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Oggetto della ricerca e strumenti metodologici

4. UNO SGUARDO ALLE PRATICHE

4.4 Oggetto della ricerca e strumenti metodologici

La mia ricerca non si è focalizzata sulle occupazioni abitative, che sono comunque presenti nell’orizzonte del mio lavoro, ma sull’esperienza degli sportelli non istituzionali per il diritto alla casa; per sportello non istituzionale intendo quello della realtà dei centri sociali, che nonostante siano attivi al di là del pubblico e con modalità non legali operano un servizio per la cittadinanza. Gli sportelli propongono non solo un orientamento o un supporto di tipo legale a titolo gratuito, ma offrono anche un sostegno di tipo solidaristico verso chi è sotto sfratto. L’attività dello sportello non si esaurisce semplicemente nel supporto, in particolare ma non solo, per le pratiche dello sfratto o la resistenza allo sfratto, ma è anche un momento di rielaborazione politica e di presa di coscienza dei propri diritti ed, in qualche modo, può anche essere considerata la fase precedente a quella dell’occupazione. Lo sportello diventa lo spazio non solo per supportare delle persone in difficoltà abitativa, ma anche per spiegare loro la realtà in cui si trovano e il percorso di lotta che si conduce: per esempio manifestazioni, picchetti anti – sfratto ed, infine, occupazioni. Più avanti spiegherò meglio il lavoro e la struttura degli sportelli per il diritto alla casa.

Inizialmente ero intenzionata ad osservare in modo comparativo il lavoro – sia in termini di ricadute sul territorio sia rispetto agli strumenti e al percorso proposto – degli sportelli istituzionali rispetto a quelli non istituzionali. Dopo essermi resa conto che difficilmente avrei potuto condurre una ricerca di questo tipo all’interno di un percorso di laurea magistrale per gli evidenti limiti di tempo (o almeno quelli prefissati da me) ho deciso di restringere il mio raggio di osservazione al lavoro degli sportelli non istituzionali. Non volevo semplicemente esaurire i miei tentativi di ricerca in delle interviste, ma la mia idea era quella di poter dedicare più tempo possibile all’osservazione del lavoro di questa realtà in modo da, magari, continuare a rimanere

363 Ufficio Centrale di Statistica del Ministero dell’Interno, Gli sfratti in Italia: andamento delle procedure di

rilascio di immobili ad uso abitativo. Aggiornamento 2013, n. 1/2014. Il documento è consultabile al link:

121 semplicemente sulla soglia di questo mondo, ma in maniera più consapevole, potendo comprendere al meglio le sue dinamiche ed i suoi obiettivi.

La mia ricerca è stata di tipo qualitativo: non ero interessata a raccogliere dei dati – cosa tra l’altro estremamente difficile in questo campo di indagine – ma ad osservare le pratiche di fronteggiamento dal basso dell’erosione del diritto alla casa.

Ho scelto, in particolare, la modalità dell’osservazione partecipante364 che mi sembrava quella più adeguata al mio scopo. Nel mese di febbraio 2014, grazie ad un mio conoscente intermediario, ho con facilità preso contatto con il rappresentante di uno sportello e, poi, subito dopo, in una riunione a livello regionale, con alcuni dei rappresentanti dei movimenti per la casa che aderiscono alla rete Abitare nella crisi,365 ho avuto modo di conoscere un’attivista dell’altra realtà di movimento da me presa in considerazione.

La mia osservazione partecipante si è, in modo particolare, rivolta allo sportello D(i)ritto alla Casa del C.S.O.A. Gabrio366 e a quello Prendocasa, del Centro Sociale Askatasuna. 367

Il mio lavoro di ricerca si è svolto da febbraio a dicembre 2014 in modo non continuativo: da fine aprile ad inizio giugno sono stata fuori Europa e nel mese di agosto anche gli sportelli hanno chiuso per ferie.

Entrambe le realtà garantiscono un’apertura a cadenza settimanale, nell’orario preserale. Anzi per essere precisi, quando ho iniziato, il servizio di sportello era in più giorni settimanali, ma in luoghi diversi: nel centro sociale e nelle occupazioni.

Il Gabrio oltre l’apertura del giovedì all’interno del Centro Sociale offriva anche lo stesso servizio il martedì – ora sospeso – all’interno della occupazione di Via Muriaglio, la prima da quando il percorso dello sportello ha avuto inizio. Il giovedì oltre allo Sportello Casa è attivo, in concomitanza, quello di supporto e orientamento legale per gli immigrati con problemi relativi ai permessi di soggiorno. Sempre durante gli stessi orari è aperto l’ambulatorio popolare autogestito, la Microclinica Fatih, seguito da medici, infermieri e psicologi, con l’obiettivo di dare informazioni, consulenza e prestazioni infermieristiche.

