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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1961, Anno 20, n.3, settembre

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SETTEMBRE 1961 Pubblicazione trimestrale Anno XX - N. 3 Spedizione in abbonamento postale Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(

f

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E !

L U I G I E I N A U D I ACHILLE D. G IA N N IN I

D E L L ’ U N I V E R S I T À D I T O R I N O D E L L ’ U N I V E R S I T À D I B A R I

GIAN ANTONIO MICHELI S A L V A T O R E S C O C A

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici della Camera di Commercio di Pavia

La Redazione è a Pavia, Istituto di Finanza presso l’Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia. Redattore, dott. Franco Volpi.

Parte I - Redattore Capo: p rof. Francesco Forte

i manoscritti vanno mandati a Pavia, Istituto di Finanza dell’Uni­ versità.

Parte I I - Redattore Capo: prof. Alberto Romano

i manoscritti vanno mandati a Firenze, viale Matteotti, 21.

L’ abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell’annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all’editore, anche con versamento sul conto corrente postale 3/17986, indicando a tergo del modulo, in modo leggi­ bile, nome, cognome e indirizzo dell’abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati. Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno. Trascorso tale termine l'amministrazione provvede diret­ tamente all’incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative. Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dal­ l’importo di L. 70 in francobolli.

I fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, non si spediscono che contro rimessa dell’importo.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l’anno successivo. L’abbonamento però non può essere disdetto se l ’abbonato non è al corrente con i pagamenti.

Per ogni effetto l ’abbonato elegge domicilio presso l ’ amministrazione della rivista.

ABBONAMENTI CUMULATIVI: Gli abbonati alla Rivista di Diritto Finan­ ziario e Scienza delle Finanze, in regola con il pagamento, hanno diritto ad una riduzione del 10 % sugli abbonamenti alla Rivista dei Dottori Commercia­ listi ed a II Diritto fallimentare e delle società commerciali, edite dalla Casa Dott. A. Giuffrè.

Ai collaboratori saranno inviati gratuìtamen'e 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all'atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’autore.

(3)

INDICE-SOMMARIO

í

P A R T E P R I M A

DOTTRINA

Pag.

Gian Antonio Mich eli - Giudici speciali e indipedenza del giudice . . 261

Francesco Forte - Oligopolio e tassazione su uno schema di W. J. Baumol . 275 Lu ig i Rastello - La pena pecuniaria nel diritto tributario . . . . 318

APPUNTI A RASSEGNE

Aldo Antonucci- Sul trattamento fiscale della lista testimoniale . . . 365

Renato Ricci - Rassegna dei lavori parlamentari in materia finanziaria nel

secondo trimestre 1 9 6 1 ... - 368

RECENSIONI

E. A. G. Robinson - Economie Consequences of thè size of nations (A.

Chiancone) . ' ... ■ 392 G. Stammati - La finanza pubblica (F. Reviglio Della Venena) . . • 395

ALTRE OPERE R I C E V U T E ... 398 RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI R E C E N T I ...400

P A R T E S E C O N D A

NOTE À SENTENZE

Sebastiano Musum eci - Estensione della espropriazione e privilegi per

l’imposta terreni e f a b b r i c a t i ...187

Giu seppe Greco - Imposta sui redditi di ricchezza mobile, presunzione di interessi passivi a carico di società su finanziamenti da soci, presup­ posti e l i m i t i ... 198

Costantino DeBono- La tassazione della nuda proprietà a titolo gratuito 201

Giovanni Ravagli- Trattamento tributario delle cessioni di quote di società

a responsabilità l i m i t a t a ... : ... 207

(4)

Pag.

Imposta fondiaria - Estensione della espropriazione immobiliare al terzo aggiudicatario all’ asta pubblica (Min. Fin., 7 novembre 1960, n. 454779) (con nota di S. Mtjsumeci) ... 187 Imposta sui redditi di ricchezza mobile - Interessi passivi presunti a carico

di società su finanziamenti da parte dei soci - Elementi determinativi della insussistenza della presunzione (Comm. Centr., 8 maggio 1959, n. 16444) (con n ota di G. Greco) ...198 Imposta successoria - Trasferimento nuda proprietà - Determinazione

aliquota (Comm. Centr., 27 aprile 1959, n. 16014) (con nota di C. De Bono) ... 201 Imposta registro - Cessione di quote di società a responsabilità limitata -

E dovuta la sola imposta fissa di registro - Trasferimento di azioni, di obbligazioni o di quote di società a responsabilità limitata - Prov­ vedimento espropriativo del giudice - Esenzione dall’imposta propor­ zionale di registro - Inapplicabilità (Cass, 16 gennaio 1961, n. 56) (con nota di G. Bavagli) ...207 Imposte di consumo - Autostrade - Esenzione sotto il profilo « opifici indu­

striali » - Non compete (Min. Fin., 18 gennaio 1960, n. 3/B 6083)) (con nota di L. Blasi) ...219 M A S S IM A B IO ... 219

(5)

B A N C A

COMMERCIALE

ITALIANA

'

o o o

BANCA DI INTERESSE NAZIONALE

(6)

CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

R I V I S T E

DI N O STR A E D IZIO N E

PREZZI DI ABBONAM ENTO PER IL 1962

IT A L IA E S T E R O L ire Lire Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano (dal 1888) 3000 4000

Rivista Italiana per le Scienze Giuridiche (dal 1947) 3000 4000

Annali di Storia del Diritto (dal 1 9 5 7 ) ... 3000 3300

Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto (dal 1937) 3000 4000

Sociologia (Bollettino dell’Istituto Luigi Sturzo) (dal 1957) . 1200 2000

Economia e Storia (dal 1 9 5 8 ) ... 2500 4000

Il Politico (dal 1 9 5 5 ) ... 2500 3000

Storia p o l i t i c a ... 3000 4000

La

Legislazione Italiana (dal 1 9 4 3 ) ... Giustizia Civile - Rivista mensile di Giurisprudenza (dal

3500 5000

1951) ...

Giustizia Civile - Massimario annotato della Cassazione

5000 7000

(dal 1 9 5 5 ) ... 3000 5000

Abbonamento cumulativo alle due edizioni . . . . 7000 10000

Il Diritto Ecclesiastico (dal 1 9 4 3 )... 3000 4000

Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico (dal 1951) . 3500 4500

Il Diritto Pubblico della Regione (dal 1950) . . . . 2500 3000

Il Foro Amministrativo (dal 1 9 2 5 ) ... 4500 5500

Massimario Amministrativo (dal 1 9 6 0 ) ... 4500 6000

Abbonamento cumulativo con II Foro Amministrativo 8000 10000

Rivista giuridica della scuola (dal 1 9 6 2 )... 3000 4000

Giurisprudenza Costituzionale (dal 1 9 5 6 ) ... 4000 5000

Rivista di Diritto Internazionale (dal 1906) . . . . 3500 4500

Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile (dal 1947) 4500 6000

Riv. di Dir. matrim. e dello stato delle persone (dal 1958) 3000 4000

Monitore dei Tribunali (dal 1 9 6 1 ) ... 4000 6000

Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale ** 4000 5000

Cassazione Penale - Massimario annotato (dal 1961)

Abbonamento cumulativo con la Riv. It. dir. e

Proce-3500 4500

dura P e n a l e ... 6500 8500

La Scuola Positiva (dal 1 9 4 7 ) ... 3000 4000

Rivista di Diritto agrario (dal 1 9 5 6 ) ... 3000 4000

(segue)

(7)

(segue)

IT A L IA E S T E R O L ire Lire Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze

(dal 1 9 4 9 ) ... 4000

Rivista di Diritto Industriale (dal 1952) . . . . 3000 4000

Rivista del Diritto della Navigazione (dal 1943) * 3000 4000 Rivista di Diritto del Lavoro (dal 1949) . . . . 4000 5000

Massimario della Rivista di Diritto del Lavoro (dal 19531 2500 3000

Abbonamento cumulativo con la liiv. dir. lav. 5500 7000

La Rivista Italiana di Previdenza Sociale (dal 1948) 3000 4000

Responsabilità Civile e Previdenza (dal 1930) 2500 3500

Diritto e pratica nelle Assicurazioni (dal 1959) .

