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La vita di Vladimir Nabokov fu segnata da due tragici eventi: la Rivolu- zione Bolscevica del 1917, che lo costrinse a lasciare la Russia insieme con la sua famiglia, e l’assassinio del padre, che nel 1922, a Berlino, fu colpito per errore da una pallottola destinata all’esiliato politico Pavel Mi- ljukov, seduto accanto a lui in un pubblico dibattito. Perdita e morte, te- mi derivanti dall’esperienza personale, percorrono tutta la magica prosa di Nabokov e, andando a ritroso nel tempo, si ritrovano ne La tragedia del signor Morn [Tragedija Gospodina Morna ], la sua prima opera importante e la

migliore di tutte le sue opere teatrali1. Nabokov scrisse Morn quando ave-

va ventiquattro anni, nell’inverno 1923-24, concependola durante le soli- tarie passeggiate serali nella gelida e nevosa Praga, dove si era rifugiato

con la madre 2. Nabokov era innamorato della ventenne Vera Slonim

(che sarà la sua compagna per tutta la vita) alla quale inviava a Berlino innumerevoli lettere che testimoniano l’andamento lento e sofferto del

suo lavoro e l’impegno con cui vi si dedicava3. Subito dopo la sua com-

posizione l’opera fu letta alcune volte in Germania4, ma non sarà mai rappresentata né pubblicata durante la vita dell’autore: apparirà per la

prima volta postuma nel 1997 sulla rivista russa “Zvezda”5.

1 B.BOYD, Vladimir Nabokov. The Russian Years, London, Chatto and Windus, 1990, p. 222. 2 G. BARABTARLO, Sočinenija Nabokova, Sankt-Peterburg, Izdatel’stvo Ivana Limbaka,

2011, p. 300.

3 Letters to Vera Nobokov, Vladimir Nabokov Archives // The W. Henry and A. Albert

Berg Collection of English and American Literature. The New York Public Library, cit. in A.BABIKOV, “Primečanija”, in V.NABOKOV, Tragedija Gospodina Morna. P’esy. Lekcii o

drame, Sankt-Peterburg, Azbuka-klassika, 2008, p. 565.

4Ivi, p. 567.

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Si tratta di una tragedia lirica in cinque atti, scritta in pentametri giam- bici, di grande qualità poetica e drammatica, caratterizzata da un linguag- gio metaforico. Può essere vista come una sorta di laboratorio per i prin- cipali temi sviluppati in tutta l’opera successiva e, al tempo stesso, come un’analisi del momento rivoluzionario che Nabokov non avrebbe mai più affrontato così direttamente, neppure nei suoi romanzi più ideologici, Invito alla decapitazione [Priglašenie na kazn’, 1935-36] e Un mondo sinistro [Bend sinister, 1947]. L’opera, infatti, contrappone un misterioso re, artefi-

ce di “quattro anni di splendida pace”6 in un paese fantastico, a un grup-

po di rivoluzionari collegati a un anziano nihilista di nome Tremens, il quale crede che “tutto sia distruzione. E quanto più veloce, tanto più

dolce”7. Tremens, inoltre, parla dei propri seguaci come di un branco di

pecore e promette di pronunciare “un discorso tale per cui domani della capitale resterà solo cenere”8.

Il fatto che Morn si basi su una successione febbrile di eventi rivolu- zionari, colpi di stato e contro-rivoluzioni ha indotto alcuni critici a una lettura attraverso il prisma della tradizione letteraria ritrovando, in parti- colar modo, fra le sue fonti Boris Godunov (1825) e le “piccole tragedie”

(scritte nel 1830, di cui la più famosa è Mozart e Salieri) di Puškin9 o Un

ballo in maschera [Maskarad, 1835] di Lermontov10. Tuttavia, il vero nume tutelare di Morn è Shakespeare per l’uso del pentametro giambico tipico delle sue tragedie, il gusto del travestimento, il tema del potere e l’inda- gine del rapporto fra individuo e politica11.

Nel nostro saggio ci proponiamo di indagare l’influenza di Shakespea- re sull’intreccio, i personaggi e i temi de La tragedia del signor Morn, tenen- do conto dell’illuminante affermazione di Nabokov stesso, secondo cui

in Shakespeare “è la metafora che conta, non l’opera”12.

