Dopo aver delineato il contesto culturale dei committenti e il loro comune interesse per la pieve di Santrovaso non è difficile intendere quale nobile origine dovessero avere le opere che giungono nella chiesa entro la prima metà dell’Ottocento.
Lo spirito del Bortolucci, amante delle arte e desideroso di arricchire la chiesa parrocchiale di nobili opere e la disponibilità economica degli Albrizzi, vogliosi di mostrare il loro potere e la loro ricchezza al di fuori dell’oratorio delle Grazie, si uniscono nel 1826 per dar vita ad un’eccellente abbellimento della pieve di Santrovaso.
L’epigrafe che abbiamo riportato all’inizio del capitolo non ci deve indurre in errore. È specificato che il restauro si deve al contributo delle elemosine dei fedeli, ma la differenza la fece la notevole profusione di denaro garantita dagli Albrizzi.125
Tra le prime opere giunte nella pieve sono da segnalare i quattordici quadretti della Via Crucis presenti nella chiesa, con ogni probabilità, già dal 1809 quando, per decreto vescovile, viene istituito questo pio esercizio a Santrovaso126. Non si hanno certezze su chi sia il possibile committente da rintracciare in uno degli Albrizzi o in Giambattista Dolfin che, nei suo anni di soggiorno a Santrovaso, è presentato come addetto alla recita della Via Crucis quaresimale e che, data la nobile estrazione familiare, poteva certamente adoperarsi per l’acquisto di queste litografie.127
che aveva nei confronti della parrocchia di Santrovaso, Bortolucci ne parla per es. in B.M.Correr,
Epistolario Cicogna, Bortolucci, 28 ottobre 1824, in cui è accesa la rivalità tra i due sacerdoti.
125 È sicuramente marginale il contributo dei fedeli rispetto a quello garantito da Carlo Albrizzi. Qualora ci fosse stato un effettiva partecipazione dei parrocchiani essa proviene dalle elemosine raccolte dalle confraternite di San Valentino e del Rosario. Infatti nel registro delle anime (1820 – 1845) tenuto dalla fabbriceria non vi sono uscite a proposito di questi lavori.
126 Il decreto fu formulato dal vescovo Marino dal reverendo Pietro Zen. I quadri con le 14 stazioni della Via Crucis, secondo C. Agnoletti, 1897, p.532,
127 L’istituzione dell’esercizio della Via Crucis nel 1809 (Cfr. L.Pesce, La visita pastorale di
Sebastiano Soldati nella diocesi di Treviso (1832-1838), Roma 1975, p.288.) implica che i 14 quadri
con le stazioni fossero già presenti. Il dono di tali quadri dovrebbe essere o di Giuseppe Albrizzi (marito di Isabella Teotochi) o di Giambattista Gaetano padre di Carlo Albrizzi. Quest’ultimo è certamente committente di un'altra via Crucis, opera del Carrer, donata all’Oratorio delle Grazie nel 1829 (Cfr., AC.TV, Zangrando, Memorie storiche, pro manoscritto 1919, v. 2 , ad. Voc. Ecclesiam SS.
