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2. LA CITTADINANZA

2.5 La riduzione della cittadinanza sociale: pratiche repressive e stigmatizzanti

2.5.1 Picchetti anti–sfratto

Gli esempi che si possono citare per mettere sotto luce il processo di criminalizzazione e repressione dei movimenti per il diritto alla casa e degli occupanti – e quindi di conseguenza uno svuotamento dello stesso diritto alla casa – sono molteplici: tra questi si è già visto e analizzato in precedenza l’articolo 5 del decreto Lupi. Si può poi sicuramente far riferimento ad altri strumenti legislativi utilizzati in questo senso come l’articolo 610 c.p.c. (Codice di Procedura Civile), diventato particolarmente famoso nei contesti di movimento torinesi per la sua frequente applicazione. Questo articolo, considerato un provvedimento temporaneo nella procedura di esecuzione forzata di uno sfratto prevede che: «Se nel corso dell'esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell'esecuzione, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti».204

La resistenza rappresenta una delle «difficoltà» nell’eseguire lo sfratto da parte dell’ufficiale giudiziario verso chi non vuole lasciare l’immobile in questione. La resistenza anti - sfratto è diventata una pratica dei movimenti (e anche di alcuni sindacati in determinate città)205 che lottano per il diritto alla casa ed è organizzata tramite quello che è chiamato “picchetto”. Questa

203 Ivi, pp. 248–249.

204 L’articolo 610 (provvedimenti temporanei) è stato consultato a questo link: www.altalex.com. 205

74 parola, di derivazione militare è poi confluita nel lessico militante della fine degli anni sessanta del movimento operaio per indicare un assembramento di persone – lavoratori, sindacalisti ma anche studenti – riunitesi davanti ai cancelli della fabbrica per evitare di far entrare, durante gli scioperi, chi non voleva aderire. Quindi il “picchetto” diventa uno strumento di lotta con una doppia funzione: quella di cercare di far aderire – volontariamente o no – la maggior parte di persone possibili e quella di protestare fisicamente con la presenza dei propri corpi, che fanno da barriera tra i cancelli e chi vuole entrare a lavorare. I movimenti per la casa hanno fatto proprio questo strumento di lotta che, anche in questo caso, sembra aderire a più funzioni: quella di posticipare la data dell’esecuzione, grazie alla presenza di persone che allontanano con la presenza dei propri corpi l’ufficiale giudiziario e, nei casi in cui sono presenti, le forze dell’ordine dal portone di casa e quella di rendere visibile una protesta.

I picchetti anti-sfratto si pongono come obiettivo quello di provare ad ottenere una proroga dall’ufficiale giudiziario in modo di permettere alle persone interessate di rimanere il più possibile nell’alloggio in questione, almeno fino a quando non riescono autonomamente a trovare una soluzione abitativa oppure, nei casi in cui ci sono delle possibilità, ad ottenerla dal comune o dai servizi sociali.

Questa pratica è messa fortemente in discussione, in particolar modo nella città di Torino, dalla quasi automatica assegnazione da parte dell’ufficiale giudiziario alla presenza di un picchetto dell’articolo 610 c.p.c., che prevede, nel caso in cui si riscontri l’impossibilità di eseguire lo sfratto, non una sua proroga, ma la possibilità che esso venga eseguito a “sorpresa”, senza nessun preavviso e in qualsiasi momento: una procedura che, come facilmente intuibile aggrava il senso d’ansia vissuto dagli inquilini, che si trovano a rischio di rimanere senza casa da un momento all’altro. Nell’intervista agli sportelli casa di due centri sociali emerge come l’applicazione del 610 sia problematica nell’organizzazione della resistenza agli sfratti; di seguito riportiamo a riguardo uno stralcio dell’intervista:

Con il concentramento degli sfratti in un giorno206 ed ora con il 610 stanno cercando di tutto per limitare le resistenze.

A.: «Sì, con il 610, si sono risolti anche quel problema lì. È disarmante, ti trovi a dover scegliere

tra dire alla gente: facciamo il picchetto e rischiate che vi diano il 610 e da un giorno all’altro potete essere sbattute fuori di casa, o non facciamo il picchetto e vi sbattono fuori comunque. Anche per noi è difficile, stiamo provando a vedere. Adesso il secondo accesso non lo facciamo

206 A Torino l’esecuzione degli sfratti veniva concentrata in uno stesso giorno, il terzo martedì del mese, cercando di

mettere in difficoltà l’organizzazione e la presenza di solidali alla resistenza a più sfratti, contemporaneamente in diverse parti della città.

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più, perché è meno a rischio, andiamo in due in casa ad aspettare l’ufficiale giudiziario e vediamo come va, poi magari ci danno il 610. È difficile ormai fare un picchetto e capire come muoversi in città, le hanno studiate tutte... Con uno dei nostri casi storici, Patrizia sul blog lo trovi207 siamo riusciti a fare nove accessi. Una volta era così, adesso i tempi sono cambiati».

Nella seconda intervista emerge come il 610 interrompe non solo la pratica del picchetto, ma anche il relativo immaginario simbolico; la stessa visibilità dello sportello sembra venir meno.

A.: «Han tolto tutto l’immaginario che prima c’era il picchetto. Inizialmente avevano messo tutti

gli sfratti il terzo martedì del mese, poi hanno appunto creato questa pratica del 610, che ha rovinato in parte questo immaginario. Nel senso che quando una persona si avvicinava ad un picchetto vedeva che si potevano avere tre mesi di rinvio […] e quindi le persone erano incentivate ad andare allo sportello, ad intraprendere questa lotta perché nell’immediato dava anche dei risultati».

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Sul blog si trovano i video e il racconto della resistenza ai nove accessi giudiziari di Patrizia. Patrizia con la sua famiglia ha resistito con i picchetti anti - sfratto per un anno e mezzo fino a quando è riuscita ad ottenere un affitto da un privato con la garanzia della circoscrizione e un contributo dal centro servizi del comune di Torino Lo.C.A.Re (Locazioni Convenzionate Assistite Residenziali). Si rimanda al blog: www.prendocasa-torino.noblogs.org.

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