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La nascita del Terzo Pilastro: dai meccanismi ad hoc alla sovranazionalizzazione del

I.2 Il processo di semi-comunitarizzazione dei gruppi ad hoc

I.2.1 Segue Il Gruppo ad hoc Immigrazione (AHI)

1.3 La nascita del Terzo Pilastro: dai meccanismi ad hoc alla sovranazionalizzazione del

Il periodo durante il quale gli Stati membri si avvalsero dell‘utilizzo di ad hoc inter-

state mechanisms si protrasse di fatto dal 1976 al 1988, anno durante il quale gli Stati della

Comunità Europea diedero avvio al processo di formalizzazione del Settore Giustizia e Affari Interni e segnarono dunque la transizione verso un sistema di cooperazione di respiro europeo.123

Durante il corso degli anni ‘80, infatti, era maturata la convinzione secondo cui sfide quali quelle poste dalla globalizzazione e dalla demografia non potevano trovare risposte efficaci se circoscritte a una dimensione meramente domestica. L‘assenza di barriere, unita alla libertà di circolazione garantita dal Trattato, se da una parte era in grado di offrire inedite potenzialità di progresso economico e sociale, allo stesso tempo avrebbe fornito alle organizzazioni criminali nuove e più numerose occasioni di profitto. In effetti, lo sviluppo di nuove forme di criminalità organizzata transnazionale, le cui potenzialità di azione apparivano rafforzate sia dalla possibilità di utilizzare ingenti risorse economico- finanziarie sia dalla maggiore mobilità (favorita dall‘abolizione delle frontiere interne),

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Istituito in occasione dell‘incontro del 30 novembre – 1 dicembre 1992, con decisione dei Ministri responsabili per l‘immigrazione; ne è stata definita l‘organizzazione e le linee di sviluppo con le Conclusioni del Consiglio del 30 novembre 1994 (Conclusioni pubblicate in Official Journal C 274 , 19/09/1996 P. 0050

– 0051). Sulla base dell‘art. 6 delle Conclusioni del Consiglio, il Centro diventa operativo dal 1 gennaio

1995.

122 Attraverso lo studio dei fenomeni migratori questo si propone di supportare gli Stati membri nelle attività

di prevenzione dell‘immigrazione illegale, di lotta ai reati collegati ai fenomeni migratori e finalizzate al miglioramento delle procedure di espulsione. Tra le principali mansioni del Centro si individuano: la collazione, attraverso l‘utilizzo di modelli standard, di dati statistici concernenti l‘immigrazione legale e illegale, l‘utilizzo di documenti di viaggio falsi e le misure prese a livello nazionale in materia; e l‘analisi dei dati raccolti e lo scambio di informazioni in materia di espulsioni (con particolare riferimento a: paesi di destinazione, aeroporti di partenza e di arrivo, corrieri, rotte aeree, passeggeri, prenotazioni, condizioni di viaggio o problemi relativi all‘ottenimento di documenti di viaggio utili al rimpatrio). Conclusioni del Consiglio del 30 novembre 1994 sull‘organizzazione e lo sviluppo del Centro per l‘informazione, discussione, e scambio di dati in materia di attraversamento delle frontiere e di immigrazione – CIREFI.

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cominciò ben presto a porre i sistemi penali nazionali sotto forte pressione, rendendo evidente l‘inadeguatezza della reazione isolata.124

Più in generale, con l‘introduzione del Trattato di Maastricht, sebbene si fosse ancora lontani dall‘idea di ―spazio comune di giustizia‖ così come è stato poi sviluppato nel corso degli anni a venire, la cooperazione giudiziaria (sia civile125 che penale) e di polizia è stata integrata all‘interno del Titolo VI come questione di interesse comune per gli Stati membri e inserita all‘interno del quadro istituzionale.126

Il Trattato ha riconosciuto e reso formale il principio di cooperazione giudiziaria in materia di giustizia e affari interni che, com‘è noto, trovava collocazione all‘interno del Terzo Pilastro, soggetto agli strumenti della cooperazione intergovernativa e dunque alla disponibilità degli Stati membri a cooperare.127 Questo passaggio rappresenta, in primo luogo, il simbolo di una consapevolezza crescente che il crimine internazionale all‘interno del territorio dell‘Unione non poteva essere affrontato efficacemente se non attraverso un approccio sopranazionale;128 inoltre, esprime l‘esigenza di un‘Unione capace di presentarsi dinanzi a soggetti terzi come fronte unico su questioni quali il riciclaggio di denaro o la lotta al

