10. Per quanto, forse, la soluzione prospettata dal Progetto Bozzi si presenti più semplice di altre pur ipotizzabili, essa non sem
2.2.6. Occorre tuttavia tenere presente che, sino ad ora, non esiste nessuna teoria capace di una spiegazione generale dell’oligo
polio e che, molto probabilmente, una tale « teoria generale » non può sussistere (11). Molti modelli di oligopolio perciò, anziché come alternativi, possono essere considerati come complementari.
Nello stesso tempo, il modello del B ., con l ’efficacia stimolante delle sue caratteristiche rivoluzionarie, può costituire probabilmente un utile punto di partenza per la elaborazione di schemi più com plessi e più raffinati (12).
Dopo avere tentato di avanzare delle riserve e delle critiche è dunque opportuno rivolgere l ’attenzione agli aspetti nei quali lo sche ma del B. sembra presentare particolare efficacia come strumento di interpretazione dei mercati oligopolistici della nostra epoca.
2.3.1.1. Innanzitutto un elemento positivo del modello del B. ci sembra consistere nella sintesi che esso opera fra i confliggenti in lev ressi dei vari gruppi che, per una via o per l ’ altra, partecipano allei decisioni dell’ impresa. In parecchi modelli di oligopolio, l ’ imprendi-j tore è concepito come un soggetto singolo, ben individuato. Ma, come è stato osservato, generalmente, la realtà nelle grosse imprese con temporanee è molto più complessa ; le decisioni dell’impresa sono il risultato di forze differenti che hanno vari interessi in essa (13) : gli
(10) Lo studio del Ro berts sopra cit. esibisce risultanze che fanno pre sumere sia una relazione fra volume delle vendite dell’impresa e livello del compenso dei dirigenti di questa e sia fra volume dei profitti e livello di tali
compensi. Il Pa t t o x, Current Practices in Executive Compensation, Howard
Business Review, 1951, pagg. 56-61, sottolinea la relazione fra volume dei pro
fitti dell’impresa e compensi dei dirigenti.
(11) Cfr. R. Ro t s c h i l d, Price Theory and Oligopoly, Economie Journal,
1947, 299-320.
(12) In q u e s t o s e n s o , a d e s e m p i o , s i e s p r i m e i l Fe l l n e r, Baumol’s New Approach to thè. Theory of thè Firm, Kyklos, 1960, 110-112.
(13) Cfr., per es., St e v e, Appunti sulla società per azioni nella teoria finanziaria, in questa Riv., 1957, pag. 433-4; H. Le i b e n s t e i n, Economie Theory and Organization Analysis, Harper & Brothers, New York, 1960, spec. capi
amministratori delegati, gli azionisti che detengono il pacchetto di controllo, il largo pubblico degli azionisti, gli obbligazionisti, le ban che, i dirigenti stipendiati e i tecnici addetti alle varie mansioni (pro duzione, vendite, sviluppo etc.) ed ai vari stabilimenti controllati dal gruppo, le maestranze.
2.3.1.2. Il modello del B. essendo fondato su due motivi fra di loro in contrasto : profitti ed incassi, si presta a tenere conto di questa realtà confliggente e complessa meglio che non altri modelli che si fon dano su di un solo obbiettivo e che si riferiscono ad un unico centro di decisioni.
~-j ^' obbiettivo della salvaguardia di un certo livello minimo di pro fitto, considerato dal B ., può rappresentare da un lato il riconosci mento degli interessi del largo pubblico degli azionisti e dei creditori della società (ai quali stanno a cuore i guadagni delPimpresa e la sua solvibilità), dall’altro lato, entro certi limiti almeno, può sod disfare i desideri di quei dirigenti che sono interessati allo sviluppo dell ente e che perciò si preoccupano dei fondi per l ’ espansione.
L ’obbiettivo dell’aumento del volume attuale degli affari può rap presentare da un lato le esigenze dell’intero complesso dei dipendenti dell’impresa (che in un aumento globale dell’attività di essa trovano una possibilità immediata di miglioramento nella carriera e nella retribuzione ed un accrescimento della loro forza contrattuale) e dal l ’altro le esigenze degli uffici addetti alla promozione delle vendite e delle banche che forniscono il denaro per le operazioni a breve ed a brevissimo termine.
