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Corrado Alvaro e il modello ovidiano per Lunga notte di Medea

2.2 Nascita di una tragedia

L’ 11 luglio 1949 al Teatro Nuovo di Milano, con regia e interpretazione di Tatiana Pavlova, viene messa in scena per la prima volta la tragedia alvariana Lunga notte di Medea che, grazie all’ottimo successo riscosso, verrà poi rappresentata in numerose repliche.

Nella sua tragedia Alvaro narra l’ultimo atto della storia mitica di Giasone e Medea e, nonostante significative innovazioni apportate, resta comunque fedele al tradizionale svolgersi degli eventi: Giasone abbandona Medea per sposare la figlia del re di Corinto, Creusa, che tuttavia morirà prima che le nozze possano essere celebrate, mentre Medea partirà dalla città greca dopo aver ucciso i figli avuti con l’eroe.

A spingere Alvaro a scrivere una propria rielaborazione della vicenda della maga principessa della Colchide non è il caso o una improvvisa ispirazione, ma, come lo stesso autore ci racconta, la precisa richiesta di Tatiana Pavlova, datata marzo 1948 2:

L’anno passato nel mese di marzo, Tatiana Pavlova volle rivedermi dopo non pochi anni. […]

Non la vidi più per anni, fino all’anno scorso quando venne a chiedermi di scriverle una tragedia, e precisamente una Medea. 3

Il progetto della Pavlova di dirigere una nuova tragedia con protagonista Medea trova in Alvaro terreno fertile: Alvaro accetta senza esitazione e dopo venticinque giorni è in grado di consegnare alla regista la prima stesura dell’opera.

L’entusiasmo con cui lo scrittore risponde alla proposta della Pavlova non è da attribuire soltanto alla possibilità di lavorare su commissione che tanto lo affascinava, come egli stesso ammette4, ma anche all’occasione di poter finalmente riscrivere un mito greco. Già da tempo infatti l’idea di

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Nata in Ucraina nel 1893, Tatiana Pavlova inizia a lavorare come attrice teatrale in Russia, che abbandona subito dopo la rivoluzione, stabilendosi a Parigi. Nel 1919 si trasferisce in Italia, dove continua la sua carriera da attrice e inizia anche quella di regista, fondando nel 1923 una propria compagnia teatrale. Portatrice di una nuova visione di fare teatro, la Pavlova conquista immediatamente il pubblico italiano e, dopo qualche tempo, anche la critica, e coinvolge nei suoi progetti personaggi di spicco, come ad esempio: Pietro Sharoff, Guido Salvini, Giorgio De Chirico, un giovane Vittorio De Sica e Renato Cialente. Dal 1935 al 1938 detiene la cattedra di regia alla neonata Accademia Nazionale d’Arte drammatica di Roma. Nel 1946 è nel cast dello Zoo di Vetro di Tennessee Williams diretto da Luchino Visconti, mentre nel 1949 è regista e attrice in Lunga notte di Medea. Dopo il successo ottenuto nel 1952 alla regia di La dama di picche di Čajkovskij, la Pavolva si dedica per un periodo alla regia del teatro lirico. Nel 1955 inizia la sua carriera televisiva per la RAI come attrice e regista di trasposizioni per la TV di opere teatrali. Muore a Roma il 7 novembre 1975.

3 C. Alvaro, La Pavlova e la Medea, in Lunga notte di Medea, Milano, Bompiani, 1966, pp 113-114 4

“ In un ambiente artistico in cui non esistono rapporti, in cui nessuno chiede niente, in cui non si sa per chi si lavori, l’occasione che mi offriva Tatiana Pavlova dovevo coglierla al volo. Io sono uno di quegli scrittori cui piacerebbe di lavorare su commissione”, Ivi, p 115.

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narrare le avventure di alcuni degli eroi e delle eroine della Grecia – in particolare sappiamo essere nei progetti di Alvaro la storia di Andromaca 5 o Alcesti – dilettava l’autore.

