Essere singolare plurale
5. Necessità di riscrivere l’ontologia a partire dall’essere-con
Per questo motivo Nancy ritiene urgente che la filosofia ri-cominci dall’ontologia (e non dall’astrazione politica28), da ciò che si rende necessario
trattare se si vuole tornare ad una “filosofia prima”: «il modo in cui noi siamo “noi” tra di noi»29, il nostro essenziale essere-in-comune.
L’ultimo autore ad aver voluto pensare una “filosofia prima” sarebbe stato Heidegger, con la sua ontologia fondamentale: qui l’essere-con (Mitsein,
Miteinandersein, Mitdasein) viene dapprima definito essenziale alla struttura del
Dasein medesimo ma poi, invece di essere analizzato nella sua dimensione co- originaria, verrà trattato dall’autore soltanto «in se stesso»; questo è il motivo per cui l’ontologia fondamentale (e con essa anche l’analitica esistenziale, la storia dell’essere e il pensiero dell’Ereignis) deve essere riscritta a partire proprio da una rivalutazione del Mitsein, poiché «rivelandosi come posta in gioco del senso dell’essere il Dasein si è già rivelato, prima di ogni altra
27 Ivi, p. 31. Verrà più avanti specificato che «non c’è differenza tra l’etico e l’ontologico: l’”etica”
espone ciò che l’”ontologia” dispone» (p. 131).
28 Per la critica alla filosofia politica e alla politica filosofica v. ivi, pp. 33-38.
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esplicitazione, come essere-con. Il senso dell’essere non è prima in gioco nel
Dasein per essere dopo “comunicato” ad altri: il suo porsi in gioco è
identicamente essere con. Oppure: l’essere è posto in gioco come “con”»30. Già
Heidegger aveva scritto che nella comprensione dell’essere del Dasein si trova la comprensione degli altri31, ma bisogna andare al fondo della questione e
sostenere che la comprensione dell’essere è essa stessa la comprensione degli altri. A questo punto Nancy arriva a dire che, più semplicemente, l’essere è
comunicazione, ma sottolinea che si dovrebbe cercare di capire allora che cosa sia la “comunicazione”… Comunque ciò che interessa all’autore non è tanto rispondere alla domanda, quanto soffermarsi sul perché essa oggi venga posta con così tanta apprensione: il vero motivo starebbe nel nostro avvertire «la trama nuda e senza “contenuto” della comunicazione […] la nostra trama, o “noi” in quanto trama», pur non capendo ancora niente di questa situazione. Ed
è da qui, dal comprender-ci che bisogna ri-cominciare.32
6. Essere singolare plurale
Come già detto, nell’essere-con è il “con” a fare l’essere, non ne è una aggiunta posteriore, e ciò che esiste (dal momento che esiste) co-esiste; queste
30 Ivi, p. 40.
31 Cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, par. 26.
32 Come si dirà alla fine di Essere singolare plurale: «Nell’essere-con e come essere-con, noi
abbiamo già sempre cominciato a comprendere il senso. E questa comprensione è già sempre compiuta, piena, intera e infinita. Noi ci comprendiamo infinitamente, noi e il mondo, e
null’altro […] Noi comprendiamo, comprendendoci, che non c’è nulla da comprendere, che non c’è appropriazione del senso, poiché il “senso” è la spartizione dell’essere».
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affermazioni portano Nancy ad aprire il capitolo sei di Essere singolare plurale con una serie di importanti riflessioni sulla filosofia stessa.
