approvato può seguire due vie di finanziamento in aggiunta alla quota di investimenti privati: attraverso una linea finanziaria dedicata predisposta dalla Regione, anche ricorrendo a strumenti di programmazione negoziata; attraverso altre forme di finanziamento che attingano a fonti comunitarie, nazionali o regionali. Nel primo caso, le risorse possono essere assegnate direttamente al soggetto gestore - una società per azioni a composizione mista – che assume il compito di realizzare e rendicontare le spese.

4.4.3 Finanziamento

L’ulteriore elemento di analisi che qualifica la progettazione è la modalità di finanziamento e la tipologia di risorse eventualmente riservata, elementi che saranno schematicamente evidenziati nelle schede di analisi delle leggi regionali e che sono qui sinteticamente riepilogati (Tab. 4-4).

Concretamente, in questo capitolo s’iscrive l’effettiva capacità dei distretti in agricoltura di conseguire risultati apprezzabili, così come in questo capitolo si deve leggere l’effettiva rilevanza attribuita dalle Regioni ai distretti in agricoltura.

Ma le scelte delle Regioni sono state assai diversificate e le possibilità offerte ai distretti vanno da condizioni minime, a interventi finanziari di maggiore spessore.

Tra le iniziative d’interesse, la maggior parte delle Regioni sostiene lo svolgimento di azioni propedeutiche alla formazione dei distretti e/o studi funzionali alla progettazione.

Quasi tutte le Regioni, com’era logico aspettarsi, indicano già nella legge l’intenzione di ricorrere a strumenti di programmazione negoziata per racchiudere il progetto in un quadro programmatico preciso e finalizzato.

Solo alcune Regioni, invece, prevedono di istituire specifiche linee finanziarie per il cofinanziamento degli interventi contenuti nel progetto. Fra queste non può sorprendere che vi siano le Regioni che disciplinano distretti agroindustriali

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Tab. 4-4 Le scelte delle Regioni per finanziare i distretti in agricoltura – Nostra elaborazione su normative regionali vigenti.

REGIONI

FINANZIAMENTO DEI DISTRETTI IN AGRICOLTURA AZIONI

PROPEDEUTICHE

STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE

NEGOZIATA

PROGETTI DEL PIANO RISORSE

REGIONALI

QUOTE RISERVATE DI ALTRE RISORSE

Friuli Venezia Giulia X X

Veneto X

Lombardia** X X

Puglia X X

Sicilia X

Prov. Aut. di Trento X X*

Lazio X X X Abruzzo X X Liguria X Piemonte X Calabria X X Basilicata X X X Toscana X X Note:

* La Provincia Autonoma di Trento può concedere alla Comunità la gestione diretta di politiche economiche nei limiti stabiliti dall’intesa istituzionale.

** La Lombardia riconosce ai distretti requisito prioritario per l'accesso ai fondi comunitari, nazionali e regionali in ambito agricolo.

In particolare, il Friuli Venezia Giulia approva, anche parzialmente, il Programma di sviluppo e i progetti di sua competenza, in relazione alle risorse da assegnare. Inoltre, concede anche contributi straordinari per gli investimenti di impianto e le spese di funzionamento dell’ASDI.

Il Veneto assicura il massimo supporto al successo dei patti di sviluppo distrettuale e metadistrettuale, attraverso mirate azioni di sostegno finanziario, istituendo un apposito

fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati per i progetti presentati

all’interno dei Patti di sviluppo distrettuale. Assolti gli adempimenti previsti dall’Unione europea in materia di aiuti di Stato per dare attuazione alle misure di aiuto, per il primo periodo di attuazione (2003-2005) la legge ha stabilito un onere annuo a carico del bilancio regionale pari a 15 milioni di euro da assegnare attraverso un bando annuale. Questa procedura si è ripetuta fino al 2009, in seguito, in mancanza di finanziamenti specifici, i patti hanno potuto ricorrere ad altre fonti finanziarie comunitarie, nazionali e regionali.

Avendo già trattato Lazio (par. 4.4.2) e Provincia Autonoma di Trento (par. 4.2.3), occorre ricordare che anche la Calabria, con la disciplina introdotta nel 2009, prevede di

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poter finanziare progetti di sviluppo dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità elaborati attraverso strumenti di programmazione negoziata, purché finalizzati a obiettivi selezionati.

Le Regioni Puglia, Abruzzo e Basilicata riservano ai distretti quote di risorse nella disponibilità della programmazione regionale, mentre la Lombardia riconosce loro una

priorità di accesso a tali risorse e richiede l’utilizzo coordinato dei diversi strumenti. In

tutti gli atri casi, gli interventi contenuti nel progetto di distretto devono individuare le risorse pubbliche in fonti comunitarie, nazionali e regionali.

Con la prossima riforma del FEASR per il prossimo periodo di programmazione potrebbero profilarsi nuove opportunità che sono in seguito esaminate (capitolo 5).