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Il modello dei “sexy sons” si rifà alle formulazioni del genetista Ronald Fisher, esposte originariamente in un articolo del 1915 Secondo il modello di Fisher,

Lineamenti di un’estetica darwiniana

2. La tradizione dell’estetica

3.3. Il modello dei “sexy sons” si rifà alle formulazioni del genetista Ronald Fisher, esposte originariamente in un articolo del 1915 Secondo il modello di Fisher,

all’interno di una popolazione co-evolvono gli ornamenti maschili, da un lato, e le preferenze femminili per quegli ornamenti, dall’altro. Accoppiandosi con i maschi più ornati, le femmine trasmettono alla prole maschile i geni per lo sviluppo degli ornamenti e alla prole femminile quelli per lo sviluppo delle preferenze. Si instaura cosi un meccanismo a cascata auto-rinforzante, per il quale i geni per gli ornamenti (sempre più elaborati) e quelli per la preferenza (sempre più spiccata) si diffondono velocemente all’interno della popolazione. Fisher ammetteva che, all'inizio del processo, il tratto preferito dalle femmine potesse aver avuto un valore adattivo, favorito dalla selezione naturale: “We may, therefore, observe three phases in the history of a secondary sexual trait. In the first it is favoured by natural selection, and being simple and easily apprehended as a "point" its advantage is slowly increased by the development of sexual selection in its favour; in the second phase it owes nothing to natural selection, which may even have turned against it, but it still increases in splendour and perfection, and the importance attached to it by the opposite sex still increases, so long as it retains a balance of advantage. Finally, perhaps, an equilibrium will be attained in which natural selection just balances sexual selection. But this equilibrium must be expected in general to be broken by the rise of other "points" of interest and importance, and will be followed by the gradual decay both of the feature itself, and in the appreciation of it by the opposite sex”153.

La teoria di Fischer risulta radicalizzata in Mark Kirkpatrick, che propone un modello matematico di sviluppo delle preferenze sessuali che fa totalmente a meno dell'elemento originario di vantaggio. In questo modello, a meccanismo nullo o neutrale, i geni per gli ornamenti e quelli per le preferenze co-evolvono (come sostenevano tanto Darwin, ovviamente senza rifarsi ai geni, quanto Fisher). La selezione dei tratti ornamentali 152 W. Menninghaus, La promessa della bellezza, cit., p. 72.

153 Fisher, R.A. 1915 The evolution of sexual preference, Eugenics Review 7, pp. 184-192, pp. 187-188. Per un approccio critico: M.C.M. De Jong, M.W. Sabelis, Limits to runaway sexual selection: The wallflower paradox, J. evol. Biol. 4, 1991, pp. 637-655.

maschili in base alle preferenze femminili comporta, di rimando, una selezione sulle preferenze femminili: la popolazione di maschi e femmine si organizza secondo regole proprie, fino alla fissazione dei tratti e delle preferenze, anche se né l’uno né l’altro comportano un qualche vantaggio per la sopravvivenza154. Il modello di Kirkpatrick è assai interessante, nella misura in cui svincola totalmente la questione dello sviluppo delle preferenze da quella del vantaggio adattivo. Può considerarsi la versione contemporanea, aggiornata, del modello Darwin-Fisher.

L'ornitologo Richard Prum propone di adottare il modello di Kirkpatrick (precisamente: il modello Lande-Kirkpatrick, messo a punto da Mark Kirkpatrick con la collaborazione di Russell Lande) per rendere ragione dell’evoluzione delle preferenze estetiche nelle popolazioni animali. Tale modello consente di accogliere pienamente il suggerimento darwiniano di sganciare la questione dell’utilità dei tratti (selezione naturale) da quella della loro attrattività (selezione sessuale)155. La posizione interpretativa di Prum è equilibrata: egli riconosce come, in effetti, nel testo del The Descent Darwin riconduca le scelte femminili, oltre che notoriamente a criteri di arbitrarietà, anche a criteri di vantaggio o alla predisposizione sensoriale, seppur in misura assai minore. In ogni caso, per Darwin il criterio del vantaggio o dell’utilità non può mai essere quello determinante, nella selezione sessuale.