Innanzi tutto, «Non c’è mai stato e non ci sarà mai un solipsismo filosofico, e in un certo senso non c’è mai stata e non ci sarà mai una filosofia “del soggetto” intesa come chiusura infinita in sé di un per-sé»: anche il problema sollevato dal pensiero di Hegel («L’Io è l’universale in sé e per sé, e il comune è anche una forma, bensì esteriore, dell’universalità»33.) è risolvibile tenendo presente che
nella logica dialettica il passaggio attraverso l’esteriorità è essenziale all’interiorità stessa dove non sarà mai assorbita ma conservata eternamente. Inoltre diventa necessaria una revisione dell’esposizione filosofica, in cui si è soliti mettere prima l’essere aggiungendovi il “con” e l’altro termine solo dopo: anche nei grandi autori che non hanno saputo superare tale limite formale (Heidegger, Husserl, Hegel e Cartesio) già era presente comunque l’idea di una co-esistenza per cui, secondo Nancy, cambiare l’ordine dell’esposizione ontologica sarebbe semplicemente esplicitare qualcosa che attraversa tutta la storia della filosofia; tanto più che la filosofia stessa nasce nella co-esistenza “concittadina”, nella “città”, che è l’essere-con come tale.
Infine, se la filosofia può dirsi il pensiero dell’essere-con (e quindi anche il pensare-con come tale), c’è da chiedersi come mai per tutta la sua storia esso sia stato subordinato all’essere, e come mai parimenti non abbia mai smesso di
33 G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, Laterza, Roma-Bari 1980, § 20, p.
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porsi come problema stesso dell’essere. Per l’autore «l’essere-con è il problema più
proprio dell’essere – e il nostro compito è capire perché e come sia così»34.
Si procede dunque nel capitolo con l’analisi del significato proprio di “essere singolare plurale”.
“Essere singolare plurale” viene di proposito scritto senza interpunzione, «cosicché la singolarità di ciascuno è indissociabile dal suo essere-con-tanti, e
poiché in effetti, e in generale, una singolarità è indissociabile da una pluralità»35. Si può dire che il singolare sia indivisibile, ma puntualmente (come
l’istante, infinitamente divisibile, ma mai nel suo stesso evento), e che sia particolare, ma nel senso di pars pro toto (poiché, dal momento in cui è, è l’essere stesso o la sua origine). Così «l’insieme dei singolari è la singolarità “stessa”, che assembla i singolari solo nella misura in cui li spazia, che li “lega” solo nella misura in cui non li unifica»36. Il concetto di “singolare” infatti implica (proprio
a partire dalla singolarizzazione) una differenziazione da altre possibili singolarità, ma nella lingua latina da cui proviene è possibile declinarlo solo al plurale poiché indica «l’”uno” dell’”uno a uno”», qualcosa che è già sempre in rapporto con l’”altro”; l’essere diventa dicibile solo in prima persona plurale, un “noi siamo” che si enuncia a proposito degli uomini, ma «per conto di tutta l’esistenza in quanto essere la cui essenza è il “con”»37. Pensare il plurale come
34 J.L. Nancy, Essere singolare plurale, p.47.
35 Ibid.
36Ivi, p. 48. 37Ivi, p. 49.
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tale significa pensare un’unità originariamente plurale, che altro non è se non l’essere stesso, consistente solo nell’esistenza di tutti gli esistenti non giustapposti, ma dis-posti nella co-essenza: essa sta proprio nel tratto di unione e divisione, essere-singolare-plurale, che pure si cancella per lasciare ogni termine da solo e insieme agli altri.
«L’unità di un’ontologia deve ormai essere cercata in questa spaziatura […] In un’ontologia simile […] intesa come una “socialità” o una “sociazione” più originaria di qualsiasi “società”, “individualità” o “essenza dell’essere”, l’essere è con, è come con dell’essere stesso (il co-essere dell’essere), per cui l’essere non si identifica come tale (come essere dell’essere), ma si pone, si dà o arriva, si dis-pone – fa
evento, storia e mondo – come il suo stesso con singolare plurale»38. Per questo
si dice che l’essere è simultaneo a se stesso.
Il “sé” generale ha sempre come presupposto il “con”, e l’essere-in-tanti-insieme è la situazione originaria: l’essere-con non va ad aggiungersi all’esser-ci, ma esser-ci significa già essere-con, ed essere-con significa fare senso, senza niente che vada al di là di quella verità insita nel con stesso.
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