Il Diritto Fallimentare (e delle Società Commerciali) (dal

2000 3000

1951) ... 3500 4500

Rivista delle Società (dal 1 9 5 6 ) ... 3500 4500

Banca, Borsa e Titoli di Credito (dal 1934) . 3500 4500

Rivista giuridica dell’edilizia (dal 1958) 3500 4500

Rivista di Diritto Sportivo (dal 1954) . . . . 1500 2500

Giurisprudenza delle Imposte (dal 1953) . . . . 2500 3500

Rivista del Notariato (dal 1 9 4 7 )... 3000 4000

Rivista dei Dottori Commercialisti (dal 1949) . 3000 4000

Giurisprudenza Siciliana (dal 1 9 5 7 ) ... 3000 4000

Rassegna Giuridica Sarda (dal 1959) . . . . 3000 4000

La Calabria Giudiziaria (dal 1 9 5 6 ] ... 3000 4000

Le Corti di Bari, Lecce e Potenza (dal 1953) 3000 4000

Rivista Giuridica Umbro-Abruzzese (dal 1950) 3000 4000

Temi Napoletana (dal 1958) 3000 4000

Temi Romana (dal 1 9 5 7 ) ... 3000 4000 Giurisprudenza Toscana (dal 1 9 5 0 ) ... 3000 4000 Le Corti di Brescia, Venezia e Trieste (dal 1952) . 3000 4000

Il Risparmio (dal 1 9 5 3 ) ...

La Scienza e la Tecnica dell’ Organizzazione nella Pubblica

4000 5000

Amministrazione (dal 1 9 5 5 ) ... 3000 4000

Rassegna della stampa: problemi fiscali . . . . 5000

_

Economia Internazionale delle fonti di energia (dal 1958) 3000 4000

Daunia Giudiziaria (dal 1960) . . . . .

Bollettino di Informazioni dell’Associazione di Diritto

Ma-1000 3500

vittimo (dal 1960) . . . . 500 1000

N.B. — Di ciascuna Rivista sono disponibili le annate arretrate, dal­

l ’epoca indicata tra parentesi.

(*) Volume unico 1943/48, L. 4000.

(8)

CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ

- MILANO

E Z IO V A N O N I

O PE R E G IU R ID IC H E

a cura di FRANCESCO FORTE e CESARE LONGOBARDI

I

Natura e interpretazione delle leggi tributarie Altri studi di diritto finanziario

Na t u r a ed in terpretazio n e delle leggi t r ib u t a r ie: Teoria e storia dell’interpretazione delle leggi tributarie - Natura del diritto d’imposizione. Il tributo come fenomeno di scambio - Natura del diritto di imposizione. Il tributo come emanazione della sovranità o della supremazia dello Stato. La causa del tributo - Carattere del diritto finanziario - I metodi dell’interpretazione - I mezzi dell’interpretazione - (segue): I mezzi dell’interpretazione - I risultati della interpretazione. L’analogia. I principi generali del diritto - Le fonti dell’interpretazione.

Altr i s t u d i di diritto f in a n z ia r io.

Volume in 8°, pag. IX-468, rii. t e l a ...L

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CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA E.TRIBUTARIA

d iretta da G. Z A N O B IN I, G. P E S C A T O R E , A . T O R R E N T E

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA

S U L L E

IMPOSTE DI CONSUMO

T .U .F .L , art. 1 0 ,1 1 , 20-100; reg.to 30-4-1936, n. 1138, leggi complementari o recanti esenzioni fiscali

A C U R A D I M AR IO G A G L IA R D I

Istituzione delle imposte di consumo - Esenzioni sogget­ tive ed oggettive - Atti generatori dell’imposta. Debitori d’imposta. Trasporto dei generi soggetti ad imposta. Co­ muni di transito. Introduzioni temporanee. Magazzini ge­ nerali. Abbonamenti facoltativi e obbligatori. Mora - Pro­ cedimento ingiuntivo. Prescrizione - Privilegi fiscali - Rim­ borso delle imposte indebitamente pagate - Restituzione delle imposte sui generi esportati in altri Comuni od al­ l’estero - Vigilanza - Reati di evasione delle imposte di consumo - Gestione diretta - Gestione in appalto - Ricorsi amministrativi e. azione giudiziaria - Sorveglianza sulle géstioni - Delegazioni sulle imposte di consumo - Tariffa - Diritti accessori - Appendice.

Volume in 8°, di p. IV-547 ...L. 3.000

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PREMIO ANTONIO UCKMAR 1960

La Commissione giudicatrice per l’assegnazione del « Premio An­ tonio Uchinar» 1960 in conformità al regolamento è stata costituita dal Preside della Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Genova, prof. Mario Casanova, ordinario di diritto commerciale nella stessa facoltà, e dal Direttore della rivista « Diritto e Pratica Tributaria », prof. Victor Uckmar, incaricato di scienza delle finanze e diritto fi­ nanziario nell’Università di Genova, i quali a loro volta hanno de­ signato quale terzo componente il prof. Enrico Allorio, ordinario di scienza delle finanze e diritto finanziario nell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano.

La Commissione, considerato che il concorso è « diretto ad inco­ raggiare gli studi di diritto tributario sotto il profilo rigorosamente scientifico », ha stabilito quale criterio preliminare di giudizio che possono ritenersi meritevoli dell’assegnazione del premio solo i lavori che sarebbero degni di valutazione ai fini della carriera accademica.

La Commissione, pur compiacendosi del numero di lavori presen­ tati, lia dovuto constatare che nessuno di essi è a un livello sufficiente per superare la selezione preliminare da effettuarsi in conformità al criterio sopra indicato. L’unico lavoro che avrebbe potuto ambire all’assegnazione del premio è quello presentato dal dott. Eugenio Kighi, avente per tema « Prescrizione e condono delle pretese fiscali nel diritto tributario germanico », per la approfondita analisi degli istituti e per l’ampia conoscenza della legislazione, della dottrina e della giurisprudenza germaniche. Senonchè, come precisato dallo stesso autore, il lavoro presentato è lo stralcio di un’opera in corso di elaborazione sulle « Vicende dell’obbligazione tributaria nel diritto tributario germanico » e come tale inevitabilmente presenta le lacune dovute a tale origine.

Pertanto la Commissione non ritiene poter procedere alla asse­ gnazione del premio, ma considera meritevole di particolare segnala­ zione il lavoro presentato dal dott. Righi e propone alla rivista « D i­ ritto e Pratica Tributaria » di attribuirgli un premio di incorag­ giamento.

La rivista « Diritto e Pratica Tributaria », accogliendo l’invito, ha deliberato di assegnare al dott. Eugenio Righi la somma di L. 100.000.