124 SPIEZIA, Lo Spazio Giudiziario Europeo dopo il Trattato di Lisbona, Consiglio Superiore della

Magistratura, Testo dell‘intervento tenuto presso il Consiglio Superiore della Magistratura, Roma, 2011. Vedi anche SPIEZIA, Corruzione internazionale, obblighi di incriminazione e cooperazione giudiziaria

penale, incontro tenuto presso il Consiglio Superiore della Magistratura, per l‘incontro di studi sul tema:

―Tecniche d‘indagine e standards probatori in tema di reati contro la P.A.‖ Roma, 28 Febbraio 2011. Per un confronto vedi anche APRILE E., SPIEZIA F., Cooperazione giudiziaria penale nell'Unione europea prima

e dopo il Trattato di Lisbona, 2009. Vedi anche CHIAVARIO M., Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale a livello europeo, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2005, p. 974

125 Per ciò che concerne gli strumenti di cooperazione giudiziaria in materia civile (che nell‘ambito del

quadro istituzionale stabilito a Maastricht si svilupparono sulla base dell‘art. K3 del TUE), con riferimento a questa fase storica parte della dottrina parla di un‘importante azione ―proto-armonizzatrice‖ svolta dalla Corte di Giustizia, la quale attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale è stata in grado di favorire l‘avvicinamento, seppure limitato, dei sistemi processuali nazionali. Per un confronto vedi RAITI, in ANDOLINA, RAITI, FUMAGALLI, BERTOLI, La cooperazione giudiziaria civile nell‘Unione Europea, in I Quaderni Europei, Centro di documentazione europea - Università di Catania - Online Working Paper 2009/n. 8 Gennaio 2009.

126 Art. K1 del Trattato sull‘Unione Europea. 127

LECCISI G., Linee Guida del sistema della cooperazione giudiziaria in materia civile: forme e modelli di

collaborazione nell‘ambito dell‘Unione Europea, in AMBROSI, SCARANO (a cura di) Diritto Civile comunitario e cooperazione giudiziaria civile, Giuffré Editore, Milano, 2005, p. 12.

128 KLOSEK J., The Development of International Police Cooperation within the EU and Between the EU

and Third Party States: A Discussion of the Legal Bases of Such Cooperation and the Problems and Promises Resulting Thereof, in American University International Law Review, vol. 14, Issue 3, p. 616.

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traffico di stupefacenti.129 Rispetto alla fase immediatamente precedente, il Trattato realizza, dunque, lo spostamento da una concezione della cooperazione più circoscritta, perché prevalentemente relegata allo scambio di informazioni in materia di polizia, a una visione di più ampio respiro che da enfasi a questioni di accountability sul piano giuridico e democratico, attraverso meccanismi relativi alla protezione dei dati personali e a regole di trasparenza. Ad ogni modo, va data evidenza del fatto che nella realizzazione di tale passaggio, la precedente esperienza (e in particolar modo l‘aquis di TREVI)130

non venne concepita come mero dato storico. Da una parte, i meccanismi di concertazione e scambio che avevano cambiato il volto della cooperazione intergovernativa durante il decennio precedente divennero parte integrante delle politiche e delle prassi sviluppate dall‘Unione a partire dalla nuova fase storica. Infatti, con l‘introduzione del Trattato, la parabola della cooperazione in materia di giustizia e di polizia attraverso il ricorso ai gruppi intergovernativi ad hoc si esaurì soltanto sul piano formale, poiché i loro membri, le loro funzioni e attività trovarono collocazione all‘interno della nuova struttura di lavoro del Consiglio Giustizia e Affari Interni. L‘analisi della struttura operativa dell‘ex Terzo Pilastro, infatti, si presenta come soluzione di convergenza o compromesso tra l‘assetto precedente, caratterizzato dall‘esistenza di una molteplicità di ad hoc working groups, e una nuova impostazione di tipo sovranazionale che ne ripropone le attività attraverso

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Su questo punto rileva il contenuto dell‘articolo K5 del Trattato secondo il quale ―nelle organizzazioni internazionali e in occasione delle conferenze internazionali cui partecipano, gli Stati membri esprimono le posizioni comuni adottate in applicazione delle disposizioni del presente Titolo.‖ Per un confronto vedi anche KLOSEK J., op. cit., p. 618.

