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Prima di andare al cuore della questione che in modo particolare interessa il presente studio e dopo aver provato ad individuare le motivazioni che hanno portato alla redazione del I comma dell’art. 117, occorre, seppure di sfuggita, definire l’oggetto di tale disposizione in parola, mettendo in luce, al tempo stesso, come essa sia, insieme all’art. 10, I comma, Cost., il principale parametro costituzionale di riferimento dell’indagine che si sta ora svolgendo. A tal proposito, non par dubbio che, con la norma in esame, si sia voluto procedere all’apposizione (e quindi al riconoscimento dell’esistenza) del doppio limite alla potestà legislativa statale e regionale di cui, in via generale, si è già detto; tuttavia, non è possibile comprendere i termini entro i quali tale vincolo operi, senza chiedersi quale sia la portata delle espressioni “diritto comunitario” e “obblighi internazionali”, utilizzate dal legislatore di riforma nella redazione del nuovo testo costituzionale. Se non sembra difficile intuire che il riferimento della prima delle due formule sia, oltre che ai trattati, ai regolamenti, alle direttive e agli altri atti tipici delle istituzioni comunitarie (il c.d. “diritto comunitario derivato”) e, di fatto, coincida con la nozione di diritto comunitario che la Corte costituzionale, nella sua nota giurisprudenza in materia, ha ricondotto all’art. 11 Cost., affermandone il primato sul diritto interno (fatti salvi – com’è noto – i principi fondamentali), le cose sembrano maggiormente complesse in riferimento agli obblighi internazionali. Alla luce di quanto appena detto, infatti, sembrerebbe che, per quanto riguarda il diritto promanante dalla Unione europea, vi sia coincidenza tra il contenuto dell’art. 117, I comma e quello dell’art. 11 Cost., tale circostanza ponendo non pochi interrogativi circa il rapporto sussistente tra gli articoli appena citati (ma sul punto si tornerà); qualche problema in più, viceversa, sembra porre – come si diceva – il riferimento agli obblighi internazionali.

A tal proposito, la dottrina ha molto dibattuto su quali atti esterni al nostro ordinamento debbano considerarsi produttivi, appunto, degli obblighi internazionali limitativi della potestà

legislativa di Stato e Regioni; seppure brevemente, occorre adesso ricordare le diverse interpretazioni che negli anni sono state proposte in merito.

Secondo un’impostazione estensiva, il I comma dell’art. 117 Cost. farebbe riferimento a qualsiasi obbligo internazionale, ossia ad ogni documento internazionale cui lo Stato abbia aderito nelle forme all’uopo previste, da cui discendano dei vincoli per lo Stato stesso; effettivamente, stando alla lettera dell’enunciato linguistico che si sta prendendo in considerazione, la generalità e la vaghezza dell’espressione “obblighi internazionali” (e l’assenza, pertanto, di una qualsivoglia specificazione al riguardo) non lascerebbe scampo a dubbi interpretativi304. Sembra infatti che il legislatore del 2001 abbia voluto incidere in maniera particolarmente intensa sulla possibilità di legiferare degli enti richiamati, costituzionalizzando l’esistenza di un vincolo di ampia portata, in grado di imbrigliare, o comunque di molto restringere, l’azione normativa dello Stato e delle Regioni.

Per quanto l’interpretazione appena suggerita sembri quella più aderente al dettato dell’articolo, tuttavia non si può negare come essa vada incontro a talune critiche di non poco conto; un primo profilo problematico, peraltro richiamato dalla maggior parte della dottrina, è rappresentato dalla considerazione che, accogliendo una nozione così ampia di obblighi internazionali, si finisca necessariamente per includere gli accordi in forma semplificata che, com’è noto, il Governo può concludere senza l’intervento del Parlamento305; in tal modo – si è detto – il

304 Accenna a quali debbano essere considerati gli “obblighi internazionali” anche la Corte cost., al punto 6 del cons. dir., della sent. n. 311/2009.