Invece l’Askatasuna il martedì in contemporanea apriva – e ancora apre – lo sportello nella sua sede e nello stabile occupato di via Pietra Alta, situato ai margini della città, a Torino Nord, poco prima dell’imbocco per l’autostrada. Al martedì si aggiungeva anche il lunedì, all’interno dell’occupazione di Corso Traiano, dall’altro lato della città, a Torino Sud. Questo sportello ora

364 Ho consultato in particolare il testo di Semi G., L’osservazione partecipante: una guida pratica, Il Mulino,

Bologna, 2010.

365 www.abitarenellacrisi.org.

366 www.gabrio.noblogs.org/sportello-2/sportello-diritto-alla-casa/ 367

122 non è più attivo perché questa palazzina, dopo neanche un anno, è stata sgomberata il 18 giugno 2014.

Ho tracciato questo breve quadro perché da febbraio 2014 alla data in cui scrivo (gennaio 2015), la situazione si è modificata: non solo lo sgombero di questo stabile, ma anche altri eventi in città, hanno influito e modificato la lotta alla casa a Torino. Questo evidenzia la difficoltà di studiare e, in qualche modo, l’impossibilità di fissare qualcosa che sta avvenendo in contemporanea alla ricerca, che è soggetto alle modifiche delle pratiche, delle interazioni sociali e anche delle leggi e delle normative. Perciò quello che scrivo e in qualche modo già passato e rispecchia ciò che ho avuto modo di osservare, dalla mia prospettiva, in un determinato lasso di tempo. «Bisogna considerare, però, che ricerche come queste non saranno mai complete o quantomeno definitive, lo studio di un gruppo di individui è perennemente “in movimento”, in mutazione continua. Come ogni fenomeno sociale, cambia le sue forme di continuo».368

Ho frequentato lo sportello Prendocasa, dell’Askatasuna – in sede ed una volta in corso Traiano – da febbraio a fine aprile, mentre quello del Gabrio in un lasso di tempo più lungo: dopo i due mesi primaverili, da fine giugno a fine novembre con un pausa estiva. Dal secondo sportello, a partire dall’estate, il mio ruolo si è trasformato da quello di osservatore a quello di membro più attivo, partecipando alle riunioni e portando il mio parere su diverse questioni, ed intervenendo durante l’attività dello sportello. Questa mia partecipazione più attiva ha creato dentro di me diversi dubbi metodologici, avendo spesso difficoltà a distinguere tra i confini dell’oggetto della ricerca ed il coinvolgimento in prima persona e facendomi sentire spesso in un limbo: né da una parte né dall’altra. Però ho sicuramente avuto modo di arricchire le mie conoscenze in merito alle pratiche e alle motivazioni che stanno dietro alla lotta per la casa.

Oltre all’osservazione partecipante, al termine del periodo di ricerca, ho scelto di intervistare con delle interviste semi–strutturate due rappresentanti di entrambi gli sportelli. Ho deciso di svolgere le interviste alla fine e non all’inizio della ricerca non casualmente. Infatti, mi interessava poter avere un rimando e, in qualche modo, una sistematizzazione di quello osservato da chi lo praticava da anni. Se avessi condotto le interviste all’inizio, avrei semplicemente esplorato qualcosa che ignoravo o conoscevo vagamente.

Ma la mia ricerca non si è limitata a questo. Nei mesi passati ho avuto modo di partecipare ad un picchetto anti–sfratto, a manifestazioni ed iniziative diverse in città per la lotta alla casa. Ho, inoltre, incontrato uno dei rappresentanti dello Sportello Casa di San Salvario, gestito in particolare da giovani abitanti del quartiere, - al momento non attivo – ed ho assistito ad una loro riunione. Infine, per avere una panoramica più completa sulla situazione della lotta alla casa a

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123 Torino, ho incontrato uno degli attivisti dell’area anarchica torinese, attiva e radicata in questo ambito, in particolare, nel quartiere di Borgo Dora e Barriera di Milano. L’incontro, nella casa occupata di via Cuneo – sgomberata poco dopo – è stato, per me, un momento importante per comprendere al meglio il panorama torinese in merito alla lotta per la casa e le sue diversità all’interno.

Poi, quando agli inizi ero ancora tentata dall’idea di comparare gli sportelli istituzionali a quelli non istituzionali, ho preso appuntamento e fatto, un’intervista informale, ad un rappresentante del sindacato SUNIA (Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari).