6ID., Tragedija Gospodina Morna. P’esy. Lekcii o drame, cit., p. 151 [“četyre goda blistatelnogo

mira”]. Da qui in avanti le citazioni si riferiranno a questa edizione.

7 Ivi, p. 153 [Vsë razrušenie. / I čem bystrej ono, tem slašče].

8 Ivi, p. 230 [Ja reč' takuju / proiznesu, čto zavtra ot stolicy / ostanetsja liš’ pepel’].

9 Ved., ad es., I.RONEN, Variacii na puškinskie temy v “Tragedii gospodina Morna” in “Zvezda”

8 (2011), reperibile al sito http://magazines.russ.ru/zvezda/2011/8/ (ultima consulta- zione 09/11/2014).

10 S. FRANK, Nabokov’s Theatrical Imagination, Cambridge, Cambridge University Press,

2012, pp. 107-108.

11 Ivi, p. 103; T.KARSHAN, “Introduction”, in V.NABOKOV, The Tragedy of Mr. Morn,

New York, Alfred A. Knopf, 2013, p. xv; S. SCHUMAN, Nabokov’s Shakespeare, New York-London, Bloomsbury, 2014, p. 13.

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Al nostro scopo è utile soffermarsi su alcuni versi della poesia che Nabokov scrisse in russo subito dopo aver ultimato l’opera teatrale: è emblematicamente intitolata Shakespeare (1924) e si concentra soprattutto sul mistero dell’uomo nascosto dietro all’opera, tanto da aver indotto a pensare che altri avessero scritto le opere teatrali a lui attribuite:

Надменно-чужд тревоге театральной, ты отстранил легко и беспечально в сухой венок свивающийся лавр и скрыл навек чудовищный свой гений под маскою […] И то сказать: труды твои привык подписывать - за плату - ростовщик, тот Вилль Шекспир, что «Тень» играл в «Гамлете», жил в кабаках и умер, не успев переварить кабанью головизну... 13 Con altero disprezzo dell’affanno teatrale, leggero e senza rimpianti hai riposto l’alloro intrecciato in una corona appassita, nascondendo per sempre il tuo raro genio dietro a una maschera […]

È vero, le tue opere un usuraio - per denaro - era avvezzo firmare,

quel Shakespeare - Will – che recitava il Fantasma nell’Amleto, viveva nelle taverne e morì prima

di aver digerito il suo piatto di testina di cinghiale…

Nabokov era attratto dal fatto che Shakespeare apparisse sconosciuto e remoto come uomo, quasi invisibile, e che alcune immagini isolate del suo aspetto fisico o l’aver interpretato il Fantasma nell’Amleto messo in scena al teatro di Stratford non facessero che confermare il mistero. Nei versi di Shakespeare ritorna il motivo della maschera e del travestimento, dell’identità nascosta che caratterizza il plot di Morn fin dalla prima scena, in cui vediamo un marito esiliato tornare dalla moglie adultera travestito da Otello. Le riflessioni sulla biografia di Shakespeare suggeriscono a

13 ID., “Šespir”, Žar-Ptica 12 (1924), p. 32. Reperibile al sito http://nabokov.

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Nabokov due dei temi ricorrenti nella sua opera: il fatto che l’identità di ogni essere umano sia spesso simile a un sogno (basti pensare ai fantasmi di Cose trasparenti [Transparents Things, 1972]) e che a questa illusorietà dell’esistenza umana si contrapponga la durevolezza dell’arte.

Già nel soliloquio di Tremens, che apre la prima scena dell’opera, sen- tiamo l’influenza di Shakespeare sul modo in cui Nabokov tratta il moti- vo dell’illusione:

Сон, лихорадка, сон; глухие смены двух часовых, стоящих у ворот моей бессильной жизни…14

Sogno, febbre, sogno; il silenzioso cambio Delle due sentinelle che stanno ai cancelli Della mia povera vita…

Il sogno e la febbre introducono il mondo dualistico dell’opera, in cui sogno, poesia e memoria si oppongono alla realtà storica. Sulla scena di Morn, inoltre, abbondano maschere, specchi e candele, simboli che sugge- riscono la labilità dell’identità in un’illusione di riflessi di ombre e luce15.

