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Le nuove disposizioni concernenti il reddito di impresa conse-

LA FINANZA COME STRUMENTO DI AZIONE DEI POTERI PUBBLICI (*)

D) Le emissioni estere di titoli pubblici italiani conservano il

3. Le nuove disposizioni concernenti il reddito di impresa conse-

conse-guito nell'ambito del fallimento: considerazioni generali.

Volgiamo ora la nostra attenzione alle disposizioni contenute nel 2° e 3° comma dell'art. 125 concernenti la disciplina del reddito d'impresa conseguito nell'espletamento della procedura concorsuale.

In particolare il 2° comma prevede che il reddito d'impresa re-lativo al periodo compreso fra l'inizio e la chiusura del procedimen-to concorsuale, quale che sia la durata di quesprocedimen-to ed anche se vi è stato esercizio provvisorio, è costituito dalla differenza fra il resi-duo attivo e il patrimonio netto dell'impresa o della società all'inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente ricono-sciuti. Il 3° comma dispone inoltre che per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice tale dif-ferenza è diminuita dei corrispettivi delle cessioni di beni personali dell'imprenditore o dei soci compresi nel fallimento o nella liquida-zione ed è aumentata dei debiti personali dell'imprenditore o dei soci pagati dal curatore o dal commissario liquidatore. Lo stesso 3° comma chiarisce che ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche il reddito che ne risulta, al netto dell'imposta locale sui red-diti, è imputato all'imprenditore, ai familiari partecipanti all'impre-sa o ai soci nel periodo di imposta in cui si è chiuso il procedimento e che se questo si chiude in perdita si applicano le disposizioni del-l'art. 8. Infine, la medesima norma precisa che per i redditi relativi ai beni e diritti non compresi nel fallimento a norma dell'art. 46 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, restano fermi, in ciascun periodo di im-posta, gli obblighi tributari dell'imprenditore o dei soci.

Nelle nuove disposizioni si trova dunque riconosciuto:

a) che la procedura concorsuale produce un reddito

d'impre-sa, dalla stessa norma espressamente qualificato in tali termini, e costituisce un unico (maxi) periodo d'imposta;

b) che tale reddito resta ad ogni effetto di titolarità dell'im-prenditore (oppure, a seconda dei casi, degli altri partecipanti all'impresa familiare, dei soci delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, delle società di capitale).

Quanto in particolare al primo profilo, l'impostazione consa-crata dal testo unico, peraltro già chiaramente desumibile dalle norme del D.P.R. n. 597/1973, si allinea sul piano civilistico con l'orientamento che ravvisa nella procedura concorsuale una fase, seppur speciale, di liquidazione dell'impresa, onde la persistenza di

quest'ultima durante l'espletamento di detta procedura (16); fiscal-mente la prosecuzione del regime impositivo dell'impresa nella fase di liquidazione concorsuale sembrerebbe riannodarsi all'esigenza di compiutezza e chiusura del ciclo reddituale tramite l'unitaria defi-nizione delle varie componenti, attive e negative, concorrenti alla formazione del reddito, alla stregua delle regole proprie dello stesso.

Tuttavia, quando si passa ad esaminare più da vicino la spe-ciale disciplina approntata nel 2° comma dell'art. 125 per la deter-minazione del reddito in questione, essa (disciplina) si appalesa alla fine nient'affatto coerente con quest'ultimo ordine di premesse.

Infatti, la norma citata stabilisce che il reddito relativo al pe-riodo concorsuale è costituito dalla differenza tra il reddito attivo e il patrimonio netto dell'impresa o società, determinato all'inizio del procedimento sulla base dei valori fiscalmente riconosciuti; e ciò anche se vi è stato esercizio provvisorio dell'impresa.