305 B. CARAVITA, La Costituzione, cit., 117, è dell’idea che il riferimento non sia a tutti i trattati internazionali, ma soltanto a “quelli che entrano nell’ordinamento italiano con forza di legge o superiore alla legge” (quindi le norme di natura consuetudinaria introdotte tramite il procedimento dell’art. 10, I comma e i trattati immessi nel nostro ordinamento tramite la procedura dell’art. 80 Cost., o per mezzo di ordine di esecuzione). B. CONFORTI, Diritto

internazionale, cit., 291, ricorda come la giurisprudenza della Cassazione abbia negato valore, per l’ordinamento

interno, ai trattati privi di ordine di esecuzione. Esclude che gli accordi in forma semplificata possano costituire un limite nei confronti del legislatore statale, essendo vincolanti solo quei trattati che siano “resi esecutivi con leggi”, anche G. GEMMA, Rispetto dei Trattati internazionali, cit., 605 s., il quale aderisce ad una “configurazione più estensiva del vincolo degli obblighi internazionali”, seppure con alcune limitazioni. Pone la questione degli accordi in forma semplificata anche G. SERGES, Sub art. 117, cit., 2216; per quanto l’art. 117 faccia riferimento alla categoria degli obblighi internazionali genericamente considerati, in merito “allo strumento con il quale l’obbligo internazionale … debba sorgere”, questo A. ritiene (2218) che sia “condivisibile” l’opinione in base alla quale quello sancito nell’art. 80 della Carta sia “l’unico percorso che possa dar luogo all’assunzione di un obbligo conforme a Costituzione”, in tal modo escludendo l’ammissibilità degli accordi in forma semplificata. Cfr. quanto da ultimo rilevato da E. LAMARQUE,

Parlamento stesso (oltre che, ovviamente, le Regioni) finirebbe per trovarsi particolarmente esposto alla volontà del potere esecutivo, rimanendo soggetto a vincoli cui non potrebbe sottrarsi, senza aver partecipato alla loro costituzione306.

Con particolare riferimento, poi, alla categoria dei trattati (che la legge La Loggia, come a breve si dirà, considera nel loro complesso)307, ci si è chiesti se in grado di produrre obblighi vincolanti a norma dell’art. 117, I comma, siano solo quelli preceduti dalla legge di autorizzazione alla ratifica, secondo quanto dispone l’art. 80 Cost., o anche quelli che non riguardino le materie richiamate dall’articolo appena citato308. A tal proposito, c’è chi ritiene che l’art. 117 Cost. e l’art. 80 siano da interpretare in modo sistematico309, il che comporterebbe – se non si erra – la necessità dell’autorizzazione parlamentare nei confronti dei trattati che volessero vincolare la legislazione futura310. A fronte di un’interpretazione della disposizione che potrebbe dirsi “restrittiva”311, con la presentata al Seminario su Corte costituzionale, giudici comuni e interpretazioni adeguatrici, Roma, Palazzo della Consulta, 6 novembre 2009, in www.cortecostituzionale.it, 22 ss.

306 Non è privo di rilievo quanto osserva M. LUCIANI, Camicia di forza federale, cit., in merito al rapporto tra Parlamento e Governo; ad avviso dell’A., esso ne verrebbe condizionato anche nei casi di Trattati preceduti dalla legge di autorizzazione alla ratifica (o comunque nei confronti dei quali il Parlamento stesso dispone l’ordine di esecuzione), essendo comunque molto ridotto il raggio d’azione (ossia la possibilità di intervenire sul contenuto di “quanto pattuito”) del potere legislativo nei confronti degli “impegni internazionali” assunti da quello esecutivo. In particolare, nel caso degli accordi in forma semplificata, il legislatore statale finirebbe per essere subordinato a leggi il cui contenuto sia frutto prevalentemente della volontà del Governo. F. SORRENTINO, Nuovi profili costituzionali,cit.,1357,rileva come non sia possibilericondurre l’espressione ai soli obblighi internazionali discendenti dai trattati resi esecutivi con legge, ovvero a quelli la cui ratifica, a norma dell’art. 80 Cost., siano preceduti da legge di autorizzazione, ma in generale ad ogni accordo “perfezionato e divenuto efficace … sul piano internazionale” anche senza il rispetto dell’articolo da ultimo richiamato (compresi, quindi, gli accordi in forma semplificata, espressione di “un forte dislocamento di poteri a favore del Governo”). C.PANARA, Il diritto internazionale, cit., 8 del paper.

