Saperi e poetiche del quotidiano nella lettera di Tago Tokitaka (1494-1562)
3.3 Le regole dell’arte: ratio, discretio e metafore di (auto)controllo nei discorsi sulla conoscenza
Analizzando la conformazione assunta dal guerriero idealtipico nel kakun di Tokitaka si osserva anzitutto la spiccata attenzione che l’autore riserva alla materia espressiva. Ciò avviene poiché la strutturazione di regimi comportamentali e linguistici è legata a doppio filo e si risolve nell’adozione di un peculiare lessico etico-politico, che tende a polarizzare gli enunciati in etichette univoche da applicare rispettivamente a soggetto e anti-soggetto per definirne i ruoli in modo disambiguo. In altre parole, la plasmabilità dell’identità
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guerriera dipende da una serie di locuzioni e concetti, a loro volta declinati in ambiti discorsivi specifici che il dispositivo testuale individua ed esplora nelle reciproche interconnessioni. In questa sezione individuerò le premesse del discorso sulle arti che Tokitaka sviluppa, proponendo di leggere l’atto scrittorio come formatore (e canalizzatore) di istanze normative per la comunità guerriera cui l’autore appartiene.
Nel concreto, tale fenomeno di ordinamento socio-morale si manifesta con chiarezza al terzo articolo:
Al terzo posto la matematica. Da quando cielo e terra hanno avuto origine, un anno
è di dodici mesi, un mese di trenta giorni, un giorno di dodici ore.16 Tutto questo
deriva da calcoli numerici. Anche governare un paese, definirne le unità amministrative e gestire le proprietà terriere sono operazioni di natura matematica. Per non parlare poi del commercio, con il conto dei profitti; o ancora, l’adempimento dei pubblici incarichi, le arti e i mestieri. In fondo, tutto rientra nella matematica. Ignorarne i principî significa non avere senso dello spreco. Nel ciclo di nascita e morte, chi ignora la scienza dei numeri è vittima dell’attaccamento, dimentica i limiti naturali della vita umana e rifugge la morte, precipitando in un mondo illusorio dove la mente si smarrisce senza possibilità di salvezza. Conoscere la matematica significa possedere senso della ragione: lasciati guidare da essa e sarai libero da ogni dubbio. […]
Adoperarsi per gli altri non è mai a tuo svantaggio. Al contrario, va evitato tutto ciò che è inutile e marcio in quanto comporta una perdita per il paese. In agricoltura, pensare che ogni colpo di zappa sia importante e raccogliere il riso considerando
prezioso anche un singolo chicco significa agire nel rispetto dei Tre Tesori.17 Per lo
stesso motivo dovrai prodigarti per gli altri senza riserve. Al giorno d’oggi, tuttavia, i convitati chiedono altre porzioni salvo poi sprecare il cibo senza ritegno, e fingono di bere sakè rovesciandolo sui bordi del tatami solo per vantarsi di quanti bicchieri riescono a scolare. Tutto ciò costituisce una perdita per il paese. […] Se solo si rendessero conto che è sbagliato, tutti agirebbero secondo misura. […] Trovare la
16 Il sistema di calcolo del tempo prevedeva una giornata suddivisa in dodici intervalli, ciascuno dei
quali identificato con un segno dello zodiaco cinese.
17 I “Tre Tesori” (sanbō 三宝) sono il Buddha, il suo insegnamento e la comunità monastica che lo
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giusta proporzione è una virtù matematica. […] D’estate è caldo e d’inverno freddo, così come il giovane invecchia col passare del tempo. Tutte queste osservazioni derivano da un calcolo razionale e vanno considerate attentamente. […]
算用ハスグレタリトモ人中ニ算用ダテノ物語スナ
San’yō wa suguretari tomo hitonaka ni san’yō date no monogatari su na
La matematica è una scienza senza pari, ma astieniti dal ragionar di conti in pubblico.
算用ニハヅルヽ事ハヨモアラジ拍子ノ数ヤ歌ノ文字数
Sanyō ni hazururu koto wa yomo araji hyōshi no kazu ya uta no moji kazu
Eppure non avresti motivo di imbarazzo: dipendono dai numeri anche il ritmo della danza e la metrica in poesia.