Grazie ai suoi studi - parte dei quali si ricorderà compiuti sotto l’egida del grecista Rocci - Alvaro aveva infatti un’ottima conoscenza della cultura classica, verso la quale aveva sempre manifestato un sentito coinvolgimento, dovuto anche e soprattutto dalla sua provenienza da una regione un tempo parte della Magna Grecia: la Calabria. Nonostante i trasferimenti che lo porteranno lontano dalla sua terra natia, Alvaro, infatti, manterrà sempre un profondo legame con la sua Calabria - come testimoniato del resto dal capolavoro Gente in Aspromonte - e conseguentemente con il mondo classico.

Tuttavia la proposta della Pavlova offre un’ulteriore suggestione alla quale Alvaro non riesce a resistere e che diventa altro motivo di persuasione : la storia dell’eroina può facilmente adattarsi alla sensibilità moderna, permettendo così ad Alvaro di portare sulla scena il dramma che uomini e donne del suo tempo avevano dovuto vivere. La tragedia di Medea, infatti, si configura come profondamente attuale nell’Europa appena uscita dal terrore della seconda guerra mondiale. La persecuzione subita dalla donna in quanto straniera è facilmente riconducibile a quella che, negli ultimi anni, aveva colpito ebrei, dissidenti politici e chiunque fosse sgradito alle nuove politiche fasciste e naziste. L’esilio che grava quasi come una condanna a morte, la perdita degli affetti a cui viene condannata Medea richiamano con forza il dramma dei rastrellamenti degli ebrei, gli esili politici e il clima di solitudine e isolamento in cui l’Europa e i suoi abitanti avevano trascorso gli ultimi decenni, come dichiara lo stesso Alvaro:

Medea mi è apparsa un’antenata di tante donne che hanno subito una persecuzione razziale, e di tante che, respinte dalla loro patria, vagano senza passaporto da nazione a nazione, popolano i campi di concentramento e i campi di profughi. 6

Ma la storia di Medea interseca quasi la storia personale di Alvaro che, esattamente come l’eroina greca, aveva avuto esperienza diretta di persecuzione e di esilio. Come abbiamo già visto, l’autore, da sempre oppositore del regime fascista, fu costretto per un periodo ad abbandonare l’Italia e a rifugiarsi a Berlino, ma soprattutto fu vittima di veri e propri attacchi da parte delle forze politiche al potere. Un episodio in particolare è significativo per rivelare il clima ostile che si era creato attorno all’autore. Nel 1929 Alvaro pubblicò la raccolta di racconti Amata alla finestra che ottenne

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“ Se mai, mi sarebbe piaciuto di scrivere un’Andromaca […]”, Ibidem

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immediatamente il plauso di pubblico e di critica e che candidò l’autore alla vittoria del premio «Fiera Letteraria». Tuttavia, all’ultimo momento Mussolini, al quale era stato chiesto il consenso, si oppose alla vittoria di Alvaro, negandogli il premio. In seguito tuttavia Alvaro ebbe una piccola “rivincita”: i letterati italiani, pentiti del servilismo dimostrato, riuscirono a far vincere all’autore il premio di «La Stampa»; ma anche in questo caso il partito fascista dimostrò tutto il suo astio nei confronti di Alvaro, impedendo ai giornali di commentare la notizia.

Riscrivere la storia di Medea diventa, quindi, per Alvaro un’occasione propizia per raggiungere più obbiettivi: rinsaldare il suo legame con il classicismo e raccontare il dolore e le ingiustizie patite dagli uomini del suo tempo. Per quanto millenaria la storia della donna abbandonata e perseguitata resta più attuale che mai.

Conclusa la stesura della tragedia in tempi molto rapidi – venticinque giorni -, la Pavlova e Alvaro si rivolsero a Ildebrando Pizzetti e Giorgio de Chirico per le musiche e le scenografie, iniziando un lavoro sul testo intenso e preciso, come da direttive della regista. Le indicazioni e le reazioni della Pavlova, infatti, furono essenziali, per stessa ammissione dell’autore, a delineare meglio il carattere del personaggio e a rendere il testo di Alvaro più adatto al teatro 7. La pignoleria della regista e dello scrittore diede i suoi frutti: alla sua prima Lunga notte di Medea fu un indescrivibile successo di pubblico e tale rimase nelle numerose repliche.