307 A. BONOMI, Il ‘limite’, cit., 198, fa notare come nella legge in parola non si sia operata una distinzione tra i trattati dai quali discendano obblighi rispetto a quelli che concedono facoltà.

308 In argomento, si veda ancora A. BONOMI, Il ‘limite’, cit., 198 e A.COSSIRI, Sub art. 117, cit, 1050 s.

309 Come osserva F. GHERA, I vincoli, cit., 58, che trae come conseguenza (59) l’esclusione degli accordi in forma semplificata dal novero delle fonti da cui possano discendere obblighi internazionali vincolanti a norma dell’art. 117 Cost.

310 A.D’ATENA, La nuova disciplina costituzionale, cit., 926. A tal proposito, infatti, l’A. pone il problema della vincolatività o meno dei trattati non preceduti da ratifica e degli accordi in forma semplificata.

311 F. SORRENTINO, I vincoli, cit., 4 del paper; l’A. rileva che questa impostazione non si può considerare il risultato di una interpretazione sistematica dell’art. 117 con l’art. 80 della Carta, nella misura in cui tali trattati, limitando la “legislazione futura”, sarebbero da ricondurre tra quelli che, secondo la lettera dell’articolo da ultimo richiamato, “importano … modificazioni di leggi”. Sul punto, cfr. C. PINELLI, I limiti generali, cit., 2004, 58. La

quale il limite alla potestà legislativa di Stato e Regioni viene rintracciato nelle consuetudini internazionali ex art. 10, nel diritto comunitario ex art. 11 e nei trattati ratificati previa legge di autorizzazione, si può invece rilevare come il tenore della disposizione in esame faccia ritenere che il limite in parola sia da ricondurre a “qualsiasi impegno validamente contratto dal nostro Paese e qualsiasi obbligo validamente sorto”312 (compresi, quindi, sia quelli privi di autorizzazione parlamentare, che quelli conclusi dalle Regioni a norma dell’ult. comma dell’art. 117 Cost.)313; tuttavia, si conviene sul fatto che, sotto il profilo della “validità”, non è possibile che discenda un vincolo per il legislatore da quegli “accordi internazionali” che, pur riguardando le materie sancite nell’art. 80 Cost., non siano preceduti dalla legge di autorizzazione alla ratifica (in tal modo, automaticamente escludendo anche quelli in forma semplificata che regolamentino le materie della disposizione da ultimo richiamata)314. Si tratterebbe in questi casi, infatti, di accordi invalidi (sia sul piano del diritto interno, che internazionale; altrimenti ragionando, si finirebbe per consentire al Governo di incidere sui poteri del Parlamento e delle Regioni anche nelle materie per le quali l’art. 80 richiede la legge di autorizzazione)315.

In via preliminare, e non potendo comunque scendere nel dettaglio della questione, quello appena esposto potrebbe apparire un falso problema qualora si accolga la tesi di chi316 rileva come la formulazione di quest’ultima disposizione di fatto sia molto ampia ed elastica, in grado quindi di abbracciare la maggior parte dei trattati (se non la quasi totalità di essi) che gli Stati di norma concludono; effettivamente, ad avviso di chi scrive, se ci sofferma a pensare, in particolare, ai trattati aventi “natura politica” o a quelli che comportano modifiche di leggi, viene difficile individuare accordi internazionali che restino esclusi dalla necessaria autorizzazione parlamentare. Se si concorda con quanto appena detto, pertanto, il problema a tal proposito sollevato sarebbe di fatto risolto. Si è, tuttavia, osservato come la risoluzione di questo problema sia strettamente

maggior parte della dottrina è dell’idea che sia necessario operare un’interpretazione sistematica dell’art. 117, I comma, ed effettivamente, per quanto si avrà modo di accennare, questa impostazione appare convincente.

