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Negoziare il capitale: mecenatismo e diplomazia letteraria nello Shinsen Tsukubashū

Burocrazia, poesia e ordine sociale negli scritti di Sagara Tadatō (1430-1506?)

2.3 Negoziare il capitale: mecenatismo e diplomazia letteraria nello Shinsen Tsukubashū

La dimensione sociale della poesia svolse un ruolo chiave per gli Ōuchi, tanto nella diplomazia interna quanto in quella esterna al clan. Grazie alla sua versatilità nelle lettere e ai legami intrattenuti con i massimi esponenti del mondo renga, Tadatō funse da mediatore con nuovi potenziali alleati in Kyūshū, sia durante che dopo la campagna punitiva contro gli Shōni. In questa sezione mi concentrerò su un caso alquanto singolare, in cui mecenatismo artistico e clientelismo politico trovarono un felice punto di sintesi. Un gruppo di documenti del Sagara-ke monjo illustra con vivezza questa dinamica intercampo.

Nello specifico, cercherò di ricostruire il rapporto triangolare fra Tadatō, Sōgi e Sagara Tametsugu 相良為続 (1447-1500), dodicesimo capofamiglia dei Sagara di Hitoyoshi. Noto soprattutto per aver promulgato i sette articoli del codice Sagara-shi hatto 相良氏法度 nel secondo anno dell’era Meiō (1493), Tametsugu è l’unico daimyō del Kyūshū a comparire nello Shinsen Tsukubashū 新撰菟玖波集, la seconda antologia semi-imperiale di renga. Come chiarirò in seguito, Tadatō trasse vantaggio dalle inclinazioni poetiche di Tametsugu al

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punto da “barattare” la sua inclusione nella prestigiosa antologia in cambio di un sostegno proattivo sul piano politico-militare.

Il primo contatto amichevole fra Tadatō e Tametsugu fu stabilito non più tardi del 1478. Lo Shōjinki, infatti, riferisce che Tametsugu inviò due messaggeri per omaggiare il nuovo signore di Hakata con una spada e un cavallo. In quell’occasione, Tadatō agì da intermediario – forse in virtù delle comuni radici familiari con Tametsugu – e Masahiro decise di concedergli la spada appena ricevuta in dono nella speranza che il suo servizio continuasse “per molte generazioni a venire” (jūdai tsukawasu beku, 10.29⑤). Va ricordato poi che due delle sei copie esistenti dello Hokku hanji 発句判詞 recano sul colofone una dedica a Sagara Shōjirō. Sembra valida l’opinione di Yonehara (1976, p. 623), che identifica il destinatario dell’opera con Sagara Hirotsune, forse un parente di Tametsugu al servizio di Sue Hiromori. Questo manuale di poesia renga venne compilato a scopo didattico durante la primavera del 1481, proprio mentre Sōgi soggiornava a Yamaguchi. Dietro le circostanze della sua produzione sembra ragionevole supporre la mediazione dello stesso Tadatō.

Apparentemente, la sua corrispondenza con Tametsugu si fece più intensa col passare degli anni assumendo un forte carattere simbolico. Il desiderio di fama e riconoscimento, infatti, avrebbero indotto Tametsugu a instaurare un dialogo con Sōgi sotto l’occhio vigile di Tadatō e Masahiro. Per chiarire meglio il corso dei negoziati e il loro esito prenderò in analisi una serie di lettere, con il duplice intento di vagliare strategie e propositi delle parti in gioco e rivalutare il contributo di Tadatō alla diffusione locale del renga.

La prima è una lunga missiva inviata da Sōgi a Tametsugu in data Chōkyō 2 (1488).10.19, che subito ci catapulta nel vivo della discussione (Sagara-ke monjo, n. 1025). Sin dalle prime righe, il tono premuroso del mittente suggerisce un rapporto in essere tra maestro e discepolo. Sōgi si rallegra del fitto scambio epistolare con Tametsugu e loda i suoi costanti sforzi per tenersi in contatto nonostante la distanza geografica. A quel tempo Sōgi era prossimo ai settant’anni e in questa lettera anticipa la sua decisione di ritirarsi dalle pubbliche

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funzioni.24 Archiviati i convenevoli, Sōgi passa ad affrontare una serie di questioni che

esaminerò punto per punto.

