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Le nuove leve dell’imprenditoria culturale: giovani, donne e stranier

15,3% dell’economia nazionale

3.1 I numeri della Cultura

3.1.4 Le nuove leve dell’imprenditoria culturale: giovani, donne e stranier

Per comprendere appieno il fenomeno delle imprese culturali nel Paese è importante poter accedere ad alcune informazioni che, ormai da tempo, sono rese disponibili ed elaborabili dal Sistema camerale, e che forniscono materiale per approfondire e arricchire il bagaglio di conoscenza della struttura produtti- va della cultura italiana.

Il sistema imprenditoriale italiano, infatti, attraversa un momento di profonda ridefinizione, con le com- ponenti più tradizionali in evidente difficoltà, e parzialmente sostituite da nuovi strati sociali che si affac- ciano con sempre maggiore convinzione nel mondo dell’imprenditoria. Nello specifico riferimento a gio- vani, donne e stranieri, quanto appena affermato appare evidente, il che spinge a dedicare un momento di riflessione a queste nuove leve dell’imprenditoria e al ruolo che attualmente svolgono nel panorama produttivo culturale.

In riferimento alle imprese giovanili, è importante fin da subito ricordare come il “fare impresa” sia influenzato da due leve contrastanti, la prima relativa alla maggior innovatività che normalmente carat- terizza questa particolare tipologia di imprese, la seconda collegabile alla carenza di lavoro, che spinge ampi strati della popolazione under 35 all’autoimpiego, a prescindere dalla presenza o meno di un pro- getto imprenditoriale vincente, con evidenti ripercussioni sul tasso di sopravvivenza specifico.

Le imprese giovanili sono quelle ditte individuali con un titolare under 35 o società di persone in cui oltre la metà dei soci abbiano un’età inferiore ai 35 anni, oppure società di capitale in cui la media dell’età dei soci e degli amministratori risulta inferiore a tale limite d’età. Al 2013, esse erano pari a circa 29 mila unità all’interno dei settori che compongono la filiera culturale. Un tessuto che si è ristretto rispetto alle oltre 35mila registrate l’anno precedente, per via di una maggior fragilità che spesso interessa questa tipologia di impresa e di imprenditori.

Le imprese giovanili del sistema cultura rappresentano il 6,6% del sistema produttivo culturale italiano. All’interno della filiera, emerge una connotazione prevalentemente creativa (54,5%), fortemente con- centrata su produzione di beni e servizi creative driven. Circa un terzo di imprese del sistema produttivo giovanile culturale in Italia composto da industrie culturali, per oltre il 50% delle quali si tratta di video- giochi e software e una buona componente da libri e stampa. Meno interesse da parte dei giovani è stato mostrato invece per il settore del performing arts e arti visive che incidono per appena il 12% sul totale delle imprese culturali. Assolutamente marginale è, invece, il ruolo del comparto del patrimonio storico e artistico (0,2%).

Io Sono Cultura – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi – Rapporto 2014 74

Imprese giovanili registrate del sistema produttivo culturale in Italia, per settore

Anno 2013 (valori assoluti e composizioni percentuali)

Settori Imprese registrate

Valori assoluti Distribuzione %

Industrie creative 15.855 54,5

Architettura 455 1,6 Comunicazione e branding 3.821 13,1

Design 2.904 10,0

Produzione di beni e servizi

creative driven 8.675 29,8

Industrie culturali 9.566 32,9

Film, video, radio-tv 866 3,0 Videogiochi e software 5.024 17,3

Musica 269 0,9

Libri e stampa 3407 11,7

Performing arts e arti visive 3637 12,5

Rappresentazioni artistiche, intrattenimento, convegni e fiere

3637 12,5

Patrimonio storico-artistico 48 0,2

Musei, biblioteche, archivi e gestione di luoghi e monumenti storici

48 0,2

TOTALE 29.105 100,0

* Imprese giovanili da Registro delle Imprese, quindi al netto degli architetti liberi professionisti. Fonte: elaborazioni su dati Unioncamere-InfoCamere

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La distribuzione territoriale di tali imprese rilascia una immagine chiara di una forte localizzazione nel Mezzogiorno (34%). Questo fenomeno è facilmente comprensibile se si pensa alle difficili condizioni in cui quest’area del Paese versa in termini di occupazione. Un mercato del lavoro non inclusivo, soprattutto per i giovani può spingere questi a dover cercare soluzioni occupazionali in modo autonomo, utilizzando anche incentivi e fondi talvolta messi a disposizione dallo Stato in favore proprio delle categorie più a rischio di esclusione.