312 F. SORRENTINO, I vincoli, cit., 5 del paper. L’A. osserva (6) che anche i trattati conclusi dal Governo, senza l’intervento parlamentare, comportano un “vincolo di conformità, il cui mancato rispetto sarà sindacabile nelle consuete forme dalla Corte costituzionale”.

313 Ibidem, 6 del paper. Secondo C. PINELLI, I limiti generali, cit., 59, la legge n. 131/2003 riguarda anche i trattati “non ancora ratificati o non soggetti a ratifica e gli accordi in forma semplificata”.

314 F. SORRENTINO, I vincoli, cit., 6 del paper. 315 Ibidem, 7 del paper.

316 L.S. ROSSI, Gli obblighi internazionali e comunitari nella riforma del Titolo V della Costituzione, in

www.forumcostituzionale.it, 2 del paper, ma, in particolare, A.RUGGERI,Fonti, norme e criteri ordinatori. Lezioni5, Torino,2009,138.

dipendente dalla risposta data ad un preliminare quesito: ossia, se il vincolo nei confronti dei due legislatori “discenda direttamente dagli obblighi internazionali”, ciò richiedendo necessariamente di verificare l’indispensabilità o meno della legge di autorizzazione alla ratifica, o se invece il limite sorga solo dopo che essi “siano stati recepiti all’interno dell’ordinamento”317. A tal proposito, C. Panara osserva come sia necessario (con particolare riferimento alla problematica inerente i rapporti tra Parlamento e Governo) che i trattati internazionali, per poter essere fonte di obblighi per il legislatore, abbiano prima ricevuto esecuzione in ambito interno318 (il titolare della funzione legislativa, infatti, sarebbe soltanto tenuto ad attivarsi “tempestivamente” ai fini della suddetta esecuzione per evitare allo Stato di incorrere in responsabilità per inadempimento319).

Un’altra rilevante questione, volendo fare un parallelo con quanto poco sopra si è detto a proposito del raffronto dell’art. 117, I comma, con l’art. 11, concerne la possibilità di ricondurre alla disposizione ora in esame anche gli obblighi discendenti dalle consuetudini internazionali, ex art. 10, I comma, Cost.320.

Un ausilio nella risoluzione dei diversi profili problematici che si sono brevemente esposti dovrebbe fornirlo la legge n. 131 del 2003321 che, al I comma dell’art. 1, sancisce che “costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all’art. 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranità di cui all’art. 11 della Costituzione, dall’ordinamento comunitario e dai trattati internazionali”. Il dettato di tale

317 A. BONOMI, Il ‘limite’, cit., 198.

318 Sulla stessa linea è A.RUGGERI,Fonti, norme e criteri ordinatori, cit, 143 s., a cui avviso l’unica ipotesi in cui il diritto pattizio internazionale sarebbe in grado di produrre efficacia immediatamente vincolante nei confronti delle leggi sarebbe quella di trattati derogatori rispetto a norme internazionali consuetudinarie che, “in virtù dell’adattamento automatico loro fatto in ambito interno, vedranno subito mutata la loro efficacia”. Quest’A. rileva poi che anche gli accordi e le intese stipulate dalle Regioni possono far sorgere una responsabilità per lo Stato, essendo tuttavia più difficoltoso ammettere che lo Stato non possa provvedere in modo ad essi contrastante (145). In argomento, si veda quanto afferma F. SORRENTINO, Le fonti del diritto italiano, Padova, 2009, 134 ss. e 280 ss., il quale è dell’avviso che gli accordi non appena perfezionati, a prescindere dal fatto che siano o meno resi esecutivi nell’ordinamento con un atto interno, siano in grado di produrre obblighi per il legislatore.