Morn si svolge in un’epoca e in un paese indefiniti e presenta una vi- cenda complessa. L’anonimo re, un po’ magico e un po’ impostore, ri- corda il shakespeariano Prospero, duca di Milano e potente mago di un’isola lontana. Raramente si presenta ai sudditi e quando non può evi- tarlo indossa una maschera nera. Dietro la maschera si nasconde, in real- tà, soltanto il signor Morn, un uomo ordinario, ma energico e ottimista, che si è innamorato di una donna frivola di nome Midia, moglie di Ga- nus, un rivoluzionario esiliato. Ganus riesce a fuggire dal luogo dell’esilio e a ritornare a casa, dove resta colpito dalla pace e dalla prosperità restau- rate dal re, al punto che annuncia di voler “dimenticare il fumo delle

conversazioni rivoluzionarie”16. Spesso Nabokov inizia le proprie opere

con il tema dell’esilio; molti suoi personaggi sono emigranti, stranieri che vivono in terre straniere; anche un buon numero di opere di Shakespeare ha come protagonisti personaggi che sono, a volte solo temporaneamen- te, esiliati: Otello, il cui protagonista è un moro che vive a Venezia, La tempesta, opera centrata sul tema dell’esilio. Tornato dall’esilio, Ganus non

14 ID., Tragedija Gospodina Morna, cit., p. 139. 15 S.FRANK, op.cit., p. 108.

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si considera più un ribelle e ammira i cambiamenti introdotti dal nuovo monarca, mentre il suo ex-compagno di cospirazione, Tremens, è ancora determinato a compiere la sua opera distruttiva. Ganus, travestito da at- tore che interpreta Otello, la sera del ritorno partecipa a un ballo durante il quale scopre l’infedeltà della moglie che lo tradisce con Morn. Ganus sfida Morn a una contesa d’onore: entrambi sceglieranno una carta e il perdente dovrà uccidersi. Morn perde, ma per paura della pena si con- vince di dover romanticamente sacrificare il trono e l’onore per amore di Midia e fugge con lei. Se la sua decisione di rinunciare al potere per la donna amata può apparire inizialmente encomiabile, in realtà si rivela biasimevole, poiché la forza centrifuga dell’amore, quel “raggio” di cui Nabokov parla in Altre sponde [Drugie berega, 1954], che muove dal cuore “verso i punti più sfuggenti dell’infinito”, in Morn inverte direzione per andare dall’universo all’ego del protagonista17. Il dramma del signor Morn, come scrive Nabokov nel dettagliato piano dell’opera, consiste

nell’essere “un codardo nobile”18: in breve cadrà in uno stato di depressio-

ne a causa della propria viltà e Midia lo lascerà, infatuata del suo aiutante e amico, Edmin. Nel frattempo Tremens ha scatenato la rivoluzione e la conseguente contro-rivoluzione, riportando violenza e distruzione nella capitale. Alla fine la rivoluzione sarà soffocata e Morn sembra destinato a riprendere il potere, ma, vergognandosi del proprio comportamento diso- norevole, finirà col togliersi la vita nell’ultima scena dell’opera.

Nabokov, come Shakespeare, è interessato all’intreccio fra pubblico e privato: le avventure amorose e le relazioni personali di un monarca che influenzano il destino dello Stato. L’amore adultero di Morn con Midia mina la stabilità politica che egli aveva saputo dare al proprio paese e porta al caos generale. La descrizione del caos della rivoluzione è un altro filo tematico che lega Morn alle opere di Shakespeare: entrambi dipingono gli orrori di una società che si abbandona allo spargimento di sangue19.

A proposito dell’intreccio e, in particolare, del finale di Morn sono in- teressanti le riflessioni di Nabokov nel saggio The Tragedy of Tragedy, frutto di un corso estivo che tenne alla Stanford University nel 1940 al suo arri- vo negli Stati Uniti. Nabokov prende posizione contro il determinismo che caratterizza molte opere teatrali. La “tragedia della tragedia”, a suo parere, consiste nell’ “accettare convenzionalmente le regole di causa ed

17ID., Drugie berega, Sankt-Peterburg, Azbuka-Atticus, 2011, p. 239. 18 ID., Tragedija Gospodina Morna, cit., p. 291 [Trus blagorodnyj]. 19 S.SCHUMAN, op. cit., p. 20.