Se analizziamo l’incidenza delle imprese giovanili sul totale delle imprese culturali, i risultati cambiano: il primato dell’incidenza delle imprese giovanili culturali sul sistema culturale è detenuto prevalentemente dalle regioni del Mezzogiorno e in particolare da Calabria (9,6%), Molise (9,2%), Puglia (8,8%) e Sicilia (8,4%).

Se le imprese giovanili trovano qualche difficoltà con il prolungarsi della crisi, altrettanto non può dirsi per la componente femminile del “fare impresa” in Italia e nella filiera culturale. Per impresa femminile si intende la ditta individuale il cui titolare sia donna, la società di persone in cui oltre il 50% dei soci sia donna oppure le società di capitali in cui la maggioranza del capitale sia detenuto da donne.

Le difficoltà che le donne riscontrano nel mercato del lavoro rappresentano spesso la criticità che si trasforma in opportunità e tramuta una donna in un’imprenditrice. A ciò si aggiungono le agevolazioni che lo stato, occasionalmente, fornisce alle imprese gestite da donne a cui si aggiunge la predisposizione alla creatività e la cultura del genere femminile. Con queste premesse si spiegano i numeri dell’impren- ditoria femminile culturale: 67.241 imprese iscritte nel registro camerale al 31 dicembre 2013, ovvero il 15% delle imprese culturali totali. Un leggero calo rispetto allo scorso anno che denota, oltre alla difficile situazione economica generale del Paese, una minore attenzione in termini di politiche mirate verso questa categoria67.

Le circa 67 mila imprese femminili legate alla cultura si concentrano prevalentemente (56%) nelle attività produttive ad alto contenuto creativo, ed in particolare le attività più orientate alla produzione di beni e/o servizi (36,8%).

67 Una recente indagine realizzata da Unioncamere ha descritto l’identikit dell’imprenditrice donna: diplomata o laureata, tra i 35 ed i 40 anni, casalinga, impiegata o quadro in una azienda. Ma ciò che emerge dall’analisi dei dati e connota l’imprenditoriafemmini- le culturale rispetto a quella più generale è unadifferenza in termini di concentrazione. Le imprese culturali femminili si distribuisco- no in modo più diffuso sul territorioitaliano, questo a indicare una vocazione alla cultura e più fortedella necessità di entrare a far parte del mercato del lavoro.

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Imprese femminili registrate del sistema produttivo culturale in Italia, per settore

Anno 2013 (valori assoluti e composizioni percentuali)

Settori Imprese registrate

Valori assoluti* Distribuzione %

Industrie creative 37.755 56,1

Architettura 1.442 2,1

Comunicazione e branding 7.836 11,7

Design 3.697 5,5

Produzione di beni e servizi creative driven 24.780 36,8

Industrie culturali 21.504 32,0

Film, video, radio-tv 1.751 2,6 Videogiochi e software 6.672 9,9

Musica 417 0,6

Libri e stampa 12.663 18,8

Performing arts e arti visive 7.692 11,4

Rappresentazioni artistiche, intrattenimento, convegni e fiere 7.692 11,4

Patrimonio storico-artistico 290 0,4

Musei, biblioteche, archivi e gestione di luoghi e monumenti

storici 290 0,4

TOTALE 67.241 100,0

* Imprese femminili da Registro delle Imprese, quindi al netto degli architetti liberi professionisti. Fonte: elaborazioni su dati Unioncamere-InfoCamere

Le imprese comprendenti le attività collegate all’industria culturale incidono per il 32,0%, e tra queste spicca il ruolo dell’editoria: libri e stampa incidono per il 18,8%.

Un ruolo minoritario (11,4%) è invece svolto da tutte quelle attività che, per la loro natura, non si pre- stano a un modello di organizzazione di tipo industriale, o perché hanno a che fare con beni intenzional- mente non riproducibili (le arti visive), o perché hanno a che fare con eventi dal vivo che possono essere

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fruiti soltanto attraverso una partecipazione diretta.

Nel Nord Ovest e nel Mezzogiorno si registra la stessa incidenza (rispettivamente il 27,9% e il 27,4%) di imprese del sistema produttivo femminile culturale con circa 18 mila aziende femminili che operano per ciascuna area. Ma sono la Lombardia, con circa 11 mila aziende e il Lazio con circa 8 mila, le regioni con il maggior numero di aziende culturali gestite da donne. Mettendo in relazione il numero di imprese cul- turali femminili sul totale delle imprese culturali, emerge il Centro come area prevalente (16,5%), spinto dalla Toscana (17,5%), l’Umbria (17,4%) e le Marche (17,4%) che riportano valori al di sopra della media dell’area di riferimento.