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Per aquis di TREVI si intende l‘insieme delle misure in materia di Giustizia e Affari Interni indicate in occasione dell‘accesso all‘UE di Svezia, Finlandia e Austria, le quali forniscono ad oggi una base utile per comprendere gli accordi raggiunti durante la fase pre-Maastricht. La versione finale del documento che racchiude tale aquis era contenuta all‘interno di un documento redatto dal Comitato K4 e inviato il 2 novembre 1993 al COREPER. Il Documento venne poi incorporato all‘interno del Trattato di adesione dei tre paesi suindicati, firmato in data 24 giugno 1994 ed entrato in vigore il 1 gennaio 1995. All‘interno dell‘art. 3 ai punti (a) e (d) del Trattato viene espressa la volontà degli Stati aderenti di accettare pienamente i contenuti del Titolo VI del TUE e di introdurre misure finalizzate a facilitare la cooperazione operativa tra le Istituzioni degli Stati membri operanti nel settore GAI; il contenuto dell‘aquis di TREVI in dettaglio è stato indicato all‘interno di un allegato dedicato.

Per un confronto si veda il Report del Comitato K4 al COREPER del 2 novembre 1993, 9568/93, CONFIDENTIAL, CK4 2; sebbene il titolo del Report riporti ―Draft list on the aquis of the Union and of its

Member States in the fields of Justice and Home Affair (situation as at 1 July 1993)‖.

Per ciò che concerne la Parte III dell‘Allegato ―Cooperazione di Polizia‖ del Report di cui sopra, non sono disponibili contenuti di dettaglio; una lista di trentuno decisioni in materia di cooperazione di polizia è stata successivamente fornita in un documento predisposto successivamente dalla Presidenza belga, si tratta della

Overview of the Aquis TREVI Agreements, adottata dal Consiglio dei Ministri a Bruxelles, il 21 ottobre 1993,

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modalità nuove, più trasparenti e soggette a meccanismi di accountability dinanzi alle Istituzioni UE. 131 In particolare, l‘art. K4 (1) del TUE stabiliva l‘istituzione di un Comitato di coordinamento composto di alti funzionari che, oltre a svolgere un generale ruolo di coordinamento in materia di Giustizia e Affari Interni, aveva il compito di formulare pareri per il Consiglio, sia su richiesta che motu proprio, e di contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio GAI.132 Come è possibile osservare, le sottoarticolazioni del Comitato operavano una sintesi dei lavori portati avanti dai gruppi di lavoro specializzati e della loro struttura (Vedi Immagine 2: Struttura operativa del Consiglio GAI (1993-1999)).133

131 KLOSEK, The Schengen Convention. A Suitable Model for European Integration?, op cit, p. 647. Vedi

anche DEN BOER, op cit.

132 Tale facoltà era prevista fatto salvo il contenuto dell'articolo 151 del Trattato che istituisce la Comunità

Europea e alle condizioni di cui all'articolo 100D del Trattato che istituisce la Comunità Europea, nei settori contemplati dall'articolo 100C di detto Trattato. Il Comitato riportava il contenuto delle proprie attività al Consiglio nella formazione GAI. La Commissione era pienamente associata ai lavori relativi ai settori di intervento disciplinati dal Titolo VI, tuttavia, questa non aveva potere di iniziativa se non in materia di asilo, immigrazione e visti. Diversamente, con riferimento alla cooperazione giudiziaria in materia penale l‘iniziativa spettava ai soli Stati membri (All‘epoca, il ruolo della Commissione venne chiarito anche da Jaques Delors in risposta a una interrogazione del Parlamento Europeo del 1992. European Parliament, written answer, 5.11.92). In una fase successiva, il Comitato venne ridenominato CATS, dall‘acronimo francese ―Comité de l'Article Trente-Six‖. La ridenominazione era dovuta alla rinumerazione delle disposizioni del Trattato sull‘Unione Europea, successiva all‘entrata in vigore del Trattato di Amsterdam. Le funzioni del Comitato vennero espanse alla formulazione di proposte di regolazione in materia di intelligence e di polizia, incluse le intercettazioni telefoniche, le informazioni contenute nei database e le questioni concernenti la privacy. Si segnala che con l‘entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l‘ art. 36 TUE (ex art. K4) è stato sostituito dall‘art. 61 D del Trattato di Lisbona (art. 71 TFUE) che istituisce all‘interno del Consiglio un Comitato di Coordinamento che assicuri la cooperazione operative in material di sicurezza interna (COSI). Del nuovo Comitato si parlerà più ampiamente nel corso della trattazione.