C'è da dire che ciascuno dei tre modelli appena illustrati è esposto a un certo livello di congetturalità, che diventa massimo nel caso in cui si vogliano applicare questi modelli alla nostra specie, per spiegarne le preferenze sessuali e, da lì, le preferenze estetiche. Nella biologia evoluzionistica contemporanea – come denota, del resto, l’“eccezionalità” della proposta di Prum – ci si è orientati verso una progressiva interpretazione della selezione sessuale come un caso specifico di quella naturale, dunque soggetta alle medesime logiche adattative. Ciò ha comportato che si perdessero di vista le intuizioni darwiniane sulla non funzionalità ed eccentricità dell’estetico. 4. Limiti dell’ipotesi di Darwin?

Nella prospettiva di un’applicazione delle teorie darwiniane al caso di Homo sapiens – 154 Cfr. M. Kirkpatrick, Sexual selection and the evolution of female choice, Evolution, 36 (1), pp. 1-12. 155 R. Prum, The Lande-Kirkpatrick mechanism is the null model of evolution by intersexual selection: implication for meaning, honesty, and design in intersexual signals, in Evolution, 2010, 64, 11, 3085- 3100.

cosa che, come detto, Darwin non realizzò mai esplicitamente – il limite maggiore della proposta di estetica animale del naturalista inglese sembra legato alla rigorosa delimitazione delle dinamiche estetiche al contesto sessuale e, ulteriormente, alla specie-specificità156. Difficile, infatti, sostenere che il fenomeno estetico, nella nostra specie, continui a darsi compiutamente ed esaustivamente all’interno di una cornice di corteggiamenti sessuali157.

Occorre tuttavia riconoscere che già nel testo darwiniano, dunque all’interno di una trattazione che riguarda per lo più animali non umani, Darwin riporta casi attestanti l’esercizio del sense of beauty in contesti extra-sessuali. Pare dunque che già tra gli animali non umani il senso per la bellezza, non direttamente funzionale né per lo più adattativo, sia in grado, in condizioni peculiari, di eccedere la sfera sessuale entro cui origina, e – di più – il limite della specie-specificità, cioè il fatto di esercitarsi solo nei riguardi di conspecifici. Riporto il seguente passaggio, tratto da L’origine dell’uomo: “niente è più comune del fatto che gli animali si compiacciano di praticare un istinto, che essi seguono in altri periodi [...]. Quante volte vediamo uccelli che volano liberamente, scivolando e navigando nell'aria per il loro solo piacere? […] Gli uccelli che solitamente lottano durante la stagione dell'accoppiamento, sono generalmente sempre pronti a combattere; i galli cedroni talvolta considerano i belzen o leks come consueto luogo di scontri in autunno. Perciò non è affatto sorprendente che i maschi continuino a cantare per loro divertimento anche dopo che sia finito il tempo di corteggiare”158. Qui Darwin suggerisce che non siano solo le femmine a trarre piacere dagli ornamenti o dalle performances del maschio, ma il maschio stesso a compiacersi nell’esibizione, tanto da portarla avanti, per puro piacere, anche al di fuori delle dinamiche di corteggiamento del partner sessuale. Si inserisce, dunque, una componente di auto-gratificazione, cioè la pratica reiterata di un’attività complessa (come il canto, il volo), non immediatamente funzionale, dunque dispendiosa, ma in grado di produrre piacere. In breve, una pratica estetica, o proto-estetica159.

Neppure il limite della specie-specificità, cioè la costrizione del senso estetico animale 156 Cfr. W. Welsch, L’origine animale dell’estetica, cit.

157 Questa è, comuque, la posizione di G. Miller, in Uomini, donne e code di pavone. La selezione sessuale e l’origine della natura umana (2000), Torino, Einaudi 2002. Ma di Miller e degli esponenti delle varie “correnti” dell’estetica evoluzionistica contemporanea discuteremo ampiamente nel prossimo capitolo.