Inoltre è stato necessario mantenermi continuamente informata su quello che accadeva – sia a livello territoriale sia nazionale – in merito alla questione abitativa e per questo è stato fondamentale l’uso di internet e di diversi siti di informazione, in particolare di quelli legati ai movimenti sociali; l’ampia sitografia in merito ne è testimone.

Per completezza devo, poi, aggiungere come la mia esperienza di ricerca sia stata in qualche modo stimolata o, sicuramente, influenzata dalla costante frequenza – da giugno a dicembre 2014 – dell’occupazione, principalmente composte da rifugiati ma anche da alcune famiglie sgomberate da altre palazzine, delle Salette di piazza Massaua. Insieme ad altre persone ho iniziato ad insegnare italiano, anche nella prospettiva di creare un momento di socialità ed, inevitabilmente, sono stata coinvolta nelle dinamiche della palazzina, nell’evoluzione dell’occupazione e nelle storie dei suoi abitanti. Questa realtà, non è stata oggetto della mia ricerca, ma ovviamente, anche se implicitamente, non può che essere presente nel mio lavoro. Inoltre ho avuto la possibilità di sperimentare, anche se marginalmente, in prima persona – che poi è lo stesso orizzonte in cui si muove l’osservazione partecipante – le difficoltà di vivere in una palazzina occupata. Penso, per esempio, alla luce che andava e veniva e quindi all’impossibilità di far lezione per me, e per il resto degli abitanti di cucinare o scaldarsi, e tutte le discussioni a riguardo o i continui tentavi di aggiustare l’impianto.

La mia ricerca si è mossa, quindi, in questo quadro e, sicuramente, il sapere che ho acquisito è molto di più di quello che riesco a restituire in questa sede. Credo, da una parte, per l’esigenza di tempo che avrei per sistematizzare meglio il mio lavoro e concretizzarlo in parole e concetti e dall’altra per dei limiti personali. Se il sapere è anche una pratica di controllo fin a che punto, soprattutto se si studia una realtà che si posiziona al di là del legale, si può trasmettere questa conoscenza e, che cosa, è opportuno omettere? Io, probabilmente, ho ancora una immaturità di ricerca tale da non conoscere questo confine. Inoltre, i diversi attivisti dello sportello erano consapevoli che stessi svolgendo una ricerca per la tesi di laurea, ma le persone che si

124 rivolgevano allo sportello non ne erano informate. Questo per me è stato, ad un certo punto, un elemento di difficoltà sul quale mi sono arenata e, anche per questo, ho smesso di trascrivere gli appunti etnografici che stavo trascrivendo. Certo, sarebbe stato anche estremamente difficile – e forse improbabile – informare tutti quelli che si rivolgono allo sportello a riguardo, ma ho comunque rilevato questa come una criticità.

Gli appunti che ho preso sono stati, infine, ordinati in un diario etnografico, che non fa parte di questo lavoro: se ne trova qualche stralcio nell’introduzione e nelle conclusioni della tesi. Nonostante esso non sia poi stato usato sotto forma di rielaborazione, le osservazioni, annotate durante le ore di sportello, sono servite come spunto di riflessione per articolare questo lavoro. All’inizio della mia ricerca, nel mese di febbraio 2014, ero a Roma e ho avuto modo di partecipare ad una riunione cittadina di alcuni degli attivisti per il diritto alla casa, legati all’esperienza dell’Alexis Occupato e dello spazio occupato Acrobax.369

Ad un certo punto dell’incontro, folto di persone, stipate in una stanza di una struttura che era stata occupata da poco, sono rimasta colpite da un intervento. Si parlava delle narrazioni sul mondo giovanile e sulla terminologia Neet Generation, acronimo inglese utilizzato per indicare, riferendosi indicativamente alla fascia d’età tra i 15 e i 29 anni, chi è not (engaged) in Education,

Employment or Training; della necessità di riappropriarsi della terminologia - anche in chiave

sarcastica – e di proporre una contro-narrazione. Pensando a quell’incontro e alle riflessioni che mi ha indotto credo che sia necessario non solo proporre una contro-narrazione, ma prima di tutto una narrazione di quello che è la lotta per la casa. Mi sono resa conto, anche parlando con amici e conoscenti, spesso vicini ai cosiddetti “ambienti di sinistra” di come, in realtà, si abbia solo una vaga idea di cosa significhi occupare e di tutto quello che è legato alla lotta per la casa; per questa ragione, nel paragrafo seguente, presenterò il lavoro degli sportelli utilizzando le parole degli stessi attivisti.

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