319 C.PANARA, Il diritto internazionale, cit., 8 del paper.

320 Sul punto, si veda, tra i tanti, anche A. BONOMI, Il ‘limite’, cit., 196 ss.

321 Tra i tanti richiamata anche da F. GHERA, I vincoli, cit., 52 s.; F. SORRENTINO, I vincoli, cit., 6 del paper e C.PANARA, cit., 10 s. del paper. Quest’ultimo A. osserva come, seppure la formula nella legge utilizzata sembri riferirsi a tutti i trattati (anche quelli non preceduti da legge di autorizzazione e agli accordi in forma semplificata), un’interpretazione conforme a Costituzione richiederebbe di interpretare l’art. 1 della legge La Loggia come rivolto ai trattati di cui all’art. 80 Cost.; G. SERGES, Sub art. 117, cit., 2218 s.; A.COSSIRI, Sub art. 117, cit., 1045.

articolo, peraltro rubricato “Attuazione dell’art. 117, primo e terzo comma della Costituzione, in materia di legislazione regionale”, del quale non a caso si è avvertita l’opportunità di riportarne letteralmente il testo, sembra fugare ogni perplessità in merito; l’art. 117, I comma, sembrerebbe, infatti, un grande contenitore in grado di inglobare in sé, tra le altre, anche le fonti riconducibili agli artt. 10 e 11 della Carta. In questo senso, pertanto, l’oggetto sarebbe in parte coincidente con quello degli articoli appena richiamati, rimanendo comunque molto più ampio rispetto al contenuto di essi.

Non sembra privo di significato, peraltro, che dal testo definitivo della legge la Loggia sia scomparsa la specificazione, invece presente nel relativo d.d.l. governativo322, che indicava, tra le fonti produttive di obblighi internazionali vincolanti, “i trattati internazionali ratificati a seguito di legge di autorizzazione”; se, come commenta G. D’Alessandro, l’individuazione dei trattati produttivi di obblighi sia stata volta ad “evitare un’applicazione della riforma che implich[asse] la costituzionalizzazione generalizzata di tutti gli accordi internazionali, indipendentemente da una loro sottoposizione al Parlamento”323, ad avviso di chi scrive, ragionando a contrario, è possibile ritenere mirata la scelta, operata in sede di votazione finale del testo di legge, di lasciare una formula più vaga ed elastica, ampliando così il novero dei trattati in grado di limitare la potestà legislativa statale e regionale324. Tuttavia, non è possibile escludere che, accanto a più serie e

322 A. MANGIA, Ancora sugli obblighi internazionali, cit., 806, osserva come nel d.d.l. in parola non si faccia alcun cenno ai “trattati adottati in forma semplificata” e “al vincolo che graverebbe in ordine ai trattati che fossero stati ratificati anteriormente all’entrata in vigore della l. cost. 3/2001”. L’A. è dell’idea che, in tal modo, si introdurrebbe in ambito interno il principio pacta sunt servanda, attribuendo ai “trattati approvati dalle camere una peculiare forza passiva nei confronti di modificazioni successive che si volessero introdurre da parte del legislatore”. A tal proposito, l’A. non manca di rilevare che si finirebbe dunque per “riconformare nel profondo il complesso di principi” che stanno alla base del rapporto tra diritto interno e internazionale, così come modellati in sede di Assemblea costituente (si avrebbe infatti una modificazione tacita del contenuto normativo e dell’ambito di applicazione degli artt. 10 e 11 Cost.”: 807). G. SERGES, Sub art. 117, cit., 2218 s., rileva come i motivi che hanno spinto il legislatore siano stati quelli di volere evitare un “contrasto con la prevalente interpretazione delle norme costituzionali preesistenti (gli artt. 10 e 11 Cost.) secondo cui i trattati internazionali divengono fonte degli obblighi per il nostro ordinamento solo a seguito dell’ordine di esecuzione e non già dopo la legge di autorizzazione alla ratifica” e l’“esigenza di vincolare la legislazione regionale a tutti gli obblighi assunti dallo Stato ivi compresi gli accordi non ancora ratificati” (ciò comportando la possibilità di includere anche gli accordi conclusi dal Governo).

