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nesi, Torino 2012, pp 308.

di Angelo Manitta «Nonostante tutto le opere d’arte esercitano su di me un effetto notevo- le, particolarmente nel campo della letteratura e della scultura, meno spes- so nella pittura. Per questo mi è capita- to, nella contemplazione di tali opere, di passare molto tempo davanti ad esse nel tentativo di conoscerle a modo mio, cioè di spiegare a me stesso a co- sa fosse dovuto il loro effetto». Questa espressione di Sigmund Freud tratta da “Il Mosè di Michelangelo” bene spie- ga come l’opera d’arte, sia essa lettera- ria o figurativa, nasconda dietro tutta una serie di enigmi interpretativi, la cui osservazione attenta e meticolosa può permettere una maggiore cono- scenza del suo autore, e nello stesso tempo una migliore conoscenza dell’a- nimo umano attraverso le sue reazioni emozionali. A questo ci ha pensato la critica psicoanalitica o psicoestetica, che volge lo sguardo proprio nel sub- conscio dell’autore. E sicuramente il volume di Carlo Di Lieto Psicoestetica

il piacere dell’analisi, si presenta co-

me uno dei più pregevoli volumi di critica di una tale corrente, meritevole di essere approfondito e attenzionato. Il critico cerca di mettere in evidenza quei processi di disagio interiore (che corrono tra conscio e inconscio) in cui l’autore viene a trovarsi, attraverso tut- ta una serie di saggi (pubblicati la più

parte su diverse riviste, ma ora disposti in una maniera più organica) che parto- no da Shakespeare e attraverso Leopar- di e Carducci giungono agli autori con- temporanei. L’analisi scaturisce proprio da quel “piacere preliminare” che as- sume i caratteri specifici di un’opera d’arte, nella quale l’autore esprime se stesso, ma in questa sua creatività il critico indaga il complesso fenomeno del rapporto tra universo psichico e realtà, attraverso un’attività compensa- toria del rapporto desiderio-emozione. Con Freud il rapporto tra lettera- tura e analisi psicoestetica o psicologi- ca dell’opera d’arte diventa approccio scientifico. Proprio su questa linea Carlo Di Lieto analizza alcune opere letterarie, siano esse narrative che poe- tiche o teatrali, ma è soprattutto dall’a- nalisi delle loro immagini, che assur- gono spesso a valore di simboli, a prendere le mosse il maggiore appro- fondimento critico. Un punto di par- tenza è L’interpretazione dei sogni di Freud. L’opera letteraria, vista ed ana- lizzata come un sogno, un lungo sogno da parte dell’autore, può evidenziare le profonde evoluzioni psichiche sia dell’autore che dei suoi personaggi. Infatti ai poeti e agli scrittori è con- cesso « quasi senza sforzo salvare dal gorgo delle emozioni le più profonde verità verso cui noi altri dobbiamo di- rigerci con fatica, annaspando inces- santemente in mezzo a incertezze tor- turanti». Il poeta si fa quindi mediatore tra le pulsioni interiori e il profondo significato dell’essere.

Il lavoro di Carlo Di Lieto, pun- tuale e attento, ma soprattutto ben do- cumentato per un’interpretazione inte- riore di un autore o di un personaggio, applica in maniera appropriata e senza forzature la critica psicanalitica alla letteratura, facendone di lui uno dei maggiori esperti in campo nazionale di tale corrente. Ma la cosa che desta maggiore attenzione è soprattutto l’in- teresse per la modernità. L’interpre- tazione della letteratura moderna aiuta anche a conoscere noi stessi, e soprat- tutto a saperci orientare nella selva complessa dei messaggi letterari. «Oggi, i più fini critici professionisti sono perfettamente consapevoli del fatto – scrive Sandro Gros-Pietro nella prefazione al volume – che il lettore rischia di non capire o quanto meno di ampiamente sottovalutare la comples- sità del messaggio moderno degli scrittori d’attualità, se non si attrezza a leggerli anche in chiave psicoanaliti- ca». E proprio in quest’analisi, Carlo Di Lieto si presenta tra i più «esperti ed affidabili». Ecco perché egli vuole evidenziare nell’introduzione che la sua «indagine, per così dire, parte dall’interno», assumendo la psicoana- lisi come punto di partenza, ma soprat- tutto vedendo come la critica moderna l’abbia utilizzata e proponendo un ri- scontro con i più significativi testi dei critici letterari che di essa si sono ser- viti, cosciente però che «la letteratura costituisce un’area ancora del tutto inesplorata, per sondare la psiche dell’uomo e della realtà: poeti artisti e

filosofi hanno, sia pure in modo con- fuso e asistematico, scandagliato la realtà profonda del cuore umano più di quanto non abbiano fatto gli studiosi della psiche». Ecco perché per il no- stro critico il testo letterario appare come un contenitore di «immagini de- formate di uno spettro infinito di pos- sibilità interpretative».