La graduatoria provinciale ben disegna l’eterogeneità della localizzazione territoriale delle imprese cul- turali femminili, per le quali è giusto sottolineare che la variabile che discrimina non è il territorio. Si connota, dunque, un quadro ben definito in cui è proprio l’interesse per la cultura e la creatività il fattore che determina la spinta all’apertura di una azienda.

In prima posizione ancora una volta si colloca la provincia di Prato che, insieme a Teramo, ha una inci- denza di imprese culturali femminili pari a circa il 20%. Oltre a Prato, la regione Toscana è presente nella classifica con Firenze e Arezzo (rispettivamente all’8° e al 9° posto), mentre la Sardegna occupa cinque delle prime dieci posizioni, rispettivamente con Nuoro, Olbia Tempio, Medio Campidano, Sassari, e Car- bonia Iglesias.

Infine, tra le diverse tipologie di imprenditoria, una che sembra avere un andamento anticiclico rispetto alla crisi economica è quella degli stranieri. Per imprese straniere si intendono quelle ditte individuali il cui titolare è nato all’estero, nonché le società di persone in cui oltre il 50% dei soci è nato all’estero oppure le società di capitali in cui la maggioranza del capitale sia detenuto da persone nate all’estero. In questo gruppo non rientrano i liberi professionisti non iscritti agli albi.

Mossi prevalentemente dal desiderio di trovare un lavoro ed una vita migliore, spesso gli stranieri ini- ziano la loro carriera lavorativa in Italia occupando le posizioni più umili del mercato del lavoro, tuttavia, sempre più spesso decidono invece di affrontare l’avventura del lavoro autonomo e dell’imprenditoria conseguendo dei buoni risultati. Le imprese straniere della cultura registrate nei registri camerali al 31 dicembre 2013 erano oltre 16 mila, corrispondenti al 3,8% del totale delle imprese del sistema produt- tivo culturale italiano. Anche per il 2013, il profilo settoriale delle imprese culturali straniere si orienta prevalentemente verso le industrie creative (70,7%). Di contro, inferiore è il peso delle industrie culturali (20,8%), distribuite tra videogiochi (10%) e editoria (8,2%).

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Imprese straniere registrate nel sistema produttivo culturale italiano per settore

Anno 2013 (valori assoluti e composizioni percentuali)

Settori Imprese registrate

Valori assoluti Distribuzione %

Industrie creative 11.767 70,7

Architettura 218 1,3

Comunicazione e branding 1.671 10,0

Design 630 3,8

Produzione di beni e servizi creative driven 9.247 55,6

Industrie culturali 3.458 20,8

Film, video, radio-tv 352 2,1 Videogiochi e software 1.663 10,0

Musica 77 0,5

Libri e stampa 1.366 8,2

Performing arts e arti visive 1.401 8,4

Rappresentazioni artistiche, intrattenimento, convegni e

fiere 1.401 8,4

Patrimonio storico-artistico 15 0,1

Musei, biblioteche, archivi e gestione di luoghi e

monumenti storici 15 0,1

TOTALE 16.641 100,0

* Imprese straniere da Registro delle Imprese, quindi al netto degli architetti liberi professionisti.

Fonte: elaborazioni su dati Unioncamere-InfoCamere

Se per le imprese straniere in generale, la concentrazione maggiore si ha nell’area del Nord dove il costo del denaro è più basso ed è più facile aprire una azienda, le imprese della cultura sono un caso a parte e si concentrano in prevalenza nell’area centrale (39,2%), dove Toscana (17,8%) e Lazio (17,5%) sono le regioni che registrano la maggiore incidenza. Per quanto riguarda l’area settentrionale, la Lombardia da

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sola con circa 3 mila aziende incide per il 19,4%.

Volendo fare una classifica delle prime dieci province italiane in base all’incidenza delle imprese registra- te del sistema produttivo straniero culturale sul totale delle imprese del sistema produttivo culturale, si conferma la prevalenza delle province toscane presenti al 1°, 2° e 4° posto con Firenze, Prato e Arezzo. Spiccano però ai primi posti anche le grandi città come Roma, 5° in classifica e Milano all’8° posto.