323 G. D’ALESSANDRO, Varato il nuovo schema di disegno di legge per l’adeguamento dell’ordinamento

repubblicano alle modifiche del Titolo V della Costituzione (il c.d. Ddl La Loggia), in

www.associazionedeicostituzionalisti.it, 1 del paper.

324 Sul punto, v. G.M. CAPORALE, Gli obblighi internazionali, cit., 391 ss., il quale, nel ripercorrere le tappe che hanno portato alla emanazione della legge n. 131 del 2003 (e a modificare quindi il testo del d.d.l. originario), ricorda quanto il Governo affermava nella relazione di accompagnamento al disegno di legge quando rilevava che gli

precise motivazioni, nella decisione di modificare nel senso descritto la disposizione legislativa in parola, abbia influito (anche se non è facile individuare in quale percentuale) l’esigenza di giungere in tempi brevi all’approvazione della legge in discorso325; sia consentito osservare che tale constatazione non fa altro che rafforzare il convincimento che dietro la redazione di testi di difficile interpretazione e che impegnano anche a lungo la dottrina in complessi dibattiti vi siano spesso delle ragioni di poco conto che spingono il legislatore (ordinario e non) ad operare scelte che poco o nulla hanno a che fare con le attribuzioni che gli sarebbero proprie (o con valutazioni di stretto diritto) e che palesano un uso distorto della funzione legislativa.

Concludendo sul punto, bisognerebbe altresì chiedersi se fonte di obblighi internazionali vincolanti possano essere anche gli atti delle organizzazioni internazionali; a tal proposito, la vaghezza della formula utilizzata suggerirebbe di includere anche tali fonti nella portata dell’art. 117, purché, come opportunamente è stato rilevato, si tratti di “organizzazioni istituite con trattati dei quali il nostro Stato è parte”326.

Volendo adesso ricondurre l’analisi appena svolta sui binari dello specifico tema oggetto di questa ricerca, occorre chiedersi, alla luce di quanto fin qui detto, se le Carte dei diritti possano rientrare nell’oggetto dell’art. 117, I comma, Cost. e trovare pertanto in esso copertura. Sarà poi ulteriormente da chiedersi se godano altresì di protezione in altri disposti della Carta e in cosa la protezione stessa consista, vale a dire a quali conseguenze giuridicamente rilevanti conduca. Tuttavia, prima è necessario operare una sintesi del discorso che si è fatto e individuare quale sia, in definitiva, l’oggetto della disposizione in parola.

Prendendo in considerazione le diverse indicazioni provenienti in merito dalla dottrina, una ricostruzione ragionevole sembra essere quella in forza della quale l’art. 117 debba essere letto e interpretato alla luce dell’intero dettato costituzionale; a tal proposito, occorre leggere l’intero testo della Carta in modo sistematico, tutte le disposizioni ed i valori a queste ultime sottesi tenendosi reciprocamente in un gioco di delicati equilibri che l’operatore giuridico di turno ha la responsabilità di preservare scrupolosamente. In particolare, poi, l’interpretazione delle disposizioni

unici obblighi in grado di vincolare la potestà legislativa statale e regionale dovessero essere quelli aventi una “base nell’ordinamento costituzionale”; avendo, il legislatore del 2003, ampliato il raggio d’azione dell’art. 117, I comma, a favore di tutti i trattati internazionali, l’A. rileva come anche gli accordi in forma semplificata siano da considerare – almeno stando alla lettera della legge “La Loggia” – in grado di creare un vincolo per il legislatore statale e regionale,