PREMIO ANTONIO UCKMAR 1962

In conformità al regolamento del concorso (riportato in « Diritto e Pratica Tributaria », 1959, I, 414) per partecipare all’assegnazione del premio per l’anno 1962 i manoscritti dovranno pervenire, entro il 31 dicembre 1962, in triplice copia, alla direzione della Rivista, via Bacigalupo 4/15, Genova.

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G IU D IC I S P E C IA L I E I N D IP E N D E N Z A D E L G IU D IC E (*) (Per la riforma del contenzioso tributario)

1. La funzione giurisdizionale è esercitata di regola, secondo la nostra Costituzione (art. 102, 1° comma), dai magistrati ordinari, istituiti e regolati dalle norme sulPordinamento giudiziario, emesse dal legislatore ordinario. La magistratura costituisce un ordine auto­ nomo e indipendente da ogni altro potere (art. 101, 1° comma Oost.). Ma accanto ai magistrati ordinari il nostro ordinamento positivo co­ nosce ancora numerosi giudici speciali ai quali la legge deve assicu­ rare l ’indipendenza (art. 108, 2° comma Cost.), pur non rientrando essi nell’ ordine della magistratura. È da chiedersi pertanto come deve essere intesa, sul piano giuridico, come su quello pragmatico, l ’ indi­ pendenza di questi giudici speciali.

A questo riguardo, occorre fare subito una premessa (che non può essere qui ovviamente sviluppata). A l fine di reagire contro la proliferazione patologica delle giurisdizioni speciali, la Costituzione lia ritenuto di dover attuare la unità della funzione giurisdizionale, facendo divieto della istituzione di giudici speciali (art. 102, 2° com­ ma), ma ammettendo che taluni di quelli già esistenti —• come il Con­ siglio di stato, la Corte dei conti e « gli altri organi di giustizia am­ ministrativa » — possano continuare a svolgere la loro attività « per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei di­ ritti subiettivi » (art. 103 Cost.). Quali siano le intenzioni del Co­ stituente rispetto alle altre giurisdizioni speciali non è affatto chia­ ro, poiché l ’art. V I delle disp. trans. Oost. ha fissato un termine di

(*) Questo articolo, destinato ad un volume di scritti in memoria di Ezio Vanoni, riproduce le considerazioni generali sull’argomento che ho avuto modo di proporre al Symposium sull’ordinamento giudiziario e l’indipendenza

della Magistratura, organizzato a Firenze, nell’aprile del 1961, dalla Facoltà

di scienze politiche O. Alfieri. Tali considerazioni ho poi integrate e comple­ tate, con riferimento agli specifici problemi concreti della riforma del conten­ zioso tributario; problemi che costituiscono, a mio avviso, un ottimo banco di prova per saggiare quanto esposto in linea generale.

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— 262 —

cinque anni (ormai abbondantemente scaduti) entro il quale il legisla­ tore ordinario avrebbe dovuto procedere alla revisione degli organi speciali di giurisdizione allora esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di stato e della Corte dei conti. Che cosa si intenda per « revisione » ed a quali organi giurisdizionali essa vada applicata è oggetto di gravi incertezze dottrinali e, sul piano pratico, per lo stesso legislatore.

Ad ogni modo, il problema della indipendenza del giudice spe­ ciale va affrontato nelle varie soluzioni che sono state prospettate per interpretare razionalmente gli artt. 102, 103, 108 Cost. e V I disp. trans. Cost., tenendo presente che la giurisprudenza ha ritenuto che, malgrado la scadenza del termine quinquennale, le giurisdizioni spe­ ciali che avrebbero dovuto essere « revisionate » e non lo sono state, conttinuano ad esercitare validamente la loro funzione.

2. Anche i due organi di giurisdizione speciale amministrativa, indubbiamente sottratti a ll’ esigenza di modifiche in seguito all’en­ trata in vigore della nuova Costituzione — e cioè il Consiglio di Stato e la Corte dei conti —-, sono formati, almeno per una parte, da giudici i quali sono nominati dal presidente del consiglio dei mi­ nistri (art. 1 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 ; 7 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214). Essi sono peraltro amovibili solo in limiti ben determinati, per quanto riguarda il Consiglio di Stato (art. 5 r.d. cit.) e con oppor­ tune garanzie che li sottraggono praticamente all’ arbitrio della pub­ blica amministrazione e del governo. Per i giudici della Corte dei Conti poi la revoca, il collocamento a riposo d’ ufficio e l ’ allontana­ mento non può aver luogo se non con decreto presidenziale, sentito il parere conforme di una commissione composta dai presidenti e dai vice presidenti del Senato e della Camera dei deputati (art. 8 r.d. 1934 cit.). E da rilevare ancora che Consiglio di Stato e Corte dei conti sono considerati dalla Costituzione quali organi ausiliari di consulenza giuridico-amministrativa, di tutela della giustizia nell’am­ ministrazione (il primo) e di controllo preventivo e successivo di le­ gittimità degli atti di governo o di date categorie di atti, quali quelli di gestione del bilancio dello stato (il secondo).

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263

funzionamento del Consiglio di stato e della Corte dei conti è stato sempre improntato alla massima obiettività nel rispetto della legge, anche nei momenti più bui della libertà politica in Italia ; donde l ’ in ­ negabile prestigio che essi godono nel Paese, come è dimostrato dal fatto che essi sono stati esentati, come s’è detto, dalla necessità di modifiche, in seguito a ll’attuazione del principio dell’ unità della giu risdizione che ha trovato espressione nell’art. 102 Cost.

3. Come si è ricordato al n. 1, l ’art. 103 Cost. fa riferimento anche a « gli altri organi di giustizia am m inistrativa». Tale disposi zione è stata intesa in vario modo : da un lato infatti essa è invocata come riprova che (anche dopo l ’ entrata in vigore della Costituzione del 1947), sono ammissibili giurisdizioni speciali già in vigore al 1° gennaio 1948, talché l ’art. 102 vieterebbe solo la istituzione di nuovi organi di giurisdizione speciale, od ancora che possono addirittura essere istituite nuove giurisdizioni speciali (oltre che mantenute in vigore quelle vecchie), quando abbiano per oggetto la risoluzione di controversie tra i cittadini e lo Stato ; dall’altro quella locuzione è intesa nel senso in cui tradizionalmente viene usata e precisamente per indicare (oltre alla Corte dei conti ed al Consiglio di Stato), anche il Tribunale superiore delle acque pubbliche (almeno secondo alcuni), la giunta provinciale amministrativa e gli eventuali futuri giudici amministrativi locali che sì modellano (o si modelleranno) sul Consiglio di Stato. Sarebbero così escluse (e questa a me pare la soluzione più conforme al sistema, se non alla lettera) le numerose giurisdizioni speciali che pur si occupano dei rapporti tra cittadini e Stato od altri Enti pubblici minori (quali le regioni, le provincie, i comuni), come, ad es., le commissioni tributarie.

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264 —

articolo V I disp. trans Cosi., per cui la revisione ivi prevista dovrebbe essere limitata in ogni caso, secondo taluno, alla attuazione del pre­ cetto costituzionale contenuto nell’art. 108, 2° comma cit. e quindi alla realizzazione della indipendenza giuridica del giudice speciale, o quantomeno (secondo altri) di quel giudice speciale che rientra fra gli organi di giustizia amministrativa.

