3. Il fondamento costituzionale delle Carte dei diritti
4.2. La svolta: la CEDU nella giurisprudenza costituzionale dal 2007 al 2010
4.2.3. La sentenza n 93 del 2010
Un ulteriore tassello del mosaico che si è iniziato a costruire nel 2007 è stato aggiunto nel 2010, con la sent. n. 93520; con tale decisione la Corte ribadisce quanto già affermato in precedenza, ovvero: le norme convenzionali fungono da norme interposte; possono integrare il parametro dell’art. 117, I comma (in questo caso non si fa richiamo ad altre disposizioni costituzionali, ma sul punto si tornerà); prima di sollevare una q.l.c., il giudice comune deve tentare l’interpretazione adeguatrice della norma interna a quella
519 L’espressione è testuale; non sembra che il valore semantico del termine “complesso” meriti di essere sminuito. Esso dà nettamente l’idea che i diritti fondamentali non siano solo quelli enunciati nella Carta costituzionale o “appartengano” all’uno o all’altro popolo, ma che siano parte di un’unica grande “famiglia” o, meglio, rientrino in un unico recipiente che si riempie di contenuti grazie all’apporto di tutti i soggetti (… gli ordinamenti) in grado di contribuire alla medesima causa, quella appunto della salvaguardia dei diritti umani.
520 … annotata, tra gli altri, da A. GUAZZAROTTI, Bilancimenti e fraintendimenti: ancora su Corte
convenzionale e solo in seguito, eventualmente, ricorrere innanzi la Corte costituzionale, non potendo applicare la CEDU a discapito delle norme interne. Inoltre, il giudice delle leggi sarà tenuto a verificare che la norma convenzionale, così come interpretata dal giudice di Strasburgo (la cui attività ermeneutica la Corte italiana ritiene di non potere in alcun modo sindacare), il cui rango è pur sempre sub-costituzionale, sia conforme all’intero dettato costituzionale; qualora così non fosse, il precetto pattizio sarebbe non idoneo ad integrare il parametro costituzionale.
Con la pronuncia in discorso la Corte sembra voler fare una sintesi di quanto già affermato in precedenza, come se volesse sgombrare il campo da dubbi interpretativi eventualmente sollevati dalle decisioni degli anni precedenti; effettivamente, la sent. n. 93 sembra ricognitiva delle indicazioni precedentemente dalla Consulta date. Dalla decisione ora in esame emergono almeno due aspetti significativi dell’orientamento del nostro giudice costituzionale: da un lato, una ferma volontà protesa al riconoscimento in modo particolarmente insistente del ruolo ermeneutico della Corte EDU (al punto 4 del cons. in dir., i riferimenti in tal senso appaiono due volte alla distanza di qualche riga); dall’altro, l’altrettanto decisa volontà di non rinunciare minimamente alla propria posizione di custode della Carta costituzionale, richiedendo – come condizione necessaria affinché le norme convenzionali possano integrare il parametro – la loro piena conformità a Costituzione.
Per quanto la sentenza ora in discorso non appaia particolarmente innovativa, specie se confrontata con quelle degli anni precedenti, tuttavia non si può negare il rilievo che presentano taluni suoi aspetti. Il solo fatto di voler cogliere l’occasione per ribadire quanto già detto in proposito sembra testimoniare una chiara volontà di consolidare l’orientamento in precedenza manifestato. Ciò, però, che non si può fare a meno di notare è che, ancora una volta, il giudice delle leggi per certi versi si mostra rispettoso nei confronti della Corte EDU, ma per altri non pare riconoscerle una piena legittimazione e fiducia se – come si evince dal testo della varie pronunce esaminate – si paventa la possibilità che un’interpretazione di provenienza “europea” possa porsi in contrasto con il dettato costituzionale521.
Inoltre, l’impressione che si ha leggendo la sent. n. 93 è che, per certi versi, con essa sia fatto qualche passo indietro rispetto a quelli (almeno apparentemente) compiuti con la
521 … eventualità, questa, che potrebbe prefigurarsi sempre più remota, sempre che si continui il percorso di una completa integrazione (specie, sul piano dei valori) tra gli ordinamenti e tra le diverse istanze giurisdizionali nazionali.
seconda delle decisioni del 2009; e questo almeno sotto due aspetti. Intanto, si sottolinea che le norme CEDU si collocano su un gradino inferiore a quello costituzionale, ove invece un passaggio della sent. n. 317 del 2009, già rammentato, sembrava aprire qualche spiraglio verso un’opzione diversa; inoltre, sembra che con la presente pronuncia la Corte sia ritornata sulle sue posizioni formalistiche, abbia – in un certo senso – nuovamente inforcato gli occhiali della forma, abbandonando quelli provvisoriamente indossati della sostanza. Ciò che si intende dire è che l’impostazione privilegiata dalla Corte costituzionale, in questa circostanza, pare ricalcare perfettamente quella delle sentenze del 2007, preferendo guardare ai rapporti tra CEDU e diritto interno al piano delle fonti, anziché a quello delle norme (come, appunto, sembrava invece aver fatto con la sent. n. 317 del 2009).
Non si può, a questo punto, tacere una punta di rammarico per l’orientamento al riguardo manifestato dalla Consulta. Per prima cosa, il fatto che la Corte italiana sia voluta tornare sull’argomento è chiaro indice, come si diceva poco sopra, dell’intenzione di chiarire meglio le sue posizioni in merito. Pertanto, viene in mente che l’esigenza di ribadire un certo orientamento sia dovuto al desiderio di voler “aggiustare il tiro” rispetto alla sent. n. 317, quasi che la Corte si sia accorta di aver in quell’occasione concesso un po’ troppo. Che sia stato questo il ragionamento fatto dalla Corte non è dato sapere con certezza; e però sia permesso di osservare che si è invece persa una preziosa occasione per ribadire, magari in maniera un po’ più chiara, quanto pregevolmente era stato affermato nella sent. n. 317 del 2009; la prospettiva dei diritti dalla quale il giudice delle leggi aveva guardato, almeno più apertamente, ai rapporti tra ordinamenti non sembra sia stata la stessa rispetto a quella adottata nel 2010. Ed invece, come si è avuto modo di dire, quello della tutela dei diritti umani è proprio l’angolo visuale dal quale osservare (e aggiornare) il sistema delle fonti e per mezzo del quale rivedere (sempre che, appunto, lo si voglia…) il modo di atteggiarsi del nostro ordinamento nei confronti di istanze (sia giurisdizionali che normative) che provengono dall’esterno.