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effetto” e l’ “opprimente concetto di fato” che caratterizzano la tragedia classica20. Nabokov ritiene che sfuggano a questa mancanza soltanto le cosiddette “dream-tragedies” di Shakespeare (Re Lear e Amleto), nelle quali “la logica del sogno o, meglio, dell’incubo”, si rivela più utile del docu- mento storico ai fini dell’opera artistica e della lotta contro la tirannide21. Per quanto riguarda il finale, Nabokov teorizza che l’unico modo logico di chiudere in purezza un’opera teatrale, senza lasciare alcuna possibilità di ulteriori trasformazioni casuali oltre la scena, è quello in cui la vita del

protagonista finisce insieme all’opera22. Poiché la morte naturale a teatro

è sempre poco convincente e l’omicidio è accettabile all’inizio dell’opera, ma non si addice al finale, non resta che il suicidio: Morn si spara, risol- vendo in questo modo il dilemma morale fra l’onore e la vita, la difficile scelta fra il proprio Paese e se stesso.

La morte di Morn rappresenta anche la sconfitta del suo tentativo di “estetizzare il mondo”, di restaurare l’ordine trasformando la realtà “in

una fiaba o in un’opera teatrale”23. Il re visto come un attore che inter-

preta un’identità fittizia e cela quella autentica celebra non solo l’artificio

del teatro, ma anche la teatralità della vita stessa24. Non è un caso che la

sala del trono sia unita al teatro da un passaggio segreto. L’idea del regno come teatro o, comunque, come prodotto dell’immaginazione è uno dei temi che Nabokov attinge a Shakespeare. Se persino il re è un attore, la realtà non è che una recita, soltanto una fantasia dello Straniero, la miste- riosa figura che appare all’inizio dell’opera, alla serata da Midia, nel mo- mento in cui si pongono le basi per lo sviluppo della storia, e nel finale, a sottolineare la tensione fra sogno e realtà. Appare e scompare come un

fantasma, tanto che Morn lo definisce “ambiguo sonnambulo”25, anche a

causa del suo eloquio vaneggiante. Dice di provenire “da una nordica ter-

ra” di spettri, bombe, chiese e tormente26. In entrambe le sue apparizioni

lo Straniero sembra molto interessato all’andamento della vicenda, e ben presto se ne comprende il motivo: tutta l’opera si rivela essere il frutto di

20ID., “The Tragedy of Tragedy” in ID., The man from the USSR and Other Plays, Bruccoli

Clark, New York, 1985, p. 326.

21 Ivi, p. 327. 22 Ivi, p. 330.

23 T.KARSHAN, Vladimir Nabokov and the Art of Play, Oxford, Oxford University Press,

2011, p. 72.

24L.ABEL, Metatheatre: A New View of Dramatic Form, New York, Hill & Wang, 1963. 25 V.NABOKOV Tragedija Gospodina Morna, cit., p. 274 [Somnitel’nyj somnambul]. 26 Ivi, p. 157 [Severnoj strany].

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un’allucinazione della sua fervida mente, “il sogno di un poeta ubriaco”:

“Vi ho inventati bene”27 dice al re-Morn e tratta il suo mondo come un

mondo “sognato” in cui appare o scompare a seconda che sia sveglio o stia dormendo.

Lo Straniero è uno di quegli “agenti della narrazione”, di “dubbia

identità e integrità” che Nabokov introduce spesso nelle proprie opere28.

Potrebbe trattarsi di un espediente letterario, come in Ada (1969), dove il mondo descritto nel romanzo si dissolve nel romanzo stesso, oppure rappresentare colui che ha creato il re (o l’idea del re) in una sorta di fia- ba che funga da antidoto a quanto sta avvenendo nel suo paese. Poiché la patria dello Straniero sembra coincidere con quella di Nabokov, la Russia del XX secolo, ed è Nabokov che ha creato il re, si potrebbe de- durre che lo Straniero sia Nabokov stesso. Questa tesi è avallata dal fatto che dello Straniero non si fa menzione nell’ampio piano dell’opera, a si- gnificare che per Nabokov finché rimaniamo “dentro a questo mondo non potremo mai sapere se il mondo sia un’opera creata ad arte” in cui

ogni parte ha il proprio ruolo e tutte le parti sono coerenti29. Occorre os-

servare la realtà dall’esterno per poterla capire: ecco perché molti roman- zi e racconti di Nabokov contengono più di un mondo, più o meno pre-

sente30. L’idea di un personaggio che si fa ambasciatore tra il mondo della

finzione dell’opera e il mondo reale degli spettatori si trova anche in Sha- kespeare: ad esempio, negli epiloghi di Sogno di una notte di mezza estate e

La tempesta gli attori escono in parte dal loro ruolo per commentare

l’opera teatrale che si sta concludendo.