Il volume appare quindi come una carrellata di esegesi psicoestetica, tracciando le coordinate a partire dal

tempo ritrovato dell’amore carduccia-

no. Il rapporto d’amore con Lidia (cioè Carolina Cristofori) è vista non solo attraverso la ben nota lirica, Alla sta-

zione in una mattina d’autunno, in cui

viene descritta la sua partenza e quindi l’uggiosità del poeta, ma soprattutto attraverso le centinaia di lettere che i due innamorati si sono scambiate in poco meno di un decennio. Il desiderio di rivedere l’amata si fa forte. Il flusso e il riflusso del desiderio, oltre alle pulsioni interiori, evidenziano gli stati cangianti della rêverie, del sogno che viene poi sintetizzato in tutta la sua complessità nella lirica. L’analisi di Di Lieto evidenzia non solo il rapporto a due, ma anche quello con la moglie che, a conoscenza dei sentimenti del marito, offre una situazione di due doppi che «si reincontrano in un coin- volgimento affettivo, formando un in- nocente ménage à trois» (p. 33). Que- sto rapporto è visto chiaramente nei suoi risvolti psicologici ed inconsci, attraverso cui «l’autore proietta sem- pre l’immagine di sé e si sdoppia me-

diante gli effetti del rispecchiamento e della pulsione narcisistica» (p. 36), che segue sempre un’analisi dell’inconscio e delle sue leggi.

Tale analisi viene pure applicata a Leopardi, soprattutto ad alcuni tratti artistici dell’ultimo decennio, eviden- ziando il rapporto tra lui e il suo più stretto amico, quel Ranieri che nel “sodalizio” durante la vita, si manife- sta con un attaccamento ancora più morboso a tutto ciò che era appartenu- to al poeta, dopo la sua morte. Attra- verso le loro carte è possibile, afferma Di Lieto, definire il loro preciso profi- lo psicologico, «la continuità e la di- scontinuità delle idee e dei progetti dell’autore e di disvelare il ruolo del Leopardi, assunto al fianco del suo amico-sodale, delineandone la perso- nalità, gli interessi e le esperienze co- muni» (p. 44). Attraverso l’analisi di alcuni saggi leopardiani, tra cui quello di Mariano Luigi Patrizi, evidenzia come la doppia personalità del poeta ci riporta «ad un comportamento con- trassegnato da una sensibilità esagera- ta, da fissazioni che portano ad una attività combinatoria di una predispo- sizione degenerativa. L’idea fissa sfo- cia in una scrittura automatica, non fa- cilmente dominabile, associata all’a- trofia della volontà» (p. 51). In pratica l’amore per Fanny, il sodalizio con Ranieri e la sua malattia interiore han- no convinto Leopardi «ad intraprende- re un viaggio di esplorazione dentro di sé» (65), tanto che i suoi mali diventa- no spesso un’occasione di stimolo e un

formidabile strumento conoscitivo, con l’obiettivo, che è poi quello della psicanalisi, di ricercare le cause delle sue angosce e paure per avere consa- pevolezza di esse e quindi diminuire quella paura che ha di stesso.

Carlo Di Lieto si sofferma anche su numerosi autori contemporanei. Esamina così la produzione poetica di Giuseppe Bilotta, i cui processi del si- stema inconscio «sono atemporali, perché non sono alterati dal trascorrere del tempo e anche le coordinate dello spazio diventano un milieu quasi se- condario» (p. 89). Per Nicla Pandolfo afferma che il mistero delle origini «diventa l’unico vero richiamo alla vi- ta, la gioia della ricerca, una ragione profonda per non abbandonare tutto e per sempre» (p. 95). Nel capitolo “Dopo l’apocalisse, il tempo della poesia”, analizza invece la poesia di Domenico Cipriano e, soffermandosi su quelle liriche che riguardano il ter- remoto dell’Irpinia del 1980, costitui- sce un paragone con Leopardi. Qui vi è «una sorta di anamnesi dove il poeta cerca di dare una spiegazione alla na- tura matrigna, come nel leopardiano “fiore del deserto”, la sua poesia si collega così agli abissi della coscienza attraverso la memoria del tempo, fa- cendo scattare un processo di difesa che sospinge alla fuga da qualunque pericolo che incombe minaccioso. L’analisi psicoanalitica di un romanzo ci offre invece con l’autrice Maria Erminia Nappi, della quale viene esa- minato Il cesellatore della vita. In esso

i personaggi, che per il loro effetto di straniamento offrono messaggi di sag- gezza di umanità, appaiono quale in- carnazione di una civiltà al tramonto. «Vivere, in questa realtà, significa prendere coscienza dei valori positivi- tradizionali, studiare le risorse della terra, nella nuda forza delle cose, alle quali corrisponde l’accettazione della loro dinamica vitalità» (p. 116).