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L‘organizzazione dei lavori, svolta sotto il coordinamento del Comitato K4, era articolata in tre settori, per ciascuno dei quali era stato costituito un senior Steering Group, posto in essere a partire dai gruppi ad hoc esistenti. Questi avevano il compito di presentare al Comitato delle proposte di programmazione annuale dei lavori con relativa timetable (soggetta a revisione dopo sei mesi). Il primo Steering group ―Immigration and Asylum‖, era a sua volta sotto articolato nei seguenti working groups: Asilo, Politiche migratorie, Controlli alle frontiere esterne, Visti (Vedi articolo K1, punti 1,2,3 e articolo 100c). Per quanto riguarda il secondo Steering group ―Security and law enforcement, police and Customs cooperation‖, era stata messa in evidenza la necessità di riflettere la varietà delle tematiche trattate; per questa ragione è stata predisposta la costituzione di numerosi working groups (Vedi articolo K1,punti 4,5,8,9). Il terzo Steering group ―Judicial cooperation‖, infine, è stato sottoarticolato nei soli gruppi: Cooperazione giudiziaria in materia penale e Cooperazione giudiziaria in materia civile (Vedi articolo K1, punti 6,7). Data l‘importanza della tematica trattata, era stata sottolineata l‘opportunità di trattare tale settore separatamente e distinguerlo al suo interno solo tra materia civile e penale. È da sottolineare che la proposta originaria di struttura operativa del Consiglio GAI suggeriva anche la creazione di un gruppo speciale che avrebbe dovuto occuparsi di

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Immagine 2: Struttura operativa del Consiglio GAI (1993-1999)

Con la creazione del Settore Giustizia e Affari Interni e la realizzazione di tale struttura operativa, dunque, la frammentazione che aveva contraddistinto la cooperazione tra governi è stata soppiantata da una forma centralizzata di coordinamento, di cui l‘aspetto certamente più significativo risiede nella creazione di un unico quadro di riferimento legislativo e amministrativo, nella formalizzazione della maggior parte del lavoro svolto ―tematiche orizzontali‖ e che avrebbe dovuto riportare il contenuto delle proprie attività direttamente al Comitato. L‘embrione di tale nuova organizzazione era stato delineato dal Gruppo dei Coordinatori all‘interno di un Report predisposto per il Consiglio europeo di Edimburgo del 3 dicembre 1992; il Report, espressamente richiesto dal precedente Consiglio europeo di Lisbona, conteneva un allegato dal titolo ―Work Structures for Title VI of the TUE‖ che mirava a predisporre un‘ampia base generale utile a dare avvio ai lavori nei settori di intervento disciplinati dal Titolo VI. Tale base era costituita da una serie di misure di carattere pratico relative ai rapporti tra COREPER e Comitato K4; al ruolo e all‘organizzazione del Comitato K4 nonché la sue eventuali articolazioni. Tale progetto, tra l‘altro, venne elaborato in stretta collaborazione con i cosiddetti gruppi ―senior‖, ossia, TREVI, Gruppo ad hoc Immigrazione, CELAD e MAG 92, i quali furono invitati dal Gruppo dei Coordinatori a elaborare proposte relative all‘organizzazione della struttura di lavoro da realizzare, allo scopo di realizzare un progetto coerente con i programmi di lavoro approvati e quanto più aderente alle esigenze alle quali bisognava dare risposta. Vedi Report to the European Council in Edinburgh from the Coordinators‘ Group on the Free movement of Persons, 3 December 1992, CIRC 3687/1/92, REV 1, CONFIDENTIAL.