4. È da vedere allora con qualche maggior dettaglio come si con creti e si articoli la indipendenza del giudice speciale, tanto pili che le considerazioni che seguono valgono anche se si ipotizzi la eventua­ lità di una modifica della Costituzione, nel senso di permettere la creazione di organi giurisdizionali speciali competenti a decidere una determinata categoria di controversie. Ed è un’ ipotesi attuale poiché nelle passate legislature sono stati proposti ben due progetti di legge costituzionale per la istituzione di organi speciali di giurisdizione in materia tributaria. E il problema è tuttora all’esame dei Dicasteri competenti.

È superfluo rilevare che il legislatore ordinario, nell’ attuazione del precetto dell’art. 108, 2° comma, si deve da un lato preoccupare dell’ indipendenza istituzionale del giudice, cioè della di lui posizione rispetto agli altri poteri dello Stato, dall’altro della effettiva indi- pendenza del giudice medesimo nel giudicare nel processo concreto. Sotto il primo aspetto, deve essere assicurata la indipendenza del giu­ dice fin dal momento della nomina che non deve provenire da organi dell’ amministrazione attiva, ma essere devoluta ad organi giurisdi­ zionali ordinari, eventualmente da compiersi su liste in parte fornite anche da pubbliche amministrazioni, associazioni di categoria ecc. Anche questo sistema non è peraltro scevro di pericoli, parte dei quali possono ovviarsi attraverso il sistema di controlli che l ’art. I l i , 2° comma Cosi, assicura contro le decisioni di ogni giudice speciale (e la particolare posizione di prestigio della Corte dei conti e del Consi­ glio di stato, rispetto alle altre giurisdizioni amministrative, è con­ fermata dal fatto che il ricorso per cassazione contro le pronuncie dei primi è ammesso solo per motivi inerenti alla giurisdizione).

(15)

— 265

getto che fa parte dell’amministrazione attiva. E tantomeno è possi­ bile ammettere che siano deferite funzioni giurisdizionali addirittura ad un organo della pubblica amministrazione. In altri casi — a mio avviso — non si ha neppure quel minimum che è pur necessario per­ chè si possa parlare di giudice e che postula la indifferenza del terzo imparziale rispetto a ll’effetto giuridico che deve essere prodotto a t­ traverso la sua decisione.

Si coglie così anche la differenza che corre tra le giurisdizioni speciali e gli arbitrati obbligatori, tra privati e pubblica amministra­ zione. Occorre evitare che questi ultimi si trasformino in giurisdizioni speciali. È pertanto opportuno escludere la possibilità che i giudici siano scelti dalle parti contendenti, quando si voglia configurare i relativi organi come giurisdizionali (salvo poi vedere i limiti in cui sono oggi ammessi dalla Costituzione, v.n.prec.). Le giurisdizioni spe­ ciali debbono infatti mantenere il loro carattere fondamentale di or­ gani istituzionalmente imparziali tra le parti contendenti, anche se una di queste è lo Stato od altro ente pubblico munito di imperio; anche i giudici speciali, come quelli ordinari, dipendono solo dalla legge, secondo la formula dell’art. 101 Cost., ed alla osservanza della legge stessa essi sovraintendono quando esiste una controversia tra le parti, relativa all’ attuazione del diritto obiettivo nel caso concreto.

È questo un profilo, giova notare, dal quale appare netta la ri­ prova del valore meramente storico, e quindi contingente, della no­ zione di giurisdizione, nella classificazione dei vari poteri dello Stato moderno. Tanto più oggi che è sentita l ’ esigenza di una giustizia nel­ l ’esercizio dell’attività amministrativa, anche senza ricorrere ai con­ trolli giurisdizionali (v. anche l ’ art. 97 Cost. sulla imparzialità della amministrazione), talché si creano appositi congegni (n. 6) perchè l ’azione amministrativa si svolga — davanti e da parte degli organi amministrativi — in modo da assicurare appunto la giustizia nell’am ­ ministrazione attiva. Ma anche così la funzione del dicere ju-s even­ tualmente anche nei confronti dello Stato-amministratore è necessa­ rio sia devoluta a distinti organi statuali che non possano essere confusi con gli organi attraverso i quali lo Stato mira a perseguire le varie finalità che si è poste per il soddisfacimento di singoli interessi pubblici, pur nel rispetto del diritto obiettivo.

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per dei giudici... a mezzo servizio, per dei giudici cioè che non dedi­ chino tutto il loro tempo alla funzione del giudicare, siano essi giu­ dici ordinari, chiamati anche a far parte di giurisdizioni speciali, op­ pure giudici non togati (oggi anche appartenenti alla amministrazio­ ne attiva, ma è una deprecabile eventualità da escludere per l ’avvenire!). È superfluo rilevare i gravi inconvenienti che derivano da siffatto sistema, specie rispetto a giurisdizioni speciali di parti­ colare delicatezza, quali ad es. le commissioni tributarie. Dovrebbe, nei limiti del possibile, addivenirsi alla creazione di corpi di giudici tecnici togati ; ma non è da nascondersi il costo di un sistema del ge- genere e perciò l ’ attuazione di esso dovrebbe essere limitata. Anche la utilizzazione del giudice ordinario, come membro di organi giuri­ sdizionali speciali, non è privo di inconvenienti, specie tenendo conto dell’ insufficienza numerica- che già affligge la giustizia ordinaria e di conseguenza la scarsa disponibilità di magistrati che abbiano il tempo di accudire ad una funzione così delicata ed importante.

Qualunque sia il tipo di giudice — togato o laico, « full time » o meno — che si scelga, per assicurargli la effettiva indipendenza nel giudicare, e cioè la imparzialità, occorre sottrarlo ad ogni pressione che gli possa provenire dalle parti in causa, e specialmente da quella che è più forte, come lo Stato. La inamovibilità del giudice è quindi un requisito necessario per qualificare la indipendenza effettiva-, per tutto il periodo in cui dura la sua funzione. Il che non esclude la pos­ sibilità di un sindacato disciplinare sul comportamento del giudice stesso ; controllo che non è di agevole attuazione rispetto ai giudici speciali, ma che potrebbe essere attribuito al presidente del tribunale o della corte d’appello od ai procuratori della repubblica presso que­ gli organi.

La imparzialità del giudice nella concreta controversia dovrebbe essere infine assicurata dagli istituti della ricusazione e della asten­ sione del giudice così come avviene per il giudice ordinario.

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n.3), tutti gli altri giudici speciali, attualmente esistenti, debbano 0 essere soppressi oppure trasformati in sezioni specializzate. Si è visto sopra però che numerose (e forse prevalenti) sono attualmente le opinioni che considerano ammissibile la sopravvivenza di vecchie giurisdizioni speciali e perfino la creazione di nuove, sia pure nel­ l ’ambito delle controversie su rapporti tra il cittadino e lo Stato (che in realtà sono invece quelle più delicate e nelle quali più attivo dovrebbe essere, a mio avviso, il principio dell’ unità della giurisdi­ zione).

A d ogni modo, la previsione dell’ art. 102 impone di considerare la posizione del giudice, laico e togato, in siffatte sezioni specializ­ zate. Le quali non sono definite dal legislatore e corrono il rischio di essere un brutto doppione delle giurisdizioni speciali. La carat­ teristica di queste sezioni dovrebbe essere quella di essere formate da una maggioranza di giudici togati ordinari e da una minoranza di giudici laici che dovrebbero avere comunque tutte le garanzie di indipendenza e di inamovibilità (n. 4), come quelli togati. Ed anche nei loro confronti dovrebbe poter essere congegnato un sindacato disciplinare, non menomante la loro indipendenza (v. n. prec.).

