Forme di autorappresentazione e riflessi letterari nel
4.1 Tamaki Yoshiyasu e il clan Mōr
Il passaggio di secolo tra fine Cinquecento e inizio Seicento rappresenta un momento cruciale nella storia giapponese. Fonti successive hanno spesso tentato di tracciare un quadro generale che rendesse intelligibile e sensato il rapido incalzare degli eventi che lo contraddistingue. Le grandi narrazioni, così come i ritratti memorabili dei loro protagonisti, offrono una visione d’insieme sicuramente utile, ma che rischia di eclissare la dimensione dell’individuo e presentare al lettore omogeneità fittizie costruite a posteriori. Da qui la necessità di orientare lo sguardo verso resoconti privati, che restituiscano profondità al discorso storiografico attraverso un salutare confronto con le discipline filosofico-letterarie. Il Minokagami 身自鏡 (o Mijikagami, “Lo specchio di me stesso”) costituisce un esempio rappresentativo di narrativa personale legata a un membro dell’élite samurai. Si tratta di uno scritto autobiografico compilato nel 1617 da Tamaki Yoshiyasu 玉木吉保, vassallo del clan Mōri, che ripercorre le traversie del suo autore dall’infanzia fino all’età di sessantasei anni. Stando alle informazioni riportate,2 Yoshiyasu nacque nel villaggio di Nukui (odierna
prefettura di Hiroshima) il ventunesimo anno dell’era Tenbun. Dai tredici ai quindici anni
1 I contenuti di questo capitolo sono stati presentati al 40° convegno dell’AIStuGia (Associazione
Italiana per gli Studi Giapponesi) e parzialmente pubblicati in Tommasi (2018).
2 Miura (1981, pp. 571-572) individua numerose imprecisioni nella datazione degli avvenimenti,
imputandole alla memoria fallace di un autore ormai anziano. Tali errori non dovranno tuttavia distoglierci dalla vera posta in gioco, che va ben oltre la “veridicità” del dato fattuale. Illuminanti al riguardo le parole di Philippe Lejeune sulle dinamiche della scrittura autobiografica: «Anche se nel suo correlarsi alla storia (lontana o quasi contemporanea) del personaggio il narratore si sbaglia, mente, dimentica o deforma, proprio l’errore, la menzogna, la dimenticanza o la deformazione assumeranno il valore di aspetti di una enunciazione che resta autentica» (1986, p. 42). Questo, dunque, lo spirito con cui si dovrà affrontare lo studio del testo.
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visse presso un tempio della scuola Shingon, dove imparò a leggere e a scrivere, ma in un periodo dilaniato da guerre incessanti il battesimo di fuoco non tardò ad arrivare. La prima esperienza sul campo di battaglia avvenne all’età di sedici anni durante il conflitto contro Ōuchi Teruhiro, cui seguirono numerosi altri scontri armati. Nella maturità partecipò alle spedizioni militari in Corea e ricoprì diversi incarichi amministrativi tra Edo e Ōsaka, fin quando il sopraggiungere della malattia non gli impose un forzoso rientro. Trascorse i suoi ultimi anni in tranquillità, sempre attento osservatore dei vacillanti equilibri politici che sul finire del secolo videro l’emergere fulmineo di Tokugawa Ieyasu. Lo scontro decisivo nelle piane di Sekigahara e la successiva disfatta dei Toyotomi segnò il declino dei Mōri e dei loro sottoposti, che videro significativamente ridimensionati i propri domini pur avendo superato indenni le agitazioni del Sengoku.
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L’opera vide la luce in un periodo di intensa produzione testuale, volta a fissare su carta le recenti esperienze belliche e monumentalizzare la storia del clan Mōri. Yoshiyasu si inserisce in questa temperie scrivendo uno dei più antichi memoriali guerrieri pervenuti fino ad oggi.3 Il manoscritto originale, tramandato di generazione in generazione all’interno della
famiglia Tamaki, ebbe una circolazione limitata (Okuno 1957). Esistono alcune copie di estratti, tra cui una conservata presso gli Archivi della Prefettura di Yamaguchi, che reca il titolo Tamaki Tosa no kami oboegaki 玉 木 土 佐 守 覚 書 . Più comune, tuttavia, resta l’appellativo con cui l’autore designa l’opera nella prefazione:
In India, i sermoni di Śākyamuni sono detti sūtra. In Cina, le parole di Confucio sono annotate nei venti capitoli dei Dialoghi. Presso la nostra corte, le vicende di Narihira sono descritte nello Ise monogatari e quelle di Genji in una parte del Genji
monogatari. La vita di [Tamaki Yoshiyasu signore di] Tosa, invece, è narrata nel Minokagami. La mia intenzione è di trascrivere in modo obiettivo tutti gli eventi di
cui sono stato testimone, come una immagine riflessa sullo specchio. Perciò ho deciso di intitolare questo scritto “Lo specchio di me stesso.”
Concluso in un giorno fausto dell’era Genna, undicesimo mese del terzo anno. Nella divinazione Zekū, nel renga Jishō, nella medicina Gishin, [altresì noto con gli] pseudonimi Gudonsai, Jigokuan, Daihōin, nel Dharma Gran Diacono Gessō Ishin (Yonehara 1966, p. 443)
Yoshiyasu inizia così a rievocare i propri ricordi dal 1564 al 1617, concedendosi lunghe digressioni in materia di letteratura, equitazione, cucina, cerimonia del tè, medicina e divinazione. In questo capitolo seguirò l’evolversi di Yoshiyasu nel suo processo di crescita e realizzazione come “soggetto guerriero” e analizzerò il Minokagami in chiave sociologica per meglio comprenderne le istanze motivazionali. In questo modo, risulterà chiaro come la scrittura autobiografica non si esaurisca nella metafora del rispecchiamento suggerita dal
3 L’unico esempio antecedente al Minokagami è il Ninomiya Sado oboegaki 二宮佐渡覚書 di Ninomiya
Toshizane (1522-1603), vassallo dei Kikkawa, incentrato prevalentemente sulla vita di Mōri Motonari. Per una rassegna più ampia sul genere memorialistico (oboegaki) e sulle ragioni storico-sociali che ne determinarono la fortuna durante i primi decenni del Seicento, vedasi Nunobiki (1993). Si rimanda inoltre alla sezione 4.6 del presente elaborato.
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titolo, ma implichi una articolata costruzione simbolico-letteraria che produce piuttosto che
riflettere passivamente la realtà storica dei fatti.4
4.2 L’educazione guerriera: vita al tempio e