我年ノ算用ヲシテ物ヲイヘ年ニヨリタル身持フルマヒ
Waga toshi no san’yō o shite mono o ie toshi ni yoritaru mimochi furumai
Prima di parlare, considera i tuoi anni e comportati come si conviene alla tua età. (Ozawa 2003, pp. 147-150)
Tokitaka sottolinea la necessità di possedere un occhio attento e uno spirito pratico, capace di individuare il problema, analizzarlo e risolverlo in un procedimento quasi matematico che denomina san’yō 算用 (“calcolo”). Gli eventi atmosferici, lo scorrere del tempo e delle stagioni, le distanze geografiche e tutti gli altri parametri con cui si è soliti misurare il mondo rientrano senza soluzione di continuità in questa categoria, che potremmo definire come una sorta di pragmatismo razionale. Il concetto, infatti, lungi dall’essere circoscritto alle semplici operazioni aritmetiche, coinvolge ogni aspetto dell’esistenza umana: serve a trovare la giusta misura per relazionarsi con gli altri, è fonte di armonia sociale e impone il buonsenso nell’uso delle risorse a disposizione. Di conseguenza, il san’yō costituisce il pilastro fondante dell’economia politica di un paese e, per un aspirante leader, è imprescindibile conoscerne a fondo le regole.18
18 Negli studi precedenti, l’importanza di questo passo è stata segnalata da Ooms (1985, pp. 24-25) e
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Si capisce come la logica che innerva il discorso sia di natura spiccatamente analogica e
combinatoria, tant’è che l’argomentazione procede seguendo una serie di corrispondenze
programmatiche mediante cui l’autore afferma l’esistenza di un universo intrinsecamente coerente. Per una sorta di isomorfismo ideologico, l’uomo è chiamato nel suo microcosmo ad agire “razionalmente” e conformare la propria condotta al principio ordinatore che regge e regola il macrocosmo nella sua totalità. Tale principio assume peraltro connotati religiosi, nella misura in cui viene associato al Dharma buddhista e al principio “infallibile” di retribuzione karmica.
Segue un esempio di “buon costume” a tavola, in un passo che riprende il classico tema del consumo alcolico con toni molto simili al capitolo 175 dello Tsurezuregusa. Infine, nel paragrafo conclusivo, si osserva come l’autore cerchi non senza forzature di confermare la validità di questo ordo ordinatus, costruendo il suo ragionamento direttamente sul calcolo empirico. Nello specifico, egli intavola una disquisizione sulle unità di misura, che altro non sono se non lo strumento principe attraverso cui misurare e valutare la realtà fenomenica. In alcune equivalenze riconosce un equilibrio di carattere universale, ma al contempo ammette come certi sistemi di misura siano inevitabilmente variabili e parziali, mettendo in guardia il lettore da eccessive generalizzazioni. Ribadisce quindi l’importanza di ponderare con cura ogni dettaglio e acquisire una conoscenza pratica dei numeri per amministrare sapientemente la famiglia e i suoi interessi.
In sintesi, Tokitaka si fa latore di un “olismo-ecosistemico” (Squarcini 2018, p. 222) in cui l’operato del singolo sottostà a un più ampio disegno d’insieme. L’atto di conoscenza assurge così ad atto di controllo del mondo e sul mondo. Eppure, è significativo rilevare come questa forma di dominio parta dal dominio di sé, che impone al soggetto il controllo delle proprie pulsioni, delle ambizioni sovvertitrici e possibilmente lesive del tessuto sociale. La questione viene riproposta anche all’articolo ventuno, quando Tokitaka, dopo aver discettato sui calcoli astronomici per stabilire quando inserire in calendario un mese intercalare, riporta il discorso astronomico sul piano morale: «Se tale principio di
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bilanciamento si attua tra cielo e terra, a maggior ragione dovrebbe essere valido tra gli uomini. […] Chi riflette attentamente sulle proprie azioni cercando un equilibrio tra servo e padrone, tra ciò che dà e ciò che riceve, avrà un futuro luminoso» (Ozawa 2003, p. 160). Ancora una volta si assiste a una transizione dal linguaggio descrittivo al linguaggio prescrittivo, volto a naturalizzare un comportamento culturalmente e socialmente normato. Il san’yō si accompagna a due concetti altrettanto fondamentali: quello di “razionalità” (ryōken 料簡) e “discernimento” (funbetsu 分別). Si tratta di parole chiave, più volte ripetute lungo il testo come a voler sottolinearne la trasversalità. Il monito alla moderazione, infatti, assurge a regola d’oro da applicare a qualunque tipo di mansione, pubblica o privata. All’articolo ventiquattro si legge: «Meditazione (zazen 座禅), concentrazione (kufū 工夫), Illuminazione (tokudō 得道), esame di coscienza (shuzan 修懺), raccoglimento (kannen 観 念): sono termini diversi ma tutti risultano da un atteggiamento di profonda riflessione. In ogni cosa è essenziale riflettere (shian 思案), ponderare (saikan 才鑒), cercare di mediare (chōhō 調法)» (Ozawa 2003, p. 164). Insomma, per discernere ciò che è giusto e sbagliato si rende necessario soppesare ogni aspetto della realtà e valutare il proprio agire attraverso uno specifico allenamento mentale, in qualche modo memore dell’aforisma confuciano: «Studiare 学 senza riflettere 思 è vano, riflettere senza studiare è pericoloso» (Dialoghi II, 15; Lippiello 2003, p. 15). Nel kakun di Tokitaka, questo sguardo introspettivo è definito con una panoplia di termini, perlopiù mutuati dallo Zen, che nel contesto di partenza identificano uno stato di profonda concentrazione, autocontrollo e comprensione del mondo. L’autore li presenta alla stregua di sinonimi, come se ogni pratica fosse ontologicamente riconducibile a un esercizio spirituale. In retrospettiva, anche la somma “Via del bunbu” appare il frutto di questo bilanciamento matematico, razionale, pragmaticamente orientato.