158 C. Darwin, L'origine dell’uomo, cit., p. 286.

159 Cfr. anche C. Darwin, L'origine dell’uomo, cit., p. 303. Su questo punto, W. Menninghaus, Wozu Kunst?, cit., p. 198 ss.

entro le dinamiche di corteggiamento del partner sessuale della propria specie, sembra assoluto. Darwin riporta interessanti casi di animali, selvatici e, soprattutto, addomesticati, in grado di provare forte attrazione per individui di specie diversa dalla loro e di accoppiarsi con essi. In particolare, riporta il caso di un’anatra selvatica che abbandonò il compagno per un maschio di codone, di specie diversa: “Si trattò evidentemente di un caso di amore a prima vista, in quanto essa nuotò direttamente verso il nuovo venuto, sebbene questo si mostrasse chiaramente allarmato, contrario a questi slanci di affetto [...]. Non si possono fare nemmeno vaghe congetture su quale sia stata la particolare attrazione in questi numerosi casi, oltre la pura novità”160, cioè il capriccio “estetico”, come si è detto sopra.

Infine, si noti l’ampio riferimento di Darwin alle modalità di corteggiamento diffuse tra gli uccelli giardiniere: i maschi di questa specie, come nota Wolfgang Welsch, “trasferiscono” la loro bellezza fisica su un oggetto, cioè il nido, che vale come una sorta di fenotipo esteso. Il corpo dei maschi di uccello giardiniere è piuttosto disadorno, mentre il nido (l’artefatto?) che essi producono è assai ornato e appariscente. Già nel regno animale non umano, dunque, la bellezza si “trasferisce” dal corpo del potenziale partner sessuale a un oggetto da lui realizzato161. È il nucleo “germinale” della produzione di manufatti artistici.

Queste breve indicazioni valgono a suggerire come, tra le pieghe del testo stesso di Darwin e con riferimento agli animali non umani, si insinui già una “forzatura” dei vincoli “naturali”, sessuali e di specie, in riferimento all’esercizio del senso estetico. Certo, si tratta di casi eccezionali, non della norma: ma la possibilità del loro darsi attesta come l’estetico sia, già in origine, un fenomeno “eccedente”, plurale e complesso.

Quando, nel prosieguo di questo lavoro, argomenteremo a favore di un progressivo svincolamento, nella nostra specie, del senso estetico dal riferimento sessuale e di un 160 C. Darwin, L'origine dell’uomo, cit., pp. 318-319.

161 W. Welsch, L’origine animale…, cit. Che i nidi degli uccelli giardinieri valgano come forme di (proto-)arte non è tuttavia un’assunzione pacifica. Si veda, per due posizioni contrapposte, J. A. Endler, Bowerbirds, art and aesthetics. Are bowerbirds artists and do they have an aesthetic sense?, in Communicative & Integrative Biology, 5, 3, 2012, 281-283, che sostiene che i “great bowerbirds are artists and have an aesthetic sense”, p. 282) e Gregory Currie, in una recente comunicazione presso la University of London (25 Ottobre 2013, dal titolo Bowerbirds, hominids and the art world, inserita all’interno della giornata di studi dedicata a The Artful Brain), che esclude che si possa applicare il concetto di “arte” alle produzioni dei bowerbirds. Cfr. inoltre: Do bowerbirds exhibit cultures?, di Joah R. Madden, Anim. Cogn. (2008), 11, pp. 1-12; J. Diamond, Animal art: Variation in bower decorating style among male bowerbirds Amblyornis inornatus, Proc. Nati. Acad. Sci. USA, Vol. 83, pp. 3042-3046, 1986.

graduale indeterminarsi del desiderio e ampliarsi dell’ambito in cui esso si esercita, non si tratterà, dunque, dell’affermazione di una cesura netta del mondo umano dal non umano, quasi che Homo sapiens rappresenti l’eccezione extra-naturale in natura, bensì dell’approfondirsi di tendenze già in qualche misura presenti in specie diverse dalla nostra, per effetto di peculiari dinamiche evolutive che illustreremo nel seguito.