6. A conclusione di queste brevissime considerazioni che mirano al solo fine di richiamare l ’attenzione dello studioso sul grave e com­ plesso problema della indipendenza del giudice che non appartiene all’ordine giudiziario e che non è quindi inserito automaticamente in un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere come è per 1 giudici ordinari, occorre fare due osservazioni di carattere generale. L ’ una è la seguente : non è di per sè sufficiente l ’indipendenza istituzionale del giudice speciale se poi il processo davanti a lui non è congegnato in modo di assicurare la piena esplicazione del diritto alla difesa spettante a ciascuna parte — ciò che implica l’ attuazione del principio del contradittorio (« audiatur et altera pars »), coor­ dinato al principio della necessità della domanda di una parte (« nemo judex sine actore »), almeno di regola (ma non manca qualche caso, come il fallimento, di giurisdizione senza necessità di previa domanda dell’interessato) — nonché l ’assunzione delle prove e la ac­ quisizione di tutto il materiale sul quale il giudice dovrà formare il proprio convincimento, così che le parti litiganti possano con­ trollare il modo in cui il giudice (eventualmente anche d ’ ufficio) esercita i suoi poteri istruttori e preparatori.

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che sempre più viva è la esigenza che anche nella fase amministra­ tiva si possano congegnare dei procedimenti i quali assicurino il contradittorio tra privato e pubblica amministrazione ; anche se poi tali procedimenti sfociano in decisioni che non sono giurisdizionali, ma amministrative e contro di esse possono essere esperiti quei ri­ medi giurisdizionali a difesa dei diritti subiettivi e degli interessi legittimi. Solo che bisogna avere ben presente la natura di questi procedimenti amministrativi che non vanno confusi (ed il consiglio è diretto soprattutto al legislatore !) con gli organi giurisdizionali speciali. Nella nostra storia, è sintomatico che taluni procedimenti di pretto carattere amministrativo si sono a poco a poco trasformati in organi giurisdizionali (almeno secondo autorevoli e diffuse opi nioni), sia pure speciali ed il procedimento davanti ad essi si è sempre più adeguato al modello dei processi giurisdizionali veri e propri. Mi pare che l ’art. 102 si inserisca in questa evoluzione, ponendo un punto fermo il quale — anche per chi dà a quell’ articolo un diverso contenuto — deve indurre il legislatore ordinario ad evitare di creare di contrabbando organi giurisdizionali speciali attraverso la disci piina di procedimenti avanti organi amministrativi, conformata se­ condo talune regole tecniche che hanno un loro significato compiuto solo nei processi avanti a giudici veri e propri.

Così è anche dell’ esigenza della motivazione della decisione che ora trova un sanzione costituzionale (art. I l i , 1° comma Cost.) poiché la necessità pure per taluni atti amministrativi di una congrua motivazione è posta ormai da numerose norme positive, ma ciò non toglie che quegli atti rimangano sempre amministrativi e non si tra sformano in giurisdizionali, (anche se si chiamano decisioni), con la conseguenza che nei loro confronti deve essere mantenuta la possi­ bilità piena di difesa giurisdizionale, avanti a giudici ordinari o spe ciati (art. 113, 1° comma Cost.).

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delicatezza del compito affidatogli. Per fare tutto questo non solo occorre che i giudici siano scelti oculatamente, con una buona pre­ parazione tecnica, generica e specifica, ma essi debbono essere pre­ parati moralmente all’ esercizio della funzione conferitagli. Ora per raggiungere questi scopi non sono probabilmente sufficienti remune­ razioni adeguate e una decorosa situazione sociale, oltre che a con­ grue condizioni di lavoro, se non c’è anche una educazione civica sufficiente. I l senso dello Stato, al quale va ricondotto, a mio parere, anche il rispetto profondo e sentito per la maestà della giustizia, della legge vivente, presuppóngono appunto un’ educazione civica intima che sola può plasmare il giudice speciale, non meno che quello ordinario, laico o togato che sia.

8. Le considerazioni che ho sopra brevemente esposte, valgono, mi pare, più che ogni altro generico discorso ad impostare il pro­ blema più specifico che oggi si presenta in Italia al legislatore ordi­ nario, in tema di giudici speciali ; voglio riferirmi precisamente alla riforma del contenzioso tributario, resa ora più che mai urgente ed indilazionabile, dopo la recente pronuncia della Corte Costituzionale sull'abrogazione del « solve et repete ».

Non sarà male ricordare che Ezio Vanoni si rammaricava sovente della precipitazione con cui l ’assemblea costituente aveva varato l ’art. 102 senza approfondire la questione, pur così delicata, della giustizia in materia tributaria ; e si rammaricava che incarichi di stato lo avevano trattenuto lontano dall’ Italia (mi pare a ll’ Avana), proprio nei giorni cruciali della discussione. Vanoni vagheggiava in­ fatti la creazione di un giudice togato tributario, secondo illustri precedenti stranieri; giudice che potesse dare le massime garanzie di preparazione tecnica, unitamente, si intende, a quelle di indipen denza e di imparzialità. Tuttavia, di fronte a ll’entrata in vigore della nuova Costituzione repubblicana egli mise subito allo studio il pro­ blema dell’ attuazione del precetto costituzionale rispetto agli organi speciali di giustizia tributaria. V a ascritto a Suo merito se sono stati predisposti ben due importanti progetti privati, ma da lui ispi­ rati, che hanno da tempo prospettato alla pubblica opinione ed al potere legislativo schemi ben definiti per la concreta riforma del c.d. contenzioso tributario. Ed a Vanoni pure si deve la presentazione ài Senato, il 24 febbraio 1953, di un disegno di legge costituzionale per fare esplicitamente riconoscere la possibilità di affidare la risoluzione delle controversie tributarie anche ad organi speciali di giurisdizione

(n. 2824).

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Sono passati molti anni da quei giorni ormai lontani e nessuna riforma è stata, nel frattempo, attuata ed ancora pende avanti al Parlamento un progetto di riforma, su proposta di alcuni deputati., che riprende a sua volta un disegno di legge già presentato dal go­ verno il 13 dicembre 1955 e decaduto poi con il finire della legisla­ tura. E tanto la proposta di legge di iniziativa parlamentare, quanto quella governativa non erano altro che dirette ed immediate deriva­ zioni del secondo progetto privato, suscitato dall’ intenso interessa­ mento di Vanoni. Non intendo scendere qui, ovviamente, ad un esame comparativo della proposta parlamentare (che indicheremo come Boz­ zi. dal nome del deputato che ne è stato il più autorevole e tenace sostenitore) e del progetto Allorio (per indicare il nome del relatore della commissione privata, nominata in seno alla Associazione tra le società italiane per azioni), ma può essere interessante sottolineare che in essi gli organi di giurisdizione speciale sono formati da membri nominati dall’autorità giudiziaria, scelti (secondo la proposta par­ lamentare) da elenchi redatti dalle procure della Repubblica. Alla presidenza delle commissioni giurisdizionali tributarie possono es­ sere nominati invece, di regola, solo magistrati, ancorché non in servizio attivo. Non possono essere nominati membri delle commis­ sioni stesse, tra gli altri, gli appartenenti alla avvocatura dello stato, alla amministrazione finanziaria dello stato e delle regioni, i consi­ glieri, gli impiegati e i segretari delle provincie e dei comuni, gli appartenenti ai corpi militari dello stato, i funzionari e gli agenti di p .s., i presidenti, gli amministratori e i dirigenti di associazioni sin­ dacali e di categoria, i notai ed i professionisti che esercitano abitual­ mente il patrocinio e la consulenza tributaria, gli esattori delle im ­ poste dirette e gli appaltatori delle imposte di consumo e i loro di­ pendenti.