2.3.2.1. Alcune critiche recentemente avanzate nei confronti del modello del B. sembrano non tenere conto della capacità che esso ha di spiegare la condotta di imprese che, come i giganti oligopolistici moderni, ubbidiscono a motivazioni fra loro diverse e contrastanti. F. M. Fisher, ad esempio (11), ritiene che l ’ipotesi di una condotta diretta a massimizzare i profitti di breve periodo con il vincolo della conservazione di una certa quota minima del mercato sia più plau sibile di quella del B. perchè più razionale; questo nuovo tipo di condotta infatti si potrebbe giustificare con la preoccupazione di sal vaguardare i profitti di lungo periodo, che dipendono anche dal vo lume relativo delle vendite dell’impresa.
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2.3.2.2. Ora il tentativo che il B. ha cercato di compiere con il suo modello è quello di spiegare il comportamento delle imprese non in termini esclusivi di sola massimizzazione dei profitti, di breve o di lungo andare, ma in termini più complessi. L ’ espansione delle ven dite, per il B. non è un mezzo ver l’ aumento dei profitti di lungo an dare dell’impresa ma è un mezzo per l’ affermazione degli imprenditori, e dei dirigenti. N on mi sembra che vi siano ragioni per affermare che l ’ipotesi di una condotta di certi dirigenti motivata più dal desiderio di espansione dell’ impresa che dal desiderio di massimizzarne i pro fitti sia meno razionale di quella opposta. Ovviamente, anche gli azio nisti hanno una certa influenza sulle decisioni dell’impresa: e poiché a molti di essi sta a cuore puramente il massimo tasso di profitto (di lungo o di breve andare), il risultato sarà influenzato da questo inte resse. Ma lo schema del B. con la sua struttura dualistica, è in grado di tenere conto di questo complesso di forze.
2.3.2.3. 11 modello del B. e quello adombrato dal Fisher potreb bero eventualmente apparire come due casi particolari di uno schema dualistico più generale: nel primo caso l ’ interesse delle maestranze e dei dirigenti che si preoccupano delle vendite prevale su quello di molti degli azionisti ai profitti, nell’altro si verifica l'inverso; nel primo caso perciò sono i profitti minimi che operano come vincolo al conseguimento del massimo di vendite ; nell’altro è la quota minima di vendite che agisce come vincolo al perseguimento del massimo pro fitto.
2.3.3.1. Un altro aspetto interessante del modello del B . con siste nella notevole somiglianza fra esso e gli schemi di comporta mento che, mediante la regolamentazione pubblica, vengono prescritti per le imprese cosiddette di « pubblica utilità » (ferrovie, trasporti urbani, aziende elettriche, del gas, telefoniche, etc.) negli Stati Uniti. Il livello delle tariffe delle .<< public Utilities » viene fissato dalle com missioni federali e statali di controllo ad un livello tale da consentire, oltre alla copertura delle spese di esercizio e degli ammortamenti eco nomici, un margine che permetta di remunerare, secondo una certa percentuale, il capitale investito nell’ impresa. A sua volta tale per centuale viene stabilita in misura sufficiente per pagare gli interessi sui prestiti e per dare un compenso soddisfacente agli azionisti. Il concetto di compenso soddisfacente viene posto in funzione, da un lato, dall’esigenza di non perpetrare un’ingiustizia a danno di coloro
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die hanno comprato azioni della « public utility » remunerandoli in misura inferiore al tasso di interesse corrente e dall'altro lato dal- l ’esìgenza di fornire un allettamento soddisfacente per il colloca mento del capitale che si reputa necessario in vista delle prospet tive di espansione dell’impresa (15). Poiché l ’ obbiettivo di estendere il servizio a nuovi utenti, specialmente in una fase di urbanizzazione e rapido incremento della popolazione come quella attuale degli U S A , è molto importante, la spinta all’ espansione spesso è forte e per manente.
2.3.3.2. La somiglianza fra il livello del profitto minimo del B. e il tasso di remunerazione soddisfacente, che viene stabilito per le « public utilies » è notevole. Altrettanto notevole appare la somi glianza fra il problema dell’ oligopolista del B ., di conciliare l ’obbiet- tivo dell’aumento delle vendite attuali con l ’obbiettivo dell’ espan sione delle vendite future e il problema del controllore della « public utility » di conciliare la tutela dell’interesse del consumatore attuale (ciò che porta ad abbassare il prezzo ed espandere i consumi presenti) con quella dell’interesse di potenziali consumatori futuri (ciò che porta ad alzare il prezzo e restringere il consumo presente per finanziare l’ampliamento del servizio).