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precedentemente attraverso ad hoc arrangements e, non da ultimo, nell‘enfasi data al coordinamento orizzontale di settori di intervento quali dogane, polizia, immigrazione, che prima venivano affrontati separatamente e in maniera poco organica da diversi gruppi di lavoro.134 Con il Trattato di Maastricht è stato introdotto il germe di una trasformazione nell‘esercizio del potere giudiziario da parte degli Stati membri; la cooperazione in materia di Giustizia e Affari Interni è stata, infatti, posta come uno dei pilastri dell‘architettura dell‘istituenda Unione Europea e, sebbene i tempi non fossero maturi per accettare la consacrazione della capacità decisionale dell‘Unione all‘interno di un tale settore di intervento, la collocazione delle questioni relative alle attività di polizia e alla giustizia tra le problematiche di interesse a livello dell‘Unione, ha certamente contribuito alla diffusione di un sempre più ampio dibattito.

A riprova di ciò, è significativo come all‘interno dell‘agenda della Conferenza Intergovernativa di Torino del 1996, i cui lavori si concentrarono sulla successiva firma del Trattato di Amsterdam, le nuove problematiche relative alla sicurezza interna avessero acquistato una posizione di primo piano all‘interno dell‘agenda europea. Le conclusioni del Consiglio europeo del 29 marzo 1996, infatti, prendendo atto delle nuove sfide originate tanto dai mutamenti della situazione internazionale così come dal terrorismo, il traffico illecito di stupefacenti e dalla criminalità organizzata internazionale, avevano invitato la conferenza intergovernativa a ―produrre risultati adeguati‖ su questioni quali: la tutela dei cittadini dell'Unione contro la criminalità organizzata internazionale - in particolare, il terrorismo e il traffico illecito di stupefacenti - e lo sviluppo delle politiche in materia di asilo, immigrazione e visti. Inoltre, il Consiglio europeo aveva chiesto un chiarimento delle divergenze di opinioni sul controllo giurisdizionale e parlamentare delle decisioni dell'Unione nel settore della giustizia e degli affari interni.135

Ciò posto, è opportuno segnalare come la conclusione della fase cosiddetta di ad-

hoccery,136 segnata dall‘entrata in vigore del Trattato di Maastricht, non abbia in realtà

posto fine alla dinamica reticolare sviluppata a livello embrionale all‘interno dei gruppi ad

hoc e, specialmente, nel quadro di collaborazione TREVI. Il processo di

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WOODWARD R., Establishing Europol, European Journal on Criminal Policy and Research, Volume 1, Number 4, 1993, (7-33), p. 15. Naturalmente, la dottrina non ha mancato di segnalare tra gli aspetti negativi la maggiore burocrazia e i più numerosi livelli di decision making, che favorivano di conseguenza passaggi più lenti. Sul punto DEN BOER M., Justice and Home Affairs Cooperation in the European Union: Current

Issues, http://aei.pitt.edu/798/01/3.htm , Retrieved 05.May 2008.

135 Conclusioni del Consiglio europeo di Torino del 29 marzo 1996. 136

L‘espressione ―fase di ad hoccery‖ si riferisce al periodo compreso tra il 1976 e il 1988, durante il quale i numerosi ad hoc inter-State arrangements sono stati creati sotto l‘egida della Cooperazione Politica Europea. Sul punto vedi BUNYAN T., TREVI, Europol and the European state, in Statewatching the new Europe, 1993, p. 1.

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sovranazionalizzazione della cooperazione nel settore GAI, infatti, ha interessato unicamente la sfera politica della collaborazione (che costituiva, del resto, il profilo preminente delle attività gestite dai gruppi ad hoc), senza incidere sulla dimensione tecnica e operativa. Quest‘ultima, diversamente, ha conosciuto un processo di sviluppo parallelo e longevo, che ha condotto negli anni a venire a un vero e proprio processo di retificazione del settore GAI. Le modalità orizzontali di collaborazione abbozzate nella fase pre- Maastricht sono state oggetto di un interesse sempre maggiore sia da parte dell‘opinione pubblica e degli addetti ai lavori e, soprattutto, da parte delle Istituzioni dell‘Unione, che ne hanno previsto un utilizzo crescente, espandendone, per altro, la portata anche alla cooperazione giudiziaria in senso stretto.

67 Sezione II:

Verso l’adozione della forma reticolare

II.1 Oltre il coordinamento sovranazionale. L‘Appello di Ginevra per la creazione di