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materia tributaria ai fini professionali). Direi che la logica vorrebbe la prima soluzione; ma mi rendo conto che in molti centri non sarà affatto agevole trovare i membri non magistrati, sufficenti a formare le varie commissioni, o le diverse sezioni delle stesse, se si escludono coloro che esercitano la professione legale.

!). Si viene così al punto cruciale della riforma, trascurando a l­ tri aspetti, pure assai importanti, di essa. Le commissioni, previste nei progetti Bozzi ed Allorio, sono formate, rispettivamente, da cin­ que (quelle distrettuali) e da sette membri (le provinciali), dei quali almeno uno, il presidente, deve essere di regola un magistrato (ma può essere scelto, a giudizio insindacabile del presidente del tribu­ nale, rispetto alle commissioni distrettuali, anche fra persone munite del diploma di laurea), mentre gli altri giudici delle commissioni provinciali almeno la metà deve essere fornita di diploma di laurea, e per il resto di licenza media inferiore ; per gli altri giudici delle commissioni distrettuali, almeno la metà deve essere fornita di li­ cenza media superiore e per il resto devono avere adempiuto agli obblighi scolastici.

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rispetto alle due fasi precedenti (salva la limitazione apportata a l­ l ’ambito della cognizione del giudice) e tanto più questo sarebbe stato necessario, in quanto anche lo stadio davanti alla commissione pro­ vinciale è stato definito come appello contro la sentenza della coni missione distrettuale (ma nel progetto Allorio la terminologia, ber più esatta, porta a ritenere che le due fasi, avanti la commissione provinciale ed alla corte d’appello, non siano che una prosecuzione del giudizio di primo grado, senza alcuna preclusione, limitativa della cognizione, salvo quella predetta).

10. Per quanto, forse, la soluzione prospettata dal Progetto Bozzi si presenti più semplice di altre pur ipotizzabili, essa non sem­ bra del tutto soddisfacente, per quanto attiene alla- preparazione te­ cnica del giudice speciale. Sotto questo profilo, che mi pare di inte­ resse del tutto prevalente de jure condendo, quando si debba decidere, in linea di politica legislativa, in che modo attuare il precetto costi- tizionale (e non è da dimenticare che il disegno di legge ministeriale, pur derivato dal progetto Allorio, ed ora ripetuto dal progetto Bozzi, prevede pure altro disegno di legge costituzionale, volto a rimuovere il divieto dell’art. 102 Cost. e che ricalcava il precedente disegno di legge presentato da Vanoni, su cui v. n. 8), occorre ricordare che altre soluzioni sono state prospettate e l ’averle scartate, senza ade­ guato esame, mi sembra sia stato frutto della fretta. A lla quale poi non è seguita, come si è visto, una decisione tempestiva nell’ imboc- care la via della riforma.

In sostanza, ci si è spaventati del grande numero di giudici spe­ ciali che sarebbero stati necessari per sostituire le vigenti commis­ sioni che sono state perciò rabberciate alla meglio per conformarle più decisamente quali organi giurisdizionali. E dal punto di vista dell’ indipendenza dei membri che li formano si è probabilmente rag­ giunto lo scopo ; non altrettanto, ovviamente, per quanto concerne la preparazione tecnica di essi. Talché non mi pare che sia da scartare l ’idea di rimettere all’ esame la creazione di una magistratura speciale tributaria, creando organi più snelli di quelli preventivati nei ricor­ dati progetti di riforma : perchè un giudice di primo grado non po­ trebbe essere collegiale con tre membri? Ed è veramente saggia poli­ tica quella di lesinare su tutto ciò che riguarda la giustizia, ed in special modo di quella giustizia che attiene al rapporto impositivo, tra contribuente ed i vari enti impositori?

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sede di riforma, sulla attuabilità di un controllo amministrativo, da parte di organi amministrativi, sulla attività di imposizione, ritengo invece che un rafforzamento del controllo stesso potrebbe diminuire, in molti casi, la necessità, per il contribuente, di dover ricorrere agli organi di giurisdizione speciale (v. n. 6), con conseguente diminuzione di lavoro per questi ultimi. U n ’ altra soluzione che è stata scartata, forse con troppa precipitazione, è stata quella suggerita dallo stesso art. 102 Cost. e cioè la creazione di sezioni specializzate di organi giu­ risdizionali ordinari (v. n. 5). Anche qui si è temuto di aggravare di lavoro i giudici ordinari e non si è considerato con sufficiente a t­ tenzione l ’alternativa che si offriva di creare per questa via degli or­ gani che, pur ancorati ai giudici ordinari, potevano dare serie garan­ zie di preparazione tecnica. Su questa via si era messa una prima commissione di studio che redasse un progetto, per amichevole invito di Vanoni e che ha avuto il merito precipuo (per opera soprattutto di Gaetano Azzariti che la presiedette) di porre a fuoco il problema costituzionale (v. n. 3).

Indubbiamente le sezioni specializzate ivi previste erano un poco pesanti (pretore più due esperti laici ; tribunale di tre magistrati, più due esperti ; corte d’ appello di cinque m a g is tra li, più che esperti). Anche a voler tenere conto delle preoccupazioni, più che giustificate, di non fare di queste sezioni delle brutte copie di giurisdizioni speciali (v. ancora n. 5), mi sembra che si potrebbe dare alle stesse una strut­ tura meno pesante, limitandole al tribunale (costituendolo con due magistrati ed un esperto) ed alla corte d’ appello (formata o dallo stesso numero di magistrati e di esperti come il tribunale, oppure da tre magistrati e da due esperti). A ltro problema è poi quello relativo alla scelta degli esperti che il progetto Azzariti devolveva al presi dente della corte d’ appello, su designazioni effettuate dal ministero delle finanze e dalle camere di commercio, industria ed agricoltura. È , questo, un aspetto molto delicato e gli inconvenienti che i vari si­ stemi di designazione che si possono in astratto ipotizzare offrono, inducono chi è pensoso per le sorti della giustizia ad optare ancora per la creazione di organi giurisdizionali speciali, formati da m agi­ strati specializzati, aventi uno « status » particolare, del tutto simile a quello dei giudici ordinari. È un sistema che costerà di più ma che funzionerà indubbiamente meglio e che darà tanto al contribuente, quanto allo stato (ed in genere all’ ente impositore) le massime ga­ ranzie.

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Costituzione, molti anni sono trascorsi da quando Ezio Vanoni ha messo allo studio il problema della riforma tributaria, molti anni sono — ahimè — passati dalla morte dello Statista e studioso insigne, ma il problema si presenta ancora nei termine concreti e, vorrei dire, drammatici, in cui esso si prospettava al Vanoni, subito dopo la guerra, negli studi della commissione economica presso il Mini­ stero della costituente, ed a Lui Ministro, prima e dopo la Costitu­ zione repubblicana. È da augurarsi che, finalmente, siffatto problema sia avviato ad una soluzione soddisfacente e rispettosa dei principi costituzionali.