Anzitutto, si evince chiaramente la volontà di Tametsugu di costruire una propria “eredità culturale” all’interno del clan, ad esempio dallo sforzo di persuadere il figlio Nagatsune 長毎 (1469-1518) a intraprendere la Via della poesia a catena. Sōgi afferma di aver accluso una “nota di incoraggiamento” (ippitsu), forse un breve manuale di versificazione. Sappiamo infatti che nello stesso mese Sōgi offrì a Nagatsune una prima versione del Bun’yō 分葉, un glossario di termini e locuzioni tipiche del renga con esempi pratici di utilizzo (Kawazoe 2003, p. 245, nota 95; Kidō 1992, pp. 6-7).

Al punto successivo, Sōgi menziona due trattati poetici intitolati rispettivamente

Shōfūteishō 正風躰抄 (“Note sullo stile tradizionale”) e Kinrai shūka 近来秀歌 (“Poesie

eccellenti dei tempi recenti”), che probabilmente Tametsugu gli aveva commissionato. Il secondo potrebbe essere una variante del Kindai shūka, attribuito a Fujiwara no Teika; oppure del Kinrai fūtei di Nijō Yoshimoto (1320-1388). In ogni caso, è interessante osservare il tentativo da parte di Tametsugu di far propria la cultura dell’élite aristocratica. Durante il tardo periodo medievale, l’ortodossia espressiva divenne un elemento cardine nella pratica e nel discorso poetico, soprattutto in risposta alle trasformazioni sociali che videro la poesia affermarsi come attività d’intrattenimento su larga scala. Riprendendo le parole di Ogawa Takeo, «in epoca Muromachi le persone erano interessate soprattutto alla forma elegante e raffinata del waka, condensata nel cosiddetto “stile tradizionale” (shōfūtei)» (2014, p. 259) – esattamente ciò che Tametsugu sembra perseguire. Come effetto diretto di questa tendenza, nello stesso periodo si assiste a un’impennata nella produzione e nella circolazione di manuali introduttivi, specialmente nelle regioni periferiche, e la lettera di Sōgi ne dà prova tangibile. Altro dettaglio significativo è l’allusione a una “trasmissione orale” (kuden), ovvero

24 In effetti, l’anno seguente avrebbe lasciato a Kensai il suo posto di Amministratore dell’Ufficio Renga

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ai principî segreti di valutazione e apprezzamento estetico (gatten) che Sōgi promette di condividere col suo accolito in occasione del loro prossimo incontro faccia a faccia.

In conclusione, Sōgi plaude ai progressi di Tametsugu, che evidentemente aveva sottoposto alcuni suoi versi al giudizio del maestro. Il termine “opuscolo” (sōshi), con cui Sōgi designa il volume di poesie inviatogli da Tametsugu, ha un referente incerto. Potrebbe trattarsi di una prima bozza del Sagara Tametsugu renga sōshi 相良為続連歌草紙, l’antologia personale che Tametsugu confezionò solo qualche anno più tardi. Si evince in ogni caso il desiderio dell’allievo di sistematizzare la sua produzione poetica, forse in vista delle imminenti selezioni per lo Shinsen Tsukubashū.

Il coinvolgimento di Tadatō è tracciabile a partire dal Meiō 4 (1495).4.13, data in cui Sōgi comunica a Tametsugu il suo ingresso nel firmamento dei poeti renga. Si legge in apertura:

Alla luce del vivo interesse che hai dimostrato per la raccolta [Shinsen Tsukubashū], stavo proprio interrogando Enshū [Tadatō] a tal proposito quando ho ricevuto il tuo messaggero. Sono davvero colpito dalla tua dedizione e non trovo le parole per esprimere [la mia gioia]. […] A cominciare da Sua Maestà l’Imperatore, innumerevoli sono coloro che ambiscono [a un simile riconoscimento], pertanto sceglierò non più di cinque tue poesie da includere in questa antologia. Ne avrei segnate nove, ma inevitabilmente alcune andranno scartate. (Sagara-ke monjo, no. 1026)