L’azione più importante è quella del giovane Giambattista Carrer chiamato da Carlo Albrizzi a nobilitare la chiesa di nuove opere d’arte.128 La prima opera che arriva nella pieve deve essere il lacunare con il martirio dei Santi Gervasio e Protasio realizzato, secondo alcune fonti, nel 1828 anno in cui il parroco, in una lettera del 18 settembre 1828, si gloria di un pregevole quadro che a molti è andato a grado129. Le
altre due tele sono composte entro la metà degli anni Trenta, ma non sono descritte nel 1835 nell’ occasione della visita pastorale del vescovo Sebastiano Soldati in cu il parroco si limita a precisare che gli altari non sono decorati di alcuna prerogativa.130 Di certo, nel 1833, è eseguita la pala della Madonna del Rosario, stando alla data riscoperta, assieme alla firma del pittore, durante il restauro del settembre 2012. Si impegna nell’acquisto il Cicogna che, delegato dallo zio Bortolucci, chiese informazioni su questa opera esposta in Accademia nell’Agosto del 1833.131
Nella visita pastorale sopra citata è specificata l’attenzione dei fabbriceri alla cura delle suppellettili sacre e al loro restauro. Il parroco è elogiato per la ricchezza degli ori tra cui compare l’ostensorio del Risorto, come uno dei pezzi più pregiati di manifattura veneto-padovano del XVIII secolo, e un pregevole reliquario acquistato in quegli anni dai due fabbriceri, a cui competeva la cura del Tesoro.132
Tra le opere eseguite in questi anni, il Cicogna precisa che Carrer realizza, all’interno della chiesa sopra il portale maggiore, anche un affresco raffigurante il
Sacrificio di Isacco a spese degli Albrizzi poi coperto con la costruzione della
cantoria..133
In questo breve elenco delle opere d’arte giunte a Santrovaso nella prima metà dell’ottocento, trovano spazio anche due pregiati messali regalati al Bortolucci da
128
Secondo l’epigrafe riportata all’inizio del capitolo il pittore Carrer risulta “accademico alunno”, quindi ancora non ha terminato gli studi. In quegli si era distinto per molti premi nella classe di pittore tanto da meritare le attenzioni di Carlo Albrizzi.
129 B.M.Correr, Epistolario Cicogna, Bortolucci, 18 settembre 1828. Il lacunare è descritto per la prima volta in A.C.TV, Visitationum, 17 settembre 1875, b.69, oggi risulta disperso
130 A.C.TV., Visitationum, 14 ottobre 1835, b.60. Di sicuro l’opera del Rosario è conclusa nel 1833 quando, nell’agosto di quell’anno, viene già menzionata dal Bortolucci. Egli sa infatti che è esposta all’accademia di Venezia e invita il Cicogna a visionarla (B.M.Correr, idem, 18 agosto 1833). La frase “non sono decorati di alcuna prerogativa” non esclude che i quadri fossero già in chiesa anche perchè il termine prerogativa fa riferimento a delle indulgenze che invece godeva l’altar maggiore.
131 I quadri vengono descritti per la prima volta in A.C.TV, Visitationum, 17 settembre 1857, b.66. 132 A.C.TV., idem. A.P.Santrovaso, Atti della fabbriceria, inizio Ottocento.
133
F. Bazzotto, I diari di Emanuele Antonio Cicogna, in “Venezia Arti”, 1988, p.83, n.26. Qui è specificato che il lacunare venne terminato nel 1829 mentre l’affresco che viene menzionato fu eseguito da Carrer nel 1830. A lui si deve anche un clipeo con la Croce di Cristo che stava nella volta del presbiterio (fig.) Cfr. B.M.Correr, ms. 2845, 1 ottobre 1830.
due eminenti personalità. Il primo è donato dal caro nipote Emanuele Cicogna per la pasqua del 1834, mentre il secondo dal patriarca Giacomo Monico in visita alla pieve sul Terraglio il 6 ottobre del 1843 per i festeggiamenti della Madonna del Rosario.134 Alla pietà del conte Alessandro Albrizzi si deve l’imponente organo realizzato dai fratelli Bazzani tra il 1842 e il 1843.135 Ancor oggi rimane, al centro della cantoria, l’epigrafe che certifica tale donazione:
ORGANA PRAECIPUE IMPENSIS ET PIETATE C.OM ALEXANDRI ALBRIZZI CONFECTA A.NO MDCCCXLII
Con questo strumento, il 14 febbraio 1844, sarà eseguita la messa novella voluta dal Bortolucci per la festività di San Valentino, co-patrono di Santrovaso.136
134 Per i messali si veda B.M.Correr, Epistolario cicogna, Bortolucci, 15 aprile 1834 e 30 ottobre 1843. Vi è cui un epigrafe che ricorda la visita del patriarca Giacomo Monico riportata in Idem, ms, Cicogna 567. I messali sono ancor oggi conservati nell’archivio parrocchiale di Santrovaso.
135 G. Ferrara, F. Zanin, Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio di Santrovaso. Restauro dell’Organo, Preganziol 2002, p.9 -16