L'emersione di un reddito di impresa tassabile resta così anco-rata alla sussistenza di un'eventuale eccedenza dopo il riparto fina-le delfina-le somme ottenute attraverso la liquidazione delfina-le attività, ta-le essendo l'unico significato attribuibita-le alla nozione di residuo at-tivo; ma poiché questa è solo un'ipotesi di scuola, presupponendo che il fallimento sia dipeso dalla mera carenza di liquidità del debi-tore, la reale conseguenza è che con il testo unico scompare dalle procedure concorsuali il prelievo sul reddito d'impresa. Più esatta-mente, le disposizioni in esame mostrano di considerare la proce-dura concorsuale benché non priva di rilevanza reddituale insu-scettibile tuttavia, nel suo fisiologico andamento — destinato a chiudersi con un saldo negativo — di produrre ricchezza imponibi-le. Viene ad essere in tal modo capovolto il principio, lentamente sedimentatosi nel tempo, dell'imposizione sul reddito d'impresa re-lativo al periodo fallimentare secondo le regole ordinarie di deter-minazione di tale reddito; ciò, quindi, senza nessuna frattura ri-spetto al pregresso regime fiscale dell'impresa e con la scontata conseguenza, dovuta proprio all'applicazione di tali regole, che il

(16) L'orientamento è illustrato e condiviso da FALSITTA, La tassazione

delle plusvalenze nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, cit., 504 ss.,

cui si rinvia per i riferimenti. La giurisprudenza ha avuto occasione di suffragare la validità di questo orientamento: cfr., ad es., Cass., 14 gennaio 1982, n. 230, in

conseguimento di un reddito tassabile possa non corrispondere ad un risultato di segno attivo della liquidazione concorsuale.

D'altro canto, se l'obiettivo del testo unico fosse stato soltanto quello di approntare una misura di favore nell'interesse del debito-re e soprattutto della stessa esecuzione concorsuale, circoscrivendo la pretesa impositiva entro i margini di un improbabile residuo atti-vo della procedura, le norme di cui ci stiamo occupando avrebbero potuto avere un contenuto diverso e più semplice; in particolare sa-rebbe stato sufficiente, ferma la quantificazione del reddito d'im-presa alla stregua dei principi propri di questa categoria e nella continuità dei valori e degli elementi fiscalmente rilevati nei prece-denti esercizi, escludere la responsabilità del soggetto passivo in ordine al debito d'imposta correlato a detto reddito nella parte ec-cedente l'avanzo dell'esecuzione concorsuale. Viceversa, il legisla-tore prende in considerazione il risultato finale di detta esecuzione ai fini di una determinazione del reddito concorsuale su basi pletamente diverse, non solo assumendolo quale parametro di com-misurazione del reddito imponibile, in caso di residuo attivo, ma anche, correlativamente, attribuendovi natura di perdita fiscalmen-te deducibile quando sia di segno negativo (si veda in proposito l'e-splicita norma contenuta nel 3° comma).

Il testo unico sembra dunque muovere dalla premessa che lo scarto fra il passivo reale dell'impresa, così come accertato dalla procedura e quello riconosciuto ai fini fiscali (scarto destinato a ri-percuotersi sulla determinazione del reddito finale dell'impresa e causa principale, in passato, dell'emersione di un imponibile pur in presenza di un saldo negativo) sia da superare tout court, eliminan-do di fatto ogni riferimento al seconeliminan-do.

Senonché, il divario fra le passività deducibili e quelle reali può attenere a spese ed oneri di cui le norme sul reddito di impresa escludono la detraibilità in ragione della loro natura; inoltre, il di-vario stesso può essere conseguenza della circostanza che determi-nate componenti negative hanno già concorso, in precedenti periodi d'imposta, alla formazione di perdite delle quali non è dato tuttavia tener conto perché già utilizzate in compensazione di altri redditi (per le persone fisiche ed ai sensi dell'art. 8 del testo unico) o del reddito di impresa degli esercizi successivi (per i soggetti Irpeg).

Nelle ipotesi fatte, la sostituzione del deficit fiscalmente rile-vante con il passivo della procedura resta dunque una seria incon-gruenza.