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OLIG O P O LIO E T A S S A Z IO N E SU UNO S C H E M A D I W . J. B A U M O L (*)

I

1.0.1. In un recente volume (1) il Baumol lia elaborato un mo­ dello di oligopolio basato sulla tesi che gli imprenditori tendono a massimizzare i ricavi lordi, con il vincolo del conseguimento di un ammontare minimo di profitti netti.

1.1.1. I l punto di partenza dell’analisi del B . è costituito dalla affermazione che, nelle decisioni quotidiane delle grandi imprese, l ’ in­ terdipendente oligopolistica gioca un ruolo complessivamente mode­ sto : perchè il gigante industriale moderno, a causa della sua com­ plessità, è inadatto ad elaborati giochi di « strategia e controstrate­ gia » ; perchè il desiderio di « vita quieta » dei dirigenti ha introdotto una specie di « etichetta » nei rapporti fra imprese, in base alla quale non è corretto reagire aggressivamente ad ogni azione altrui ; perchè è diffusa l ’osservanza di certe « rules of thumb » come quella di fissare una volta tanto il volume delle spese di pubblicità come una quota standard del ricavo totale.

1.2.1. Posto che le grosse imprese normalmente tendano ad igno­ rare le interdipendenze oligopolistiche, occorre indagare quali motivi interni determinano le loro decisioni correnti.

Il B. pone in luce la grande importanza che riveste il volume delle vendite, per il dirigente del gigante oligopolistico. Innanzitutto, egli

(*) Ringrazio il prof. Siro Lombardini con cui ho lungamente discusso vari aspetti del presente lavoro. Ringrazio anche i proff. Emilio Gerelli e Mario Talamona per alcuni suggerimenti. Errori ed omissioni eventuali sono sol­ tanto miei.

(1) W. .T. Ba u m o l, Business Behaviour, Vaine and Growth, MacMillan,

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osserva, le remunerazioni dei direttori dipendono più dal volume della attività dell’impresa (della quale l ’incasso totale è la più diretta espressione) che dal livello dei suoi profitti netti. Molti dirigenti per­ ciò trovano politico evitare un declino assoluto o relativo (rispetto al volume totale delle attività dei rivali) delle operazioni dell’ impresa.

1.2.2. In secondo luogo una diminuzione delle vendite (assoluta o relativa) può indurre la popolarità del prodotto presso i consuma­ tori e quindi indurli ulteriormente a restringere i loro acquisti. Il de­ clino delle vendite riduce l ’interesse dei distributori e rende più d if­ ficile il credito presso le banche. Inoltre è meno facile mantenere una efficace direzione del personale quando, a causa della diminuzione de­ gli affari, i licenziamenti più che le assunzioni sono all’ ordine del giorno. Infine il declino (assoluto o relativo) dell’attività dell’ impre­ sa riduce il suo potere monopolistico e la sua capacità di contromi­ sure, nei casi in cui i rivali deliberassero di adottare una politica eccessivamente aggressiva.

1.2.3. I l B. naturalmente ammette che, in parte, le considera­ zioni, da lui svolte, relative all’ importanza del mantenimento di un alto livello di vendite, possono anche valere per il desiderio di massi­ mizzale i profitti. Ma egli si rifiuta di ricondurre il fine del sostegno delle vendite a quello del profitto e afferma che si tratta di « uno sco­ po in sè » : in parte egli sostiene ciò sulla base delle ragioni anali­ tiche sopra enunziate ed in parte per una convinzione ricavata da sue indagini empiriche sulle opinioni degli uomini di affari (delle quali per altro il B. non fornisce documentazione).

1.2.4. Una ulteriore conferma della sua ipotesi il B. la trova nella preferenza, che si riscontra tanto spesso nella pratica, per la concorrenza in termini di pubblicità anziché in termini di ribassi di prezzi. Tale preferenza, secondo il B ., si spiega facilmente, assu­ mendo che l ’imprenditore miri a massimizzare le vendite: infatti la concorrenza mediante la pubblicità accresce sempre gli incassi lordi, mentre quella mediante i ribassi può anche ridurli.

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pubblicità tali da produrre crescenti perdite nette. Ma il B. trova un mezzo molto elegante per salvare la sua tesi dal naufragio. Ciò ( he importa, egli osserva, non è solo il volume attuale di vendite del­ l’impresa, ma anche quello futuro.

1.3.2. Perciò i dirigenti debbono preoccuparsi di realizzare un certflj( ammontare minimo » di profitti totali netti 121 che servono per sostenere il volume delle vendite future attraverso due v ie : a) col jo r nire l ’autofinanziamento e l ’ espansione immediata ; b)

pa-gandq_d m dendT_ « j q ^ g grcenti » agli azionisti e quindi preparando un terreno propizio alla emissione di nuove azioni ed a piani di espan­ sione futura. .« Sinché i profitti sono abbastanza elevati per mantenere soddisfatti gli azionisti e per contribuire adeguatamente al finanzia­ mento della impresa, i dirigenti rivolgeranno i loro sforzi all’aumento < egli incassi lordi anziché ad un ulteriore incremento dei profitti met­ ti ». Il fabbisogno di profitti per accontentare gli azionisti è determi­ nato dai futuri tassi correnti di mercato e dai programmi futuri del-

nnpresa ; quello per l’ autofinanziamento dipende dalle possibilità presenti di espansione che, a loro volta, sono dettate dalla prospet­ tiva di potere collocare una nuova produzione con ragionevole si curezza.

l . I . l . Il B. dimostra anche che, quando si tenga conto delle spese di pubblicità, l’ obbiettivo della massimizzazione degli incassi si troverà in contrasto con quello di realizzazione del profitto minimo qualunque sia il livello di questo.

Assumendo l ’impiego della pubblicità, infatti la curva dei ricavi o ali non avrà più il caratteristico andamento a campana. In rela­ zione ad un certo livello di prezzo, al primo tratto, marcatamente crescente, succederà un altro tratto, ancora ascendente, ma di pen­ denza più moderata e, dopo un certo punto, quasi n u lla : infatti il rendimento delle spese pubblicitarie sarà decrescente e, pertanto ad un certo punto l ’ascesa della curva dei ricavi totali diventerà molto piccola.

Cosi inevitabilmente, a un certo punto, la curva crescente dei cost! totah (inclusivi delle spese di pubblicità) taglierà quella dei

ri-(2) Il livello del profitto minimo, in gran parte delie indagini /mi

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cavi totali, annullando i profitti. La massimizzazione dei ricavi to­ tali comporterebbe dunque profitti negativi, mentre l ’oligopolista, secondo l ’ipotesi del B ., è soggetto al vincolo di un profitto minimo positivo.

1.4.2. Un altro argomento, che il B. sviluppa è quello che, nel suo modello, le spese di pubblicità generalmente tenderanno ad essere superiori che nel modello nel quale l ’imprenditore massimizza i pro­ fitti. Ciò perchè nello schema del B . l ’imprenditore non cessa di ope­ rare per l ’espansione delle vendite mediante l ’ azione pubblicitaria quando perviene al profitto massimo, ma soltanto in seguito, quando gli incassi hanno raggiunto un volume che consente solo il profitto

minimo.

1.5.1. I l B. confronta poi il proprio modello con quello nel quale l ’imprenditore forma il prezzo aggiungendo al costo medio un margine (« full cost pricing »). Egli osserva che .« in una azienda che produce un solo bene ed ha una sola variabile nel campo dei prezzi su cui decidere, l ’imprenditore che massimizza le vendite con il vin­ colo del minimo profitto accettabile, fissa un prezzo che gli permette di coprire il costo medio più il minimo profitto accettabile » (3).