2.3.3.3. Delle differenze fra i due schemi di condotta natural mente esistono. Innanzitutto un diverso campo di manovra è attri buito alla pubblicità nell’ uno e nell’altro modello : l ’ oligopolista del B. può impiegare la pubblicità anche per sostenere il prezzo ; la « public utility », se il controllo su di essa è efficace, può usarla -solo per ampliare le vendite, ai prezzi assegnati.
Inoltre la discriminazione dei prezzi, gli standard di qualità, la scelta dei nuovi investimenti e l ’abbandono di vecchie iniziative, nel caso delle « public Utilities » possono ubbidire a criteri differenti (16) da quelli seguiti da una impresa che non è soggetta a controllo per ragioni di pubblico interesse e che persegue il massimo ricavo col vin colo del profitto minimo.
(15) Dopo la decisione della Suprema Corte, nel 1942, nel caso Federai
Power Commission versus Hope Naturai Gas Co. Teniasi sembra essersi spo
stata sul requisito di fornire un profitto sufficiente per finanziare l ’espansione. Cfr. E. Tr o x t e l, Economics of Public Utilities, Rinehart & Co. Ine., New
York. 1947) cap. XVII-XIX; C. Wi l c o x, Public Policies Toward Business, Irwin.
Homewood, Illinois, 1960, cap. 20. (1C) Cfr. op. cit. a nota 15, ivi.
2.3.3.4. Ma queste differenze di criteri sembrano notevolmente minori nei confronti dell’oligopolista che si comporta secondo lo schema del B . che nei confronti di quello che massimizza i profitti. Chi è motivato solo dal massimo profitto sarà molto riluttante a compiere un nuovo investimento i cui ricavi si prevedono molto aiti, ma i profitti quasi nulli ; od a tenere in vita una linea di produzione che contribui sce ai ricavi, ma dà profitti marginali negativi. Nel discriminare i prezzi, chi persegue il massimo profitto, adotterà il sistema di tariffe più profittevole anche se altri sistemi di tariffe alternative permettono ricavi maggiori.
L ’impresa di pubblica utilità e l ’oligopolista del B. invece saranno più favorevoli alla effettuazione di quegli investimenti a basso pro fitto, più disposti a mantenere in funzione quelle linee di produzione in perdita, più restii a rinunciare a questi sistemi di discriminazione che consentono maggiori ricavi.
I l i
3 .0 . 1. Esaminiano ora le conseguenze del modello del B. per la teoria degli effetti delle imposte dirette. Questa indagine ci sembra interessante, anche perchè, come s’è visto, il modello del B. sembra molto vicino agli schemi di condotta delle « public Utilities ». Esso può quindi fornire la via per indagare i problemi degli effetti delle imposte dirette per le imprese soggette a pubblico controllo : un argo mento che, sino ad ora, per quel che ci consta, non è stato gran che esplorato.
3 .0 . 2. 11 B. si sofferma sullo studio delle imposte di somma fissa. L ’ indagine di ciò che accade nel caso più semplice dell’ imposta fissa è importante, sebbene in pratica le vere imposte fisse siano molto rare, poiché questa ricerca può fornire elementi utili all’indagine della traslazione di altre imposte, a struttura più complessa. Le imposte sul capitale, innanzitutto, nel breve periodo, appaiono molto simili a imposte fisse. Ma anche per lo studio delle imposte sui profitti, l ’inda gine degli effetti delle imposte fisse è rilevante : infatti, se si può dimo strare — come il B. fa — che l ’ imposta fissa (che notoriamente non altera il punto di incontro fra costi marginali e ricavi marginali) si trasferisce, sarà spesso « a fortiori » possibile (17) ottenere questa conclusione per le imposte sui profitti.
Anche la dimostrazione, che noi tenteremo, che in certi impor tanti casi, nel modello del B. l’ imposta fissa non produce rialzi di
prezzi e diminuzione di produzione, e che, in altri, essa può generare addirittura riduzioni di prezzi ed aumenti di produzione — come si vedrà —- si può prestare spesso a facili estensioni ad altre imposte dirette, più complesse.
3.1.1. In primo luogo, se tutte le imprese oligopolistiche con