Nel prosieguo, Tametsugu è definito come sūki, un “devoto dell’arte.” Similmente, la sua raccolta di poesie è acclamata come il frutto di una passione profonda (go-shūshin), emblema di un impegno pluriennale (on-kokorozashi no mono). Ma, ancora più importante, è l’affermazione con cui Sōgi si dichiara in procinto di consultare Tadatō riguardo alle pressanti richieste di Tametsugu, che evidentemente insisteva per essere ammesso nel circolo dei poeti renga più autorevoli. Questo particolare suggerisce che la sua inclusione poteva avvenire solo previa approvazione di Masahiro, il principale sponsor del progetto, la cui volontà al riguardo era espressa da Tadatō, suo portavoce ufficiale. A comprovare

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tale ipotesi, si legge in una lettera che Tametsugu inviò proprio a Tadatō il giorno Meiō 4 (1495).8.25:

[…] Sono sicuro che il nobile [Ōuchi] Yoshioki è ormai pronto [per la

successione].25 Mi rimetto umilmente a Lui come ho fatto prima [con suo padre].

In segno di congratulazioni, risponderò a qualunque richiesta [voglia avanzare] attraverso [il mio messaggero] yamabushi. Invero, che lieto evento! Mi chiedo anche

come stiano procedendo le recenti imprese [militari] di Yoshioki a Kyōto.26

Attendo ossequiosamente ogni comando di Sua Signoria.

La scorsa primavera, Kengaisai [Sōgi] mi ha rivelato che lo Shinsen Tsukubashū è nato da un’idea [di Masahiro]. Negli ultimi giorni ho ricevuto notizia da Sō[gi] e Ken[sai] che il progetto è quasi completo e che persino le mie sciocche poesie hanno trovato posto in questa raccolta. Non merito un onore così grande. […] (Sagara-ke monjo, n. 246; 丑 48)

Ancora una volta, è possibile constatare come dietro lo svolgersi delle trattative la presenza di Masahiro fosse costante. In questa lettera, tutto contribuisce a trasmettere un senso di devozione e rispetto: l’attenta scrittura a mano; l’alta qualità della carta impiegata; il monogramma (kaō) che accompagna la firma in calce; e soprattutto la modestia del mittente, che definisce come uno “splendido favore” (go-hōon) e un “onore immeritato” (kabun no

itari) il privilegio concessogli, grazie a cui la famiglia Sagara avrebbe goduto di una “gloria

imperitura” (matsudai no meiyo) nei secoli a venire.

Queste, invece, le parole con cui Tadatō avrebbe ricordato la vicenda a distanza di anni, in una lettera di condoglianze indirizzata probabilmente a Sagara Nagatsune, figlio di Tametsugu, il giorno Eishō 3 (1506).6.20:

Renga e tsukeku del nobile Sagara Saemon no jō ‹Fujiwara Tametsugu› tratti dallo Shinsen Tsukubashū.

25 Masahiro sarebbe morto il mese seguente, ma la successione di Yoshioki aveva già avuto luogo

nell’autunno del 1494.

26 Yoshioki partì per una spedizione a sostegno dello shōgun Ashikaga Yoshitane nel 1493. Forse

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Nel libro Autunno II, ai versi 時雨はれ行嶺の松はら

Shigure hareyuku Si diradano le gelide piogge:

mine no matsubara sulle vette, una distesa di pini.

Fujiwara Tametsugu [aggiunse] 夕日さす木のまの紅葉色そひて

Yūhi sasu I raggi del tramonto

konoma no momiji attraversano le chiome

iro soite tingendole scarlatte..27

Nel libro Inverno,

忘しな春のあけほの月の秋

Wasurejina Come potrei dimenticare

haru no akebono l’alba della primavera,

tsuki no aki l’autunno e la sua luna!

ゆふへの雪にむかふとをやま

Yūbe no yuki ni O la neve che alla sera

mukau tōyama incontra i monti all’orizzonte.28

Nel libro Amore II,

わかこと人のおもはぬそうき

Wagagoto hito no Triste è chi, non come me,

omowanu zo uki è insensibile all’amore.