Nell’opera nabokoviana Morn non è il solo a fronteggiare la morte: vivono la stessa situazione, spesso pronunciando versi che ricordano i grandi monologhi di Amleto e di Claudio (Misura per misura), anche Ga- nus, Tremens, sua figlia Ella e Dandilio. Quest’ultimo è l’anziano saggio che, insieme con lo Straniero, occupa una posizione isolata rispetto agli altri personaggi, svolgendo una funzione più di coro, che di parte attiva nello sviluppo della vicenda31. È al corrente dei fatti più di ogni altro per-

27 Ivi, p. 272.

28 G.BARABTARLO, Aerial View: Essays on Nabokov’s Art and Metaphysics, New York, Pe-

ter Lang, 1993, p. 177.

29 B.BOYD, op. cit., p. 226.

30 D.BARTON JOHNSON, Worlds in Regression. Some Novels of Vladimir Nabokov, Ann Ar-

bor, Ardis, 1985, p. 1.

31 S.FRANK, “Exile in Theatre / Theatre in Exile: Nabokov’s Early Plays Tragedija Gospo-

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sonaggio e nel piano in prosa dell’opera è caratterizzato da “un atteggia- mento tranquillo e raggiante nei confronti di tutto: per lui ogni cosa al

mondo è gioco”32, come quando finge di non vedere che Tremens ha

truccato le carte nella sfida tra Ganus e il re. Dandilio sembra fatto della stessa materia di Gonzalo de La tempesta, che vede trionfare il bene solo perché chiude gli occhi davanti al male. Quando, alla fine della tragedia, Tremens, più che mai “tremante” di fronte alla morte, gli chiede se abbia paura, risponde con la solita calma:

Все это я люблю: тень, свет, пылинки в воронке солнца; эти лужи света на половицах; и большие книги,

что пахнут временем. Смерть — любопытна33. Io amo tutto questo: ombre, luce, i granelli di polvere in un raggio di sole; questi cerchi di luce

sul pavimento; e i grandi libri

che hanno l’odore del tempo. La morte è curiosa.

In Nabokov l’idea del posto dell’umanità nel cosmo, della sua limita- tezza mortale, e della possibilità di sfuggire a questo limite è consona a quella di Shakespeare.

Il finale della Tragedia, quando Morn, circondato di fantasmi, compie il proprio dovere di re e dice:

Я вижу вкруг меня обломки башен, которые тянулись к облакам.

Да, сон — всегда обман, все ложь, все ложь34

Vedo intorno a me le rovine delle torri che si ergevano fino alle stelle.

Sì, il sogno è sempre un'illusione, tutto è menzogna, menzogna.

è molto vicino alla scena de La tempesta in cui Prospero, al termine della sua magica rappresentazione, pronuncia con tristezza il famoso monologo:

32 V.NABOKOV Tragedija Gospodina Morna, cit., p. 295 [Spokojnoe i kak by lučistoe otnošenie

k vsemu, dlja nego vsë v mire - igra].

33 Ivi, p. 263. 34 Ivi, p. 276.

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Our revels now are ended.

[…]

And, like the baseless fabric of this vision, The cloud-capp’d towers, the gorgeous palaces, The solemn temples, the great globe itself, Ye all which it inherit, shall dissolve And, like this insubstantial pageant faded, Leave not a rack behind. We are such stuff As dreams are made on, and our little life Is rounded with a sleep35.

Se tutto il mondo è un palcoscenico e la vita è un sogno, allora l’ordine delle cose, sia per Shakespeare, sia per Nabokov, è solo ciò che di volta in volta l’immaginazione umana sa improvvisare.

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