Dopo l’analisi di Luigi Fontanel- la, per cui il “pensare onirico” è il “pensare inconscio”, essendo il primo parallelo alla dimensione del reale, se- guendo l’idea di Freud nell’analisi del- la “Gradiva” di Jensen, Carlo Di Lieto pone l’attenzione su alcuni dei più af- fermati poeti contemporanei, tra cui Roberto Roversi, Giorgio Barberi Squarotti, Elio Pecora, Corrado Cala- brò, Ugo Piscopo e Ciro Vitiello, col- locati tutti in una collana dall’emble- matico e significativo titolo di “La rot- ta di Ulisse”. In questo contesto si fis- sa l’attenzione sul valore semantico della parola poetica, rilevando il “po- tere dell’immaginario reale”, come nella poesia di Giorgio Barberi Squa- rotti, dove la penetrazione nel labirinto dell’autoanalisi conduce ad una analisi esistenziale del proprio io. Mentre dal punto di vista esteriore l’analisi dell’o- pera di Roversi evidenzia il senso dell’appartenenza alla storia, attraver- so una poesia lacerata dall’affanno e dal dolore. Per Elio Pecora invece vie- ne messa in evidenza la «misura del gioco sconfinato nella triste soavità e la riflessione colloquiale che pervade

l’anima nel valore della vita che si ac- centra nello stupore della fantasia da- vanti al mondo » (C. Vitiello). Anche la poesia di Corrado Calabrò è vista in quest’ottica d’introspezione psicologi- ca, dove «le voci sincopate dell’inco- municabilità si riverberano nell’eco dell’amore interdetto e di una identità smarrita» (p. 157). In lui l’acqua di- venta elemento primordiale e perciò appare non solo quale segno della vita- lità della natura, ma pure del processo interiore dell’uomo, quando per Ugo Piscopo «la scelta dell’altrove non è mai casuale… perché si può rinvenire, nel profondo, un’attenzione critica e anticonvenzionale sulla contemporanei- tà, per orientarsi proficuamente nelle zone d’ombra del presente» (p. 159).

Una particolare attenzione è de- dicata alla monografia di Antonio Na- politano su Shakespeare e a quella dal titolo Leopardi a Napoli, in cui il criti- co ci offre un quadro esaustivo del- l’ultimo Leopardi. Nella prima mette in evidenza la foresta di simboli del- l’autore inglese in rapporto all’espan- sione psichica che lascia tracce indele- bili, facendo venire alla luce “attese emozionali”, nella seconda viene ana- lizzata l’ultima poesia leopardiana, in- sieme al mondo napoletano e ai suoi amici. Mentre per Laura Sagliocco e la sua poesia, il Di Lieto afferma che la poetessa «trasfonde le sensazioni più squisite e sottili, dentro un trapunto linguistico di eccezionale plasticità vi- talistica, creando fascinazioni inedite e stabilendo una tregua ideale con una

passione dirompente, dimentica del vitalismo istintivo» (p. 197). Particola- re attenzione infine è prestata nel capi- tolo “L’universo dentro di noi e le co- stellazioni dell’anima” alla poesia di Angelo Manitta e ad uno dei volumi,

La via dello Zodiaco I, che fanno parte

del più ampio e vasto poema Big

Bang. «Il canto di questo poeta è dato

da una spinta propulsiva, che parte dal un mileu storico o da un personaggio letterario e, per cerchi concentrici, se- gue la scia dell’Infinito, lungo il ver- sante di un pensiero emozionale dal- l’intensa valenza psicologica» (p. 203). In quest’opera vengono tessuti «legami associativi, simboli, metafore, rinvii di forte rilevanza stilistica» men- tre «il poeta è alla ricerca dell’assoluto naturale e dell’infinito» (207).

L’ampio saggio di Carlo Di Lieto si conclude con un capitolo dal titolo “Ricognizioni di esegesi psicoanaliti- ca, retrospettiva (1974-2004)”, in cui l’autore fa una retrospettiva di studi e indagini che vogliono essere un’acuta ed accurata ricognizione di un trenten- nio, attraverso recensioni, note, saggi brevi che vogliono convalidare, of- frendone i riscontri, il rapporto tra Let- teratura e Psicoanalisi. In questo con- testo l’opera di Carlo di Lieto, sintesi di un ampio e lungo percorso critico, certamente non giunto alla fine, fa il punto della situazione di una serie e complessa attività di indagine psicoa- nalitica, che pone da una parte il criti- co di fronte all’autore nella sua analisi introspettive e dall’altra il poeta di

fronte all’interpretazione della propria opera, con l’obiettivo in buona parte raggiunto di una maggiore conoscenza del proprio intimo e del percorso della mente umana alla ricerca delle proprie emozioni. Il poeta si presenta così quale mediatore tra l’opacità delle pul- sioni e “il filtro della vita”, concen- trando nei simboli il significato pro- fondo dell’essere dell’ “interno paese straniero”. Per tutto questo bisogna ringraziare Carlo Di Lieto che, con il suo acume critico e la sua analisi, ha permesso una maggiore e più appro- fondita conoscenza dei poeti e soprat- tutto ha offerto spesso anche ai poeti viventi la possibilità di conoscere me- glio la propria interiorità. (Angelo Ma-

nitta)