La somiglianza con il modello nel quale il venditore forma il prezzo aggiungendo al costo medio un margine, nota il B ., è innega­ bile. Tuttavia, egli aggiunge, fra i due schemi vi sono importanti d if­ ferenze. La fondamentale consiste nel fatto che, nel modello del B ., l ’ imprenditore segue una regola marginalista : egli si preoccupa di massimizzare qualche cosa (si tratti pure degli incassi, anziché dei profitti, come nella teoria tradizionale). Invece, nelle teorie del « full cost », osserva il B ., l ’ imprenditore non appare intento a massimiz­ zare : egli obbedisce ad altre regole di condotta (4).

1.5.2. I l fatto che. si segua o non si segua un criterio margina­ lista ha poi molta importanza nel caso di una impresa che produca (3) Questo punto è illustrato con particolare chiarezza nella figura a pag. 75 del volume del B. in esame.

(4) Una importante teoria che rende ragione di tali comportamenti è quella di Sylos Labini-Bain-Modigliani. Cfr. spc. F. Modigliani, New Develop- nient on Oligopoli/ Front, Journal o f Politicai Economi/, 1958, 215-232. Il B.

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pai beni. Infatti l ’impresa c-he cerca di massimizzare le vendite, secoli- c o il modello del B ., diversificherà il margine da caricare su ciascun prodotto, in base ad un particolare calcolo margiiialista, che appare no evoluente lontano dal tipo di motivazioni proprio di certe teorie del « f u ll c o s t» . L ’ oligopolista, nel modello del B ., spinge il volume degli incassi (non necessariamente la produzione) ad un livello mag­ giore di quello che gli dà il massimo profitto : egli dovrà dunque ri­ partire fra 1 vari prodotti un ammontare totale di costi (per produ­ zione o per pubblicità) maggiore di quello del monopolista tradizio­ nale. Il B. mostra che questo si traduce nel seguente problema di massimizzazione : realizzare un massimo di incassi addizionali, muo­ vendo dalla posizione di massimo profitto a quella di profitto minimo J Si può cioè considerare la differenza fra il profitto massimo ed il pro­ fitto mimmo come un «jfondg di profitti sacrificabili » destinato ad aumentare gli incassi quanto più è possibile. Per raggiungere que­ sto obbiettivo, al margine, l ’impresa dovrà ottenere, per ogni dollaro di « profitto sacrificato », lo stesso incremento di incassi. Si dovrà dunque avere :

Aumento di ricavo marginale di a Aumento di ricavo marginale di y Perdita di profitto marg. per * ~ Perdita di profitto m a r g /p e r ^

1.6.1. I l B. fra 1 altro trae dal suo modello alcune impli­ cazioni riguardanti la teoria degli effetti delle imposte.

■¿e imposte in somma fissa, (ed a maggior ragione quelle sui pro­ fitti) nel nuovo modello, secondo il B ., vengono trasferite in avanti così come v e n à trasferito in avanti ogni altro aumento di costi fissi. « L imprenditore che non massimizza i profitti — scrive il B. — ha una riserva di profitto allo stato potenziale a cui rivolgersi quando egh ne sia costretto da quello che egli considera un aumento insop­ portabile dei costi di produzione ». Egli, intervenuta l ’imposta fissa, accrescerà i prezzi, aumentando i profitti (lordi di imposta) rasse­ gnandosi a sacrificare parte degli incassi, che pure gli stanno tanto a cuore. Se non facesse così, l’ obbiettivo del conseguimento del livello di profitto minimo sarebbe violato.

1.6.2. Un altro effetto delle imposte fisse, secondo il B ., è quello ¿ u ju durre (salvo eccezioni per beni e per tipi di pubblicità partico-

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clie il costo totale deve diminuire : questo, osserva il B ., porta seco, generalmente, una contrazione delle spese di pubblicità.

1.7.1. In stretta connessione con la affermazione che, nel suo «modello, le imposte dirette ed in generale ogni altro aumento dei costi ¡fìssi o variabili, hanno l ’ effetto di rialzare i prezzi e di contrarre la * produzione (e le spese di pubblicità) il B. sviluppa una ulteriore tesi :

quella che, generalmente, le politiche monetarie e fiscali antinflazioni- stiche esercitano una azione restrittiva anche nei confronti delle gran­ di imprese operanti in oligopolio e non solo nei confronti delle pic­ cole operanti in concorrenza. Tale tesi è svolta in polemica con il Galbraith.

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dono ridotta la domanda, a causa della riduzione del potere di ac quisto che rimane al pubblico, una volta pagati gli aumenti di prezzo stabiliti dalle imprese oligopolistiche (5).

1.7.3. Il B. afferma che, se si accetta il suo modello, la tesi del Galbraith, non può più essere accolta. L ’ impresa che massimizza le vendite, al momento in cui l ’inasprimento fiscale o creditizio è in­ trodotto, ha già fissato il prezzo che le permette il massimo incasso. Per conseguenza l ’aumento di prezzi reso necessario dall’ aumento dei costi fissi restringe inevitabilmente gli incassi.

Ne segue che le misure fiscali e creditizie antinflazionistiche eser­ citano una azione restrittiva anche sui settori oligopolistici e non solo su quelli concorrenziali. Il B. non ritiene che tale efficacia re­ strittiva debba essere sempre necessariamente pari, per i due tipi di settori ; ma ritiene che la sua teoria dell’ oligopolio sia sufficiente per dimostrare che, in ogni caso, non vi sono ragioni per affermare che le suaccennate misure presentino una tendenza sistematica ed univoca alla discriminazione contro i settori concorrenziali.

I l B. sostiene inoltre che la sua tesi vale anche quando si am ­ metta che, per ragioni particolari, prima dell’ introduzione delle m i­ sure monetarie o fiscali restrittive, le imprese oligopolistiche avessero di fronte a sè liste di ordini insoddisfatti. Le misure in questione, infatti, decurtando, attraverso il loro processo di traslazione in avan­ ti, le liste di ordini insoddisfatti, eserciteranno pur sempre una azione restrittiva sulle spese degli oligopolii : questi invero, vedendosi ridotta la domanda in eccesso, ridurranno i piani di espansione che in pre­ cedenza avevano progettato.

(5) Cfr. J. K. Galbraith, Market Structure and Stabilization P o liv a,

Review of Economica and Statistica, 1957, p. 124-133. Va notato che il Galbraith,

in questo saggio, sviluppa anche un’altra tesi (che però il B., nella sua po­ lemica, lascia in disparte): quella che le misure monetarie antinflazionistiche discriminano contro i settori concorrenziali di più delle misure fiscali. La ra­ gione principale di ciò, secondo il Galbraith, va rintracciata nel fatto che le banche, quando si trovano con una ridotta disponibilità di fondi per il cre­ dito, cominciano con il decurtare i finanziamenti meno redditizi, ossia quelli alle imprese piccole, che sono i più rischiosi e richiedono una maggior attività amministrativa. Il Galbraith ha ripreso questo argomento in The Affluent So­

ciety, Cap. XV, XVI, XVII (Houghton Mifflin Boston, 1958) (trad. it. Econo­ mia e Benessere, Comunità, Milano, 1958), modificando alquanto la sua teoria:

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