恨てもいまさらたれにいひよらむ

Uramitemo Ma, seppur nel rancore,

imasara dare ni a chi altro potrei mai

iiyoramu dischiudere il mio cuore?29

Nel libro Amore III,

ふかきおもひはよそにしられし

Fukaki omoi wa Nessuno saprà mai

yoso ni shirareji di un amore sì profondo.

27 Shinsen Tsukubashū, n. 995; Sagara Tametsugu renga sōshi, n. 345. Questo tsukeku intende produrre un

vivace contrasto cromatico tra le fonde autunnali e le foglie sempreverdi dei pini nel maeku.

28 Shinsen Tsukubashū, n. 1197; Sagara Tametsugu renga sōshi, n. 389. Tametsugu prosegue il crescendo dei

versi precedenti aggiungendo al quadro un tipico scorcio invernale, vagamente memore del Makura no

sōshi.

29 Shinsen Tsukubashū, n. 1708; Sagara Tametsugu renga sōshi, n. 467. Questo emistichio, che elabora il tema

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枕にも心をかるゝひとりねに

Makura ni mo Mi preoccupa persino

kokoro okaruru confessarlo al mio cuscino

hitorine ni in questo sonno solitario.30

Nel libro Miscellanea IV,

もとのなさけそはてはあたなる

Moto no nasake zo Svaniranno, inutili alla fine,

hate wa ada naru i sentimenti dei primi tempi.

いときなきほとをいさめぬおやもうし

Itoki naki Come quelli di un genitore

hodo o isamenu incapace di ammonire

oya mo ushi il proprio figlio.31

L’antologia di cui sopra è stata compilata dal vecchio maestro zen Sōgi su ordine

imperiale e presentata a Sua Maestà nel quarto anno dell’era Meiō Yin-Legno

Coniglio il nono

giorno del sesto mese. Fu soltanto grazie al favore di Sakeichōin Tatara [Ōuchi] Masahiro ason, quarto rango inferiore maggiore, che [Sōgi] incluse le poesie di Saemon no jō Tametsugu in questa raccolta. Ho ricevuto molti messaggi che esprimevano gratitudine per un onore così grande. Ora, nel settimo anniversario dalla sua morte, quest’uomo ‹Tadatō›, che ben conosceva il suo cuore, riguarda ai suoi onorabili scritti e non può trattenersi dal ricordare il passato con mestizia. Ho copiato sul retro della sua preziosa missiva cinque poesie, che offro umilmente al cospetto del nobile Muryōjuin Seika Rensen [Tametsugu], grande seguace della dottrina. Reciterò il nenbutsu e pregherò sempre per il suo spirito. […] (Sagara-ke

monjo, n. 246; 丑 48)

Interessante notare che questa lettera è incollata alla precedente su un unico foglio (tsugigami), come a voler tracciare la genealogia del talento di Tametsugu e riprodurre anche sul piano

30 Shinsen Tsukubashū, n. 1936; Sagara Tametsugu renga sōshi, n. 437. Il sottotesto di questo renga è

rintracciabile in Kokinshū, KT n. 670 e Shinkokinshū, KT n. 1036. In queste poesie, a rivelare l’amore segreto del narratore sono proprio le lacrime sul suo cuscino.

31 Shinsen Tsukubashū, n. 3080; Sagara Tametsugu renga sōshi, n. 573. Tametsugu gioca sul termine

“sentimenti dei primi tempi” (moto no nasake), cambiando la sfumatura di significato da “infatuazione” ad “affetto paterno.” Avanza quindi una critica all’eccessiva indulgenza dei genitori che, per un eccesso d’amore, crescono figli viziati e inetti. Questo twist semantico altera il tono del maeku, così come la categoria topica di riferimento (Amore→Lamento), e produce un’improvvisa variazione (torinashi) che determina il valore letterario della sequenza. Per una discussione generale sui principî estetici del renga, vedasi Suzuki (2012).