Dopotutto, la tendenza a ricondurre pratiche eteromorfe sotto l’egida di un principio unificatore sembra costituire un tratto distintivo della speculazione filosofica medievale, che
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postula una sorta di permeabilità epistemica tra le diverse Vie. Nel caso di Tokitaka, ciò si evince soprattutto dall’articolo sul renga:
Al sesto posto la poesia a catena. Si dice che comprendere la Via della poesia significhi comprendere tutte le Vie, e che per tutte le Vie (shodō 諸道) basti comprenderne una sola (ichidō 一道). Fin da quando cielo e terra hanno avuto origine, qualunque cosa risiede nella Via della poesia, dalla futura rinascita nella
Terra Pura19 agli insegnamenti di kami e Buddha. Anche chi non è portato dovrebbe
applicarsi con impegno. Nella solitudine della vecchiaia la poesia è fonte di conforto, permette di conoscere i luoghi celebri anche senza viaggiare, e la sua forza placa gli
spiriti invisibili all’occhio.20 È qualcosa di straordinario. (Ozawa 2003, p. 151)
Forse involontariamente, Tokitaka imbastisce un gioco di parole che esalta la poesia a catena come l’arte in grado di “connettere” (tsuranu 連ぬ), legare tra loro tutte le altre, nella convinzione che conoscere una Via significhi in qualche modo conoscerle tutte. Tale proprietà “commutativa” è resa possibile dalla presunta invarianza che contraddistingue i principî morali sottesi alle maestranze che l’autore elenca. La pratica del mondo in tutte le sue manifestazioni rappresenta quindi l’unica “Via maestra” per accedere alla verità ultima che l’autore proclama.
Come vedremo, questa moltitudine di pratiche e discorsi trovano un’ideale complanarità nella dimensione del linguaggio; uno spazio retorico in cui «il mondo, che si dà come oggetto di conoscenza a partire dal dominio della tekhnē, possa essere al contempo il luogo in cui si manifesta e in cui si mette alla prova il “se stessi” come soggetto etico della verità» (Foucault 2011, p. 435). Nel paragrafo successivo prenderò in considerazione alcuni esempi per osservare nel dettaglio come questa “presa di coscienza” del soggetto verso se stesso si
19 Questa perifrasi rende l’originale goshō zensho 後生善所, che nella cosmologia buddhista identifica la
dimensione ultraterrena in cui si dice possa rinascere solo chi abbia accumulato grandi meriti in vita.
20 Il termine onigami o kijin 鬼神 si riferisce in genere allo spirito dei morti, ma qui è usato per indicare
le forze sovrannaturali celate all’occhio umano. Il riferimento più plausibile è al kotodama, il potere magico-sacrale della parola celebrato nella prefazione del Kokinshū: «La poesia, senza ricorrere alla forza, muove il cielo e la terra, commuove perfino gli invisibili spiriti e divinità (me ni mienu onigami) […]» (Sagiyama 2000, p. 38).
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traduca nel kakun di Tokitaka – e non solo – in una autoaffermazione di eccellenza morale a sostegno di ragioni legittimanti l’uso del potere.
3.4 Cura di sé, impiego degli altri: istruzioni per l’uso