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materiale la narrativa storica che condusse alla consacrazione del poeta guerriero. Lo Shinsen

Tsukubashū fu presentato all’imperatore il sesto mese del 1495 e Tametsugu morì lo stesso

mese di cinque anni più tardi. Per questo, nella sua lettera del 1506, Tadatō esprime non soltanto il suo cordoglio per la scomparsa del capofamiglia Sagara, ma commemora anche la meritoria iniziativa patrocinata da Masahiro. Per celebrare entrambi gli anniversari, Tadatō cita anzitutto le poesie di Tametsugu contenute nello Shinsen e, nel prosieguo della lettera, anche altri versi tratti dal Sarara Tametsugu renga sōshi, lasciando supporre che avesse accesso a una copia del testo chiosato da Sōgi.

A ulteriore sigillo dell’amicizia tra i due troviamo anche una trascrizione integrale dello

Shinsen Tsukubashū, che Tadatō eseguì per Tametsugu nel 1496, come ci informa il colofone

di un testimone conservato presso la biblioteca dell’Università Waseda.32 L’anno successivo,

Tametsugu cedette il manoscritto al capofamiglia Aso, che a sua volta lo offrì in dono a un certo Akahoshi, membro di un ramo collaterale dei Kikuchi. In altre parole, il volume passò di mano in mano, legando nella pratica del renga i più illustri clan guerrieri della provincia di Higo. Questa storia di trasmissione testuale manifesta ancora una volta l’importante contributo di Tadatō alla diffusione del genere e attesta il suo impegno a tuttotondo sul campo culturale. Da parte sua, Tametsugu sarebbe diventato il più celebre esponente della tradizione renga dei Sagara, seconda per produttività e longevità solo a quella dei Kikuchi. Come avrebbe notato il suo vassallo Saya Tōnen 沙彌洞然 (1468-1546) qualche decennio più tardi, «il nobile Rensen [Tametsugu] fu per suo grande onore l’unico di tutto il Kyūshū a comparire in questa collezione di Tsukuba» (Sagara-ke monjo, n. 319); un privilegio raro, che avrebbe conferito al suo nome una patina di immortalità.

Eppure, Tametsugu non sarebbe stato in grado di convincere Sōgi della sua dignità di poeta senza l’intervento di Masahiro e Tadatō, che scelsero di appoggiare la sua supplica. Per quanto alti fossero i suoi meriti letterari, infatti, questi non costituivano l’unico criterio

32 Il manoscritto fa parte dell’archivio Ichiji Tetsuo, segnatura n. 20-00005, interamente disponibile sul

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di inclusione: l’adesione incondizionata alla causa degli Ōuchi, insieme alla promessa di supporto nell’eventualità di una guerra, pare fossero un requisito altrettanto necessario. La loro comunicazione si situò quindi a metà strada tra due campi, portando a una vera e propria conversione del capitale politico-economico in capitale culturale (e viceversa). È lecito supporre che un’interazione di questo tipo sia occorsa anche con altri daimyō e magnati locali – ad esempio la famiglia Moji, che con Yoshihide ricevette lo stesso privilegio – ma, diversamente dal caso di Tametsugu, non disponiamo di documenti che possano suffragare tale ipotesi.

In conclusione, ritengo che questo episodio possa essere definito come un caso lampante di “diplomazia letteraria,” alla cui buona riuscita contribuirono l’ampio network di Masahiro, il proselitismo di Sōgi nelle periferie del paese, l’ambizione personale di Tametsugu e il savoir

faire di Tadatō. Quest’ultimo si mostrò capace di mediare tra le parti in causa grazie a una

spiccata sensibilità in materia di renga, testimoniata peraltro dalla sua stessa inclusione nello

Shinsen Tsukubashū.33 Oltre alla vena poetica, però, assunse un ruolo dirimente la sua

profonda conoscenza dell’etichetta epistolare. Infatti, come si approfondirà più avanti, lo studio delle convenzioni scrittorie era un requisito obbligatorio per qualsiasi guerriero in cerca di riconoscimento e Tadatō avrebbe fatto di questo sapere tecnico non soltanto una professione, ma anche il tratto più distintivo della propria identità familiare.

2.4 Delocalizzare il centro: frammenti per una topologia